Louisa May Alcott, a 150 anni dall’uscita di Piccole Donne

Tutti conoscono Piccole Donne, seppure sia un libro pubblicato centocinquanta anni fa, esattamente il 30 settembre del 1868. Il libro, considerato fra le 100 opere più importanti della letteratura americana, è stato tradotto in oltre cinquanta lingue ed è tutt’ora uno dei classici più venduti, che ha accompagnato la formazione di generazioni di donne, con personaggi, quelli delle sorelle March, che vivono sicuramente in un antiquato ambiente ottocentesco, ma che perseguono con moderno entusiasmo la loro autorealizzazione personale: scrivendo, suonando, dipingendo o lavorando, per contribuire all’economia familiare. Louisa May Alcott, l’autrice di questo evergreen, era del resto una convinta femminista e antischiavista, con una formazione culturale tutt’altro che trascurabile.

Louisa May Alcott nacque il 29 Novembre del 1832 a Germantown (che ora fa,  parte della città di Philadelphia, in Pennsylvania), secondogenita delle quattro figlie avute dai genitori Amos Bronson Alcott e Abigail May Alcott (le piccole donne della sua vita reale erano, oltre a lei, le sorelle Anna, Elizabeth e May). Il padre era un insegnante, convinto filosofo trascendentalista, e sua moglie era una suffragetta impegnata nel sociale.

Louisa, come si usava a quel tempo, ebbe un’educazione privata: tra i suoi insegnanti vi furono il naturalista Henry David Thoreau, il filosofo e saggista Ralph Waldo Emerson, lo scrittore Nathaniel Hawthorne e la giornalista e attivista Margaret Fuller (tutti amici di famiglia), ma soprattutto fu il padre a prendersi cura direttamente dell’istruzione delle sue figlie, influenzandole con le sue teorie filosofiche, che applicava alla vita di tutti i giorni.

Durante l’infanzia e la prima adolescenza, Louisa condivise con i suoi familiari una vita di povertà e di ideali trascendentalisti (opposti al materialismo e all’utilitarismo illuministici; il trascendentalismo fu una scuola di idealismo panteistico e romantico che si richiamava a Schelling ed Hegel). Per un breve periodo (1843-44) la famiglia Alcott si trasferì addirittura presso una comunità, denominata Utopian Fruitlands. Dopo il fallimento di questa, poiché la situazione familiare non era ottima sul piano delle risorse economiche a loro disposizione, gli Alcott si trasferirono in case mobiliate, fino a che, con una eredità ricevuta dalla madre e con l’aiuto di Emerson, poterono acquistare un cottage lungo il fiume Concord, nell’omonima città del Massachussets, dove la scrittrice visse praticamente tutta la sua esistenza.

In seguito la Alcott descrisse questo periodo della sua vita in un libro chiamato “Transcendental Wild Oats“, poi ristampato nel volume Silver Pitchers (1876), in cui racconta dell’esperienza familiare di vita nella comune di Fruitlands, dove “si viveva semplicemente e si pensava molto”.

Louisa May Alcott cominciò a scrivere molto presto, iniziandosi alla scrittura attraverso la compilazione delle pagine del diario personale e leggendo Goethe e le sorelle Brontë, suoi miti letterari. Dovette tuttavia andare a lavorare, così come le sue sorelle, per aiutare i genitori che avevano condizioni economiche piuttosto precarie: fu insegnante privata, domestica, sarta, governante. La prima novella che riuscì a pubblicare, a 22 anni, fu Flower Fables (Le favole dei fiori), storie di fate e di folletti, racconti scritti originariamente per la piccola Ellen, figlia di Ralph Waldo Emerson: una grande soddisfazione, turbata solo dalla morte, un anno dopo, della sorella minore Lizzie, che morì di scarlattina, e dal matrimonio e conseguente allontanamento dell’amata sorella Anna.

Dopo un’altro periodo di gravi condizioni economiche familiari, in cui la stessa Louisa non riusciva a trovare un lavoro, vi fu la svolta sociale della Alcott: sostenne infatti fortemente la causa dell’abolizione della schiavitù e il nascente movimento femminista (collaborando anche con articoli su “The Woman’s Journal”). Fu inoltre la prima donna a iscriversi al voto nella città di Concord.

Durante la guerra di secessione, la Alcott prestò servizio come infermiera volontaria presso lo Union Hospital di Georgetown, per sei settimane (1862-1863). Questo periodo è descritto nel libro ‘Racconti dall’Ospedale’, che fu notato dalla critica per lo stile narrativo brillante ed umoristico. La Alcott contrasse, in questo breve periodo di servizio come infermiera, la febbre tifoide, malattia alla quale sopravvisse, ma di cui risentì per il resto della sua vita, anche perché fu mal curata, con farmaci a base di mercurio, che nel tempo la avvelenarono, portandola alla morte.

Nel 1864 pubblicò la novella Moods (1864), che ebbe un certo successo, sotto lo pseudonimo di A. M. Barnard. Questi lavori, come “A Long Fatal Love Chase” e “Pauline’s Passion and Punishment”, erano conosciuti, in epoca vittoriana, come “racconti di sangue e tuoni”, con grandi colpi di scena, definiti ‘pericolosi per le giovani menti’ dalla stessa Alcott nel romanzo Piccole Donne. I protagonisti di queste storie erano personaggi ostinati e implacabili, pronti alla vendetta su chi li aveva umiliati e ostacolati e disposti alle più insane passioni, fra cui incesti ed adulteri. Questi romanzi ebbero tuttavia un grande successo commerciale e sono da molti critici considerati l’opera migliore della Alcott, fonte di ispirazione per numerosi scrittori più vicini al gusto moderno, come Simone de Beauvoir.

Con il suo vero nome la Alcott pubblicò invece dei libri per ragazzi, educativi e moralistici. Tra gli altri ricordiamo sicuramente Piccole Donne (1868-1869), che è un po’ l’autobiografia romanzata di Louisa e racconta la storia di quattro sorelle: Jo, Meg Amy e Beth.

Sembra che il padre della scrittrice, Mr. Alcott, facesse grandi pressioni sulla figlia per la scrittura di questo libro, che era stato loro richiesto da un editore amico il quale, con innegabile lungimiranza, ne aveva intuito il grande successo commerciale. Sembra tuttavia che la Alcott abbia scritto il libro contro voglia e che il racconto dovette essere tagliato in vari punti, per renderlo quella edulcorata versione della famiglia modello, che tutti abbiamo letto negli anni dell’adolescenza.

Piccole Donne si rivelò effettivamente un best seller per la sua epoca e l’editore, Thomas Niles, nel constatare che aveva avuto ragione, non poté che chiedere un seguito (Piccole Donne crescono) e poi un altro ancora (I figli di Jo), fino a costituire tutta la saga familiare della famiglia March, con Buone mogli, (1869) ispirato alla vita familiare delle sorelle e Piccoli Uomini (1871), ispirato ai suoi nipoti, che vivevano con lei a Orchard House, a Concord.

La saga delle sorelle March, scritta dalla Alcott, è stata anche utilizzata come copione per diversi film: nel 1918 Little Women, film muto, fu diretto da Harley Knoles; nel 1933 vi fu la famosa trasposizione cinematografica del romanzo, diretta da George Cukor e interpretata da Katherine Hepburn; successivamente vi fu un’altra versione cinematografica, nel 1949, diretta da Mervyn Leroy con Elizabeth Taylor come protagonista ed infine, nel 1994, la regista Gilliam Armstrong ha riproposto la novella con le attrici Wynona Ryder e Susan Sarandon. A breve Maya Hawke, la figlia diciannovenne di Uma Thurman impersonerà la  Jo di Piccole Donne nella nuova produzione della Pbs americana.

La Jo March di Piccole Donne è praticamente l’autoritratto della Alcott, con l’unica differenza che nel romanzo Jo si sposa, mentre la scrittrice rimase nubile. Della vita sentimentale della Alcott non si sa nulla, anche se è quasi impossibile che le attrazioni fatali e un po’ perverse descritte nei suoi libri, pubblicati con lo pseudonimo della Barnard, le fossero del tutto estranee. Una intervista rilasciata alla scrittrice americana Louise Chandler Moulton, lascia pensare che la Alcott fosse omosessuale. Così infatti giustificò il fatto di essere rimasta nubile: “… perché mi sono innamorata di tante belle ragazze e mai di un uomo”.

In ogni caso, la Alcott dovette affrontare dolorosissimi lutti nella sua vita, che potrebbero averla portata a scegliere di non sposarsi: la morte prematura della madre, che lasciava vedovo l’amatissimo padre e la morte della sorella minore May (1879). La scrittrice adottò infatti la figlia della sorella defunta, che aveva due anni: Louisa May Nieriker (detta “Lulu“).

Louisa Alcott morì a Boston, il 6 Marzo del 1888, a soli 55 anni, forse per le complicanze dovute all’uso del mercurio, usato per curare il tifo, il giorno stesso in cui veniva sepolto suo padre, morto due giorni prima. È sepolta presso lo Sleepy Hollow Cemetery di Concord, poco distante dalle tombe degli altri grandi autori americani che l’avevano vista crescere: Nathaniel Hawthorne, Henry David Thoureau e Ralph Waldo Emerson. La Alcott scrisse moltissimo, al di là della saga delle sorelle March: in tutto 300 libri, di cui due pubblicati postumi.

La ricordiamo con questa sua celebre frase:

“Far away there in the sunshine are my highest aspirations. I may not reach them, but I can look up and see their beauty, believe in them, and try to follow where they lead” (Lontane, là nella luce, sono le mie più alte aspirazioni. Forse non le raggiungerò, ma posso guardare in alto e vedere la loro bellezza, credere in loro e cercare di seguirle dove esse conducono).

Per ricordare i centocinquanta anni di Piccole Donne è stato creato un sito: www.littlewomen150.org

Giuliana Proietti

Immagine: Wikimedia

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