Storia delle disfunzioni sessuali femminili e relative terapie

Storia delle disfunzioni sessuali femminili e relative terapie

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L’etica sessuale dell’epoca vittoriana

L’etica sessuale vittoriana fu dominata dalla convinzione che la sessualità avesse bisogno di controllo, non di espressione. Questa non era certo un’idea nuova, dal momento che la repressione del sesso in occidente veniva ampiamente giustificata in termini di insegnamenti cristiani. I desideri e i comportamenti sessuali socialmente inaccettabili venivano dunque giudicati come peccati.

A partire dall’illuminismo, la scienza si è sostituita agli insegnamenti religiosi ed è divenuta arbitro del sesso e della moralità. Per la prima volta le convinzioni sulla necessità di restrizioni sessuali non era più giustificata in termini di peccato, ma spiegata dalle scienze naturali del tempo.

Nell’epoca vittoriana la sessualità femminile era sussidiaria della sessualità maschile: la sessualità maschile veniva percepita come più motivata, più “naturalmente” bisognosa di espressione e liberazione.  A livello scientifico questo è stato spiegato in termini di testosterone, di fattori biomeccanici, di evoluzione, ecc.

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I problemi psicologici delle donne nell’epoca vittoriana

I problemi psicologici della donna, in epoca vittoriana, venivano attribuiti a disturbi presenti negli organi riproduttivi femminili. Questa convinzione si è espressa nella diagnosi di “isteria”,  o, nel Novecento, di “malinconia involutiva”, definita come depressione endogena innescata dall’avvizzimento dell’utero in menopausa. Entrambe queste diagnosi sono stati elencate nelle prime due edizioni del DSM (DSM, DSM-II; Am. Psychiatr. Assoc. 1952, 1968).

I trattamenti per l’isteria variavano da diete ricche di fibre, salassi, clisteri freddi, ovariectomia, ablazione del clitoride, e induzione di convulsioni parossistiche (cioè orgasmi) da parte del medico (Groneman 1994).

Questo ultimo trattamento è divenuto anche soggetto si un film del 2009 intitolato Hysteria con Maggie Gyllenhaal. Sfortunatamente, i trattamenti dell’isteria e della ninfomania avevano molte più probabilità di essere dolorosi e punitivi piuttosto che piacevoli, come descritti nel film.

Freud e la sessualità 

Freud in un primo momento vide la causa dell’isteria in un un trauma irrisolto, spesso dovuto ad abusi sessuali subiti nell’infanzia, anche da parte di familiari (Freud 1896). Attraverso  l’abreazione o la catarsi, Freud voleva scoprire e affrontare le emozioni che non si erano potute esprimere durante il trauma originale, facendo guarire le pazienti. Dopo l’uso temporaneo dell’ipnosi introdusse “la terapia della parola”, che in seguito si sviluppò nella psicoanalisi.

Dopo la morte di suo padre, la depressione e l’autoanalisi, Freud ritirò l’aspetto più controverso della sua teoria dell’isteria (l’incesto come eziologia primaria) sostituendolo con le fantasie sessuali infantili, argomento non meno irritante per i benpensanti della sua epoca.

Durante la prima metà del ventesimo secolo, il pensiero psicodinamico ha dominato la diagnosi e il trattamento dei problemi sessuali. Questo trattamento mirava a cambiamenti sostanziali della personalità piuttosto che alla cura dei sintomi, e inoltre richiedeva molto tempo e denaro.

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La nascita della sessuologia moderna

La comprensione della sessualità è stata rivoluzionata dal lavoro di Kinsey e dei suoi colleghi e le loro indagini su larga scala sul comportamento sessuale maschile nel 1948 e sul comportamento sessuale femminile nel 1953 da parte di Masters e Johnson.

Nel 1952 viene pubblicata la prima edizione del DSM a cura del American Psychiatric Association, ma allora non vi erano indicate le disfunzioni sessuali, introdotte nel 1980, nel DSM-III. Tuttavia, nei primi DSM c’erano diagnosi sessuali elencati nella prima edizione del DSM sotto la voce “Disturbi psicofisiologici autonomici e viscerali: essi riguardavano ninfomania, dispareunia, frigidità e malinconia involutiva.

Le donne che desideravano e cercavano rapporti sessuali frequenti venivano diagnosticate come ninfomani, mentre la diagnosi corrispondente per gli uomini era la satiriasi (con riferimento alle creature dei boschi della mitologia greca.)

In realtà il pregiudizio di genere nell’applicazione di queste diagnosi fu subito evidente: le donne con diagnosi di ninfomania erano sottoposte a trattamento prefrontale e lobotomia negli anni Quaranta e Cinquanta; a trattamento con farmaci neurolettici e elettroshock negli anni ’50 e ’60. Al contrario, gli uomini che cercavano molto sesso erano visti come normali e non ricevevano cure psichiatriche.

L’altra diagnosi importante della sessualità femminile a metà del XX secolo era la frigidità. Come suggerito dal termine, si riferiva genericamente a donne sessualmente fredde e non responsive. Più specificamente, si riferiva a donne che avevano difficoltà con l’eccitazione o l’orgasmo durante i rapporti eterosessuali (e che di conseguenza avevano scarso desiderio sessuale).

Le donne che non avevano desiderio o non raggiungevano l’orgasmo nel rapporto penetrativo venivano considerate malate e curate con la psicoanalisi.

La ricerca di Kinsey, del 1953, indicò che le donne, in effetti, avevano orgasmi regolarmente, anche se non necessariamente attraverso il rapporto eterosessuale penetrativo (Kinsey et al. 1953).

Dal 1955 al 1966, William Masters e Virginia Johnson condussero ricerche pionieristiche sulla fisiologia della risposta sessuale nel loro laboratorio a St. Louis, nel Missouri. I ricercatori osservavano i partecipanti allo studiodurante l’attività sessuale e registravano le loro risposte fisiologiche tramite elettroencefalogramma, elettrocardiogramma, elettromiogramma e risposta galvanica cutanea. Inoltre, Masters e Johnson svilupparono anche due nuovi strumenti, l’estensimetro penieno e il fotopletismografo vaginale, per monitorare i cambiamenti nel sangue presente nel pene e nella vagina durante il rapporto sessuale. Nel 1966 pubblicarono le loro scoperte, fornendo il primo modello fisiologico di quello che chiamarono il ciclo di risposta sessuale umana (HSRC) (Masters & Johnson 1966).

Questo modello a quattro fasi consiste in eccitazione, plateau, orgasmo e risoluzione, sia negli uomini che nelle donne. Questo modello è poi diventato centrale per lo sviluppo della diagnosi e del trattamento di problemi sessuali.

Nel 1970, Masters e Johnson pubblicarono il testo Human Sexual Inadequacy, dove definivano le difficoltà sessuali in termini di deviazioni nella risposta sessuale dall’HSRC. Questo modello è stato utilizzato nel nuovo campo della terapia sessuale e successivamente nel DSM. È con questo libro che Masters e Johnson hanno introdotto e inaugurato l’era della moderna terapia sessuale.

Il loro modello di diagnosi e trattamento identificava tre disfunzioni sessuali femminili: anorgasmia, vaginismo e dispareunia. L’anorgasmia è definita come l’incapacità di raggiungere l’orgasmo; il vaginismo si riferisce a uno spasmo nel terzo esterno della vagina che impedisce la penetrazione; e la dispareunia è definita come dolore durante il rapporto.

Masters e Johnson hanno rivoluzionato il trattamento delle disfunzioni sessuali introducendo un trattamento basato sul comportamento, a breve termine e intensivo, della coppia piuttosto che di un solo paziente. Prima di loro, il trattamento psicodinamico cercava di comprendere le origini delle difficoltà sessuali nella personalità dell’individuo, attraverso una psicoterapia a lungo termine orientata all’insight.

Masters e Johnson ritenevano che l’eziologia delle disfunzioni sessuali fosse per il 10% organica e per il 90% psicogena, generalmente originata da aspettative psicosociali sbagliate sul sesso. Consideravano il funzionamento sessuale come qualsiasi altro tipo di funzionamento corporeo, non dissimile da minzione, defecazione o respirazione (Masters & Johnson 1986). L’obiettivo della terapia sessuale era quello di ridurre eventuali impedimenti, tipicamente di tipo psicosociale,  che potevano interferire con la sessualità in modo da riprendere il normale funzionamento sessuale.

La loro principale innovazione clinica fu l’introduzione degli esercizi di focalizzazione sensoriale (Masters & Johnson 1970) che aveva lo scopo di interrompere l’ansia da prestazione (ed è rimasto un punto fermo della terapia sessuale, da allora).

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Gli anni Settanta e la riscoperta del clitoride

Dalla fine degli anni ’60 all’inizio degli anni ’80, la confluenza di cambiamenti sociali, legali e farmacologici ha portato a uno spostamento dell’enfasi dal trattamento della disfunzione sessuale femminile al miglioramento della sessualità femminile.

La  “rivoluzione sessuale” e la seconda ondata del movimento femminista portarono alla pubblicazione di libri scritti dalle donne, per le donne, come  Noi e il nostro corpo, del 1973, di un Collettivo femminista di Boston, che è stato ristampato per 45 anni. Nel 1976, Shere Hite pubblicò un dettagliato rapporto sulla sessualità femminile in cui le donne parlavano di ciò che piaceva loro sul piano sessuale.

I sessuologi del tempo dichiararono che era sbagliato assimilare l’attività sessuale al sesso penetrativo e consigliarono una migliore educazione sessuale per le donne, a partire dall’autoerotismo (Dodson 1987).

Alcuni terapeuti sessuali continuavano tuttavia a tentare di insegnare alle donne come raggiungere l’orgasmo durante il rapporto. Ad esempio, Kaplan (1974) sviluppò la tecnica del “bridging” : l’idea era quella di stimolare il clitoride della donna, quasi fino all’orgasmo, immediatamente prima dell’inserimento del pene. Negli episodi successivi, il partner doveva ridurre la durata di questa stimolazione e iniziare la penetrazione in modo da addestrare la donna ad avere orgasmi durante il rapporto.

I disturbi del desiderio

Più tardi i terapeuti si imbatterono nei problemi della mancanza di desiderio: il tasso di successo per il trattamento di questi problemi era notevolmente inferiore rispetto a quello che riguardava le disfunzioni di tipo meccanico relative al piacere o al dolore.

Anche il DSM era cambiato: mentre nelle prime due edizioni il DSM si era basato specificamente sul pensiero psicoanalitico, il DSM-III ebbe una stesura che voleva essere ateoretica ed empirica. La diagnosi di ninfomania fu cancellata, ma fu introdotta una nuova diagnosi di  (ISD) inibizione del desiderio sessuale, per uomini e donne che non desideravano abbastanza il sesso. Il termine “inibito” sapeva troppo di verbosità psicoanalitica, per cui dal DSM-III-R (1987), l’ISD fu sostituito dal più neutro disturbo del desiderio sessuale ipoattivo (HSDD).

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Mancanza di piacere durante il rapporto penetrativo: una disfunzione sessuale?

La stragrande maggioranza delle donne non ha orgasmi prodotti dalle spinte del pene durante il rapporto. La maggiore densità di concentrazione nervosa nel clitoride rispetto alla vagina spiega questa differenza tra uomini e donne nella penetrazione: la gran parte delle donne prova piacere sessuale ma non è questo che le porta all’orgasmo (Dodson 2002, Ogden 1999). Finalmente si comincia a capire che se le donne non sono eccitate, potrebbero non essere lubrificate e quindi trovare i rapporti sessuali dolorosi e spiacevoli, andando incontro ad almeno tre disfunzioni sessuali, apparentemente diverse ma correlate.

Il punto G

Negli anni ’80, il pendolo della storia cominciò a tornare indietro verso un maggiore conservatorismo sessuale.

Ad esempio, nel 1982, Ladas, Whipple e Perry pubblicarono un libro sulla fisiologia dell’orgasmo femminile intitolato The G Spot, che divenne rapidamente un enorme bestseller [Ladas et al. 1982]. Il libro si basava sulle scoperte compiute tre decenni prima da Ernst Grafenberg, un Ginecologo il cui lavoro era stato trascurato e perso. Grafenberg aveva identificato un’area sensibile di tessuto che circonda l’uretra che poteva essere palpata attraverso la parte anteriore della vagina, la cui stimolazione poteva provocare l’orgasmo.

Questo libro riaccese la speranza che vi fosse un modo “corretto” per le donne di raggiungere l’orgasmo:  nei media proliferarono argomenti sul fatto che Freud avesse avuto ragione nel suggerire che le donne “mature” avessero orgasmi “vaginali”.

La medicalizzazione della sessualità

Negli anni ’90, il trattamento delle disfunzioni sessuali femminili è stato cambiato per sempre da un nuovo trattamento per la disfunzione sessuale maschile. Nel 1998, Pfizer introdusse il Viagra (cioè il citrato di sildenafil) (Goldstein et al. 1998), che divenne rapidamente il farmaco più venduto nella storia farmaceutica (Loe 2004).

Sebbene il citrato di sildenafil fosse estremamente efficace nel provocare erezioni più durature negli uomini che si sentivano già eccitati, non generava erezioni negli uomini che non si sentivano sufficientemente stimolati e non erano sessualmente eccitati (Goldstein et al. 1998). Questo significava che gli uomini avrebbero comunque dovuto comunicare con le loro partner, e nessuna pillola avrebbe potuto farlo accadere (Kleinplatz 2004).

Tuttavia, l’introduzione del Viagra ha cambiato il discorso sull’eziologia e il trattamento delle disfunzioni sessuali (Hartley 2006, Loe 2004). L’impotenza maschile fu ribattezzata “disfunzione erettile”, termine meno peggiorativo e più medico. Mentre Masters e Johnson avevano affermato che l’eziologia delle disfunzioni sessuali era per il 90% psicogena e per il 10% organica, la Pfizer stava ora affermando che la disfunzione erettile era per il 90% organica e per il 10% psicogena. E’ degno di nota il fatto che, sebbene le percentuali siano state invertite prima del rilascio del Viagra, la mentalità sia rimasta o filo-psicogena o filo-organica, senza spazio per l’integrazione mente-corpo.

Le prime vendite astronomiche del Viagra hanno dimostrato quanto fosse redditizio il business del trattamento delle disfunzioni sessuali. Da quel momento è iniziata la ricerca di una “pillolina rosa” o di un Viagra al femminile.

Sono stati sviluppati un totale di sette nuovi farmaci dal 2000 al 2015 e si è pensato che il Viagra potesse essere utile anche alle donne. Il presupposto era che il Viagra era un vasodilatatore (Goldstein et al. 1998) e che così come gli altri farmaci, noti come inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5 (PDE-5; ad es. Viagra, Levitra, Cialis) agisce dilatando i vasi sanguigni nei corpi cavernosi del pene.

Come si è scoperto, a livello fisiologico, questi farmaci funzionano esattamente nelle donne come negli uomini: aumentano la vasocongestione nei tessuti erettili dei genitali femminili (specialmente i corpi del clitoride). Tuttavia, il viagra creava un clitoride turgido, ma non aveva l’effetto di migliorare i rapporti o il desiderio sessuale. Dopo otto anni di studi clinici, Pfizer si è arresa, ammettendo che mentre negli uomini la sessualità è una questione di meccanica e idraulica, la sessualità delle donne è molto più “complicata”.

Dr. Giuliana Proietti

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