Gustave Le Bon e la psicologia delle folle

Gustave Le Bon e la psicologia delle folle


Gustave Le Bon (1841 –  1931) è stato un antropologo, psicologo e sociologo francese. Conseguì un dottorato in medicina senza però mostrare alcuna vocazione professionale. Viaggiò molto in Europa, Nord Africa e Asia. Da questi viaggi ne derivarono una mezza dozzina di libri, principalmente di antropologia e archeologia.

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Intorno ai trent’anni i suoi interessi iniziarono a cambiare radicalmente: dapprima si dedicò a strumenti di registrazione (esposti nel 1878), per valutare le differenze nella capacità cranica in soggetti appartenenti a differenti etnie, analizzò poi la composizione del fumo di tabacco, pubblicò un metodo fotografico per costruire progetti e mappe, così come un trattato sull’addestramento dei cavalli e, infine, dedicò più di dieci anni alla ricerca sulla luce nera, l’energia intra-atomica e l’equivalenza tra materia ed energia.

Infine, Le Bon iniziò il lavoro sulla psicologia sociale che sarebbe diventata la preoccupazione predominante della fase finale della sua carriera. Nel 1895 a Parigi, all’età di 54 anni, pubblicò la ‘ Psicologia delle folle’, un libro che gli portò grande notorietà in tutto il mondo. È, naturalmente, soprattutto in virtù dei lavori di questa terza fase che Le Bon appartiene a pieno titolo alla storia delle scienze sociali.

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La Psicologia delle Folle

L’industrializzazione e la crescita demografica, fra la fine del Settecento e l’Ottocento, insieme all’affermarsi delle teorie socialiste, fece per la prima volta fecero emergere il fenomeno sociale di masse organizzate che volevano diventare protagoniste.

Lo studioso francese viene particolarmente colpito dall’esperienza dei movimenti di massa che si verificano durante la Comune di Parigi (1871), assiste alla parabola del generale Boulanger e all’ondata di fanatismo che travolge la Francia al tempo dell’affaire Dreyfus. Questi avvenimenti lo impressionano profondamente e lo inducono ad occuparsi dei fenomeni collettivi e dei processi mentali che li determinano.

Il libro “La psicologia delle folle” fu pubblicato per la prima volta nel 1895. Il libro fu un successo e molti intellettuali del tempo apprezzarono questo testo, fra essi Sigmund Freud.

La folla che Le Bon studia non è quella casuale, come quella che potrebbe formarsi alla fermata di un autobus. La sua osservazione va nella direzione della folla organizzata, ossia di quel gruppo di persone che, pur non conoscendosi, escono di casa perché hanno un obiettivo comune da raggiungere.

Secondo il suo sistema di valutazione, gli animali, i pazzi, i socialisti, i bambini, i degenerati e i primitivi sono esseri inferiori, ma vi è un altro tipo di inferiorità: quella dell’uomo nella folla. In certe condizioni infatti, osserva Le Bon, gli individui, all’interno di una folla, tendono a perdere la propria volontà autonoma e agiscono in base ad emozioni semplici, estreme e primitive, regredendo allo stato del selvaggio o del bambino, come sotto l’influsso di un ipnotizzatore.

Le Bon dipinge dunque le folle come una forza di distruzione, priva di una visione d’insieme, indisciplinata e portatrice di decadenza, mentre esalta le minoranze che a suo modo di vedere sono forze positive e creatrici.

Nel libro si legge che la psicologia degli uomini in mezzo ala folla differisce dalla psicologia di ogni singolo componente, preso a livello individuale; un uomo nella folla diventa un semplice automa, la sua coscienza non è più individuale, ma è quella della folla.

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Nella folla l’individuo perde la sua coscienza individuale e viene a far parte di una sorta di anima collettiva, che non è razionale e che reagisce secondo gli istinti.

Lo stare in gruppo dà alla persona dei sentimenti di forza e di potenza che quando è da sola non prova e scompare il suo senso di responsabilità. Nella folla prevale inoltre la mediocrità: «Per il solo fatto di far parte di una folla, l’uomo discende di parecchi gradi la scala della civiltà. Isolato, sarebbe forse un individuo colto, nella folla è un istintivo, per conseguenza un barbaro.»

Inoltre, all’interno della folla l’individuo perde la sua capacità critica: se vede che la folla, di cui fa parte, va in una certa direzione, anche contraria alle sue idee, la segue, lasciandosene in qualche modo suggestionare. La massa è permeata da sentimenti autoritari e di intolleranza. Nella folla si crea un inconscio collettivo attraverso il quale l’individuo si sente deresponsabilizzato e viene privato dell’autocontrollo.

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All’interno di un gruppo organizzato poi si fa sempre strada un leader, un trascinatore, un “capopopolo”, capace di utilizzare un lessico facile e comprensibile, fatto di ‘idee-immagini’, indirizzate agli strati più profondi della psiche e capaci di suscitare stati d’animo che rifuggano dal desiderio di ragionamento e di approfondimento: un’idea, nella folla, non prevale perché è vera, ma in virtù di meccanismi psicologici che non hanno nulla a che fare con la ragione, come la ripetizione e il contagio mentale. Il leader, per queste ragioni, deve essere conciso, categorico, sicuro di sé, e la folla lo seguirà.

Dice Le Bon: “Le menti inconsce dell’incantatore e dell’incantato, del leader e del guidato, si penetrano a vicenda mediante un meccanismo misterioso”.  

Un’altra caratteristica del comportamento della folla è la sua emotività: le azioni della folla sono improvvise, semplici, estreme, intense e molto mutevoli. Si tratta, secondo lo studioso, di un senso di esaltazione, onnipotenza ed irresponsabilità che pervade le folle e le rende violente, feroci e facilmente manipolabili. In questo stato di entusiasmo e fanatismo gli individui sono capaci delle azioni più feroci, ma anche del sacrificio di ogni interesse personale e della repressione dello stesso istinto di sopravvivenza. Le Bon paragona questi stati di esaltazione alle forme estreme di religiosità, che comportano una totale sottomissione ad un profeta e ad una fede, ma che possono essere utilizzate anche da un leader ‘carismatico’.

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Per Le Bon l’azione di un gruppo consiste principalmente nel rafforzare credenze esitanti. Ogni convinzione individuale debole viene rafforzata quando diventa collettiva.

Lessero questo libro tutti i dittatori del secolo scorso e ne fecero, ovviamente profitto. Mussolini disse: «Ho letto tutta l’opera di Le Bon, non so quante volte abbia riletto la sua “Psicologia delle folle”, è un opera capitale alla quale ancora oggi spesso ritorno»

Nel 2009  ‘Le Monde’ pubblicò una classifica dei venti libri che hanno maggiormente influenzato la storia dell’uomo: al 14° posto vi è la psicologia delle folle di Le Bon.

Dr. Giuliana Proietti

 

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