Tra la vita e la morte

Da quanti anni si studiano le sensazioni di pre-morte?

Gli studi scientifici sulle esperienze pre-morte ed extra-corporee sono iniziati negli anni settanta, con il libro “La vita oltre la vita” dello psichiatra americano Raymond Moody.

Cosa sono le esperienze di pre-morte, o NDE?

Sono esperienze provate da persone che si sono trovate fisiologicamente molto vicine alla morte, ad esempio per arresto cardiaco o altre condizioni mediche o emergenze potenzialmente letali, o perché credevano che la morte fosse imminente (Greyson 1999 ).

Le esperienze ai confini della morte si chiamano anche NDE (sigla dell’espressione inglese Near Death Experience)

Cosa si prova in questi momenti?

In uno studio pubblicato nel 2006 da Kevin Nelson le esperienze delle persone che si erano trovate vicinissime alla morte erano le seguenti:

  • senso di pace (87 %),
  • gioia (64%),
  • presenza di una forte luce (78%),
  • sensazione di trovarsi in un ambiente “da altro mondo” (75%)
  • sensazione di essere uscito dal proprio corpo (80%)
  • percezione alterata dello scorrere del tempo (62%).

Sebbene il racconto di queste esperienze riporti qualche punto in comune, come si può vedere, non si può dire che vi sia una caratteristica particolare, descritta da tutti.

Come cambia la vita dopo un’esperienza di pre-morte?

Generalmente le persone che si sono sentite molto vicine alla morte spesso riportano cambiamenti significativi nei valori e nelle credenze, inclusa una maggiore spiritualità, una maggiore preoccupazione per gli altri, il desiderio di dare uno scopo alla propria vita e di apprezzarla anche nelle piccole cose, oltre che una minore paura della morte.

Le nuove tecnologie stanno cambiando la comprensione della morte e della “morte cerebrale”?

Si, i progressi raggiunti nelle tecniche di rianimazione e dell’imaging cerebrale  stanno cambiando la comprensione della morte e della morte cerebrale e forniscono nuove informazioni sui meccanismi neurali associati agli stati minimamente coscienti (MCS) e agli stati vegetativi persistenti. Questi risultati possono aiutare a chiarire i meccanismi neurali sottostanti alle esperienze di morte riportate da persone che riprendono poi il normale funzionamento cosciente, in seguito a periodi di perdita di coscienza brevi o prolungati.

Cosa si intende per morte cerebrale?

Decenni di ricerche non sono ancora riusciti a risolvere le questioni mediche e filosofiche relative alla “morte cerebrale”. Si presume che la cessazione permanente dell’attività elettrica cerebrale segni la fine della coscienza: chi ipotizza che responsabile della coscienza sia la neocorteccia cerebrale ipotizza anche che la mancanza di attività elettrica in questa area del cervello permetta di stabilire la morte dell’individuo. Questo però non è valido nella maggior parte dei Paesi, tra i quali l’Italia, dove oltre all’assenza dell’attività elettrica, sono necessari l’assenza dei riflessi del tronco e dell’attività respiratoria spontanea (Decreto ministeriale 11 aprile 2008).

Perché si provano queste esperienze prima della morte?

In uno studio, dei volontari hanno accettato di assumere un potente allucinogeno, chiamato dimetiltriptammina (DMT), il quale provoca  allucinazioni molto simili alle esperienze di pre-morte, così come sono descritte da soggetti che, dopo aver avuto encefalogramma piatto, arresto cardiocircolatorio e coma sono tornati alle normali funzioni vitali.

I volontari dello studio hanno parlato di esperienze extracorporee, di sensazioni di pace interiore o di passare in un’altra dimensione.

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Per i ricercatori la DMT è una sostanza presente nel nostro fluido cerebrospinale ed è possibile che in prossimità della morte l’organismo produca maggiori quantità di DMT per proteggere l’individuo dallo shock che sta per succedere, innescando le allucinazioni.

Dr. Walter La Gatta

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Pexels

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