Psicolinea

Il giorno dopo: la pillola che non c’è

Non sono tempi facili per gli anticoncezionali e per i preservativi. Essi infatti, come emerge dalle recenti e molto discusse esternazioni vaticane in materia, vengono considerati dal Papa come meri strumenti di arricchimento delle industrie farmaceutiche, oltre che simboli di un falso progresso, che vede la sessualità come semplice atto ludico e ricreativo e che dunque illude e deresponsabilizza.

Queste posizioni, come si sa, hanno prodotto, come riporta La Stampa, «viva inquietudine» a Parigi, «costernazione» a Bruxelles, «indignazione» nel Fondo mondiale per la lotta contro l’Aids e critiche da Berlino: ce n’è abbastanza per evitare di entrare direttamente in argomento ed aprire anche in questo spazio una inutile polemica ideologica contro la Chiesa, sul significato della sessualità e sui comportamenti ad essa correlati.

Ci sembra invece molto più interessante una panoramica sull’uso dei contraccettivi in Italia, in particolare di quella che potrebbe essere una soluzione precoce al problema dell’aborto: la pillola del giorno dopo. In Italia questa pillola tarda a diffondersi ed è sempre di difficilissimo reperimento.

Gli ospedali infatti, molto spesso negano la prescrizione del farmaco, invocando l’obiezione di coscienza del personale. Ciò è molto strano, in quanto l’Organizzazione mondiale della sanità definisce la pillola del giorno dopo un contraccettivo di emergenza e non un farmaco abortivo. Dunque, cosa c’entra l’obiezione di coscienza?

Per farsi comunque un’idea di cosa sia l’obiezione di coscienza in Italia, basti sapere che, dagli ultimi dati disponibili, resi noti dall’Istituto Superiore di Sanità e poi inviati al ministero della Salute per la relazione sulla legge 194, il 60% dei ginecologi italiani è obiettore di coscienza. In quasi tutte le regioni italiane questo numero è molto elevato, con punte massime in Basilicata, con il 92,6% e in Veneto con l’80,5%.

Seppure la legislazione italiana preveda l’obiezione di coscienza dei medici solo in relazione all’aborto (interruzione volontaria di gravidanza) e alla fecondazione assistita, non vi è alcuna limitazione per la diffusione degli anticoncezionali e dunque appare inspiegabile questa forte ostilità dei medici verso questo strumento che non causa aborto, ma che impedisce solamente all’ovulo fecondato di annidarsi nell’utero.

La pillola del giorno dopo (che in realtà consiste di due pillole prese insieme) ha un’efficacia strettamente dipendente dal tempo trascorso tra il rapporto sessuale e l’assunzione del farmaco (efficace al 95% se presa entro un giorno, 85% nelle successive 24 ore, 58% nelle successive 48 ore). Tanto per dire, ogni mese molte donne, senza neanche saperlo, espellono naturalmente, con il sangue mestruale, un ovulo fecondato che non riesce ad impiantarsi, ma non per questo in questi casi si parla di aborto.

In Francia, a partire dal 1999 (dieci anni fa!), la pillola del giorno dopo viene venduta senza prescrizione medica e costa meno di 10 euro; è ugualmente disponibile senza bisogno di prescrizione in altri 11 paesi europei (Albania, Inghilterra, Belgio, Danimarca, Finlandia, Grecia, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Svezia e Svizzera). In alcuni Paesi il costo della pillola è più elevato (ad esempio circa 25 sterline in Inghilterra, 24 euro in Svizzera).

In altri Paesi è stata ammessa la vendita online (proprio oggi parte ad esempio con questo tipo di mercato la Lloyds Pharmacy : la vendita è libera, purché la pillola non venga venduta alle minorenni e venga consegnata esclusivamente al titolare della carta di credito che ne ha fatto l’ordinazione online).

In Italia, già la classica pillola anticoncezionale viene usata pochissimo: meno di una italiana su 5 ne fa uso. Solo una donna su dieci ricorre alla contraccezione d’emergenza con la pillola del giorno dopo. Non è solo la paura di ingrassare o della cellulite, come è stato detto, a frenare le donne dall’utilizzo dei contraccettivi: basti pensare che oltre il 27% delle under 25 italiane non è mai andato dal ginecologo e 8 donne su 100 non hanno mai usato un metodo anticoncezionale: c’è evidentemente un serio problema di informazione e di prevenzione.

Del resto, come riporta Repubblica, lo stesso consumo di profilattici in Italia è fermo da un decennio, anzi è in calo. Il picco di 115 milioni di pezzi del ‘ 99 non è mai più stato raggiunto ed oggi si vendono poco più di due condom all’anno per ogni adulto (contro 6 milioni di pillole di Viagra all’anno). Siamo uno dei peggiori mercati d’ Europa per i preservativi: chiusa la storica Hatù, ora gli accessori in lattice vengono dalla Malesia o dall’ India e la prima forma di contraccezione in Italia resta il coito interrotto.

Quanto alla vera ”pillola abortiva” (RU486) che è quella che provoca una vera e propria interruzione di gravidanza, dove questo farmaco è già una realtà consolidata, il numero di aborti praticati chirurgicamente è sensibilmente diminuito di almeno il 30%. Se in paesi come Francia, Gran Bretagna e Svezia nel 2006 più di un quarto delle donne ha scelto l’aborto farmacologico, in Italia il ricorso alla pillola RU486 risulta ancora essere in “fase sperimentale”. In Europa siamo solo noi e l’Irlanda ad avere problemi con l’introduzione di questo farmaco. Un motivo ci sarà…

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Negare la pillola del giorno dopo è comunque illegale, perché va contro a quanto è scritto nell’articolo 2 della legge 194 che prevede «la somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile. Anche ai minori».

La soluzione potrebbe essere, anche in Italia, quella dell’abolizione della ricetta per questo farmaco il quale oltre tutto, dicono i medici, non sembra provocare alcun rischio sanitario. Un capitolo a parte è la sempre più frequente questione dell’obiezione di coscienza dei farmacisti.

Va sicuramente detto che la diffusione di massa, anche nelle scuole, di pillole e preservativi, come accade in altri Paesi europei non ha diminuito il ricorso all’aborto delle minorenni le cui gravidanze precoci stanno diventando un drammatico problema sociale.

La Chiesa si definisce contraria alla “martellante campagna per l’introduzione e la diffusione delle cosiddette ‘pillole del giorno dopo’ (abortive)”: ma dove sono queste “martellanti campagne”? In Italia francamente non sembra ve ne siano… Se non quelle, veramente martellanti, di matrice cattolica.

La Chiesa suggerisce di puntare sull’educazione alla responsabilità: chi potrebbe non essere d’accordo su questo punto? E’ giusto che i temi della salute e della vita vengano trattati con la massima attenzione e con un senso di responsabilità individuale. Quando poi le teorie diventano obiettivi educativi è difficile trovare un accordo. Cosa significa per la Chiesa cattolica “educare alla responsabilità”? Fare dei giuramenti di verginità, praticare l’astinenza, inviare nelle scuole “informatori” che dicono ai bambini che la pillola fa venire il cancro?

E se la gerarchia non vede nel condom uno strumento di lotta all’Aids, in un Paese devastato e impoverito da questa malattia, come è l’Africa, dove la diffusione dell’Aids supera il 20% della popolazione e un adulto su cinque è dunque malato e contagioso, quale potrebbe essere lo strumento di lotta? Spero non mi si risponda l’astinenza: ciò significherebbe aver probabilmente capito tutto della natura divina, ma veramente pochissimo di quella umana. Soprattutto significherebbe non aver capito che a rimetterci sarebbero soprattutto e di nuovo le donne, come del resto è sempre stato, con la compiacenza di tutti, alte gerarchie comprese.

Fonti:

Radicalimilano
Avvenire
La Stampa
Alessandra Graziottin
Café Babel
The Telegraph
Adn Kronos
Repubblica
Il Salvagente

Dott.ssa Giuliana Proietti Ancona

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