Pazienti depressi di 2 (due!) anni

Si può essere depressi a due anni? Da qualche anno, vengono pubblicati studi in cui si indica l’età di insorgenza di determinati sintomi intorno ai 3 o 4 anni. Non si tratta di malattie tipicamente pediatriche, come il morbillo o la varicella, ma di malattie che riguardano anche il mondo degli adulti, come la sindrome ansioso-depressiva. Gli psichiatri affermano infatti che alcuni bambini, precisamente un caso ogni 100.000, hanno bisogno di questi farmaci ancora prima di entrare alla scuola materna.

John Walkup, pediatra presso l’Università John Hopkins, dice a chiare lettere che, coloro che inorridiscono per queste somministrazioni infantili, non frequentano evidentemente la sua clinica e non vedono i casi che lui tratta. I sintomi non sono certo quelli degli adulti e si manifestano in altro modo. Ad esempio, la depressione bipolare si manifesta attraverso disturbi del sonno. Il dottore dice di aver visto bambini di 4 o 5 anni che dormivano tre-quattro ore per notte e che, malgrado ciò, non sembravano particolarmente stanchi durante la giornata. Ai suoi tempi, continua il Dottor Walkup, ci volevano diciotto anni prima di ottenere una diagnosi di disturbo bipolare: oggi, a suo modo di vedere, le cose non stanno più così e dunque, se un bambino mostra di avere dei sintomi di depressione in età molto giovane, va trattato, anche al fine di evitare complicazioni future, come quelle rappresentate da tentativi di suicidio.

Éric Fombonne, direttore della clinica psichiatrica presso l’Hôpital de Montréal e professore presso l’Université McGill sostiene invece che oggi parlare di depressione bipolare è come quando, in altre epoche, si parlava di psicosi infantile. Questo non significa che la depressione bipopolare non esista anche presso i bambini, ma a due, tre anni, è davvero un’assurdità. E’ come l’Asperger, continua il Professore, una forma di autismo: basta che un bambino sia un po’ isolato e che faccia delle cose bizzarre, che subito gli viene affibbiata la diagnosi di Asperger, mentre potrebbero esserci dei problemi di personalità o di interazione sociale.

Paradossalmente, il fatto che le medicine siano migliorate negli ultimi anni e che abbiano meno effetti collaterali, porta alcuni medici a prescriverle anche quando non ce n’è bisogno. La mancanza di tempo dei medici di famiglia e dei pediatri li spinge e mettere da parte le problematiche psico-sociali, per concentrarsi unicamente sui farmaci. Cécile Rousseau, professoressa di psichiatria presso l’Université McGill dice che si è passati da un estremo all’altro: prima, se i figli avevano dei problemi, era sempre colpa dei genitori, adesso si ignora completamente l’ambiente familiare, sociale, scolastico. Si ritiene che alcuni bambini siano più sensibili agli stress della vita e che per questo occorra proteggerli. Ma se c’è una depressione in un bambino di pochi anni, il problema è quasi sicuramente nell’ambiente familiare. Non necessariamente è colpa dei genitori: possono esserci problemi logistici, professionali, uno dei genitori potrebbe essere gravemente malato ecc.
In conclusione, prima i figli dovevano conformarsi alle attese che avevano i genitori nei loro confronti: ora devono essere felici, qualsiasi cosa succeda loro intorno. E’ una vera assurdità.

Dott.ssa Giuliana Proietti Ancona

Fonte: Cyberpresse

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