Proteggere i lavoratori del sesso

I lavoratori del sesso sono lavoratori come gli altri?

La maggior parte delle persone che si prostituiscono, siamo tutti d’accordo, lo fa perché si trova in condizioni di vera e propria schiavitù (come nel caso delle immigrate), di sudditanza psicologica verso lo sfruttatore, oppure perché vive in una situazione di degrado dovuta all’uso di droga ecc. ecc. Non possiamo però negare che esista una certa, piccola, percentuale di persone che sceglie il sesso come lavoro e lo fa con assoluta consapevolezza.

Lo fa perché produce dei guadagni molto elevati, impegna relativamente poco tempo, implica qualche comodità (ad esempio quando si lavora in casa) ecc.

Astendendosi volontariamente da qualsiasi giudizio di tipo moralistico, sta di fatto che lo Stato dovrebbe proteggere queste persone, che pure fanno parte dell nostra comunità e che a loro modo svolgono un servizio, dal momento che offrono qualcosa che, evidentemente, qualcuno domanda.

Recentemente, si è occupato della cosa anche il British Medical Journal (BMJ). Il Professor Michael Goodyear ha rilevato che l’attuale governo britannico sta mettendo a rischio i lavoratori del sesso, spinti a prostituirsi in luoghi sempre più isolati, tanto che è stato possibile realizzare ben 5 omicidi di prostitute in una sola città, Ipswich, alla fine del 2006.

Qui potrete leggere l’editoriale. Il Professore se la prende in particolare col primo ministro inglese, che non fa nulla per cercare di proteggere i sex workers, che vengono marginalizzati ed esclusi dai programmi di prevenzione per la salute pubblica.

Giuliana Proietti

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