Freud e la Religione

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Freud era religioso?

In Uno studio autobiografico , pubblicato nel 1925, Freud racconta che i suoi genitori erano ebrei e che lui stesso era “rimasto ebreo”. Le storie della Bibbia, fin da prima che imparasse a leggere, per sua stessa ammissione, ebbero in lui “un effetto duraturo” sulla direzione del suo interesse. Tuttavia, in una nota introduttiva alla traduzione ebraica di Totem e tabù (1930) Freud si descrive come “un autore che ignora il linguaggio delle Sacre Scritture, che è completamente estraneo alla religione dei suoi padri, così come ad ogni altra religione”, ma che “rimane ebreo nella sua natura essenziale e non ha alcun desiderio di alterare quella natura”. La famiglia Freud aveva rinunciato alla fede e alle pratiche religiose, come avevano fatto molte famiglie di fede ebraica che vivevano in comunità a prevalenza cristiana, per essere meglio accettate nella società.  Questa rinuncia, secondo Freud, aveva dato agli ebrei una notevole forza intellettuale, che altri non potevano avere, in quanto condizionati dalla religione.

Cosa era, per Freud, la religione?

Le opinioni di Sigmund Freud sulla religione sono descritte in molti suoi libri. In generale, Freud considerava la figura di Dio come una fantasia: nel libro “Il futuro di un’illusione” descrive la fede in Dio come una nevrosi collettiva, il “desiderio di un padre”. A suo modo di vedere la religione è stata una necessità nello sviluppo delle prime società umane per aiutare a frenare gli impulsi più violenti, in favore del progresso, della scienza e della ragione.

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Quale era, per Freud, la similitudine fra religiosità e nevrosi?

In Azioni ossessive e pratiche religiose (1907), il suo primo scritto sulla religione, Freud affermò che religione e nevrosi erano prodotti simili della mente umana: la nevrosi, con il suo comportamento compulsivo, rappresentava “una religiosità individuale”,  la religione, con i suoi comportamenti ripetitivi rituali, era una “nevrosi ossessiva universale”.

Che idea aveva della religione ebraica?

Nel suo ultimo libro, “Mosè e il monoteismo”, Freud, senza abbandonare il suo ateismo, cominciò a vedere la fede ebraica nella quale era nato come una fonte di progresso culturale nel passato e di ispirazione personale nel presente. Pensava che la fede in un Dio invisibile potesse migliorare la riflessione, non solo per la scienza, la letteratura e il diritto, ma anche per un’intensa introspezione. Se si riesce a contemplare un Dio invisibile, suggeriva Freud, si può anche riuscire a conoscere meglio se stessi, la propria singolarità.

In che modo la psicoanalisi può dirsi una derivazione della religione ebraica?

L’ebraismo, con il suo impegno verso un Dio invisibile, secondo Freud aveva aperto la strada per la scoperta della propria interiorità. Se le persone potevano adorare un Dio invisibile, potevano anche riflettere su ciò che non c’è, o su ciò che viene loro presentato in termini simbolici e non immediati. Questo lavoro mentale del monoteismo aveva dunque preparato gli ebrei a distinguersi nel diritto, nella matematica, nella scienza e nell’arte letteraria, avendo la capacità di pensare a un modello astratto di esperienza, in parole, numeri o linee. Freud definisce questo processo di interiorizzazione un “progresso intellettuale” e lo attribuisce direttamente alla religione monoteista.  Freud pensava che la psicoanalisi avesse donato all’umanità una modalità privilegiata per accedere alla propria vita interiore. Seppure sperava che l’umanità fosse stata un giorno capace di andare oltre la religione (così come aveva fatto una parte del popolo ebraico), vedeva in Mosè una figura che aveva apportato innovazioni concettuali capaci di cambiare il mondo, e la psicoanalisi ai suoi occhi rappresentava l’erede più importante del “progresso intellettuale” ebraico.

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Come è possibile che una figura antireligiosa prendesse spunto da un profeta?

Non fu il solo: si pensi a Nietzsche, che odiava il cristianesimo, e che però non detestava Gesù Cristo, che era anzi per lui un modello di spontaneità,  tenacia e libertà di spirito. “C’è stato un solo cristiano veramente all’altezza delle norme del Vangelo, ed è morto sulla croce”. Anche lo stesso Schopenhauer, al quale sia Nietzsche sia Freud erano profondamente debitori, era lui stesso un non credente. Per Schopenhauer la vita era dolore, tristezza e poco altro. Eppure anche lui seppe ispirarsi al cristianesimo, affermando che una fede che aveva come emblema centrale l’uomo torturato sulla croce non poteva essere del tutto fuorviante nella sua visione complessiva della vita.

Freud pensava di essere il primo, dopo la riflessione religiosa, ad aver aperto una strada alla esplorazione della coscienza?

No, Freud sosteneva che anche i poeti, prima di lui,  avevano saputo parlare in modo introspettivo dei propri desideri e delle proprie angosce, ma non erano comunque riusciti a rendere sistematica e accessibile la loro conoscenza alla vita interiore, come invece riusciva a fare la psicoanalisi.

Cosa pensava del Cristianesimo?

Secondo Freud uno dei desideri umani più forti è quello di incontrare Dio – o gli dei – direttamente.  A suo avviso, parte del fascino della religione greca risiedeva nel fatto che offriva ai seguaci rappresentazioni dirette, e spesso splendide, degli immortali, oltre alla possibilità non remota di incontrarli sulla terra. Con la sua panoplia di santi, il cristianesimo aveva restituito intensità visiva alla religione, facendo però un passo indietro rispetto al giudaismo, in direzione delle fedi pagane. E questo, secondo Freud, era uno dei motivi per cui questa fede aveva prosperato nei secoli.

Un’altra riflessione di Freud sul Cristianesimo viene dal libro Totem e Tabù (1913), un testo antropologico in cui analizzava il comportamento di tribù primitive e vedeva nel parricidio, cioè l’uccisione e il divoramento del “violento padre primordiale” la creazione di un pasto totem, all’origine di rituali che poi avrebbero regolato la vita sociale, imponendo alcuni tabù. La cerimonia della festa totem, dice Freud, sopravvive ancora nella forma della Comunione cristiana.

Cosa pensava Freud del principio cristiano “ama gli altri come te stesso”?

Pensava che questo principio religioso nascesse dalla necessità di proteggere la civiltà dalla disintegrazione. Dato che la storia dimostra che l’uomo è “una bestia feroce alla quale la considerazione verso i propri simili è qualcosa di estraneo” (Il disagio della civiltà, 1930), la formazione di un sistema di valori basato sull’esigenza di sviluppare relazioni d’amore con i propri simili è una e necessità culturale, senza la quale saremmo ridotti a vivere nello stato di natura, ossia saremmo interamente esposti alle forze naturali che hanno un potere quasi illimitato di distruggerci.

Quale è lo scopo ultimo della religione, secondo Freud?

Nel libro Il futuro di un’illusione (1927), Freud parla della religione come di un’illusione che è “forse l’elemento più importante nell’inventario psichico di una civiltà”. A suo avviso, la funzione sociale della religione è quella di offrire una difesa contro “la forza schiacciante della natura” e “l’impulso di correggere i difetti della civiltà che si sono fatti sentire dolorosamente”. A suo avviso tutte le credenze religiose sono “illusioni” che non possono essere messe alla prova.

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Cosa accadrebbe se non ci fosse la religione?

Freud osserva che “la civiltà ha poco da temere dalle persone istruite e dai lavoratori del cervello” in cui i motivi secolari della moralità sostituiscono quelli religiosi, ma riconosce l’esistenza della “grande massa degli ignoranti e degli oppressi” che possono commettere omicidi. se non si dice che Dio lo proibisce, e che deve essere “trattenuta con la massima severità”.

Quale è il rapporto fra religione e civiltà?

Il modo in cui le religioni affrontano i problemi più fondamentali dell’esistenza, rappresentano il bene più prezioso che la civiltà ha da offrire. La visione religiosa del mondo, che Freud riconobbe come dotata di incomparabile consistenza e coerenza, afferma che essa sola può rispondere alla domanda. del senso della vita. (conferenza  1932 “Sulla questione di una Weltanschauung ”)

Le persone religiose sono meno intelligenti, per Freud?

Non si tratta di intelligenza, ma di una mancanza di libertà dell’intelletto di pensare al di là della propria formazione religiosa dogmatica.

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Quale era l’auspicio di Freud sulla religione?

L’auspicio era che nel futuro la scienza potesse andare oltre la religione e la ragione potesse sostituire la fede in Dio.

Cosa hanno detto i critici di questa visione di Freud sulla religione?

Il filosofo Wittgenstein osservò che gran parte della forza persuasiva del lavoro di Freud derivava dalla pretesa di aver costruito una spiegazione scientifica dei miti antichi, mentre ciò che aveva fatto era stato semplicemente proporre un nuovo mito, quello della psicoanalisi.
Harold Bloom, il critico letterario più famoso nel mondo anglofono, osservò che Freud credeva che le credenze religiose fossero illusioni e delusioni, ma che lo stesso in fondo si poteva anche dire della teoria psicoanalitica. Sia le credenze religiose che le teorie di Freud possono infatti essere provate scientificamente.

Dr. Giuliana Proietti

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