Gestalt Therapy

Prima di affrontare la Teoria della Gestalt è opportuno fare una breve introduzione sulla psicologia della Gestalt.

La psicologia della Gestalt

Detta anche ‘psicologia della forma’. Questa psicologia si è occupata prevalentemente dello studio della percezione e delle sue leggi. “Gestalt” è una parola tedesca che può essere tradotta con “forma”, o meglio,  “configurazione”.

L’osservazione di base sulla quale si fonda questo approccio è che le immagini vengono percepite come configurazioni globali, più complesse della somma delle loro singole parti, come avviene ad esempio nelle illusioni ottiche.

Storicamente, la psicologia della Gestalt nacque in polemica con le teorie associazioniste, secondo le quali la percezione sarebbe il risultato di una sorta di “montaggio” che ogni individuo fa di singoli elementi; intorno al 1910, Max Wertheimer, Wolfgang Köhler e Kurt Koffka proposero dunque questo nuovo approccio, che teneva in grande considerazione gli effetti della percezione.

Da questo primo modello teorico, la psicologia della Gestalt si è estesa anche ad altre aree, come il pensiero, la memoria e l’estetica. Attraverso la psicologia della Gestalt, Kurt Lewin ha potuto ad esempio studiare le dinamiche di gruppo.

La Gestalt Therapy

La psicoterapia gestaltista è nata negli anni 40-50 ad opera di quattro professionisti nel campo della psichiatria, psicologia, letteratura e filosofia : Fritz Perls, Laura Perls, Paul Goodman, Isadore From.

Essa è finalizzata al recupero della naturale armonia tra individuo e ambiente e all’acquisizione, da parte del paziente, di una maggiore consapevolezza: in particolare il paziente ed il terapeuta possono insieme mettere in ordine e dare un senso ad una serie di esperienze apparentemente non legate fra loro.

Il più alto livello di popolarità di questa psicoterapia fu raggiunto negli anni sessanta, nel periodo della ribellione giovanile verso i valori dei genitori e delle precedenti generazioni. Si esaltavano allora l’espressione creativa, l’esplorazione interiore, la libertà, e la psicoterapia in questo contesto diventava un mezzo per migliorarsi e cambiare, sé stessi e la società.

La psicoterapia della Gestalt infatti si considera a pieno titolo una forma di psicoterapia umanistico-esistenziale.

Principi teorici:

. Teoria del campo, che deriva dal lavoro svolto da Kurt Lewin (1951) : tutto dipende dal contesto, noi siamo tutti parte di un tutto, il che significa che possiamo contribuire a creare la nostra realtà, perché anche essa dipende dal contesto. Lo psicoterapeuta si pone come un agente di cambiamento, perché aiuta a guardare al tutto e a come esso si organizza. Si guarda ai fenomeni senza giudicarli, senza pregiudizi, dal privato al sociale, dal particolare al globale, secondo la filosofia fenomenologica.

. Fenomenologia. E’ un approccio che deriva dal lavoro di Edmund Husserl (1931), il creatore di questo movimento filosofico, secondo il quale ognuno conosce veramente solo quello che sperimenta ed ognuno organizza le conoscenze a seconda dei contenuti che già gli appartengono. Il metodo fenomenologico di osservazione comporta l’osservazione di quanto ci accade intorno con un atteggiamento del tutto neutrale, completamente scevro da pregiudizi. Nel contesto terapeutico il terapeuta si deve aprire al paziente, in modo di creare un canale di comunicazione condiviso, che comporta lo stesso linguaggio e gli stessi significati. La difficoltà, da parte del terapeuta, sta allora nel trovare la giusta misura per non violare i ‘confini’ del paziente.

. Percezione. La psicologia della Gestalt è stata largamente influenzata dalla psicologia della percezione (vedi Kohler, 1947) e dagli studi sui concetti di figura e sfondo. Gli psicologi si riferivano alle sole percezioni fisiche; gli psicoterapeuti sono andati oltre, applicando questi stessi concetti alle dinamiche familiari e di coppia e a sistemi molto più allargati, come le organizzazioni e le culture. Ciò che ci circonda infatti può essere visto come una figura che si differenzia da uno sfondo, senza confini e senza forma. Lo sfondo racchiude il nostro passato, la nostra cultura, i desideri, le credenze e così via; ogni figura che emerge dallo sfondo attira la nostra attenzione per un tempo finito (perché è troppo complessa, oppure perché è in competizione con un’altra figura più forte ecc.) e quindi tende a tornare nello sfondo, secondo un ciclo naturale. Quando c’è un’interruzione, un blocco, in questa naturale alternanza figura-sfondo, c’è la disfunzione, cioè il sintomo.

Sintomi e difese sono visti, in questo contesto, come tentativi di risoluzione di un problema attraverso degli aggiustamenti creativi, che nel tempo possono però perdere le caratteristiche iniziali e portare a distorsioni.

La terapia non cerca di rimuovere o interpretare le difese o i sintomi, ma si limita a cercare di portarli a coscienza, con l’obiettivo di riorganizzarli in modo da poterli meglio conoscere e gestire.

Il terapeuta deve dunque soprattutto aiutare il suo paziente ad integrare i suoi comportamenti con il processo decisionale che sta a monte.

La Gestalt Therapy è praticata in contesti e con obiettivi molto diversi: nella psicoterapia individuale, in quella di coppia, nella terapia familiare, o di gruppo.

Nel testo che segna l’esordio della psicoterapia della Gestalt si trova scritto:
” …operando sull’unità e sulla mancanza di unità di questa struttura dell’esperienza qui e ora, ci sarà possibile ricostruire i rapporti dinamici tra figura e sfondo, fino a quando il contatto non diverrà più intenso, la consapevolezza più luminosa e il comportamento più energico. La cosa più importante da stabilire è il fatto che una Gestalt forte è essa stessa la cura del momento e che la figura del contatto non è segno dell’esperienza, bensì essa stessa l’integrazione dell’esperienza”.

Una seduta di psicoterapia della Gestalt

Per la Gestalt non basta “verbalizzare“, in quanto questo non serve per  “comprendere” e così dominare il sintomo. Il linguaggio del corpo assume dunque una grande importanza e gli istinti, le emozioni, i sentimenti del paziente, oltre che verbalizzati, vanno vissuti ed agiti.

Un terapeuta che usa la Gestalt Therapy è attivo, ma mai direttivo. Si tratta di un coinvolgimento controllato, nel senso che il terapeuta condivide deliberatamente alcuni dei suoi sentimenti per aiutare il paziente a esplorare le sue difficoltà, ma senza violare i confini del paziente stesso. Secondo questo orientamento ciò che cura infatti non è tanto la comprensione razionale del disturbo, ma piuttosto il sentirsi riconosciuti nella intenzionalità di contatto verso l’altro significativo.

Ecco alcuni esercizi fra i più comuni:

L’amplificazione serve a rendere esplicito ciò che è implicito, a prendere coscienza del modo in cui operiamo nel “qui e ora” proiettando all’esterno ciò che accade all’interno della testa e del corpo . Il terapeuta nota i gesti automatici, inconsci, del paziente e chiede di esagerarli, perché possano rivelare alcuni aspetti del proprio modo di atteggiarsi verso la vita.

• Il “monodramma” si invita il paziente ad esprimere i diversi personaggi che sono dentro di lui. Recitare questi ruoli permette di far emergere le contraddittorie sfaccettature della personalità, gli aspetti che il paziente si nasconde, che non desidera vedere o proietta sugli altri.
E’ possibile che venga richiesto di interpretare i personaggi principali delle proprie relazioni quotidiane (madre, figli, coniuge, capo …). La tecnica della “sedia vuota”  serve per dare voce alla persona assente.

L’azione consente di riprodurre un episodio della vita, reale o immaginario, passato, presente o futuro. Il terapeuta individua in particolare quella che lui chiama la “Gestalt incompiuta”, ovvero tracce di eventi traumatici del passato (una punizione terribile, un trauma infantile, ecc.) che influenza la vita attuale. La riproduzione di questi episodi non permette di cancellarli, ma di integrarli nella struttura psichica con un nuovo senso, che è quello di andare oltre, di prepararsi per una situazione futura.

• La consapevolezza è una consapevolezza globale del flusso costante delle proprie sensazioni fisiche, delle idee, delle preoccupazioni, dei desideri, delle emozioni … Essere attenti a se stessi durante un’intera seduta può collegare elementi che a volte si pensa siano separati (corpo e mente, per  fare un esempio).

L’inchiesta diretta consiste nel non parlare mai di qualcuno (principio base della Gestalt), ma nel parlargli direttamente, anche se è assente. Si sceglie un oggetto, un’altra persona del gruppo o la sedia vuota. Questo aiuta a far uscire un’emozione più velocemente,
una difficoltà su cui poi si può lavorare.

Redazione di Psicolinea

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