Radici biologiche della sessualita’

Dal punto di vista strettamente biologico, la sessualità consiste in un insieme di attività integrate a livello ipotalamico ed è caratterizzato, sia a livello maschile che femminile, da una componente riflessa, organizzata nel tronco cerebrale e nel midollo spinale, controllata dalle strutture cerebrali superiori. Le aree cerebrali maggiormente implicate nel comportamento sessuale sono l’area preottica e l’ipotalamo anteriore (nucleo basale) che svolgono il ruolo principale, seguiti dal setto, dall’amigdala, dalla formazione reticolare mesencefalica, dalla corteccia. La sessualità è dunque determinata in larghissima parte dagli aspetti biologici e genetici.

Ne era convinto anche Charles Darwin, il quale riteneva che la selezione naturale fosse l’effetto del successo di un particolare individuo, il quale aveva delle caratteristiche particolari che gli permettevano di adattarsi all’ambiente (soprattutto per quanto riguarda la capacità di nutrirsi e di difendersi dai pericoli esterni), rimanendo vivo/a e generando una prole che avrebbe garantito la sopravvivenza della specie. Nel 1871 il naturalista inglese perfezionò la sua teoria introducendo anche il concetto di selezione sessuale, per spiegare come e perché alcuni individui erano in grado non solo di adattarsi all’ambiente, ma anche di raggiungere dei vantaggi riproduttivi, rispetto ad altri soggetti, appartenenti allo stesso sesso e alla stessa specie. Darwin fece l’esempio di alcuni maschi, forti e vigorosi, cui viene consentito di esprimere un comportamento seduttivo nei confronti di una o più femmine del gruppo, mentre ad altri maschi, dalle qualità fisiche meno appariscenti, viene addirittura negata la possibilità di un accoppiamento. Comportamenti di questo tipo sono in effetti stati osservati in molte specie animali: dagli elefanti marini, agli struzzi, ai cervi, alle scimmie macaco e altri animali.

La sessualità umana, oltre che dagli aspetti genetici, è però regolata in larga misura anche da norme ed aspettative sociali relative all’ambiente nel quale si nasce. Da molti secoli si discute sulla differenza fra gli aspetti “naturali” o “biologici” della sessualità umana, contrapposti a quelli storici e culturali, attraverso i quali le differenti organizzazioni sociali hanno cercato di regolare di volta in volta la sessualità delle persone, con norme e divieti relativi alla salute pubblica, alle malattie sessualmente trasmesse, alla prostituzione, all’educazione sessuale, ecc..

Grande influenza sui comportamenti umani li hanno (e li hanno avuti) in particolare le religioni e le morali sessuali che da queste discendono. Sebbene la sessualità sia da tutti riconosciuta come fondamentale, in quanto consente la riproduzione della specie, per molte fedi religiose essa è spesso vista come una tentazione non accettabile, soprattutto in certe sue forme ed in particolari relazioni. Altre religioni considerano invece la sessualità come un vantaggio sociale, dal momento che permette di consolidare la relazione fra i partners, rendendo stabile la coppia.

In natura tutte le specie animali, essere umano compreso, dedicano molto tempo alla sessualità, sin dal momento della preparazione dell’incontro sessuale, che viene in genere preceduto dalle fasi dell’attrazione e del corteggiamento, le quali richiedono una completa interazione fra due individui di sesso opposto (ma anche dello stesso sesso!).

Nella coppia eterosessuale, fra gli umani quanto fra gli animali, sono in genere le femmine ad occuparsi di partorire e poi di allevare i loro piccoli: nel corso dell’evoluzione, per far si che la prole nascesse forte ed in buona salute, esse hanno dovuto imparare a scegliere con oculatezza il proprio partner, selezionando il maschio che esibiva le migliori qualità individuali.

Il comportamento maschile del corteggiamento è dunque una ostentazione delle proprie doti, che ha lo scopo di vincere la competizione con i rivali, per poter arrivare all’accoppiamento. In natura il corteggiamento dura fino a che la femmina non emette una risposta, positiva o negativa, sulla sua disponibilità all’accoppiamento.

I piccioni ad esempio corteggiano le femmine muovendosi intorno a loro in modo impettito, inchinandosi spesso, e poi tubando, inseguendole e rincorrendole continuamente, fino a che, dopo massimo due giorni, la femmina produce delle risposte caratteristiche, avvicinandosi agitando le ali.

Alla base di ogni accoppiamento vi è anzitutto un richiamo, un’attrazione sessuale fra i due partners. In genere le maggiori capacità attrattive sono prerogativa femminile, grazie all’azione dell’ormone estrogeno (letteralmente ‘generatore di estro’, sostanza presente ciclicamente nelle femmine di tutti i mammiferi, che induce delle modificazioni nell’apparato genitale, rendendolo sessualmente ricettivo, cioè determinando un’attrazione fisiologica verso l’altro sesso per fini riproduttivi).

I maschi delle scimmie ad esempio sembrano molto stimolati dalla vista della parte posteriore delle femmine quando questa aumenta di volume (si chiama “pelle sessuale”) ad opera dell’estrogeno. Quando questo ormone diminuisce nell’organismo della scimmia, si riduce, fino a scomparire, l’attrazione sessuale fra i due sessi. Inoltre, di là di quanto molti pensano, in natura le femmine non si limitano solo a cercare di attrarre i maschi (“comportamento recettivo”) , ma esse sollecitano anche attivamente l’accoppiamento e lo fanno, appunto, quando sono stimolate in tal senso dal sistema ormonale (“comportamento procettivo”). Si è osservato ad esempio che le scimmie si irrigidiscono e contemporaneamente fissano i maschi in modo intenso: se i maschi rispondono a questo contatto oculare e lo mantengono per alcuni secondi, esse schioccano la lingua, imitate dai loro partners, i quali dopo questo segnale in codice iniziano subito dopo le “operazioni” per l’accoppiamento.

Anche altri animali utilizzano questi segnali in codice, anche in specie molto più piccole: i ratti femmina ad esempio, quando vogliono sedurre i loro partners, cominciano a saltellare all’indietro, allontanandosi dai maschi, i quali si eccitano notevolmente nell’assistere a questa sorta di ‘danza erotica’ delle topoline, che rappresenta contemporaneamente sia un invito che un diniego.

Anche per gli animali tuttavia esistono dei fattori sociali e di apprendimento che determinano il comportamento sessuale:
sappiamo ad esempio che i maschi della scimmia, anche quelli che hanno avuto una normale vita fetale e il primo anno di vita assicurato dalle cure materne, se vengono posti in isolamento da altri coetanei, quando diventano adulti essi non sembrano interessati ad avere rapporti sessuali con le femmine della loro specie.

Infatti, i maschi di scimmia si divertono da piccoli a giocare fra loro, compiendo attività molto simili a quelle che in seguito saranno utilizzate per fini riproduttivi; la mancanza di questa fondamentale esperienza di gioco e di relazione impedisce loro l’acquisizione di un comportamento sessuale adulto.

Rispetto ad altre specie animali, la nostra mostra, specialmente al giorno d’oggi, una maggiore simmetria nei ruoli del corteggiamento, probabilmente perché non è solo la donna ad occuparsi dei piccoli, ma spesso questo è un compito condiviso da entrambi i genitori.

Nella nostra specie inoltre il comportamento femminile si è ormai quasi del tutto emancipato dalla dipendenza ormonale e dall’andamento del ciclo mestruale: la disponibilità della donna all’accoppiamento non è più legata ad un determinato momento del ciclo ormonale, ma può essere presente in qualunque periodo.

Questo particolare si osserva già in alcune scimmie, fra le quali si trova una prima forma di indipendenza dagli ormoni, essendo esse disponibili agli accoppiamenti durante tutto il ciclo ovarico, anche se, di fatto, si accoppiano con maggiore frequenza in vicinanza dell’ovulazione; del resto, anche le donne dichiarano di avere rapporti sessuali più soddisfacenti durante la fase preovulatoria del ciclo mestruale, che non durante il periodo postovulatorio.

Fra gli esseri umani, ma anche fra i primati, il contatto oculare è in genere denso di significati: può essere messo in atto per vincere la competizione con i propri rivali, ma anche per costituire un incentivo all’eccitamento sessuale del/della partner; non a caso, nel tempo, si sono sviluppate delle abilità per comprendere l’interesse del/della partner a partire dalla tipologia dello sguardo, insieme alle altre espressioni facciali e posturali.

Le stimolazioni visive non hanno la stessa rilevanza negli animali inferiori, ma acquisiscono importanza sempre maggiore in relazione al grado evolutivo raggiunto da una determinata specie. Negli animali il copione del comportamento sessuale è molto rigido: il rapporto sessuale avviene in genere col maschio che penetra la femmina da dietro, in posizioni ben determinate. Fra gli esseri umani il comportamento sessuale ha invece assunto una variabilità unica (anche se il rapporto frontale è prevalente) tanto che i partners di entrambi i sessi possono avere qualsiasi ruolo.

In conclusione, molti sono i fattori che legano la nostra sessualità agli aspetti naturali e dunque agli istinti, ma buon parte dei nostri comportamenti sono invece legati ad aspetti sociali, culturali e ambientali. Sarebbe errato cercare di vivere la propria sessualità rispettando unicamente le leggi della natura, perché questo comporterebbe la messa in atto di comportamenti antisociali, se non addirittura violenti verso gli altri (si pensi ad esempio allo stupro o alle molestie sessuali), ma altrettanto errato è il comportamento di chi cerca di sublimare il desiderio sessuale attraverso comportamenti che ritiene socialmente più accettabili (ad esempio trascurando la propria vita privata per prendersi cura degli altri, oppure lavorando in modo compulsivo, ecc.), perché anche questo eccesso potrebbe causare altro tipo di danni, sia a sé stessi (depressione, ansia e altre somatizzazioni), sia agli altri (povertà affettiva, alessitimia).

Giuliana Proietti

Psicolinea.it © Genn. 2010

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