Analisi Transazionale: cos’è?

Cos’è l’Analisi Transazionale?

L’analisi transazionale (o AT, come viene spesso chiamata) è un modello psicologico sviluppato negli anni ’60 da Eric Berne. Si basa su due nozioni: vi sono tre parti o “stati-ego” nella “personalità” ed esse sono in relazione tra loro attraverso le “transazioni”. L’AT è un modello molto utilizzato anche in psicoterapia, ma soprattutto si tratta di una concezione dell’essere umano che nasce da una filosofia positiva, in cui ogni persona è fondamentalmente O.K.

Da cosa deriva il nome?

Il nome deriva da “transazione” cioè “scambio”.

Quali sono i vantaggi nell’uso di questo modello psicologico?

Come strumento psicologico può essere molto utile per migliorare la relazione che viene a crearsi fra due individui che stanno comunicando (infatti viene molto usata per la formazione dei managers, dei venditori, dei direttori del personale ecc.) e poi si esprime in un linguaggio e con una simbologia del tutto comprensibile anche ai non ‘iniziati’ al linguaggio psicologico.

Come viene descritta la personalità?

Gli elementi più profondi della personalità sono rappresentati dagli “stati dell’Io” (dove l’Io è il nucleo dell’ identità psicologica), tra loro relativamente autonomi ma non sempre bene integrati. Essi sono il Genitore, l’Adulto, il Bambino.

Il Genitore è un insieme di registrazioni di eventi vissuti durante l’infanzia, nei primi cinque anni di vita, cioè prima della nascita sociale dell’individuo; ciò che è contenuto nello stato Genitore è stato registrato per così dire ‘in diretta’, senza mediazioni, senza spiegazioni o commenti. Nello stato del Genitore vengono registrate anche situazioni esterne gestite da adulti, come ad esempio le prime esperienze scolastiche, in cui gli adulti importanti sono gli insegnanti e non i genitori.

L’Adulto è la parte della personalità che elabora, come un computer, le informazioni che gli si danno, producendo risposte assolutamente logiche e razionali; questo stato comincia a nascere verso i dieci mesi, quando il bambino inizia a muoversi autonomamente e a fare esperienze personali. Sin dai primi anni di vita compito dell’Adulto è quello di verificare i dati registrati nel Genitore e nel Bambino, valutandone l’importanza e la veridicità al momento attuale, per poi accettarli o rifiutarli.

Il Bambino rappresenta la parte più emotiva e spontanea della personalità; in questo stato vengono registrate le sensazioni interne del bambino nelle sue relazioni con l’ambiente ed in particolare i sensi di inferiorità causatigli dai rapporti con gli adulti.

Ogni stato dell’Io presenta delle caratteristiche: sono positive o negative?

Ogni stato dell’Io presenta qualità positive e negative: : il Bambino, ad esempio, è fonte di energia positiva a causa della sua spontaneità, gioia, capacità intuitive, amore per l’immaginazione, il gioco, la musica etc., ma a volte, come del resto accade anche ai bambini, questo stato dell’Io, sperimenta sensi di inferiorità nei confronti degli adulti, oppure paura, insicurezza.

Quali sono le funzioni degli stati dell’Io?

La funzione dell’Adulto è quella di un piccolo computer interno: può consentire di capire idee complesse, ha capacità di analisi, di calcolo di ragionamento, ma la sua funzione principale è quella di aiutare il Bambino a soddisfare bisogni e desideri, utilizzando dei metodi razionali e socialmente accettabili. Può essere però causa di dolore se si trova ad elaborare informazioni sbagliate, incongrue, inadeguate: in questi casi può dimostrare debolezza.

Il Genitore, a differenza dell’Adulto, non deve esaminare dati di realtà, perché in esso si concentra tutto quello che ‘si sa’, che si da per scontato, in termini quasi assoluti, in quanto deriva dal sapere che viene trasmesso dai genitori.

Esempio: Si passa davanti ad una pasticceria insieme ad un bambino, che chiede un dolce. ‘Non è il caso, hai già mangiato troppo’, si potrebbe rispondere, oppure : ‘Chissà quanto costerà ?’ o anche ‘Che buona la cioccolata…’ Nel primo caso è lo stato Genitore che parla, nel secondo l’Adulto e nel terzo, ovviamente, il Bambino.

Cosa insegna l’A.T.?

L’A.T. insegna anzitutto a riconoscere ed utilizzare con maggiore consapevolezza ed efficienza le tre dimensioni della personalità, sia a livello personale, sia nell’osservazione degli altri. La sfida consiste nell’imparare a rimanere perennemente nel proprio Stato Adulto, il quale può, ed in alcune circostanze deve, cercare la mediazione dagli altri due Stati dell’Io.

Come si riesce a restare sempre nello stato adulto?

Un Adulto forte si realizza ad esempio imparando a individuare il proprio Bambino, i suoi punti vulnerabili, le sue paure, i modi principali in cui esprime questi stati d’animo ed anche imparando a individuare il proprio Genitore, le sue ammonizioni, le sue ingiunzioni, i suoi atteggiamenti fissi, ed i modi in cui esprime tali ammonizioni e ingiunzioni. Mostrandosi sempre disponibili al Bambino degli altri, parlando a quel Bambino, carezzandolo, proteggendolo, cercando di comprendere i suoi sensi di inferiorità ma anche il suo bisogno di espressione creativa.

Cosa sono le “carezze” nell’AT?

Nel linguaggio dell’A.T. i modi premurosi con i quali dobbiamo trattare le nostre parti O.K. della personalità (tutti ne abbiamo) si chiamano carezze. Le carezze non devono considerarsi un inutile spreco di energie: le carezze che riceviamo dagli altri ( sorrisi, strette di mano, regali, carezze fisiche, attenzioni particolari) sono importanti in quanto soddisfano il nostro bisogno di ricevere rinforzi e stimolazioni, ma forse ancor di più sono indispensabili le carezze interne, cioè quelle che partono dal nostro pensiero, dalla rievocazione di scene positive, dalle nuove idee o dalle fantasie.

L’individuo, quando riceve delle carezze, sia interne che esterne, le gradisce e le utilizza nello stesso modo: ecco perché non dovremmo stare sempre ad aspettare il riconoscimento degli altri, ma cercare di farci coraggio da soli, tentando di mantenere il nostro equilibrio psichico, ‘carezzandoci internamente’. Come si può tradurre tutto ciò in fatti? Ad esempio concedendosi nella giornata dei momenti per ascoltare buona musica, vedere un bel film, visitare un luogo interessante, ecc.

Secondo l’Analisi Transazionale tutti gli individui hanno una personalità positiva, che a volte emerge con facilità, mentre altre volte necessita di aiuto : le parti buone all’interno vanno cercate e trovate, ma poi anche curate, nutrite, ‘carezzate’. Questo tipo di ricerca interiore coinvolge la persona e la illumina in un produttivo processo di auto-realizzazione personale.

Le carezze vanno date anche agli altri. Presupposto della teoria è infatti che non solo Io sono O.K., ma anche tu sei O.K. Partendo da questo punto di vista, quando si ha a che fare con un’altra persona, si dovrebbe sempre cercare di individuare le sue parti O.K.

Quale è lo scopo dell’AT?

Lo scopo dell’analisi transazionale è quello di scoprire in ogni individuo la componente, Genitore, Adulto o Bambino, che sottende ogni sua espressione, sia essa di stimolo o di reazione. Per fare ciò si debbono analizzare molte indicazioni, che comprendono le parole utilizzate, il tono della voce, il gestire e le espressioni del volto. Altrettanta importanza ha il ‘copione’, che si crea attraverso le esperienze già vissute e che porta l’individuo a seguire strade già tracciate, in modo da farlo sentire più sicuro, ma anche limitando in parte le possibilità di un pensiero divergente, che riesca a trovare soluzioni nuove a problemi vecchi e nuovi.

L’AT insegna anche a gestire i conflitti?

Si. Berne distingue fra transazioni complementari e incrociate. Le transazioni complementari si verificano quando entrambe le persone si trovano allo stesso livello (genitore che parla con il genitore, ecc.). In questo caso entrambi la pensano allo stesso modo e la comunicazione è più facile. I problemi si verificano solitamente nelle transazioni incrociate, in cui ciascuno parla con un livello diverso.

La linea di comunicazione ideale è la relazione adulto-adulto, che è matura e razionale.

Dr. Walter La Gatta

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