Louise Bourgeois, l’arte e la psicoanalisi
Louise Bourgeois (Parigi, 25 dicembre 1911 – New York, 31 maggio 2010) è stata una importante artista francese. Si formò come scultrice presso la École des Beaux-Arts di Parigi, per poi approdare a New York City nel 1938. Partecipò a diversi correnti artistiche, dapprima sotto l’influenza del surrealismo, per dedicarsi poi, a partire dagli anni sessanta, alla lavorazione del metallo, realizzando tra l’altro delle installazioni.
Negli anni più maturi, l’artista si occupò in maniera approfondita di temi come la sessualità, la famiglia e la solitudine, rappresentando immagini trasfigurate del membro maschile e celebrando il concetto di maternità con enormi sculture filigrane a forma di ragno; si tratta di opere di carattere onirico spesso ripetute per essere poi installate in diverse città, dell’altezza di una decina di metri.
La Bourgeois è stata in analisi per più di 30 anni. Nel 1951, cominciò a soffrire di depressione, a seguito della morte del padre, ed entrò in terapia con il dottor Leonard Cammer.
L’anno seguente passò al Dr Henry Lowenfeld, un freudiano di seconda generazione che era emigrato a New York, anche lui nel 1938. Lowenfeld si era formato presso l’analista marxista Otto Fenichel a Berlino, dove era stato in contatto anche con il gruppo radicale di Wilhelm Reich, Sex-Pol.
Una volta giunto a New York, desideroso di assimilare la cultura americana e disincantato dal comunismo, Lowenfeld si era però pienamente integrato nella società di psicoanalisi, nascondendo le idee radicali avute in passato.
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Nel 2007 sono state ritrovate, nella casa di Chelsea della Bourgeois, morta nel 2010 a 98 anni, due scatole di appunti che si riferiscono all’ analisi cui si era sottoposta per tanti anni, quattro volte alla settimana.
Questi appunti, scritti su fogli casuali, carta intestata, biglietti della lotteria ecc., offrono uno scorcio degli stati psicologici della scultrice. Secondo queste note, Lowenfeld considerava l’incapacità dell’artista di accettare la sua aggressività come il problema centrale che doveva essere elaborato in analisi.
“L’aggressività viene utilizzata dal senso di colpa e si rivolge contro di me, invece di essere sublimata in canali utili”, ha scritto.
Per gli storici dell’arte le sue libere associazioni e gli scarabocchi non solo suggeriscono indizi per quanto riguarda le relazioni personali dell’artista e i conflitti che sono alla base di tutto il suo lavoro, ma sembrano offrire collegamenti diretti al suo processo creativo.
In una lettera non finita, scritta al “Mon cher Papa”, la Bourgeois scrisse:
“Nel 20° secolo il miglior lavoro è stato prodotto da coloro il cui unico problema era un problema con se stessi”.
Suo padre era un tirannico donnaiolo ed aveva una storia con la sua governante inglese: la scoperta della tresca fu un trauma, al quale la Bourgeois fa infinito ritorno nelle sue opere.
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Nel 1958, all’età di 47 anni, la Bourgeois scrisse una lista dei suoi fallimenti:
“Ho fallito come moglie / come donna / come madre / come padrona di casa/ come artista / come donna d’affari”, e così via.
Compilò anche una lista di “sette semplici modi per farla finita” così come la lista delle sue paure: “Ho paura del silenzio / del buio / di cadere /dell’ insonnia / del vuoto …”
E parla anche dei suoi sentimenti circa l’analisi: “L’analisi è un lavoro / è una trappola / è un privilegio / è un lusso / è un dovere … è uno scherzo / mi rende impotente / mi fa sentire come un poliziotto / è un brutto sogno … ”
Molti dei suoi scritti sono dei proponimenti: “Non rischiare troppo / Non nascondere troppo / Non trascurare troppo …”
La Bourgeois si chiedeva: “Che cosa vuoi / sai che cosa è / sai se è possibile averlo? Se non lo sai, perché non lo sai/ stai cercando un oggetto sostitutivo? Perché? /quale?”
Su un altro foglio invece ha scritto: “Essere ferita. Paura di essere ferita, ferire prima di essere ferita, cosa ferisce?” (Le risposte: “essere abbandonata / criticata / attaccata / subire richieste eccessive / essere usata/ essere rifiutata …”)
Questi inventari emotivi, con tutta la loro logica ingarbugliata, erano per la Bourgeois un modo per riflettere su di sé, per elaborare i suoi pensieri.
Fu il critico d’arte Peter Frank ad incoraggiarla a scrivere queste libere associazioni e non il suo terapeuta Lowenfeld:
“Non è né la mia terapia, né mio dovere”, scrisse infatti in riferimento al suggerimento avuto da Frank:
“Scrivo perché ho sempre pensato che se la gente mi conoscesse davvero, mi amerebbe di più. Scrivo o faccio sculture, per essere amata (per quello che sono)”.
Una mera illusione, tanto che l’artista stessa, dopo aver fatto diventare parole i suoi pensieri, era la prima a dare loro scarso valore, come scrisse in anglo-francese, evidentemente per se stessa:
“Tout de mes notes seems remote + foreign except when in the process of being written, they communicate nothing not even to me.”
La Bourgeois considerava l’arte come la sua parallela “forma di psicoanalisi”, capace di offrirle un accesso privilegiato e unico all’inconscio, così come una forma di liberazione psicologica.
Su un pezzo di carta rosa si legge:
“L’arte è una garanzia di salute mentale”.
La sua arte era riparativa, una forma di rammendo mentale. Sua madre era stata una restauratrice di arazzi e la Bourgeois fa infatti spesso riferimento al ragno che tesse una fragile tela.
In Maman (1999), la Bourgeois mette un massiccio ragno a guardia di un uovo. (L’opera è stata in mostra nel giardino del museo Freud).
Nelle sue opere, l’artista segue le orme di sua madre nella tessitura, un’arte che Freud, in una delle sue ipotesi, pensava fosse stata inventata dalle donne come prodotto inconsapevole della “invidia del pene” (perché i risultati imitano i peli che nascondono i genitali).
La Bourgeois si identificò nel soggetto isterico e compose sculture su misura, come Arch of Hysteria (1993), che fa riferimento al “vortice di isteria” (sic) in cui si trovò spesso coinvolta.
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L’artista era molto al dentro dei concetti psicoanalitici, che devono essere presi in considerazione per capire a fondo il suo lavoro. Spesso, ad esempio, annotava alcuni pensieri, tratti dagli scritti psicoanalitici che leggeva, anche se alla fine l’artista si convinse che l’analisi aveva poco da offrire all’artista.
“La verità è che Freud non ha fatto nulla per gli artisti, o per il problema dell’artista, il tormento dell’artista”,
ha scritto la Bourgeois nel saggio”Freud’s toys”.
“Essere un’artista comporta qualche sofferenza – scrive – Ecco perché gli artisti si ripetono, perché non hanno accesso ad una cura “.
Lowenfeld morì lasciando incompiuta l’analisi della Bourgeois, ma evidentemente non il suo dolore, che continuò invece ad alimentare il suo lavoro.
Nel suo saggio “Dostoevesky e il parricidio” (1926), Freud stesso del resto aveva ammesso:
“Di fronte al problema dell’ artista creativo, la psicoanalisi deve deporre le sue armi.”
Giuliana Proietti
Dr. Giuliana Proietti
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Fonte:
Analysing Louise Bourgeois: art, therapy and Freud, The Guardian
Libri in italiano di Louise Bourgeois: Distruzione del Padre Ricostruzione del padre, Scritti e interviste 1923 – 2000, (traduzione di Marcella Majnoni e Giuseppe Lucchesini, pp. 442 Quodlibet
Altri testi della scultrice
Immagine:
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