Separazioni e Divorzi: considerazioni e dati statistici

Separazioni e Divorzi: considerazioni e dati statistici

Costo: 70 euro/ Durata: 1 oraDr. Walter La Gatta

Prima del ventesimo secolo in Europa e, in minor misura, anche negli Stati Uniti, i tassi di separazione legale e di divorzio erano relativamente modesti: del resto a quel tempo non ci si sposava per amore, ma per un alleanza fra famiglie, per interesse ecc., per cui motivi per divorziare dal coniuge ce n’erano ben pochi.

Se il matrimonio non finiva con la morte di uno dei due partners, poteva finire con una separazione di fatto, che non implicava più il dovere di convivenza, ma precludeva comunque la possibilità di accedere a nuove nozze.

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La vera novità dei nostri tempi dunque non è la separazione, ma il divorzio, che permette alle persone di potersi risposare, anche più volte nella vita.

In Occidente a dettare le regole del matrimonio è stata la religione cristiana, che considera l’unione matrimoniale sacra e indissolubile, in quanto voluta da Dio. La Chiesa cattolica in realtà si è sempre occupata, nei suoi Tribunali Ecclesiastici, di separazioni (definite “annullamenti”, ovvero matrimoni “nulli” in quanto viziati all’origine), ma non di divorzi: il divorzio infatti, con l’implicito diritto al nuovo matrimonio, non è mai stata un’opzione praticabile per le coppie cattoliche.

Diversa la situazione nei Paesi cristiani protestanti: dopo la Riforma di Lutero, il matrimonio ha cominciato ad essere considerato solo come un semplice contratto civile, per cui le leggi sul divorzio e sulle nuove nozze si sono fatte, in quesi Paesi, sempre più liberali e secolarizzate.

L’introduzione del divorzio nell’ordinamento giudiziario italiano arrivò solo nel 1970: la legge 898 fu approvata in via definitiva dalla Camera il primo dicembre 1970, con 319 voti favorevoli e 286 contrari. Contro questa legge fu istituito un referendum, che si tenne il 12 e 13 maggio 1974: i 33 milioni votanti espressero la volontà di mantenere la legge del divorzio. La percentuale a favore dei NO , cioè contrari all’abrogazione della legge sul divorzio fu del 59,1% mentre quella dei SI all’abrogazione del 40,9%. Votarono l’88.1% degli aventi diritto, una cifra che testimonia la partecipazione popolare a questo problema. Per la cronaca, in quel referendum la Val d’Aosta fu la regione italiana più “divorzista”, con il 75,1%, dei voti favorevoli al divorzio, mentre la regione più attaccata alla tradizione fu il Molise, con solamente il 40% dei votanti che si espressero in modo da poter mantenere in Italia la legge sul divorzio.

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Le ragioni che hanno imposto la necessità del divorzio nella società moderna sono molteplici. Anzitutto l’allungamento dell’attesa di vita: una volta ci si sposava a venti anni, ma a quaranta-cinquanta si moriva e dunque i matrimoni venivano interrotti da eventi naturali. Le donne, ad esempio, morivano frequentemente di parto, giovani o giovanissime, ed i vedovi potevano tranquillamente risposarsi. Inoltre vi era un minore benessere materiale (la donna non lavorava e non era indipendente economicamente dal marito), c’era un livello meno elevato di cultura e per questo la società civile era ancora molto influenzata dalle norme e dai divieti espressi dalle gerarchie ecclesiastiche.

Oggi il matrimonio si è profondamente trasformato, perché non rappresenta più un rito di passaggio da un genere di vita ad un’altra: sempre più di frequente esso è infatti preceduto da una convivenza o dalla nascita dei figli, per cui possiamo dire che il matrimonio moderno è orami diventato un rito di conferma, per ottenere un riconoscimento sociale della coppia. Ciò nonostante i matrimoni continuano ad essere molto instabili e le separazioni e i divorzi continuano ad aumentare (vedi dati Istat, riportati in fondo).

Un’altra differenza fondamentale con il passato è che una volta l’idea del matrimonio era concentrata sui figli nati dall’unione di due partners e dunque sulla famiglia: oggi si tiene molto a restare anche coppia, oltre che famiglia e dunque se l’unica ragione per cui ci si è sposati è l’amore, e l’amore è finito, le persone si sentono in diritto, se non in dovere, verso se stesse, di sciogliere il vincolo matrimoniale.

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Questo non significa che il bene dei figli non venga più preso in considerazione: c’è piuttosto la convinzione diffusa che per i figli sia meglio una separazione dei genitori piuttosto che la costrizione a vivere in un ambiente familiare in continuo conflitto, il che può essere in effetti vero, anche se spesso questa convinzione fa comodo a genitori che hanno già stabilito legami fuori della famiglia.

Qualche dato statistico (Dati Istat Novembre 2016)

Nel 2015 sono stati celebrati in Italia 194.377 matrimoni, circa 4.600 in più rispetto all’anno precedente. Si tratta dell’aumento annuo più consistente dal 2008. Nel periodo 2008-2014, i matrimoni sono diminuiti in media al ritmo di quasi 10.000 all’anno.

La lieve ripresa dei matrimoni riguarda, in parte, le prime nozze tra sposi di cittadinanza italiana: 144.819 celebrazioni nel 2015 (circa 2.000 in più del 2014), mentre dal 2008 al 2014 erano diminuite di oltre 40.000 (il 76% del calo complessivo delle nozze). Aumenta anche la propensione alle prime nozze: 429 per 1.000 uomini e 474 per 1.000 donne. I valori sono comunque inferiori del 20% rispetto al 2008. Gli sposi celibi hanno in media 35 anni e le spose nubili 32 (entrambi quasi due anni in più rispetto al 2008).

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Le seconde nozze, o successive, sono state 33.579 sempre nel 2015 quasi 3.000 in più rispetto al 2014 (+9%). La incidenza sul totale dei matrimoni raggiunge il 17%.

Prosegue anche nel 2015 l’aumento dei matrimoni celebrati con rito civile. Sono stati 88.000 – l’8% in più rispetto al 2014 – e rappresentano ormai il 45,3% del totale dei matrimoni. Gran parte di questo aumento è dovuto alle seconde nozze, ma il rito civile è sempre più scelto anche nei primi matrimoni di coppie italiane.

I matrimoni in cui almeno uno dei due sposi è di cittadinanza straniera sono circa 24.000 (12,4% delle nozze celebrate nel 2015), in calo di circa 200 unità rispetto al 2014.

Per l’instabilità coniugale, i dati del 2015 risentono degli effetti delle recenti variazioni normative. In particolare l’introduzione del “divorzio breve” fa registrare un consistente aumento del numero di divorzi, che ammontano a 82.469 (+57% sul 2014). Più contenuto è l’aumento dele separazioni, pari a 91.706 (+2,7% rispetto al 2014).

A seguito dell’introduzione della normativa sugli accordi extragiudiziali in tema di separazione e divorzio, sono stati
definiti presso gli Uffici di stato civile 27.040 divorzi (pari al 32,8% dei divorzi del 2015) e 17.668 separazioni (19,3% delle separazioni).

La durata media del matrimonio al momento della separazione è di circa 17 anni. Negli ultimi vent’anni è raddoppiata la quota delle separazioni dei matrimoni di lunga durata, passando dall’11,3% del 1995 al 23,5%.

All’atto della separazione i mariti hanno mediamente 48 anni e le mogli 45 anni. La classe più numerosa è quella tra
40 e 44 anni per le mogli (18.631 separazioni, il 20,3% del totale), tra 45 e 49 anni per i mariti (18.055, il 19,7%).


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La propensione a separarsi è più bassa e stabile nel tempo nei matrimoni celebrati con il rito religioso. A distanza di 10 anni dalle nozze i matrimoni sopravviventi sono praticamente gli stessi per le coorti di matrimonio del 1995 e del 2005  (rispettivamente 911 e 914 su 1.000). I matrimoni civili sopravviventi scendono a 861 per la coorte del 1995 e a 841 per quella del 2005.

Nel 2015 le separazioni con figli in affido condiviso sono circa l’89% di tutte le separazioni con affido. Solo l’8,9% dei
figli è affidato esclusivamente alla madre. E’ questo l’unico risultato evidente dell’applicazione della Legge 54/2006 sull’affido condiviso.

La quota di separazioni in cui la casa coniugale è assegnata alle mogli aumenta dal 57,4% del 2005 al 60% del 2015 e arriva al 69% per le madri con almeno un figlio minorenne.

Si mantiene stabile anche la quota di separazioni con assegno di mantenimento corrisposto dal padre (94% del totale delle separazioni con assegno nel 2015).

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