Alcolismo

L’abuso di alcol, insieme al consumo di droghe pesanti, è considerato una tra le principali cause di morte tra i giovani, sia in modo diretto che indiretto. I fumi dell’alcool possono infatti spingere al suicidio, all’omicidio (in seguito a risse ed aggressioni per futili motivi), o ad incidenti stradali.

Anzitutto chiariamo cosa si intende per ‘abuso’ di sostanze alcoliche, perché non sempre si ha su questo punto chiarezza di idee.

Per ‘abuso’ si intende: il consumo di almeno cinque bicchieri di vino consecutivi (dove un bicchiere contiene circa 10 cl), una bottiglia o un boccale di birra (circa mezzo litro), un superalcolico servito in un piccolo bicchiere (circa 5 cl, la metà del classico bicchiere di vino) o in un cocktail.

I giovani sono più vulnerabili degli adulti ad alcuni effetti dell’alcol. Gli studi peraltro mostrano che più gli adolescenti arrivano tardi al consumo di alcool, meno sono le probabilità di diventarne consumatori abituali da adulti.

Il consumo di alcol può causare effetti nel breve e nel lungo termine.

Effetti nel breve termine: difficoltà nella visione, tempi di risposta più lenti, compromissione del pensiero, difficoltà di concentrazione, scarsa coordinazione, maggiore assunzione di rischi, difficoltà di pensare alle conseguenze dei propri atti, abbassare i freni inibitori.

Effetti nel lungo termine: vi possono essere compromissioni nella memoria, nelle abilità visive e spaziali.

Oggi, le abitudini dei giovani riguardo al bere differiscono da quelli delle più vecchie generazioni. Si beve infatti relativamente poco durante la settimana, ma nel week end o nelle serate di festa si incorre in episodi pesanti di binge drinking. Ciò può essere dovuto al bisogno di facilitare i rapporti sociali e superare le inibizioni.

La situazione in Italia

Si stima (dati ISTAT 2016) che i consumatori giornalieri di bevande alcoliche siano il 21,4% della popolazione di
11 anni e più, confermando il trend strutturale discendente degli ultimi dieci anni (22,2% nel 2015 e 29,5% nel 2006). Continua però ad aumentare la quota di coloro che consumano alcol occasionalmente (dal 38,8% del 2006 al 43,3% del 2016) e che bevono alcolici fuori dai pasti (dal 26,1% al 29,2%).

La buona notizia è che fra gli adolescenti diminuisce sensibilmente il consumo di alcolici (dal 29 al 20,4%) sia giornaliero (peraltro molto contenuto), sia occasionale, seppure con un andamento oscillante negli ultimi anni.
Il 51,7% della popolazione di 11 anni e più che ha consumato alcolici nel 2016  ha bevuto prevalentemente vino, il 47,8% ha preferito la birra e il 43,2% aperitivi alcolici, amari, superalcolici o liquori.

Gli eccessi nel bere riguardano tuttavia più gli anziani che i giovani.  I più grandi bevitori sono gli ultrasessantacinquenni (36,2% uomini e 8,3% donne), i giovani di 18-24 anni (22,8% e 12,2%) e gli adolescenti di 11-17 anni (22,9% e 17,9%).

La popolazione giovane (18-24 anni) è quella più a rischio per il binge drinking, frequente soprattutto durante momenti di socializzazione, come dichiara il 17,0% dei ragazzi (21,8% dei maschi e 11,7% delle femmine).

Un aspetto che viene troppo poco considerato dai genitori è che il consumo non moderato di alcol dei genitori influenza il comportamento dei figli. Il 30,5% degli 11- 24enni, che vivono in famiglie dove almeno un genitore ha un consumo di alcol eccedente,ha abitudini alcoliche non moderate. La quota scende al 16,2% tra i giovani con genitori che non bevono o bevono in maniera moderata.

In genere alcol e fumo sono associati, soprattutto tra gli uomini, che sono i fumatori più forti. Il 29,8% dei fumatori e il 27,9% degli ex fumatori hanno un comportamento di consumo eccessivo di alcol contro il 17,1% di chi non ha mai fumato.

Il binge drinking è maggiormente diffuso tra i 18-24enni che frequentano spesso discoteche, spettacoli sportivi e concerti  (32,2%) rispetto ai coetanei che non li frequentano (6,5%).  Ci si ubriaca in particolare a casa di amici o parenti (39,3%); bar, pub o birreria (29,4%); ristorante, pizzeria, osteria (27,5%); casa propria (25,1%); discoteca/night (13,0%); all’aperto o in strada (5,3%) e altri luoghi, come ad esempio posti di degustazione o vinoforum (2,7%).

Una cosa sorprendente è che tra le persone di 25 anni e più aumenta il consumo di bevande alcoliche con il crescere del titolo di studio conseguito, soprattutto tra le donne: consuma alcol almeno una volta all’anno il 51,0% delle donne con licenza elementare e ben il 70,1% delle laureate. Andamento inverso ha, invece, il consumo quotidiano, che cresce al diminuire del titolo di studio, per entrambi i sessi ma soprattutto per gli uomini.

Tra gli adolescenti di 11-17 anni e i giovani e adulti fino a 44 anni ai primi posti si trovano birra e aperitivi, amari e superalcolici e all’ultimo posto il vino. Sono forti le differenze di genere: gli uomini scelgono soprattutto la birra, le giovani fino a 24 anni invece aperitivi, amari e super alcolici. La bevanda più scelta dagli adulti 45-64enni e dagli anziani di 65 anni e più resta il vino, senza differenze di genere.

Considerando lo status socio-culturale della famiglia di origine si osserva come un basso status risulta essere protettivo nel caso del consumo a rischio di alcol. Per i figli che convivono con genitori con laurea o diploma il rischio di avere comportamenti di consumo a rischio aumenta di circa il 50% rispetto ai figli di genitori con al massimo la licenza di scuola dell’obbligo.

Associazioni simili si registrano considerando la valutazione delle risorse economiche familiari. La maggiore propensione al consumo a rischio di alcol da parte di adolescenti e giovani appartenenti a famiglie più abbienti, è da ascriversi alla consuetudine molto diffusa tra i giovani di bere per ubriacarsi in particolare in locali quali pub, ristoranti, discoteche, birrerie, che  presuppongono quindi la disponibilità di buone risorse economiche. Associando il titolo di studio dei genitori alle
risorse economiche familiari, si rafforza l’effetto dello status sociale alto nei confronti della propensione ad assumere un comportamento di consumo a rischio da parte dei figli.

Forse anche i genitori dovrebbero fare qualche riflessione.

Dati Istat 2016

Dr. Walter La Gatta

Immagine:
Flickr

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