Vaginismo: come si cura? I consigli dell’esperta

VAGINISMO: COME SI CURA?

 

Dr. Giuliana Proietti
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Il vaginismo: può essere doloroso e angosciante, ma la buona notizia è che può essere curato.

Cos’é il vaginismo

Il vaginismo è caratterizzato da uno spasmo involontario della muscolatura del terzo esterno della vagina quando vi è un tentativo di penetrazione. Nella forma più grave di vaginismo, lo spasmo si verifica prima del coito, con chiusura ermetica delle labbra, della vulva e dell’ostio vaginale, rendendo impossibile il minimo contatto con l’orifizio vulvo-vaginale.

Esso rappresenta, per la donna, una reazione globale di paura. La penetrazione infatti sembra per lei ridursi ai soli significati aggressivi e violenti. Nelle forme meno gravi, il vaginismo permette la penetrazione, ma non la conclusione del rapporto per l’insorgere di un dolore insopportabile. Altre volte i rapporti sono vissuti dalla donna con senso di fastidio e sensazioni sgradevoli. Il vaginismo non influisce necessariamente sulla capacità di eccitarsi e di godere di altri tipi di contatto sessuale.

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Cause organiche

Il vaginismo può essere causato da molti fattori, tra cui anche qualche leggera affezione genitale che si combina talvolta con un disturbo psicologico. Tra i fattori organici, il dolore può essere causato da fistole conseguenti a lacerazioni perineali non ben cicatrizzate, dall’herpes o da varie infezioni (vaginiti) trascurate, o mal curate.

Cause psicologiche

In assenza di una causa organica, i motivi vanno ricercati in ambito psicologico, dove la paura della penetrazione si esprime a livello somatico con un’inibizione dell’eccitazione sessuale ed anche con un comportamento volto ad assicurare il mantenimento di tale inibizione. Per molte donne la paura può insorgere come conseguenza di un maldestro atto di deflorazione, oppure in seguito a racconti di violenze subite da altre donne, o ancora, può essere il rifiuto inconscio di una sessualità vissuta con troppi sensi di colpa.

Altri fattori psichici possono essere il rifiuto inconscio del partner,una paura generalizzata nei confronti del maschio, difficoltà a praticare una normale vita sessuale per motivi religiosi o morali, paura della gravidanza o del parto, grave trauma subito durante il primo rapporto sessuale, violenza sessuale.

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Autori: Dr. Giuliana Proietti - Dr. Walter La Gatta
Terapie Individuali e di Coppia

La fobia del rapporto sessuale penetrativo

In presenza di vaginismo la fobia del rapporto sessuale può estendersi anche ad altre disfunzioni sessuali, come mancanza del desiderio, scarso livello di eccitazione, mancanza di interesse verso il partner. Altre volte le paure possono travalicare il campo sessuale e invadere altre aree o attività, come ad esempio la paura di nuotare (specialmente nell’acqua alta), di prendere l’ascensore, degli animali e delle novità in genere. Per il resto, la donna con un problema di vaginismo è in genere dotata di una vivace intelligenza, aperta all’approfondimento psicologico e spesso anche dotata di forte carica sessuale e di femminilità.

Il piacere sessuale

Non tutte le donne che soffrono di vaginismo sono contro la sessualità: molte ad esempio raggiungono normalmente il piacere attraverso la masturbazione clitoridea e desidererebbero realmente avere rapporti sessuali completi con il partner, anche se sono bloccate dalla paura, perché vivono la penetrazione come una violenza.

Conseguenze del vaginismo sulla donna

Questo disturbo sessuale tende a provocare nella donna che ne soffre ansia e depressione, perdita dell’autostima, oltre ad un caratteristico senso di colpa e di inadeguatezza personale.

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La coppia 

I rapporti di coppia in cui non vi sono rapporti completi vengono spesso definiti matrimoni bianchi. Il vaginismo provoca inevitabilmente delle conseguenze anche a livello di coppia, per quanto riguarda la soddisfazione sessuale dei due partners.

Il partner della donna con problemi di vaginismo

Spesso in queste coppie anche l’uomo soffre di disfunzioni sessuali (disfunzione erettile o eiaculazione precoce).  Ciò accade perché la donna tende a scegliere un partner con scarsa esperienza sessuale o qualche inibizione, in modo che sia più comprensivo nei riguardi della sua fobia. Questo tipo di partner accoglie infatti apparentemente con molta comprensione le razionalizzazioni da lei proposte (desiderio di rimanere vergine fino al matrimonio, mancanza di sufficiente tempo o intimità, ecc.); in realtà, questa accettazione incondizionata della mancanza di rapporti è una collusione attiva fra i due partners, che ha lo scopo di mantenere le cose come stanno, allo scopo di minimizzare quelle che sono le problematiche sessuali di ciascuno (non a caso, quando la donna con vaginismo entra in terapia e migliora, il suo partner peggiora).

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La richiesta di terapia: quando e perché

Ciò che più affligge la donna con un problema di vaginismo è l’essere considerata “malata” o “infantile”, specialmente quando si paragona alle ragazze più giovani, che hanno rapporti sessuali senza problemi. Oppure c’è il desiderio di avere un figlio.
Ci si può decidere in presenza di questi sintomi:
. è difficile/impossibile inserire un tampone o un dito nella vagina
. non si riesce ad ottenere una penetrazione vaginale, neanche parziale durante il rapporto
. la donna sente bruciore o dolore pungente al primo tentativo di penetrazione
. la donna si irrigidisce e “lotta” contro il partner perché la penetrazione non avvenga

Come si cura

In genere il vaginismo è un disturbo cronico che non si risolve da solo e che richiede un trattamento psicoterapico per ottenerne la remissione. La terapia psicosessuale è un tipo di terapia che ha lo scopo di aiutare la paziente (e la coppia) a capire e cambiare gli atteggiamenti riguardo al corpo e al sesso.

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Cosa aspettarsi da una terapia psicosessuale ?

In genere si stabiliscono incontri individuali con ciascuno dei due partners e incontri di coppia, durante i quali si approfondiscono i vissuti rispetto al problema del vaginismo.

Il principale obiettivo dell’intervento psicologico è quello di ridurre l’ansia associata al rapporto sessuale, in modo da eliminare lo spasmo muscolare che impedisce la penetrazione.  All’inizio della terapia vanno indagate anzitutto le possibili cause del sintomo, quali le esperienze infantili e pre-adolescenziali, i rapporti con i membri della famiglia, i miti, i pregiudizi, le credenze, i valori, i desideri, le fantasticherie, i sogni.

La terapia in genere si svolge così:

1. Informazioni. Molto spesso è necessario fornire alla paziente o alla coppia delle informazioni ‘tecniche’ sull’anatomia umana e sull’apparato genitale in particolare, oltre a conoscenze sulla risposta sessuale: spesso infatti vi sono informazioni assenti o incomplete su questi argomenti, che contribuiscono alla formazione del sintomo. Oltre che sull’apparato genitale e sulla risposta sessuale il terapeuta potrebbe decidere di istruire la paziente o la coppia sulle tecniche della gestione dell’ansia e quindi fornire informazioni sul sul sistema neuro-vegetativo, sui livelli di attivazione dell’organismo, sulle reazioni di attacco e fuga, sulla differenza fra paure e fobie, fra fastidio e dolore. In altri casi verranno approfonditi anche temi che riguardano informazioni scorrette sulla sessualità dovute ad un’educazione troppo rigida. Il terapeuta può mostrare delle tavole anatomiche che riguardano gli organi genitali, di cui si spiega anche il funzionamento fisiologico.

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2. Training autogeno. Per il controllo dello stato ansioso durante il rapporto si insegna alla paziente una tecnica per la gestione dell’ansia, in genere il training autogeno. Oltre al training autogeno si possono fornire visualizzazioni (o fantasie guidate) che aiutino la donna a rilassare i muscoli pelvici, come ad esempio immaginare la propria vagina come una rosa che lentamente sboccia, si apre e diventa un bel fiore.

3. Auto-esplorazione e auto-stimolazione. Alla donna vengono assegnati dei compiti di auto-esplorazione e di auto-stimolazione, che hanno lo scopo di migliorare la conoscenza delle reazioni del proprio corpo alla stimolazione. Generalmente le donne non hanno problemi nel praticare la stimolazione clitoridea, ma una volta raggiunto questo stadio si chiede alla donna di introdurre in vagina degli oggetti di grandezza crescente, in modo da abituarsi a questo genere di stimoli. Si può cominciare ad esempio con un ovulo vaginale, il proprio dito, un tampax, due dita, uno speculum o gli appositi dilatatori vaginali. Ciascuno stadio dovrà essere lasciato in favore del successivo solamente quando si sarà raggiunto il maggior grado di comfort. Poi sarà il turno del partner, che comincerà dall’ovulo e così via. (Va raccomandata la massima igiene in queste pratiche, perché un’infiammazione della zona vaginale potrebbe impedire il buon esito della terapia). La donna deve cercare di comprendere cosa le procura piacere e cosa dolore, in modo da orientarsi sempre di più verso ciò che le procura piacere.

4. Esercizi di Kegel. Un ulteriore aiuto da fornire alla donna è l’apprendimento degli esercizi di Kegel, che regolano i muscoli pelvici. Si comincia individuando i muscoli paravaginali, indicando alla paziente come ‘sentirli’ (stringendo la muscolatura per trattenersi dall’urinare). Gli esercizi vanno fatti quattro o cinque volte al giorno. In un esercizio i muscoli vaginali devono essere contratti (si deve contare fino a tre e poi rilasciarli); un altro esercizio consiste nel contrarre e rilasciare rapidamente i muscoli, un altro nel cercare di ‘buttarli in fuori’ o di contrarli come per buttare fuori qualcosa dalla vagina.

 

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5. Autostima e Pensiero positivo. Occorre lavorare anche sull’autostima e sullo stile del pensiero della paziente:  se la donna tende al pessimismo, non ha fiducia nei propri successi, soffre di ansia anticipatoria questo potrebbe compromettere il buon esito della terapia. La donna deve imparare a concentrarsi sulle cose positive che le accadono durante la giornata e sottolineare tutti i successi personali, anche nelle piccole cose.

6. Comunicazione all’interno della coppia. Quando la donna comincia a sentirsi abbastanza sicura di sé si procede al trasferimento delle acquisizioni raggiunte dalla dimensione personale a quella di coppia. Va anzitutto favorita la comunicazione fra coniugi sui temi della sessualità, in modo che entrambi siano consapevoli di ciò che più li soddisfa nel rapporto sessuale. Vanno stabilite delle attività gratificanti da fare insieme ed ognuno dei partners può richiedere all’altro dei comportamenti affettuosi e delle attenzioni particolari, per favorire la relazione, anche al di fuori della vita sessuale.

7. La terapia sessuale vera e propria riguarderà la coppia e sarà di tipo mansionale (i due pazienti riceveranno dei ‘compiti’ da svolgere a casa seguendo un programma di desensibilizzazione sistematica, ovvero lo stabilirsi di rapporti affettivi ed anche erogeni, che però non prevedano il coito). Gradualmente vi sarà l’integrazione dei successi ottenuti nei vari campi e si giungerà al coito. Il pene dovrà essere inserito in vagina solo per pochi istanti, senza fare movimenti, non completamente. I movimenti devono essere molto lenti, i due partners devono imparare a inviarsi messaggi, verbali o non verbali, per far sapere all’altro se provano piacere o dolore. La donna può guidare il pene del partner in questa prima introduzione in vagina oppure può scegliere la posizione coitale con lei sopra, in modo da scandire lei stessa i ritmi e la profondità della penetrazione.

8. Ad un certo punto della terapia potrebbe essere utile indirizzare la paziente ad un ginecologo che possa fare un esame obiettivo ed escludere qualsiasi altra causa organica del vaginismo (infiammazioni o malformazioni dell’apparato sessuale).

Il trattamento del vaginismo  è di solito efficace e si possono vedere i primi risultati già dopo 4 settimane. Il trattamento completo dura in genere da 6 a 12 mesi.

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