Terapia per il bambino dislessico

Terapia per il bambino dislessico.

Attenzione: l’articolo è stato scritto nel 2006 e potrebbe essere datato.

Il soggetto dislessico necessita di un intervento specialistico, in quanto, difficilmente, il recupero effettuato in ambito scolastico può, da solo, rimuovere le difficoltà.

Nel corso di anni si è parlato molto di dislessia e, da un punto di vista diagnostico, grazie agli studi effettuati, il nostro paese può definirsi all’avanguardia. Poco invece si descrive rispetto ai possibili percorsi terapeutici, per l’elaborazione dei quali è necessario tenere presente i risultati dell’osservazione diagnostica.

Ogni percorso terapeutico deve essere personalizzato in relazione alle caratteristiche psicologiche del soggetto, agli ambiti di competenza, potenzialità e difficoltà riscontrati, ai tempi di attenzione, ai livelli motivazionali e di metacognizione individuati.

La terapia che proponiamo presso l’Istituto Centro Method può essere suddivisa in due itinerari che devono essere portati avanti parallelamente:

a) itinerario relativo alle competenze di base percettivo – motorie e meta – fonologiche

b) itinerario specifico per la lettura

Il primo itinerario è finalizzato alla riduzione delle lacune riscontrate nelle capacità di base; il secondo itinerario ha invece lo scopo di promuovere la conquista di capacità di lettura e scrittura più adeguate. E’ importante quindi che i due itinerari siano proposti parallelamente e con gradualità, per evitare di rimandare nel tempo la conquista di quelle capacità di lettura che possono gratificare il bambino.

Quest’ultimo dovrà essere informato circa il lavoro da svolgere, anzi, egli stesso dovrà conoscere gli obiettivi che, di volta in volta, dovranno essere raggiunti; in questo modo gli sarà possibile essere protagonista e , al tempo stesso, “osservatore” dei propri processi di apprendimento.

Dislessia e disagio psicologico

Purtroppo è frequente che le difficoltà specifiche di apprendimento non vengano individuate precocemente e il bambino è costretto così a vivere una serie di insuccessi a catena senza che se ne riesca a comprendere il motivo. Quasi sempre i risultati insoddisfacenti in ambito scolastico vengono attribuiti allo scarso impegno, al disinteresse verso le varie attività, alla distrazione e così questi alunni, oltre a sostenere il peso della propria incapacità, se ne sentono anche responsabili e colpevoli.

L’insuccesso prolungato genera scarsa autostima; dalla mancanza di fiducia nelle proprie possibilità scaturisce un disagio psicologico che, nel tempo, può strutturarsi e dare origine ad una elevata demotivazione all’apprendimento e a manifestazioni emotivo – affettive particolari quali la forte inibizione, l’aggressività, gli atteggiamenti istrionici di disturbo alla classe e, in alcuni casi, la depressione.

Il soggetto con disturbo di apprendimento vive quindi il proprio problema a tutto tondo e ne rimane imprigionato fino a che non si fa chiarezza, fino a che non viene elaborata una diagnosi accurata che permette finalmente di scoprire le carte.

Come si “sente” chi è in difficoltà

Proviamo, per un attimo, a metterci nei panni di un bambino o di un ragazzo con disturbo di apprendimento e immaginiamone le esperienze e gli stati d’animo:

– egli si trova a far parte di un contesto(la scuola) nel quale vengono proposte attività per lui troppo complesse e astratte

– osserva però che la maggior parte dei compagni si inserisce con serenità nelle attività proposte ed ottiene buoni risultati

– sente su di sé continue sollecitazioni da parte degli adulti(“stai più attento!”;” Impegnati di più!”; “hai bisogno di esercitarti molto”…)

– spesso non trova soddisfazione neanche nelle attività extrascolastiche, poiché le lacune percettivo motorie possono non farlo “brillare” nello sport e non renderlo pienamente autonomo nella quotidianità

– si percepisce come incapace e incompetente rispetto ai coetanei

– inizia a maturare un forte senso di colpa; si sente responsabile delle proprie difficoltà

– ritiene che nessuno sia soddisfatto di lui: né gli insegnanti né i genitori

– ritiene di non essere all’altezza dei compagni e che questi non lo considerino membro del loro gruppo a meno che non vengano messi in atto comportamenti particolari(ad esempio quello di fare il buffone di classe)

– per non percepire il proprio disagio mette in atto meccanismi di difesa che non fanno che aumentare il senso di colpa, come il forte disimpegno ( “Non leggo perché non ne ho voglia!” ; “Non eseguo il compito perché non mi interessa”…) o l’attacco (aggressività)

talvolta il disagio è così elevato da annientare il soggetto ponendolo in una condizione emotiva di forte inibizione e chiusura.

Come si “sente” la famiglia

In famiglia non si respira certo un’aria migliore. Per la maggior parte dei genitori la scuola è importante, è al primo posto nella vita dei bambini e dei ragazzi, tutto il resto viene dopo e, se la scuola va a rotoli…

Non di rado si sente dire ai genitori rispetto alla difficoltà del figlio: “Non me lo aspettavo…mi è sempre sembrato un bambino intelligente…

L’ingresso nella scuola elementare ha, in questi casi, fatto emergere un problema; il bambino non apprende come gli altri, gli altri sanno già leggere e scrivere, lui invece…

Inizia così la storia del bambino – scolaro, una storia che, in certi casi, ha risvolti davvero drammatici, non si riesce a comprendere tutta quella serie di “perché” che permetterebbero di intraprendere percorsi adeguati ed efficaci e si cercano soluzioni spesso dannose, anche se decise in buona fede. Ecco allora che si sottopongono i figli ad estenuanti esercizi di recupero pomeridiano, si elargiscono punizioni( niente più sport, niente più play station…) e, talvolta si arriva anche a far cambiare scuola al figlio (“ quelle insegnanti non hanno capito nulla, meglio cambiare aria”).

Nonostante si parli molto di questi problemi, purtroppo c’è ancora scarsa conoscenza e non sempre la diagnosi giunge in tempi accettabili, cosicché sia il bambino che la famiglia tutta vivono esperienze frustranti, generatrici di ansia e di un clima affettivo non certamente favorevole.

Monica Pratelli

Leggi l’articolo sulla disgrafia, della stessa autrice

Psicolinea.it © 2006

I Social

2 commenti

    1. Gentilissimo,
      La data non è un dettaglio dell’articolo: essa serve proprio per contestualizzare il momento in cui è stato scritto. Psicolinea è stato infatti uno dei primissimi siti di psicologia online (2001) e dunque non possiamo cancellare tutto quello che è stato scritto prima d’ora. Del resto, nessuno brucia i libri di Tito Livio perché da quei tempi ad oggi a Roma sono successe tante altre cose, le pare? Cogliamo tuttavia il suggerimento di pubblicare nuovi articoli su questo argomento, in modo da contentare anche i lettori in cerca di novità. Per questo, grazie molte di avercelo segnalato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *