Il Determinismo

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Il determinismo definisce la connessione necessaria di tutti i fenomeni secondo il principio della causalità. La sua premessa sta nella rivoluzione scientifica galileiana e la sua eliminazione delle cause finali dalla natura (alla base del meccanicismo di Cartesio, Hobbies, Gassendi e Spinosa).

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Il determinismo era conosciuto anche nel mondo classico, almeno secondo due aspetti: uno propriamente fisico e uno morale. Democrito concepì la natura come interamente dominata dal movimento degli atomi nello spazio vuoto. Questo rigido determinismo materialistico, al quale anche l’uomo e la sua stessa anima erano soggetti, trovò una parziale rettifica in Epicuro e poi in Lucrezio, il cui scopo era quello di rinvenire un fondamento fisico alla possibilità del libero volere e del caso. Essi introdussero dunque il concetto di clinamen (deviazione) per cui gli atomi sono talora in grado di mutare spontaneamente la propria direzione e di infrangere la catena delle cause necessarie.

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Applicata all’essere umano, tale dottrina approda al determinismo psichico, secondo cui ogni stato o atto psichico è la necessaria conseguenza di certi antecedenti fisiologici o psicologici, con conseguente riduzione dello spazio generalmente assegnato alla libertà, alla spontaneità e, di conseguenza alla responsabilità.

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Il determinismo moderno si è scontrato dunque col problema di rendere compatibile la concezione meccanicistica della natura, propria della scienza, con gli assunti fondamentali della religione e della morale cristiana (esistenza e libertà dell’anima, azione provvidenziale di Dio). Da Cartesio a Leibniz a Kant, la tendenza fu quella di separare in modo metafisico o in modo ‘critico’ la realtà del mondo naturale (riconducibile ai principi di divisibilità della materia e del movimento e perciò a leggi necessarie) dalla realtà del pensare e del volere, intesi come attività autonome e spontanee, capaci di autodeterminarsi liberamente, al di fuori dei condizionamenti materiali.

In opposizione a questa tendenza, i moderni ‘epicurei’ e libertini adottarono soluzioni di tipo rigidamente materialistico, in cui alle ragioni scientifiche si univano motivazioni ideologiche di ostilità morale nei confronti del cristianesimo e di lotta politica contro la chiesa. Tale atteggiamento culmina nell’illuminismo con Diderot, Helvétius, de La Mettrie, d’Holbach ed altri.

Dal punto di vista strettamente scientifico, il determinismo trova la più compiuta espressione all’inizio dell’Ottocento, nell’opera di P.S. Laplace, il quale sostiene che, se fossero note in un determinato istante tutte le forze che agiscono sulla natura e la posizione di tutti i corpi, sarebbe in linea di principio possibile prevedere tutti gli stati susseguenti dell’universo: “Per una tale intelligenza tutto sarebbe chiaro e certo, l’avvenire come il passato le sarebbero presenti” (Saggio sulle probabilità, 1814).

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A concezioni deterministiche aderirono varie correnti del positivismo, in particolare i materialisti tedeschi K. Vogt e J. Moleschott i quali sostenevano il fondamento meccanico e materiale dei così detti fenomeni spirituali. Un ulteriore sviluppo del determinismo accompagnò il dibattito sull’evoluzionismo di Darwin e sulle sue applicazioni psico-sociologiche. Ciò comportò, da un latol la riduzione di tutti i fenomeni del pensiero alla loro origine biologica (Chauncey Wright, E. Haeckel), dall’altro la riduzione dell’individuo alla dinamica delle leggi sociali (Spencer, Summer).

Contro queste forme di determinismo in gran parte ideologico reagirono le prime correnti spiritualistiche del primo Novecento. Più efficaci furono le critiche che Ch. S. Peirce rivolse, sin dal 1892, alle tesi deterministiche, anticipando vari aspetti della revisione formale del concetto di causalità necessaria, operata dal neopositivismo del Novecento.

Dal punto di vista rigorosamente scientifico il determinismo entrò in crisi con l’abbandono in fisica del modello meccanicistico universale. In particolare, con la teoria quantistica, le condizioni iniziali e necessarie dell’ipotesi deterministica non si possono più realizzare, perché non è più possibile determinare univocamente in ogni istante lo stato del sistema fisico, cioè le posizioni ed i movimenti assoluti di tutti i punti materiali che compongono il sistema stesso. Ciò in forza del principio di indeterminazione di W. Heisenberg (1927) il quale sostenne che ogni misurazione fisica provoca una perturbazione del sistema da misurare. Particolarmente nella fisica atomica “non si può prescindere in alcun modo dalle modificazioni che gli strumenti di osservazione producono sull’oggetto osservato”.

Cade in tal modo la concezione che la natura costituisca un sistema in sé e per sé assoluto, concluso e reale.

Bibliografia

AAVV Enciclopedia della Filosofia, Garzanti
Galimberti, Dizionario di psicologia, de Agostini

Dott.ssa Giuliana Proietti

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