Nel 1904 Freud pubblicò la Psicopatologia della Vita Quotidiana (1901) in forma di volume. Con questo libro egli trovò crescente riconoscimento in vari ambienti, tanto che nel mese di settembre cominciò una corrispondenza con Eugen Bleuler.
La Psicopatologia della vita quotidiana è un libro che oggi definiremmo ‘molto brillante’, naturalmente per i suoi tempi. Tuttavia, lo stile particolare di questo libro lo si può ancora oggi cogliere in qualche passaggio, mentre in alcune parti ci pare un po’ appannato, essendo la nostra vita quotidiana ben diversa da quella dei tempi di Freud. In ogni caso, per chi si interessi di psicoanalisi o semplicemente di psicologia, questo libro è assolutamente un ‘must’.
Il tema principale è rappresentato dalla memoria, un argomento centrale per la psicoanalisi che fa dei ricordi, della connessione fra le tracce mnestiche attuali e le esperienze passate, l’asse del suo intervento. L’interrogativo che si impone riguarda il perché certi avvenimenti subiscano una cancellazione mentre altri si impongono con eccezionale intensità. Nel quadro interpretativo di Freud l’amnesia non è marginale, né casuale: come risultato della rimozione essa appare invece costitutiva.
Nel libro si possono trovare un numero considerevole di esempi tratti dalle esperienze personali di Freud, ma anche dei suoi pazienti, amici, conoscenti, ecc. Freud racconta nel libro tutti quei comportamenti che costellano la nostra vita quotidiana, apparentemente non intenzionali, come i lapsus, le dimenticanze inspiegabili, gli atti maldestri o mancati.
Freud ci spiega che tutti i nostri comportamenti hanno un significato, anche quando razionalmente non gliene attribuiamo alcuno, perché motivati da elementi che sfuggono alla nostra coscienza. Qualche esempio? Un professore che dichiara, commemorando il suo predecessore: “È per me una vera noia (anziché gioia) enumerare le qualità del mio collega…”; un viaggiatore che non vede un enorme cartello indicatore della sua meta di viaggio (vuole veramente partire?) e lo cerca ovunque nella stazione.
Insomma, per Freud anche le personalità “sane” somigliano sotto qualche aspetto alle personalità nevrotiche a causa di alcuni processi di rimozione che emergono in questi comportamenti della nostra quotidianità.Quando ad esempio non ricordiamo un nome e con sforzo, riusciamo a produrre una serie di nomi somiglianti o verosimili (detti ‘sostitutivi’): ebbene questi nomi non vengono scelti a caso, ma essi sono strettamente connessi con il nostro pensiero ed il nostro stato d’animo.
La dimenticanza deriva da una rimozione, i cui motivi vanno cercati tramite una analisi simile a quella che si fa per i sogni. Ecco uno dei tanti esempi riportati nel libro, riferentesi ad una esperienza personale di Freud. «Un paziente mi prega d’indicargli una stazione termale sulla Riviera Ligure. Io conosco una località di questo tipo, situata nei pressi di Genova, e ricordo anche il nome del collega tedesco che vi esercita, ma non riesco a ricordare il nome di questo luogo, anche se mi sembra di conoscerlo bene. Non mi resta che pregare il paziente di aspettare un momento, e vado ad informarmi dalle donne di casa: “Come si chiama quella località nei pressi di Genova dove il dottor N. ha una piccola clinica e dove è stata curata la signora tal dei tali?”. “Proprio tu dimentichi questo nome? É Nervi”. Il fatto è che Nervi si pronuncia quasi come Nerven [nervi], e questi sono costante oggetto delle mie preoccupazioni».
A sinistra: Schema tracciato da SIGMUND FREUD nell’articolo sul “Meccanismo psichico della dimenticanza” e riprodotto nel capitolo 1 della Psicopatologia della vita quotidiana, in OSF (Opere di Sigmund Freud), vol IV (1900-1905), Boringhieri, Torino, pag. 60 tratto da: Sito Università di Catania
Un altro caso famoso citato nel libro è quello della dimenticanza del pittore Signorelli, accaduta allo stesso Freud durante un viaggio in Dalmazia. Al posto del nome dimenticato si presentano alla coscienza delle formazioni sostitutive: Botticelli e Boltraffio, che operano uno spostamento dal termine rimosso. Quando il nome mancante ‘Signorelli’ gli fu comunicato da altri, Freud lo riconobbe e potè così ricostruire, a posteriori, gli spostamenti che avevano portato sino al nome di Boltraffio. In questo processo i nomi sono trattati in modo analogo alle lettere di una frase trasformata in rebus: non solo le parole che si associano fra loro, ma pezzi, frammenti di parola, che rimandano dall’una all’altra lungo un reticolo nelle cui intersezioni trapela il contenuto rimosso, strettamente connesso a vissuti fondamentali come la sessualità e la morte.
Testo consultato: Silvia Vegetti Finzi, Storia della psicoanalisi, Mondadori
Dott.ssa Giuliana Proietti Ancona

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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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