Il sessismo benevolo e l’8 Marzo

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L’8 Marzo. Dobbiamo proprio festeggiarlo?

La condizione della donna, a seguito delle lotte femministe degli anni settanta e delle varie conquiste sociali che si sono via via succedute, è sicuramente migliorata rispetto al secolo scorso, ma il gender gap che tradizionalmente distanzia e differenzia i due sessi è ancora presente e produce i suoi effetti.

Le donne sono svantaggiate in tanti settori, ma in primis nel mondo del lavoro: poche, malgrado i notevoli titoli accademici, riescono a fare carriera e a realizzarsi professionalmente, ottenendo posizioni di privilegio sociale. Chi desidera sfruttare solo le proprie conoscenze e competenze professionali, anziché cercare il successo utilizzando i tradizionali punti di forza della bellezza e del sex appeal, spesso si trova la strada sbarrata da una serie di pregiudizi e da un’endemica mancanza di fiducia per il lavoro svolto fuori dalle mura domestiche.

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Osservando del resto la classifica delle donne più ricche del mondo, vediamo che esse sono in gran parte ereditiere (mogli e figlie di…) e che le uniche self-made-women sono tutte (o quasi) stelle del cinema e della TV. Anche in politica e nelle amministrazioni dello Stato, l’80 per cento del potere rimane ancora saldamente in mano agli uomini.

Tutto questo nonostante il cambiamento delle leggi, le donne ministro, le pari opportunità, ecc. Deve esserci dunque qualcosa che non si riesce ancora a cambiare, al di là delle migliori intenzioni. Il fatto è che le discriminazioni di genere col tempo si sono evolute e se una volta certi pregiudizi si esprimevano apertamente, alla luce del sole, ora vi sono forme di sessismo molto più raffinate, subdole e ambigue, difficili da discriminare e da interpretare, ma che mantengono lo scopo di persuadere le donne ad accettare il loro tradizionale ruolo, senza tentare di resistere al modello ideologico dominante. Mi riferisco ad esempio a quelle forme di discriminazione sessuale definite “sessismo benevolo” o “sessismo benevolente”, in cui l’ostilità verso le donne è nascosta e coesiste con atteggiamenti positivi, comunque stereotipici.

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Glick & Fiske, nel 1996 pubblicarono uno studio sul sessismo benevolo definendolo come “un insieme di atteggiamenti interrelati rivolti alle donne, che sono sessisti in quanto stereotipizzano le donne in ruoli ristretti, ma sono soggettivamente positivi in quanto a tono (per il ricevente) e tendenti a sollecitare comportamenti tipicamente categorizzati come prosociali (ad esempio l’aiutare gli altri) o una maggiore intimità (ad esempio l’aprirsi agli altri)”.

Il sessismo benevolo è dunque un atteggiamento protettivo nei confronti delle donne, ma che ha lo scopo, esattamente come il sessismo ostile, di giustificare il loro stato subalterno.Il sessismo benevolo si esprime ad esempio quando l’uomo apre la portiera dell’auto alla donna, così come quando fa passare per prima la donna nell’uscire da un locale, o quando le versa acqua o vino nel bicchiere al ristorante ecc. Sono comportamenti che tradizionalmente potremmo definire di galanteria, ma che in realtà celano una discriminazione positiva, cioè dei trattamenti preferenziali, messi in atto nei confronti di persone considerate socialmente svantaggiate (rispetto a sé) e che hanno lo scopo di ristabilire, almeno apparentemente, una sensazione di equità. Il darsi da fare per aiutare delle persone svantaggiate implica infatti l’appartenenza ad uno status sociale superiore: è il ricco che aiuta il povero , così come è il genitore che ha la potestà sui figli, l’eterosessuale che difende il gay dai pregiudizi (e non viceversa). Allo stesso modo, è l’uomo che compie gesti di cavalleria nei confronti della donna.

Anche la stessa festa dell’8 Marzo risponde a questa medesima logica. Oggi, sin dalla scuola elementare i maschietti vengono spinti dalle insegnanti e dalle mamme a portare un mazzolino di mimose alle loro compagne. E’ forse questo un gesto che educa alla parità dei generi? O piuttosto è la conferma della disparità? La stessa cosa vale anche per gli adulti: perché nessuno pensa seriamente ad istituire la “festa dell’uomo”? Evidentemente non solo è inutile, ma potrebbe anche recare danno al genere maschile.

Spiega bene questa circostanza una ricerca, condotta da Megan McCarty e Janice Kelly e da poco pubblicata. Nello studio, un assistente di ricerca (di sesso maschile) si faceva trovare apparentemente per caso di fronte all’entrata di un edificio universitario, proprio mentre sopraggiungeva un avventore (uomo o donna). L’esperimento si proponeva di studiare due condizioni: quella in cui le persone venivano lasciate libere di aprirsi la porta da sole per entrare nello stabile e quella in cui l’assistente, come atto di cortesia, si premurava di aprire la porta, tenendola aperta fino a che la persona non fosse entrata nell’edificio.

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Indagando, immediatamente dopo, sulla percezione di sé avvertita dalle persone appena entrate (nei due diversi modi) nell’edificio, attraverso la sottoscrizione di affermazioni quali”Sento di avere molte buone qualità” o “Posso imparare quasi tutto, se mi impegno“, si è visto che gli uomini ai quali era stata tenuta aperta la porta mostravano di avere un’ autostima ed una sensazione di auto-efficacia inferiori rispetto a ciò che provavano gli uomini che si erano aperti la porta da soli. I punteggi di autostima e auto-efficacia delle donne intervistate non mostravano invece differenze fra i due sottogruppi.

Le ricercatrici McCarty e Kelly non sanno spiegarsi la ragione di tutto ciò, ma azzardano un’ipotesi: le donne, essendo ormai assuefatte ai comportamenti di galanteria, anche da parte di persone estranee, non sperimentano un calo di autostima nel ricevere una cortesia “gratuita”, gli uomini che si vedono oggetto di aiuto non richiesto invece sperimentano una sensazione di maggiore vulnerabilità e di minore auto-efficacia, proprio per essersi sentiti oggetto della protezione altrui ( “se vengo protetto, sono debole”).

Un altro aspetto interessante, scoperto da Glick e Fiske è che nei Paesi in cui gli uomini utilizzano il sessismo benevolo, a conferma di quanto si è detto, essi vivono più a lungo, ricevono un’istruzione migliore, hanno un titolo di studio più elevato e guadagni economici significativamente più alti rispetto alle loro controparti femminili.
Le donne dovrebbero dunque comprendere che gli atteggiamenti galanti da parte degli uomini hanno un dark side molto pericoloso: la donna infatti, accettandoli, si arrende allo stereotipo che la vuole debole e vulnerabile e l’uomo si conquista la patente di suo “protettore”.
Ecco perché le donne non riescono realmente ad emanciparsi ed ecco perché festeggiare l’8 Marzo è una contraddizione in termini, un ossimoro.

Dr. Giuliana Proietti

 

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Pubblicato anche su Huffington Post
Immagine:
L. Mengoni, Flickr



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