L’Effetto Lucifero: incontro con il Professor Zimbardo

L’Effetto Lucifero: incontro con il Professor Zimbardo

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Costo : 60 euro/ Durata: 1 ora/ Frequenza: da definireDr. Giuliana Proietti Instagram

Ieri, martedì 22 Maggio, il Professor Philip Zimbardo ha tenuto a Roma, presso la Sala Convegni del CNR, una conferenza dal titolo Lucifer Effect, organizzata dall’Ordine degli Psicologi del Lazio.

Poiché ho avuto la fortuna di essere fra i 350 presenti (molta gente in fila, fuori della sala, non è potuta entrare), vorrei parlarvi di quanto ho visto e sentito.
L’introduzione è stata affidata a Piero Angela, amico di vecchia data dello studioso americano, insieme al quale, in passato, ha collaborato a numerosi programmi televisivi e, addirittura, ad un film, da lui stesso sceneggiato. Il Dr. Angela ha presentato il Professor Zimbardo come un uomo ‘straordinariamente creativo’, uno scienziato, ma anche un grande comunicatore.

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Poi sono stati passati in rassegna gli studi più importanti di Zimbardo: dal famoso esperimento della prigione di Stanford . In questo esperimento si simulava la vita all’interno di una prigione, con partecipanti assegnati casualmente al ruolo di prigionieri o carcerieri. Come si sa, l’esperimento, che doveva durare 2 settimane, è stato sospeso dopo soli sei giorni, perché era diventato una ‘spirale senza controllo’. Peraltro, dice Zimbardo, la decisione di mettere fine allo studio è stata dovuta all’ “eroismo” di sua moglie, Cristina Maslach, che essendo studiosa di stress e di burn out, ha prontamente capito che era meglio chiudere, piuttosto che continuare.

Si è parlato poi, ovviamente, della Shyness Clinic, un laboratorio di studio e di ricerca sul tema della timidezza, argomento molto conosciuto nella esperienza di vita delle persone, quanto snobbato dal mondo scientifico e accademico.

Il Dr. Angela ha poi svelato quello che tutti sospettavano e cioé l’italianità delle origini del professore americano, i cui avi partirono dal paesino siciliano di Cammarata (provincia di Agrigento) e nel quale ancora molti altri ‘Zimbardo’ vivono. Al paesino siciliano sono stati donati dal professore dei computers e delle borse di studio, per poter permettere ai suoi figli migliori di studiare in America (i Cammaratesi hanno insomma trovato lo ‘zio d’America’….).

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Ora Philip Zimbardo sta facendo una serie di conferenze in tutto il mondo, per promuovere il suo libro The Lucifer Effect (che in Italia uscirà l’anno prossimo, per Cortina Editore).

Il Professor Zimbardo ha cominciato così la sua conferenza, sulle note del mitico Santana e sulla famosa illusione Angeli e Demoni di Escher, cui si ispira la copertina in lingua inglese del libro (l’illusione è quella riportata in alto, in questo post. A proposito, vedete angeli o demoni nell’illustazione ?).

Come si sa, Lucifero era l’angelo preferito dal Signore, il quale si ribellò improvvisamente al potere di Dio e divenne il peggiore di tutti, per antonomasia: Satana. Il “Professor Z.”, come viene simpaticamente chiamato dai suoi allievi, si chiede, con questo Effetto Lucifero, come faccia una persona buona, “normale”, “ordinary” per dirla con il suo idioma, a diventare improvvisamente una persona “cattiva”. Quali meccanismi, quali dinamiche, spingono a questo cambiamento?

La risposta è chiarissima: il potere. Gli esseri umani sono fatalmente attratti dal potere di controllare gli altri e questo accade in particolare quando il sistema lo permette. Bisognerebbe guardare non tanto alle predisposizioni individuali, ma ai contesti psicologici e sociali che creano, mantengono o modificano i comportamenti degli individui. La cultura psicologica e sociologica ha commesso finora un errore fondamentale di attribuzione, sovrastimando le influenze disposizionali e sottovalutando gli stimoli provenienti dall’ambiente.

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Il Professor Zimbardo ha fatto riferimento al famoso esperimento di Stanley Milgram (obbedienza incondizionata allo sperimentatore nella somministrazione di scosse elettriche. Peraltro questo esperimento è stato recentemente riprodotto in virtuale, ottenendeo gli stessi risultati. Ne abbiamo parlato qui.)

Si è poi passati ad analizzare i terribili comportamenti dei carcerieri di Abu Ghraib. Il Professor Zimbardo è stato infatti consulente tecnico per la difesa del Sergente Ivan “Chip” Frederick. Nel farci vedere ancora queste immagini di immane degrado e completa disumanizzazione dei carcerati, il professore ci ha descritto quali erano le condizioni di queste guardie: turni di notte di 12 ore senza avere un giorno libero per quaranta notti di seguito, noia, mancanza di istruzioni precise sul lavoro da compiere, mancanza di formazione per il ruolo da svolgere. Questi abusi, secondo Zimbardo, avrebbero potuto essere evitati se vi fosse stata una leadership più adeguata e non si fossero spinti i militari a considerare pregiudizialmente i loro carcerati come degli animali, allo scopo di costringerli a parlare (facendo così il bene della nazione).

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Tutti i militari del mondo, anche nei paesi più poveri, indossano una divisa: perché? perché è quella che costringe le persone ad essere tutte uguali nello svolgere quel ruolo, un ruolo che cambia la personalità e che spinge la persona ad essere cattiva, ad uccidere, con il permesso delle autorità Non a caso, fa notare Zimbardo, in tutti i Paesi del mondo, a guerra finita, le divise si restituiscono all’autorità militare: da quel momento in poi non è più permesso essere ‘cattivi’ e occorre tornare ad essere ‘buoni’. E’ dunque il sistema che spinge verso la violenza e questo per permettere la conservazione del potere: è quasi come un invisibile mafia, sottostante alle Istituzioni sociali e da esse manovrata.

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Poi, finalmente, qualche nota di ottimismo: non è vero che l’essere umano può essere manipolato fino a questo punto. Infatti, esistono gli eroi. Essi resistono alle influenze sociali, si ribellano agli ordini ingiusti. Gli eroi sono persone ‘normali’ e ciascuno di noi potrebbe un giorno diventare un eroe se si venisse a trovare in una condizione particolare in cui c’è bisogno di un atto di coraggio, di un’azione, che vinca sull’apatia e l’indifferenza.

Altre parole positive sono state rivolte dal professor Zimbardo al ruolo della psicologia nella società. La psicologia è ancora troppo sottovalutata e senza motivo. Essa infatti non è come la filosofia o la religione, che i basano su teorie indimostrabili o sulla fede. La psicologia è una scienza che si basa su dati oggettivamente dimostrati, che vengono modificati continuamente in base alle nuove scoperte e alle nuove evidenze. Gli psicologi conoscono i meccanismi che agiscono nei gruppi sociali e pertanto dovrebbero essere più spesso consultati dalle istituzioni per organizzare e mantenere i servizi pubblici. (Su questo argomento vedi l’articolo di Zimbardo: La psicologia ha cambiato la nostra vita? – versione italiana, traduzione di Giuliana Proietti e versione inglese).

Resta solo una domanda da farsi: chi/che cosa stabilisce ciò che è “buono” e ciò che è “cattivo”, cosa è “bene” e cosa è “male”?

Dott.ssa Giuliana Proietti

 

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3 commenti

  1. Cara dottoressa, grazie mille per la celere risposta. Le scrivo di getto tra un attività ed un altra, spero di spiegarmi bene. Mi rendo conto che il discorso è assai complesso e può essere analizzato sotto diversi punti di vista.

    Innanzitutto io non penso di poter attribuire oggettivamente e indefinitamente l’etichetta di “buono” o “cattivo” ad una persona. Posso però giudicare “buoni” o “cattivi” gli atti che compie: come posso non considerare cattivi (o malvagi, non mi interessa granchè) gli atti di violenza compiuti nei confronti di un altra persona (o anche di se stessi!) nel senso fisico(aggressione per esempio), o psichico (manipolazione, prevaricazione nei confronti della volontà altrui etc..)?.
    Ne consegue a mio avviso che la nostra società è permeata dalla violenza e che negli esempi che faceva lei ce n’era in abbondanza. Giudicarla buona o cattiva questo è soggettivo, oltre che puramente un problema di definizione(per non dire etico, filosofico, religioso etc etc).

    Per quanto riguarda invece l’esperimento del prof Zimbardo quel che mi incuriosisce è l’ffetto che il contesto induce sulle persone: come dice lei è vero che possono essere manipolate in tanti modi, ma il fatto è che penso possano essere manipolate anche da…loro stesse(!).
    Mi spiego meglio: come dimostra l’esperimento di Stanford, nell’identificarsi in un determinato ruolo si può perdere il controllo e compiere atti che in altre situazioni o contesti non si compirebbero pressocchè mai, o in generale che si può assumere degli atteggiamenti (anche solamente passivi) che da se stessi non si ci aspetterebbe! Se è così andrebbe indagato il come ed il perchè possano avvenire queste dinamiche e quali sono le condizioni che determinano una maggiore o minore identificazione nel ruolo ed entro quali limiti ci si può spingere e perchè.

    Per evitare equivoci: è chiaro che nei casi di manipolazione si possa spingere le persone addirittura al suicidio(penso ai suicidi di massa delle sette negli States), ma nel caso in cui le persone sono lasciate “libere”(tra virgolette perchè libere non si è mai dal mio punto di vista, neanche da se stessi, scusi la filosofia..) di scegliere e di organizzarsi come nel caso di una simulazione? Non è interessante tutto questo?

    Forse dovremmo rivalutare gli esperimenti di psicologia sociale quali strumenti di indagine, per quali fini, questo, chiaramente, è di nuovo un fatto soggettivo.

    In sostanza sposterei dunque la discussione più su questo tema, per il quale mi piacerebbe sentire moltissimo la sua opinione!

    Un cordialissimo saluto,
    Marco Di Lullo

  2. Gentilissimo,

    Lei mi chiede: “non crede condivisibile l’attribuzione dell’etichetta “male” a quegli atti di violenza fisica o morale, intesi soprattutto come prevaricazione e manipolazione della propria volontà”?

    Non so se ho capito bene la sua domanda, ma provo ad argomentare.

    Il “male” non è qualcosa di così chiaramente oggettivo: le donne kamikaze che si immolano per la loro causa uccidendo centinaia di persone con il loro gesto, sono delle sante nel loro ambiente e nella loro religione, sono delle criminali terroriste dalle nostre parti.

    Se una persona ha una forte motivazione a perseguire quello che ritiene il suo “bene”, pur sapendo che altri lo considerano “male” è un angelo o un diavolo?

    L’uomo che, in certi contesti culturali, compie il delitto d’onore per eliminare la vergogna e il disonore dalla sua famiglia è a tutti gli effetti un “criminale”?

    Lo è il pazzo, che soffre di allucinazioni e che compie l’omicidio seguendo gli ordini delle sue voci interiori?

    L’argomento è davvero molto complesso…

    Tornando al Prof. Zimbardo, credo che il suo lavoro sia molto interessante, ma non certo esaustivo sull’argomento. Secondo me quello che Zimbardo scopre nel suo Effetto Lucifero è un po’ una replica del suo esperimento del carcere o dell’esperimento di Stanley Milgram sull’obbedienza.

    Le persone possono essere manipolate in tanti modi e spesso perdono la consapevolezza di ciò che stanno facendo. Questo è il vero dato di fatto.

    Per assurdo, anche un uomo che diventa un eroe per caso, nel senso citato da Zimbardo, potrebbe non essere del tutto consapevole di quello che sta facendo e non sempre fa un’azione eclatante sapendo di contribuirvi a costo della sua vita. Anche i buoni, non solo i cattivi, possono subire influenze e manipolazioni esterne.

    Non so. Il discorso sarebbe lungo. Se c’è interesse ne possiamo parlare ancora in un altro Post.

    Grazie del suo intervento.

    GP

  3. Gentile dottoressa,
    anch’io non credo che la psicologia possa definire con rigore scientifico ciò che è bene e ciò che è male, chi è buono o chi è cattivo, ma perchè penso che il problema non si possa porre in questi termini: non crede condivisibile l’attribuzione dell’etichetta “male” a quegli atti di violenza fisica o morale, intesi soprattutto come prevaricazione e manipolazione della propria volontà?
    Il problema è per me capire invece se l’effetto lucifero sia un sequenza stereotipata di azioni, e se l’esperimento sia traslabile in altri “frame” o contesti: il Prof. Zimbardo ha svolto un esperimento simulando il contesto di un carcere. Se si facesse una simulazione in un contesto in cui i “ruoli” fossero non “cattivi”, nel senso precedentemente indicato, i risultati credo sarebbero assai diversi…e magari qualcuno potrebbe scrivere, mi perdoni l’ironia, un “buon” libro dal titolo “l’effetto arcangelo”…
    Dia un occhiata qua:
    PS: non sono uno psicologo, ma un appassionato di psicologia, mi occupo di formazione e sarei ben felice di poter scambiare quattro chiacchiere con lei. Un saluto

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