Oltre l’esperimento Milgram: i “se” e i “perché”
Relazione sulle Coppie Non Monogamiche
Come mai i soldati compiono abusi sui prigionieri? Come hanno potuto gli ufficiali nazisti accettare lo sterminio degli ebrei? Come mai dei semplici dipendenti possono lasciarsi convincere a compiere una truffa finanziaria? Per anni, i ricercatori hanno cercato di identificare i fattori che spingono le persone a commettere atti crudeli e brutali, e forse nessuno ha contribuito a questa conoscenza più di Stanley Milgram, con i suoi esperimenti sull’obbedienza all’autorità.
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Poco più di 50 anni fa, Milgram intraprese infatti quelli che sarebbero diventati alcuni tra i più famosi esperimenti in psicologia. In questi studi, che apparentemente esaminavano gli effetti della punizione sull’apprendimento, ai partecipanti veniva assegnato il ruolo di “docente”: essi dovevano riuscire a far apprendere delle liste di parole a dei finti “studenti”, somministrando loro degli shock elettrici ogni volta che sbagliavano nel ripetere le parole. Lo shock elettrico era ad intensità crescente (In realtà gli studenti erano attori e non veniva somministrato alcuno shock elettrico. ù
Ciò che Milgram voleva scoprire era fino a che punto le persone sarebbero state disposte ad erogare shock elettrici a persone sconosciute, per una causa così futile come un esperimento sulla memoria (che però veniva chiesto loro da persone autorevoli, come degli scienziati).
I ricercatori hanno offerto molte possibili spiegazioni sul comportamento dei partecipanti e la conclusione è stata che le persone non possono fare a meno di obbedire agli ordini di coloro che detengono l’autorità, anche quando gli ordini che questi danno sono veramente estremi.
Questa spiegazione sull’obbedienza, tuttavia, non riesce a rappresentare un aspetto molto importante degli studi: perché, e in quali condizioni, una persona evita di obbedire allo sperimentatore.
In un nuovo articolo pubblicato su Psychological Science Perspectives, rivista della Association for Psychological Science, i ricercatori Stephen Reicher dell’Università di St. Andrews e Alexander Haslam e Joanne Smith della University of Exeter propongono un nuovo modo di guardare alle scoperte di Milgram.
Questi ricercatori hanno ipotizzato che, invece dell’obbedienza all’autorità, il comportamento dei partecipanti potrebbe essere meglio spiegato con i loro modelli di identificazione sociale. L’ipotesi è che l’identificazione con lo sperimentatore (e, per estensione, con la comunità scientifica) abbia portato i partecipanti a seguire gli ordini degli sperimentatori in modo acritico, mentre le condizioni che hanno incoraggiato l’identificazione con lo studente (e la comunità in generale) hanno portato i partecipanti a sfidare gli ordini dello sperimentatore e dunque al rifiuto di obbedienza all’autorità.
Come spiegano i ricercatori, questo suggerisce che la disponibilità dei partecipanti a impegnarsi in un comportamento distruttivo è “un riflesso non di semplice obbedienza, ma di identificazione attiva con lo sperimentatore e la sua missione“.
Reicher, Haslam, e Smith hanno voluto esaminare se la volontà dei partecipanti di erogare shock elettrici attraverso varianti del paradigma di Milgram poteva essere previsto nella misura in cui la variante sottolineava l’ identificazione con lo sperimentatore o l’identificazione con lo studente.
Per il loro studio, i ricercatori hanno reclutato due diversi gruppi di partecipanti. Il gruppo di esperti includeva 32 psicologi sociali provenienti da due università inglesi e una da una università australiana. Il gruppo dei nonexpert includeva 96 studenti del primo anno di psicologia, che non avevano ancora studiato gli esperimenti di Milgram.
A tutti i partecipanti sono state lette una breve descrizione dello studio di riferimento di Milgram, e sono stati quindi forniti i dettagli circa le 15 varianti dello studio. Per ogni variante, è stato chiesto di indicare la misura in cui tale variante portava i partecipanti ad identificarsi con lo sperimentatore e la comunità scientifica e la misura in cui li avrebbe portati a identificarsi con lo studente e la comunità in generale.
I risultati dello studio hanno confermato le ipotesi dei ricercatori: l’identificazione con lo sperimentatore era un predittore molto potente del livello di obbedienza osservato in ciascuna variante. D’altra parte, l’identificazione con lo studente era un forte predittore negativo del livello di obbedienza. Il punteggio di identificazione relativa (così calcolato: identificazione con lo sperimentatore meno identificazione con lo studente) era un predittore ugualmente molto forte del livello di obbedienza.
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Secondo gli autori, queste nuove scoperte suggeriscono che dobbiamo ripensare il concetto secondo il quale l’obbedienza sia l’unica spiegazione possibile degli esperimenti di Milgram e simili, per cui le persone si impegnano in un comportamento crudele o violento, solo perché una persona autorevole ha chiesto loro di farlo.
Questa nuova ricerca ci allontana dal consueto punto di vista, che ha prevalso all’interno e all’esterno del mondo accademico per quasi mezzo secolo: un punto di vista secondo il quale le persone si impegnano in atti di barbarie, solo perché capiscono poco di ciò che stanno facendo e sono solo interessate a seguire pedissequamente il volere dell’autorità.
Queste nuove scoperte suggeriscono che l’identificazione sociale fornisce ai partecipanti una bussola morale che li motiva ad agire: essi aderiscono alla volontà altrui, ma non in modo sconsiderato, ma anzi mettendoci del proprio.
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Guardare i risultati in questo modo presenta diversi vantaggi, sostengono Reicher, Haslam, e Smith. In primo luogo, rispecchia recenti valutazioni storiche che suggeriscono che i funzionari dei regimi più violenti – come il burocrate nazista Adolf Eichmann – facciano molto di più che semplicemente limitarsi ad eseguire gli ordini. Spiega inoltre il motivo per cui i partecipanti sono più propensi a seguire gli ordini in determinate condizioni, rispetto che in altre.
I ricercatori riconoscono che la metodologia utilizzata in questa ricerca è poco ortodossa (il modo più diretto per esaminare la questione della identificazione sociale comporterebbe ricreare il paradigma di Milgram e variare i diversi aspetti del paradigma per manipolare sia l’ identificazione sociale con lo sperimentatore che quella con lo studente). Ma un simile tipo di ricerca comporterebbe notevoli sfide etiche. Gli autori ritengono sia giunto il momento di affrontare la questione critica del “perché” (e non solo del “se”) le persone mostrano la volontà di partecipare ad atti brutali e questa idea dell’identificazione sociale con lo sperimentatore o con lo studente potrebbe essere una chiave su cui proseguire la ricerca di Milgram, in una nuova prospettiva.
Dr. Walter La Gatta
Fonte:
People May Be Motivated To Carry Out Unspeakable Acts By Social Identification Rather Than Obedience, Medical News Today
Immagine:
Recuerdos de Pandor, Flickr
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Dr. Walter La Gatta
Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
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