L’essere umano, l’arte, la nudità

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Il nudo è uno dei generi ufficialmente definiti per la descrizione delle opere d’arte conservate nei musei. Secondo la definizione più rigorosa, un nudo è la rappresentazione di un corpo umano completamente scoperto e pienamente rappresentato ( “nudità completa” ), ad esclusione di qualsiasi altra cosa.

Si parla di nudo anche quando le opere presentano figure totalmente o parzialmente svestite, attraverso l’uso del drappeggio, presente sin dall’antichità come processo stilistico nella rappresentazione del corpo nudo, sia per accentuare certe forme, sia per mascherare, o rappresentare un movimento.

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La nudità nell’arte, e quindi nella pittura, nella scultura e più recentemente nella fotografia e nel cinema, ha generalmente riflesso gli standard sociali del tempo in termini di estetica e moralità. In tutte le epoche, il corpo umano è stato uno dei principali soggetti di ispirazione per gli artisti, tanto che lo ritroviamo anche nei dipinti dell’epoca preistorica.

Si pensi alla minuscola statuetta, probabilmente progettata per essere tenuta in mano, popolarmente chiamata la Venere di Willendorfe, raffigurante una donna corpulenta, forse un simbolo di fertilità, il cui viso e altri dettagli sono ridotti al minimo mentre il seno, la pancia e il sesso sono accentuati. Per gli uomini, il pene è il più delle volte indicato da una linea, anche se ci sono anche figure con un fallo prominente che richiama sempre i simboli di fecondità (30-25.000 a.C. )

Nell’antica Grecia possiamo trovare molte raffigurazioni di atleti e concorrenti delle gare antiche e delle Olimpiadi, in quanto la nudità era accettata nel contesto del bagno pubblico o dell’atletica: gli atleti gareggiavano comunemente nudi.

Il nudo maschile nell’arte greca, tuttavia, rappresenta spesso una figura di proporzioni ideali, usata sia come modo di commemorare persone reali, ma anche come rappresentazione di divinità ed eroi mitici divini (l’ideale eroico nudo). Le statue Kouroi maschili e le Korai  femminili esistono in Grecia dal 625 a.C. circa: erano statue funerarie o votive, solo che quelle maschili erano nude, mentre quelle femminili erano vestite.

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Come si vede, sin dall’inizio della civiltà occidentale il maschio nudo e la femmina nuda sono trattati in modo molto diverso e hanno ruoli diversi da interpretare. Il radicato omoerotismo dell’antica società greca ha chiaramente molto a che fare con la preminenza dell’eroico nudo maschile. Intorno al IV secolo a.C., Prassitele e altri scultori iniziarono a raffigurare donne nude, in particolare la dea dell’amore, Afrodite, ma queste raffigurazioni venivano considerate più indecorose.

L’ arte dell’antica Roma non solo riconosceva la qualità della scultura greca, ma la moda del nudo si sviluppò anche in Italia, creando un enorme mercato di copie, a scopo “decorativo”, realizzate in tutto il bacino del Mediterraneo, da botteghe ellenistiche grazie alle quali l’antica statuaria greca fu così preservata.

Dopo l’ascesa del cristianesimo, la rappresentazione dei nudi in occidente diminuì drasticamente. Praticamente l’unica nudità consentita per secoli, infatti, era nell’arte religiosa, con raffigurazioni dipinte e scolpite di Adamo ed Eva (sebbene spesso drappeggiate con discrezione) e in alcune scene del Giudizio Universale. La nudità era usata in quest’arte con un significato di vergogna.

Lo stile gotico segnò un boom di ornamenti e rappresentazioni degli inferi sui timpani delle chiese: troviamo spesso figure nude, i cui genitali sono divorati da grifoni, serpenti, scorpioni.

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Il Rinascimento italiano introdusse lo spirito razionalista. Secondo Leon Battista Alberti , la bellezza era “una sorta di armonia e accordo tra tutte le parti che formano un tutto costruito secondo un numero fisso, una certa relazione, un certo ordine … ”

La nuova cultura rinascimentale, umanista, più antropocentrica, favorì il ritorno del nudo nell’arte, generalmente basata su temi mitologici o storici, anche religiosi, con connotazioni di eroismo e di virtù. Uno degli studi anatomici più famosi è l’ Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci.

Dopo il 1563 il nudo in generale fu bandito con molti altri soggetti nei luoghi di culto cattolici dal movimento della Controriforma I nudi di Michelangelo nella Cappella Sistina furono così ritoccati con foglie di fico, o lunghi capelli sui nudi femminili.

Ciò non proibì a persone, come i Medici o i Borghese, aristocratici o uomini di Chiesa, di ordinare per i loro appartamenti privati ​​tali soggetti mitologici che giustificavano l’uso della figura nuda. Questa fu l’occasione, per gli scultori come per i pittori, di confrontarsi con questo soggetto che non solo presentava difficoltà nella padronanza della rappresentazione dell’anatomia, ma permetteva anche di creare un’immagine della Bellezza, in quanto ideale.

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Nel XV secolo, il disegno dal vero divenne parte della pratica di laboratorio, alla ricerca del nudo idealizzato; in molti casi tuttavia le modelle spesso non erano autentiche: in posa c’erano dei corpi maschili, che poi l’artista modificava.

Altri artisti italiani come Tiziano iniziarono a raffigurare nudi femminili nel XVI secolo, a volte usandoli come evocazione di un’età dell’oro perduta, in cui il paesaggio divenne molto più importante che nei dipinti precedenti. È in questo periodo che iniziarono le prime Accademie d’Arte in Italia. Non è chiaro se in queste accademie si usassero i modelli femminili, ma i nudi divennero sempre più sensuali, anche se ancora idealizzati.

Con il XVII secolo si iniziò a vedere una rappresentazione un po’ più naturalistica del nudo, in dipinti barocchi come Susanna e gli anziani di Artemisia Gentileschi , o (più nota) l’arte del Caravaggio; qui la sensuale nudità maschile viene alla ribalta, in dipinti come L’Amore Vittorioso (nella illustrazione).

Nella scultura, Bernini creò opere di nudo altamente drammatiche come il suo David, mentre Rubens fu forse l’artista più importante per la raffigurazione della donna nuda nel XVII secolo. Ammirava l’arte antica e il Rinascimento italiano, ma i suoi nudi, sebbene altamente sensuali, sono molto più naturalistici e abbondantemente dotati rispetto alle loro controparti italiane, ancora abbastanza idealizzate. I temi principali erano ancora i dipinti storici, raffiguranti soggetti mitologici e biblici.

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Nel XVIII secolo, il nudo iniziò a essere raffigurato in un ambiente più frivolo da artisti rococò come Boucher, artista favorito di Mme de Pompadour, l’amante di Luigi XV. In totale contraddizione con le correnti precedenti, questo periodo è caratterizzato dall’evidenziazione di scene private prevalentemente femminili e molto spesso erotiche. Watteau dipinge una signora che si fa il bagno, François Boucher non esita a dipingere nuda una delle cortigiane di Luigi XV , o ad usare la propria moglie come modello della sua Odalisca.

Sembra chiaro che questi pittori usassero abitualmente modelli femminili per i loro nudi di donna, ma le grandi Accademie come l’Académie Royale francese continuarono a privilegiare i maschi fino al XIX secolo. È interessante notare che modelli femminili venivano abitualmente utilizzati nelle piccole Accademie fondate in Gran Bretagna prima della nascita della Royal Academy nel 1768.

Con il progredire del XIX secolo e l’ascesa della pittura francese, il nudo femminile divenne preminente anche nell’arte francese, sia nella pittura e scultura accademica che in opere ribelli come quella dell’artista realista Courbet, L’origine del mondo. La pittura romantica, reazione del sentimento contro la ragione , è caratterizzata da uno spiccato gusto per la drammatizzazione. I pittori non esitano più a mostrare la realtà, per quanto violenta possa essere. La pittura romantica è anche caratterizzata dall’arrivo dell’esotismo nei costumi occidentali,  i nudi esprimono sensualità e talvolta anche sessualità.

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Nella famigerata Olimpia di Manet (1863), l’uso deliberato della nudità per scioccare piuttosto che per idealizzare e solleticare, cominciò a farsi strada.  Manet mette la sua modella in una posa deliberatamente evocativa della Venere di Urbino di Tiziano, ma Olympia, che ha il volto e il corpo della modella e a sua volta pittrice Victorine Meurent,  è su un letto disfatto, ornata solo da un bracciale d’oro e da un sottile collarino di velluto con una perla a goccia, con una ciabattina ciondolante sul piede sinistro, mentre guarda direttamente verso l’osservatore, con espressione sfacciata.

Vicini alle preoccupazioni sociali del loro tempo, i pittori realisti prediligevano studi di nudi femminili sul posto, in situazioni quotidiane, prendendo le modelle dalle classi sociali inferiori: prostitute o amanti perché fino a quel momento, i modelli di nudi accademici erano ancora sempre maschi.

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In questo periodo cominciò ad essere usata anche la fotografia: si sa che Delacroix iniziò a usare le fotografie, ma la fotografia fu utilizzata anche come pornografia fin dai suoi primi inizi, mentre l’arte diventava sempre più lontana dal canone idealizzato delle Accademie.

Nel periodo dell’impressionismo, il nudo femminile continuava ad essere molto popolare. I nudi di Renoir, con la loro sensualità lucente e satinata, sembrano infatti ravvivare lo spirito di Rubens, ma venivano raffigurati negli ambienti della vita moderna tanto amati dagli impressionisti, piuttosto che come figure di storie mitologiche. Degas ha una visione un po’ meno sentimentale dei suoi nudi, spesso raffigurandoli in un ambiente davvero molto umile. Alcuni post-impressionisti, come Matisse nella sua Joie de Vivre, hanno cercato di unire una rinascita di temi classicizzanti come ambientazione per i loro nudi, con l’uso di nuove tecniche e colori.

Con  le Demoiselles d’Avignon (1907) di Picasso , invece, assistiamo di nuovo a un deliberato sovvertimento della tradizione idealizzante classica del nudo femminile. L’artista raffigura quattro prostitute, disegnate con contorni quasi cubisti e innaturali, in pose provocatorie e con indosso i volti di antiche sculture iberiche e grottesche maschere africane, incorniciate da un impassibile malloppo classicizzante di panneggi. Nella sua carriera, Picasso ritornò spesso alle tradizioni classiche e rinascimentali del nudo, con le sue associazioni con un’età dell’oro passata.

In effetti, la storia del nudo nell’arte occidentale sembra spesso essere un dialogo ricorrente – a volte intimo, a volte abusivo – con l’arte classica, quando il nudo era il modo naturale di essere per la rappresentazione della figura umana da parte degli artisti.

Nell’arte contemporanea, con la nostra conoscenza moderna della psicologia freudiana delle pulsioni sessuali sommerse, le raffigurazioni della nudità sembrano sempre più spesso voler annullare deliberatamente la linea sottile tra arte e pornografia. I disegni di Egon Schiele abitano spesso questo territorio. Lucien Freud, uno dei più importanti pittori britannici di nudo, con la sua spietata mancanza di idealizzazione dei corpi dei suoi soggetti spesso accentua la loro vulnerabilità, la loro animalità.

Dr. Giuliana Proietti


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Immagine
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Diego Velázquez, Venere e Cupido (1648 circa); olio su tela, 122,5×175 cm, National Gallery, Londra

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