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Tag Archives: Rete e Nuove Tecnologie

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Cosa insegna la ricerca sui social network

Cosa insegna la ricerca sui Social Network

Cosa insegna la ricerca sui Social Network


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La storia dei siti di social networking, risale al 1997, quando nacque SixDegrees, partendo dall’idea che gli individui fossero collegati da solo sei livelli di separazione.

Nel 2004 nacque Facebook, lanciato come comunità online per gli studenti dell’Università di Harvard, che diventò in pochi anni il social più popolare al mondo. Nel 2016, il 22,9% della popolazione mondiale utilizzava Facebook.

Quanto detto suggerisce che l’uso dei social media sia diventata un’importante attività di svago per molti, consentendo agli individui di connettersi tra loro online, indipendentemente dalle limitazioni di tempo e di spazio.

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Audrey Hepburn: talento, grazia e impegno umanitario

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Antoine de Saint-Exupery: una biografia

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I critici sostengono che l’eccessiva dipendenza dalla tecnologia abbia portato a un impoverimento delle competenze sociali e delle conversazioni, perché ormai tali competenze vengono convogliate online, in una connessione costante, con il risultato di una minore attenzione e minore capacità di trattenere le informazioni.

Gli individui sono stati descritti come “soli insieme”: sempre connessi tramite la tecnologia, ma di fatto isolati.

Anzitutto va detto che il social networking e l’uso dei social media, sebbene vengano spesso usati in modo intercambiabile nella letteratura scientifica, non sono la stessa cosa. I social media si riferiscono alle capacità del web 2.0 di permettere la produzione e la condivisione di contenuti online e di conseguenza l’uso dei social media comprende un’ampia gamma di applicazioni, come progetti collaborativi, blog, comunità di contenuti, mondi di gioco virtuali e mondi sociali virtuali.

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I progetti collaborativi consentono la creazione, la rimozione e la modifica di contenuti online (ad esempio, Wikipedia). Anche i “blog” possono essere considerati social media: questi permettono infatti agli individui di condividere diari personali online e informazioni (a volte sotto forma di immagini e video), che possono essere o meno commentati da altri utenti.

Ci sono poi le comunità di contenuti e i siti di condivisione video (ad esempio, YouTube). I contenuti possono includere video, ma anche testi (ad esempio, BookCrossing), fotografie (ad esempio, Instagram) e presentazioni in PowerPoint (ad esempio, Slideshare).

I mondi di gioco virtuali consentono agli utenti di creare un alter ego online sotto forma di avatar e di giocare con altri giocatori in grandi universi di gioco.

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Vi sono poi social media che propongono un mondo virtuale alternativo, che da un lato sono simili all’ambiente della vita reale, ma dall’altro sfidano le leggi della fisica. Il miglior esempio di questi mondi virtuali è Second Life, popolato da avatar simili a esseri umani, che svolgono le attività che gli utenti svolgono quotidianamente, come arredare la casa, fare shopping e incontrare amici.

Infine, ci sono i siti di social networking, comunità virtuali in cui gli utenti possono creare profili pubblici individuali, interagire con amici reali e incontrare altre persone in base a interessi comuni.

Il social networking è particolarmente incentrato sulla funzione di mettere in contatto le persone, cosa che non riguarda i social media descritti in precedenza.

Il social networking dunque è solo uno dei vari social media e, fra essi, può essere considerato un social piuttosto “egocentrico”, dal momento che consente agli individui di rappresentare se stessi utilizzando profili individuali e messaggi in bacheca, che vengono poi visti da amici, reali e virtuali.

Nel 2016, il sito di social networking più popolare era ancora Facebook con 1712 milioni di utenti attivi, ma a partire dagli anni successivi sono emerse nuove reti che hanno gradualmente aumentato la loro popolarità, soprattutto tra le generazioni più giovani.

Instagram è stato lanciato nel 2010 come per la condivisione di immagini e la mission era quella di “permettere agli utenti di vivere i momenti della vita degli amici attraverso le foto mentre le cose accadono”. Nel 2016, Instagram contava 500 milioni di utenti attivi.

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Snapchat è stato lanciato nel 2011 per consentire agli utenti di inviare messaggi e connettersi con gli altri utilizzando uno smartphone. Snapchat si differenziava dagli altri network per la sua natura effimera, per cui i messaggi venivano automaticamente cancellati poco dopo che il destinatario li aveva visualizzati,
consentendo una maggiore percezione della privacy e della sicurezza online.

Tuttavia, gli utenti sono particolarmente consapevoli della natura transitoria dei messaggi di Snapchat e per questo motivo li conservano sul cellulare o nel cloud, semplicemente per avere una prova delle conversazioni e delle immagini diffuse su questo mezzo, a danno della privacy promessa. Nel 2016 Snapchat contava 200 milioni di utenti.

Facebook possiede un proprio sistema di messaggistica, Messenger, che funziona come una app sugli smartphone, separata dall’applicazione Facebook vera e propria. Per quanto riguarda l’instant messaging, Facebook possiede la app più popolare, che è Whatsapp, in cui ci si possono scambiare testi, immagini, audio e video in tempo reale.

Il microblogging è una forma di blogging più tradizionale, che potrebbe essere considerato un diario personale online, con messaggi brevi e destinati a essere condivisi con il pubblico di chi scrive (tipicamente composto da “follower” piuttosto che da “amici”).

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Un esempio popolare di sito di microblogging è Twitter, che consente solo 140 caratteri per tweet. Nel 2016, Twitter aveva 313 milioni di utenti attivi, il che lo rendeva il sito di microblogging di maggior successo.

Twitter è diventato particolarmente utilizzato come strumento strumento politico, con esempi che includono il suo ruolo importante nelle proteste antigovernative della Primavera araba, nonché l’ampio utilizzo da parte del presidente americano Donald Trump durante e dopo la sua campagna presidenziale. Twitter è molto diffuso anche per i temi che riguardano la salute.

Il gioco può essere considerato un elemento di social networking se implica la connessione con le persone (ad esempio, giocando insieme e comunicando attraverso canali propri del gioco). È stato affermato che i giochi di massa multigiocatori (MMORPG), come il popolare World of Warcraft, possano essere equiparati agli altri social, visto che permettono ai giocatori diversi canali di comunicazione e interazione oltre che la possibilità di costruire relazioni che possano estendersi oltre i mondi di gioco

Questi giochi non solo offrono la possibilità di comunicare, ma forniscono anche una base per creare forti legami tra gli individui quando si alleano per svolgere attività comuni ed hanno obiettivi condivisi, che facilitano e migliorano la qualità delle relazioni. Anche i giochi abilitati da Facebook, come Farmville o Texas Hold’em Poker possono essere inclusi nell’ombrello del social networking se vengono utilizzati per connettersi con gli altri (piuttosto che per scopi di gioco solitari).

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Il social network può essere anche un sito di incontri online. Attualmente sono disponibili molti siti di incontri online
che offrono ai loro membri l’opportunità di entrare a far parte di comunità virtuali, e che sono stati appositamente progettati per soddisfare i bisogni e i desideri relazionali dei membri.

In questi siti, gli individui sono incoraggiati a creare profili pubblici individuali, a interagire e a comunicare con gli altri membri con l’interesse comune di progettare un “appuntamento” e/o una relazione a lungo termine.

In questo modo, anche i siti di incontri online possono essere considerati siti di social networking. Tuttavia, questi profili sono spesso semi-pubblici e l’accesso è consentito solo agli altri membri di queste reti e/o agli altri abbonati.

Secondo il Pew Research Center, il 38% dei single negli Stati Uniti ha fatto uso di servizi di incontri online. Inoltre, quasi il 60% degli utenti di Internet pensa che gli incontri online siano un buon modo per conoscere delle persone e la percentuale di individui che hanno incontrato il proprio partner si è raddoppiata negli ultimi anni.

Questi dati suggeriscono che gli incontri online stanno diventando sempre più popolari, contribuendo all’attrattiva dei siti di social network per molti utenti in tutto il mondo.

Tuttavia, si può anche sostenere che siti di incontri online come Tinder potrebbero non essere un mezzo per creare “relazioni a lungo termine”, dato che l’uso di Tinder punta più verso altre motivazioni, come la soddisfazione dei desideri sessuali, piuttosto che il puro romanticismo.

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Al giorno d’oggi, la tecnologia è parte integrante della nostra vita, il che rende impossibile immaginare la vita senza
essere connessi. Questo viene definito uno stile di vita “always on”: “Non si tratta più di accendere o spegnere i dispositivi, ma di vivere in un mondo in cui è scontato essere collegati a persone e informazioni, ovunque e in qualsiasi momento.

Essere sempre connessi è diventato lo status quo e non farlo può dare l’idea di perdersi qualcosa.

Dal punto di vista degli usi e delle gratificazioni che si possono cercare su questi siti, queste includono la ricerca di informazioni, la formazione dell’identità, cioè un mezzo per presentare se stessi online, spesso in modo più favorevole rispetto alla realtà e l’intrattenimento (pura ricerca di divertimento e piacere).

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Esiste tuttavia un numero crescente di prove scientifiche che suggeriscono che l’uso eccessivo dei social possa portare a sintomi tradizionalmente associati alle dipendenze da sostanze.

Vi sono molte controversie in merito alla così detta dipendenza da tecnologia: non è chiaro se si debba parlare di compulsione, uso problematico o vera dipendenza, termine che dovrebbe essere usato solo se i comportamenti mostrano una compromissione significativa della vita di una persona e il suo disagio nel sperimentarla.

Ci si chiede, infatti, da cosa siano effettivamente dipendenti gli individui: dalla tecnologia stessa o piuttosto da ciò che la tecnologia consente loro di fare? Ovviamente la tecnologia
non è altro che uno strumento, che permette agli individui di mettere in atto particolari comportamenti, come ad esempio frequentare i social o i siti di giochi online.

Per chi non conosce questi strumenti, il desiderio di essere sempre attivi può sembrare patologico: troppo spesso viene etichettato come una dipendenza dalla tecnologia.

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In realtà, se di dipendenza si tratta, la dipendenza riguarda i “mi piace” e i commenti positivi di apprezzamento che i follower possono produrre.

E’ anche possibile che molti utenti abbiano difficoltà a comunicare faccia a faccia e che l’uso dei social media possa offrire una serie di ricompense immediate, come la sensazione di autoefficacia e la gratificazione, che possono portare a un uso continuato e crescente, con la conseguenza di peggiorare i problemi psicologici, fino all’abbandono delle relazioni in presenza.

La ricerca ha inoltre dimostrato che l’utilizzo dei social per due o più ore al giorno è correlato a una riduzione del rendimento scolastico e dell’attività. Chi usa i social in modo compulsivo presenta in genere punteggi più bassi nelle misure di stabilità emotiva e di gradevolezza, coscienziosità, controllo percepito e autostima, e punteggi più alti su solitudine e sentimenti depressivi.

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Gli utenti possono provare una gratificazione attraverso la condivisione di foto su Instagram, tanto che è stato riscontrato che gli individui hanno meno probabilità di sperimentare
sintomi legati alla dipendenza quando utilizzano Twitter rispetto a Instagram.

Si è detto anche che sostenere una dipendenza da Facebook sia una semplificazione banale ed ormai obsoleta, in quanto su Facebook le persone possono fare tante cose: giocare a giochi come Farmville, giocare d’azzardo, guardare video, condividere foto, aggiornare i propri profili e inviare messaggi agli amici. E’ importante andare oltre l’uso effettivo del sito web a cui si fa riferimento in questi tipi di dipendenze, e concentrarsi in modo specifico sulle attività principali che gli individui vi intraprendono.

Recenti ricerche hanno suggerito che l’elevato impegno sui social network sia in parte dovuto a ciò che è stato chiamato “paura di perdersi” (Fear of Missing Out, FOMO).

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La FOMO è un’apprensione pervasiva per il fatto che altri possano vivere esperienze gratificanti dalle quali si è assenti. Livelli più elevati di FOMO sono sono stati associati a un maggiore impegno su Facebook, a un minore umore generale, a un minore benessere e a una minore soddisfazione della vita.

È stato discusso se la FOMO sia un costrutto specifico o semplicemente una componente dell’insicurezza relazionale: la ricerca suggerisce che la FOMO predice un uso problematico e una possibile dipendenza da social media.

La dipendenza da cellulare è ciò che si intende per chiamate, instant messaging e uso dei social networks su uno smartphone. Questo fa comprendere che, piuttosto che un mezzo dal quale diventare dipendenti, il telefono sia un mezzo che permette di svolgere diverse attività, dalle quali si può diventare dipendenti. In altre parole, dire che si è dipendenti da smartphone equivale a dire che si è dipendenti dalle bottiglie e non dall’alcol, così come non si è dipendenti da Internet ma dalle attività che si svolgono online.

Sicuramente i siti di social network vengono visitati principalmente attraverso gli smartphone (circa 80%) e quindi si comprende come ci sia questa diffusa abitudine di associare i telefonini con i social network.

La nomofobia può essere parte della dipendenza da social networks.

Il costrutto di nomofobia è collegato sia alla FOMO che alla dipendenza da cellulare. La nomofobia è stata definita come “fobia da assenza di cellulare”, cioè la paura di rimanere senza il proprio cellulare.

I ricercatori hanno chiesto l’inclusione della nomofobia nel DSM-5 e per questo sono stati delineati i seguenti criteri: uso regolare e dispendioso di tempo, sentimenti di ansia quando il telefono non è disponibile, “ringxiety” (cioè controllare ripetutamente il telefono per vedere se ci sono messaggi), disponibilità costante, preferenza per la comunicazione online rispetto a quella faccia a faccia e problemi economici come conseguenza dell’uso.

L’uso eccessivo dei telefoni cellulari è inteso come un’alterazione delle abitudini di vita quotidiana e della percezione della realtà, che può essere associato a esiti negativi, come la compromissione delle interazioni sociali, isolamento sociale e problemi di salute fisici e mentali, tra cui ansia, depressione e stress.

La nomofobia può facilitare e potenziare l’uso ripetuto dei siti di social networking, formando abitudini che possono aumentare la vulnerabilità all’esperienza di sintomi legati alla dipendenza.

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Per quanto riguarda l’età, gli studi indicano che gli individui più giovani possono avere maggiori probabilità di sviluppare problemi come conseguenza del loro eccessivo impegno con i siti di social network online.

Si è visto inoltre come i genitori percepiscano la comunicazione online dei loro figli adolescenti come associata a una dipendenza molto di più rispetto a come la percepiscano gli stessi adolescenti. Ciò suggerisce due cose: che le generazioni più giovani differiscono in modo significativo da quelle più anziane per quanto riguarda il modo in cui utilizzano la tecnologia, il posto che essa occupa nella loro vita e il grado di problematicità che le attribuiscono. Questo significa anche che gli adolescenti non sempre sono consapevoli delle potenziali conseguenze negative che possono derivare dal loro eccessivo uso della comunicazione online.

Dr. Giuliana Proietti

Fonte: Social Networking Sites and Addiction:
Ten Lessons Learned, Daria J. Kuss and Mark D. Griffiths

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Giuliana Proietti
Dr. Giuliana Proietti

Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

Per appuntamenti:
347 0375949 (anche whatsapp)

mail: g.proietti@psicolinea.it

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I Social
  • 21 Mag 2023
  • Dr. Giuliana Proietti
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L'incitamento all'odio su Internet

L’incitamento all’odio su Internet

L’incitamento all’odio su Internet

Relazione sulla Terapia di Coppia dopo un Tradimento - Festival della Coppia 2023

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In cosa consiste l’incitamento all’odio sui social?

Generalmente, l’incitamento all’odio è un tipo di discorso che si svolge online, principalmente sui social media o su Internet, con lo scopo di attaccare una persona o un gruppo sulla base di attributi quali razza, religione, origine, orientamento sessuale, disabilità, o genere. Include rappresentazioni e simboli non verbali.

Chi sono gli haters?

Sono coloro che contribuiscono a diffondere questi messaggi di odio. “Hate” in inglese significa odio, e gli haters sono gli “odiatori”.

Da cosa dipende questo fenomeno?

Gli analisti affermano che i social media possono amplificare la discordia sociale. Nella loro forma più estrema, le voci e le invettive diffuse online possono contribuire a violenze che avvengono anche nella realtà, dai linciaggi alla pulizia etnica.

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Audrey Hepburn: talento, grazia e impegno umanitario

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Antoine de Saint-Exupery: una biografia

Antoine de Saint-Exupery: una biografia

Quanto è diffuso il problema?

Incidenti sono stati segnalati in quasi tutti i continenti. Gran parte del mondo ora comunica sui social media, con quasi un terzo della popolazione mondiale attiva solo su Facebook. Man mano che sempre più persone si spostano online, le persone inclini al razzismo, alla misoginia o all’omofobia hanno trovato nicchie che possono rafforzare le loro opinioni e spingerle alla violenza. Le piattaforme di social media offrono anche l’opportunità di pubblicizzare gli atti violenti che vengono compiuti.

In Germania è stata trovata una diretta correlazione tra i post pubblicati su Facebook contro i rifugiati da simpatizzanti del partito di estrema destra Alternativa per la Germania e gli attacchi ai rifugiati. Negli Stati Uniti, gli autori di attacchi della supremazia bianca sono circolati in precedenza tra le comunità razziste online.

L’attentatore alla sinagoga di Pittsburgh nel 2018 era un partecipante al social network Gab, le cui regole permissive avevano attirato estremisti che erano stati “bannati” da piattaforme più grandi. E’ lì che il soggetto è stato iniziato all’idea della cospirazione ebraica che stava cercando di portare sempre più immigrati negli Stati Uniti, per rendere i bianchi una minoranza, prima di uccidere undici fedeli durante un servizio di Shabbat.



In Myanmar, leader militari e nazionalisti buddisti hanno utilizzato i social media per insultare e demonizzare la minoranza musulmana Rohingya prima e durante una campagna di pulizia etnica. Sebbene i Rohingya costituissero forse il 2% della popolazione, gli etnonazionalisti sostenevano che i Rohingya avrebbero presto soppiantato la maggioranza buddista. La missione conoscitiva delle Nazioni Unite ha affermato: “Facebook è stato uno strumento utile per coloro che cercano di diffondere odio, in un contesto in cui, per la maggior parte degli utenti, Facebook è Internet”.

In India, i linciaggi e altri tipi di violenza comunitaria, in molti casi originati da voci sui gruppi WhatsApp, sono in aumento da quando il Bharatiya Janata Party (BJP) nazionalista indù è salito al potere nel 2014.

Allo stesso modo, lo Sri Lanka ha visto la nascita di un vigilantismo ispirato da voci diffuse online, mirate alla minoranza musulmana Tamil. Durante un’ondata di violenza nel marzo 2018, il governo ha bloccato l’accesso a Facebook e WhatsApp, nonché all’app di messaggistica Viber, per una settimana, affermando che Facebook non era stato sufficientemente reattivo durante l’emergenza.

Una intervista sulla Timidezza

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I social media catalizzano i crimini d’odio?

La stessa tecnologia che consente ai social media di galvanizzare gli attivisti per la democrazia può essere utilizzata da gruppi di odio che cercano di organizzarsi e reclutare. Consente inoltre ai siti marginali, compresi i cospirazionisti, di raggiungere un pubblico molto più ampio rispetto ai loro lettori principali. I modelli di business delle piattaforme online dipendono dalla massimizzazione dei tempi di lettura o visualizzazione. Poiché Facebook e piattaforme simili guadagnano denaro consentendo agli inserzionisti di indirizzare il pubblico con estrema precisione, è nel loro interesse consentire alle persone di trovare le comunità in cui trascorreranno la maggior parte del tempo.

Le esperienze degli utenti online sono mediate da algoritmi progettati per massimizzare il loro coinvolgimento, che spesso promuovono inavvertitamente contenuti estremi.  “YouTube potrebbe essere uno dei più potenti strumenti di radicalizzazione del 21° secolo”, ha scritto il sociologo Zeynep Tufekci.

YouTube ha dichiarato a giugno 2019 che le modifiche al suo algoritmo di raccomandazione apportate a gennaio avevano dimezzato le visualizzazioni di video ritenuti “contenuti borderline” per la diffusione di disinformazione. A quel tempo, la società ha anche annunciato che avrebbe rimosso dal suo sito i video neonazisti e della supremazia bianca. Tuttavia, la piattaforma è stata criticata per il fatto che i suoi sforzi per frenare l’incitamento all’odio non sono andati abbastanza lontano. Ad esempio, i critici hanno notato che invece di rimuovere i video che hanno provocato delle molestie omofobiche nei confronti di un giornalista, YouTube si è limitata ad impedire all’utente offensivo di condividere le entrate pubblicitarie.

IPNOSI CLINICA: una intervista al Dr. Walter La Gatta

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In che modo le piattaforme applicano le loro regole?

Le piattaforme di social media si affidano a una combinazione di intelligenza artificiale, segnalazione degli utenti e moderatori dei contenuti per far rispettare le proprie regole in merito ai contenuti appropriati. I moderatori, tuttavia, sono gravati dall’enorme volume di contenuti e dal trauma che deriva dal visionare post inquietanti.

Dr. Walter La Gatta

Fonte principale: Cfr.org

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  • 29 Apr 2023
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Esiste davvero la dipendenza da Social Media?

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Esiste la “dipendenza” da Social Media?

Secondo il DSM-5, la dipendenza dai social media non è una condizione medica riconosciuta, così come non lo è il disturbo da dipendenza da Internet. Tuttavia, l’American Psychiatric Association (APA) ha elencato il disturbo da gioco su Internet (o dipendenza da videogiochi) come una “condizione che richiede ulteriori studi”.

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Audrey Hepburn: talento, grazia e impegno umanitario

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Antoine de Saint-Exupery: una biografia

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Perché i social media possono creare dipendenza?

Purtroppo, molte piattaforme di social media sono appositamente progettate per creare dipendenza. Molte app di social media prendono spunto da come funzionano le slot machine: scorri verso l’alto e avrai la possibilità di vedere un nuovo post divertente, e poi un altro, e poi un altro. In questo modo i social media possono in effetti creare una dipendenza.

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Quali sono i segni della dipendenza da social media?

Ci sono alcuni segnali di allarme da tenere d’occhio:

  • Utilizzo delle app dei social media nonostante le conseguenze negative che possono comportare.
  • Aumento del tempo trascorso utilizzando i social media.
  • Rinuncia ad attività sociali e hobby a causa dell’uso dei social media.
  • Difficoltà a ridurre il tempo trascorso sulle piattaforme dei social media.

In che modo lo stare sui social può influire sulla salute fisica?

Uno dei modi in cui l’uso dei social media può influire sulla salute è influenzare negativamente il sonno e l’addormentamento. Gli smartphone e gli schermi elettronici emettono luce blu: questo tipo di luce può alterare gli schemi del sonno, rendendo difficile addormentarsi e rimanere addormentati. L’uso eccessivo dello smartphone può anche influire sulle abilità sociali in presenza, per mancanza di opportunità di fare esercizio ed apprendere le abilità sociali. L’uso dello smartphone può inoltre causare ansia o depressione.

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Come evitare la dipendenza dai social media?

Uno dei modi più semplici per evitare la dipendenza dai social media è quella di disinstallare le app dei social media dallo smartphone, e magari lasciarle sul PC, con il quale si ha la possibilità di collegarsi con meno frequenza.

Potrebbe essere utile anche provare a ridurre gradualmente il tempo da dedicare ai social media, ed evitare di frequentarli tutti, scegliendone uno solo a cui dedicarsi, per non più di due ore al giorno.

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I Social
  • 27 Apr 2023
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Pedopornografia virtuale

Pedopornografia virtuale

Pedopornografia virtuale



Non c’è dubbio che Internet e le tecnologie correlate abbiano avuto un impatto considerevole sull’accessibilità e la proliferazione di immagini e video pornografici, anche relativi a abusi sessuali su minori, materiale in genere indicato come pedopornografia.

La  “pornografia virtuale infantile ” (detta anche VCP) riguarda immagini sessualmente esplicite che sono interamente generate dal computer, dove non ci sono bambini veri, ma sono immagini assolutamente realistiche.

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Le immagini generate dal computer diventano rapidamente sempre più realistiche, tanto che è sempre più difficile per osservatori umani inesperti fare questa distinzione tra virtuale e reale.

Ciò è supportato da uno studio del 2016 condotto da Farid e dai suoi colleghi che ha mostrato a circa 250 partecipanti 60 immagini di volti umani. La metà di queste immagini erano generate dal computer, l’altra metà erano reali.

I partecipanti sono stati in grado di identificare correttamente le immagini erano reali il 92% delle volte, ma sono stati in grado di classificare accuratamente un’immagine generata dal computer solo il 60% delle volte.

Questi risultati, insieme ai progressi nel software di imaging fotografico, indicano la necessità di riconsiderare la convinzione che “le giurie siano ancora in grado di distinguere tra immagini reali e virtuali”.

Una intervista sulla Timidezza

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A differenza delle persone normali, è probabile che le forze dell’ordine abbiano la formazione e l’abilità per distinguere le immagini reali dalle immagini virtuali, ma ci  sono rapporti che suggeriscono che a volte anche gli esperti non riescono a capire se un’immagine digitale è reale o virtuale.

Un’operazione condotta nel 2013 dagli attivisti di Terre de Hommes nei Paesi Bassi, mirata ad affrontare la crescente minaccia del turismo sessuale minorile tramite webcam ha utilizzato un personaggio infantile fittizio, ” Sweetie “.  La ragazza filippina apparentemente di 10 anni avrebbe ingannato migliaia di uomini in tutto il mondo.  Questi uomini hanno pagato per vedere Sweetie compiere atti sessuali davanti a una webcam.

Sebbene il VCP possa dotare le forze dell’ordine di un’arma potente per rilevare e arrestare i trasgressori, tali operazioni di polizia comportano preoccupazioni legali ed etiche.

Certamente, è una priorità catturare i trasgressori prima che contattino bambini reali, ma fino a che punto dovrebbe essere consentito alle forze dell’ordine di usare questi prodotti? Il fine giustifica i mezzi?

Dr. Walter La Gatta



Immagine e Fonte:
https://theconversation.com/virtual-child-pornography-could-both-help-and-hinder-law-enforcement-82746

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  • 20 Feb 2021
  • Dr. Walter La Gatta
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Internet

Quale è il confine fra tanto e troppo nella dipendenza da Internet?

E’ facile arrivare alla dipendenza quando si usa Internet? Come tutti sappiamo, Internet è uno strumento meraviglioso che in pochi istanti ci può mettere in contatto con il mondo. Molte persone però arrivano a trascorrere molte ore davanti al Pc, sempre connesse: in cerca di informazoni, per sbrigare la corrispondenza con le e-mail, per vedere dei video su YouTube, per chattare con gli amici o con i colleghi di lavoro… Quando comincia ad essere ‘troppo’ il tempo trascorso su Internet? Ci sono persone che ormai sono online 12-13 ore al giorno e per molti essere connessi alla rete è diventata una compulsione, al punto che le altre cose della vita reale cominciano a perdere di interesse.
A questo punto ci si deve legittimamente domandare se si è andati oltre, se si è superato il confine fra il ‘tanto’ e il ‘troppo’. Le domande cruciali da porsi sono queste: ‘Internet limita la mia vita sociale, interferisce pesantemente nelle mie abitudini? Questa mia abitudine sta limitando altre aree di interesse nella mia vita? Purtroppo, come in tutte le dipendenze, l’interessato non è in grado di darsi delle risposte obiettive. Il problema è grave, esiste e non può essere sottovalutato. Basti pensare che a Seul, in Corea, in una città di 22 milioni di abitanti che hanno accesso llimitato alla rete, il Governo ha creato 40 centri per trattare persone che soffrono di questo problema.

Fonte: WCCO MN

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  • 29 Ott 2007
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