Tiziano Terzani: il viaggiatore

Tiziano Terzani


Tiziano Terzani era un giornalista internazionale, morto a 65 anni. Una volta dichiarò che sulla sua tomba voleva scritta la parola ‘viaggiatore’ ed infatti questo ha fatto per tutta la vita, anche se i suoi viaggi non riguardavano solo il mondo esterno, ma anche le profondità del proprio sé.

Raramente un giornalista diventa un’icona, specialmente dopo morto: è quello che invece sta succedendo a questo stupendo scrittore ed uomo, che ci ha lasciato pagine di riflessioni e di spunti, tanto che per molti stanno diventando (ahimé) un nuovo vangelo. Per i pochi che non lo conoscono, o che non ne hanno sentito ancora parlare, raccontiamo la sua storia.

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Tiziano Terzani nacque il 14 settembre del 1938 nel quartiere di Monticelli, a Firenze. La sua era una famiglia di umilissime origini; la madre faceva la contadina ed il padre il tagliapietre in una cava.(“Sono nato in una famiglia metà cattolica e metà comunista. Ho servito messa fino a che avevo dodici anni…).

Prima ancora di terminare il liceo, a 17 anni conobbe Angela Staude, che poi divenne sua moglie (nata nel 1939, anche lei a Firenze, ma da una benestante famiglia tedesca: il padre era pittore e la madre architetto).

Grazie ad una borsa di studio, Tiziano poté frequentare il Collegio medico-giuridico (attualmente Scuola Superiore Sant’Anna) di Studi Universitari e di Perfezionamento (SSSUP) a Pisa, dove si laureò brillantemente in Giurisprudenza, nel 1961. Poi andò presso la Leeds University, per perfezionare il suo inglese e studiare diritto internazionale.

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Lo stesso anno sposò la fidanzata Angela Staude. Nel 1962 fu assunto dalla Olivetti che, tre anni dopo, lo inviò a tenere dei corsi di formazione in molte zone del mondo, fra cui il Giappone ed il Sud Africa. Durante i suoi viaggi all’estero per la Olivetti, Terzani cominciò a lavorare per L’Astrolabio, un settimanale socialista, spedendo pezzi dal Sud Africa. La sua attrazione per il mondo del giornalismo lo portò a licenziarsi dalla Olivetti e ad andare negli stati Uniti, dove iniziò un Corso per studiare il cinese alla Columbia University, a New York, dal 1967 al 1969. Nel 1969 nacque il primo figlio, Folco.

Terzani si era innamorato subito dell’Asia, anche se soffriva nel vederla trasformarsi con i valori materialisti importati dall’Occidente, che la portavano ad uno sviluppo non sostenibile, che provocava divisioni, conflitti e guerre. Dopo l’esperienza americana tornò in Italia, per lavorare al quotidiano Il Giorno di Milano.

Ma era in Asia che voleva tornare: per questo cominciò a bussare tutte le porte, anche quelle dei giornali esteri, fino a che, nel 1971 (anno in cui nacque la seconda figlia, Saskia), la rivista Der Spiegel lo assunse come corrispondente da Singapore, dalla cui base coprì, negli anni successivi, la guerra del Vietnam. Inviò dei reportages anche da Hong Kong, Beijing, Tokyo, Bangkok e Delhi. Il fatto di lavorare per la rivista tedesca gli permise di diventare un giornalista internazionale di primo livello, conosciuto in tutto il mondo per i suoi servizi sulle crisi del mondo asiatico. Nel 1973 pubblicò ‘Pelle di Leopardo’, dedicato alla guerra nel Vietnam.

Terzani era profondamente deluso dalla politica europea e vedeva con simpatia gli stati comunisti in Asia: fu uno dei pochi reporters che si fermò dopo la liberazione di Saigon, descritta nel libro Giai Phong! La liberazione di Saigon (1976), nel quale dipinse la trasformazione di una città corrotta e di malaffare in ciò che, almeno in apparenza, sembrava una città ordinata ed industriosa. Ma anche questa illusione politica presto svanì.

Dopo quattro anni passati ad Hong Kong, nel 1979 si trasferì, insieme con la famiglia, a Pechino. Fu fra i primi corrispondenti a tornare a Phnom Penh dopo l’intervento vietnamita in Cambogia, raccontando il suo viaggio in Holocaust in Kambodscha (1981).

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Parlò allora delle cose che accadevano in Cina, specialmente del tradimento che questo grande Stato operava nei confronti della sua eredità culturale, in Dietro la Porta Proibita (1985, pubblicato contemporaneamente in Italia, Stati Uniti e Gran Bretagna). (I suoi scritti, sempre più critici sul regime, lo portarono ad essere prima arrestato per ‘attività controrivoluzionarie’ e poi espulso dalla Cina, nel 1993). In questo periodo visse anche a Hong Kong, a Tokyo, a Bangkok.

Nell’Agosto 1991, mentre si trovava in Siberia con una spedizione sovietico-cinese, apprese la notizia del golpe anti-Gorbacëv e decise allora di raggiungere Mosca. Il lungo viaggio diventerà il libro Buonanotte, Signor Lenin! (1992), uscito anche in Germania e Gran Bretagna. Non era un amante della vita comoda, era una persona con molto senso pratico, con dei valori molto forti: era interessato sicuramente alla sua carriera, ma era anche una persona molto disponibile, specialmente verso gli amici. Herr Doktor Terzani, tuttavia era anche un tipo piuttosto eccentrico e più di una volta con il suo giornale tedesco vi furono delle tensioni. Per questo iniziò a collaborare, già dalla metà degli anni ottanta, con diversi quotidiani e riviste italiane (Corriere della Sera, la Repubblica, L’Espresso) e con la radio e la tv svizzera in lingua italiana.

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Nel 1994 si stabilì in India con la famiglia. Nel 1995 uscì Un indovino mi disse (1995), la cronaca di un anno vissuto come corrispondente dall’Asia senza mai prendere aerei: il libro ottenne un notevole successo di critica e di pubblico.

La passione di Terzani diventò allora quella delle religioni e, più propriamente, delle tecniche di meditazione tradizionali, come antidoto alla pazzia dell’occidente e dei suoi imitatori nel mondo asiatico.
(“Ho scoperto in India la grande dimensione del divino. Credo che le religioni siano una cosa importante nella civiltà dell’uomo, perché sono come gli ascensori che portano all’ultimo piano del palazzo della vita. Ritengo che una religione valga l’altra, ognuno segua la sua”).

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Fu in queste tecniche orientali che cercò una guida quando, nel 1997, gli fu diagnosticato un cancro. Si fece allora visitare dai migliori oncologi, presso lo Sloan-Kettering Centre di New York, poi cercò le migliori condizioni per meditare, andando sulle cime dell’ Himalaya. Diceva agli amici che gli ultimi suoi anni di vita gli avevano portato due regali: il cancro ed una buona pensione, che gli permetteva di prepararsi ad accettare la sua fine nel migliore dei modi.

Nel 1998 pubblicò In Asia, un libro a metà fra reportage e racconto autobiografico. Si batté contro l’intervento in Afghanistan e in Iraq e promosse molte campagne anche per Emergency di Gino Strada. Nel 2002 uscì il libro Lettere contro la guerra, dedicate al nipote, Novalis. Il libro è molto critico verso l’Occidente e per questo gli editori angloamericani lo rifiutarono in blocco: Terzani lo pubblicò dunque, gratuitamente, su Internet, in lingua inglese. (“… Ho scoperto l’acqua calda. Quello che è interessante è che l’acqua calda vende e la gente viene a sentirmi, perché tutti hanno dentro questo, lo sanno, ma non ha il coraggio di dirlo. Ci vuole uno con l’aria da pazzo, che non ha paura di essere preso per un grullo).

Nel marzo 2004 pubblicò Un altro giro di giostra, dove parla di sé, della sua malattia, della sua visione del mondo. Il libro è tutt’ora un grande best seller. «Viaggiare era sempre stato per me un modo di vivere – si legge nel libro – e ora avevo preso la malattia come un altro viaggio: un viaggio involontario, non previsto, per il quale non avevo carte geografiche, per il quale non mi ero in alcun modo preparato, ma che di tutti i viaggi fatti fino ad allora era il più impegnativo, il più intenso.»

Quando capì che era arrivato alla fine del suo percorso di vita, cercò conforto nei suoi familiari: nella moglie Angela, con la quale aveva stabilito un rapporto di amore, intesa intellettuale e mutuo supporto (“Io evado da tutto, tranne che dal mio matrimonio”) e con i due figli, Folco e Saskia.

Prima di morire volle parlare al figlio, Folco, di tutte le cose che aveva imparato nella sua intensa ed appassionata vita e queste riflessioni sono ora contenute nel libro uscito postumo (2006) dal titolo ‘La mia fine è il mio inizio’. La morte arrivò, ormai attesa, il 28 Luglio del 2004, nella sua casa all’Orsigna, piccolo borgo sull’appennino pistoiese..

Le sue ultime memorie sono registrate in una intervista televisiva intitolata “Anam, il senzanome”.

Dr. Giuliana Proietti

 

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