Charles Schultz, l’inventore di Charlie Brown

Charles Monroe Schulz nasce a St.Paul, nel Middle West, il 26 novembre 1922.

Il padre, Carl, è barbiere (come il papà di Charlie Brown) ed è figlio di poveri emigranti tedeschi, agricoltori, che continueranno a svolgere questo lavoro anche in America. La madre, Dena, è di origine scandinava. Charles trascorre la giovinezza durante il periodo della Grande Depressione e vede il padre lavorare anche fuori orario, pur di tirare avanti la baracca e non cedere l’attività.

Il fumetto sembra da subito essere nel suo destino. Appena nato gli viene affibbiato il soprannome di “Sparky”, abbreviazione di Spurkplug, il cavallo di “Barney Google”, fumetto allora popolarissimo: il padre ha infatti una predilezione per i fumetti e la trasmette a tutti in famiglia compreso il piccolo Charles. A scuola il piccolo si distingue subito nel disegno, tanto da indurre gli insegnanti ad incoraggiarlo in questa sua vera e propria passione. Ma questo accade all’inizio, poi il ragazzo ha difficoltà a entrare in sintonia con i compagni, si sente perduto e insicuro con gli altri, preferisce stare solo.

La madre tuttavia è consapevole della predisposizione per la matita del proprio figlio e, dopo le scuole secondarie, lo iscrive ad una scuola di disegno per corrispondenza pagando una retta di 170 dollari che, se lì per lì gravano sul bilancio familiare, in seguito risulteranno un buon investimento per il giovane, visti i risultati che otterrà.

Poi succedono due avvenimenti importanti: la morte della madre, dopo una lunga e dolorosa malattia, e la chiamata alle armi. Siamo nel 1943, in piena II guerra mondiale ed il giovane va in Francia, dove però viene impiegato in prima linea solo nel 1945, quando l’esercito tedesco è ormai allo sbando. La lontananza provvisoria da casa e definitiva dalla madre causano nel giovane uno stato di depressione che lo perseguiterà per tutta la vita e così un senso di panico, ansia e frustrazione. Una condizione che si riflette nelle sue strisce, intrise di melanconia e di incertezza.

Lasciando l’esercito da sergente, Sparky ritorna a casa e cerca lavoro nell’area di Minneapolis-St.Paul. Trova un lavoretto presso la rivista cattolica a fumetti “Timeless Topix” e contemporaneamente comincia a lavorare come istruttore nella scuola di corrispondenza che ha frequentato. È in questo periodo che si innamora (non corrisposto) della ragazzina dai capelli rossi, certa Donna Wold, che poi ispirerà le sue strisce.

Il 7 dicembre 1947 debutta nella carta stampata e precisamente nel “St.Paul Pioneer Press” con una serie di vignette chiamata “Li’l Folks” i cui protagonisti possiamo definirli come i fratelli maggiori di Charlie Brown e c.

La striscia appare solo la domenica nella sezione per donne e l’autore, al diniego di pubblicarla quotidianamente in una sezione aperta a tutti interrompe, nel 1950, la pubblicazione. Li’l Folks suscita però l’interesse di Jim Freeman della United Feature Syndicate. Si decide di cambiare il nome della striscia in “Peanuts” perché troppo somigliante con i titoli di altre due famosi fumetti e cioè “Li’l Abner” e “Little Folks” e ciò dispiace all’inizio al giovane fumettista, perché il nuovo nome sta ad indicare qualcosa di frivolo, leggero che non è ciò che vuole trasmettere alla gente.

I Peanuts escono sei giorni alla settimana e poi dal gennaio ’52 anche la domenica.

Ma chi sono questi “Peanuts”? Sono dei ragazzini che frequentano le elementari: Charlie Brown, Lucy, Violet, Linus, Sally, Piperita Patty, Marcie, Schroeder, Pig Pen, un cagnolino, Snoopy, ed un uccellino, Woodstock. I “grandi” non compaiono mai. Spesso questi personaggi pensano ed agiscono da adulti riflettendone le nevrosi, ma sono spontanei nelle loro manifestazioni e quindi fanno sorridere i lettori che spesso ci si identificano.

Il nome Charlie Brown, che è probabilmente quello di un compagno di scuola, è l’alter ego di Schulz e rappresenta sicuramente qualche cosa di innovativo nel panorama fumettistico degli anni ’50, dominato da azione ed avventura. Tutti si possono riconoscere nel personaggio, nelle sue domande esistenziali, nel suo stoicismo di fronte alle avversità della vita.

Nel 1951, Charles sposa Joyce Halverson con la quale starà ventuno anni insieme, prima di divorziare e da cui avrà cinque figli. Nel 1955 vince il Reuben Award, premio che la National Cartoonist Society assegna al vignettista dell’anno; rivincerà il premio nel 1964.

Nel 1958 si trasferisce definitivamente in California vicino a San Francisco, dove prima acquista un ranch e poi lo abbandona per stabilirsi più a nord nel complesso che si è fatto costruire dedicato agli sport nordici e invernali e denominato “Redwood Empire Ice Arena”. In questo impero del ghiaccio Schulz fa tutto quello che esula dal lavoro, che svolge a poca distanza, in uno chalet immerso nel verde chiamato Snoopy Place.

Dal 1965 in poi il fumetto dei Peanuts decolla, tanto da meritare la prima copertina sul “Time” e viene citato anche in dizionari prestigiosi come il Webster. I nomi e gli attributi sovversivi dei suoi personaggi entrano nella contro-cultura degli anni ’60; l’organista dei Grateful Dead, Ron McKernan, si fa chiamare Pig Pen, un’altra rock band di san Francisco si costituisce nel 1968 con il nome di Sopwith Camel, l’immaginario aereo pilotato da Snoopy; i soldati americani si fanno stampare sull’elmetto un piccolo Snoopy e gli astronauti dell’Apollo 10 nel 1969 durante la prima circumnavigazione attorno alla luna battezzano i loro moduli “Charlie Brown” e “Snoopy”.

Uno speciale della CBS sui Peanuts, “A Charlie Brown Christmas”, vince un premio molto ambito come l’Emmy televisivo (verrà vinto altre due volte, nel ‘73 e nel ’75). Il successo lascia esterrefatti i critici che hanno pronosticato un flop per l’impiego di doppiatori bambini, per l’utilizzo di musica jazz melanconica come sottofondo e per la durata di appena mezz’ora del cartone; invece il programma raccoglie il 45% di share nell’audience nazionale, dando la definitiva consacrazione al suo autore. Nel 1972 Charles divorzia dalla moglie Joyce, per sposarsi nel 1974 con Jeannie Forsyth.

Le relazioni con il mondo esterno sono limitate mentre gli obblighi che derivano dal nuovo ruolo di cartoonist famoso nel mondo lo tengono in un continuo stato di ansia e paura. Non che gli dispiaccia essere apprezzato e premiato, ma odia lasciare la sicurezza che gli dà la casa e la routine quotidiana. Sente il bisogno di incontrare gente, di conoscere il mondo, ma il pensiero di prendere l’aereo o di stare negli hotel lo atterrisce. Teme di diventare schiavo del successo e non vuole attrarre attenzione su se stesso; non è abituato ai soldi, alla celebrità e vuole essere libero di continuare la vita di sempre; infatti, continua a disegnare la striscia giornaliera con un semplice pennarello, senza ricorrere a collaboratori.

Negli anni ’80 e ’90 la sua fortuna economica sale alle stelle perché parallelamente alla striscia giornaliera si è sviluppato sin dagli anni ’70 tutto un merchandising fatto di pupazzi, posters, quaderni e diari scolastici, capi di abbigliamento, gioielli etc., un giro d’affari che dà lavoro a migliaia di persone. Schulz figura nella lista dei più ricchi in America insieme con Bill Cosby, Michael Jordan, Michael Jackson, ma lui attribuisce poca importanza ai soldi, dà milioni in beneficenza e insiste nel dire che è rimasto sempre il vecchio Sparky Schulz.

Nel ’90 quando i Peanuts festeggiano i 40 anni, il governo francese nomina Charles Schulz Cavaliere delle Arti e delle Lettere. Poi nel ’99, dopo un ricovero all’ospedale, gli diagnosticano un cancro al colon e la chemioterapia successiva all’operazione lo debilita fortemente, tanto da indurlo al ritiro con un annuncio fatto il 14 dicembre 1999 che lascia tutti i suoi affezionati lettori sgomenti.

Per contratto nessuno può infatti continuare a disegnare i Peanuts. L’ultima strip quotidiana viene pubblicata dai giornali il 3 gennaio 2000 e si tratta di un vero e proprio addio, affidato alla macchina da scrivere di Snoopy. Charles Schulz muore il sabato del 12 febbraio in una sera “buia e tempestosa”, poche ore prima della pubblicazione dell’ultima strip domenicale.

Si può ben dire che egli ha influenzato generazioni di disegnatori e di lettori. Al contrario di altre figure che appartengono alla cultura di massa americana, come Marshall McLuhan e Andy Warhol, Schulz non ha avuto mai la pretesa di insegnare o di essere una specie di guru: “Io non conosco il significato della vita, non so perché siamo qui. Penso che la vita sia piena di ansie, paure e lacrime. C’è tanto dolore in giro e crudeltà. E io non voglio assolutamente essere colui che spiega agli altri cos’è la vita che a me si propone come un vero e proprio mistero.”

Lanfranco Bruzzesi

Imm: Wikimedia

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