Freud, il caso del presidente Schreber, la paranoia

Freud, il caso del presidente Schreber, la paranoia

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L’interesse di Freud al caso Schreber non era quello di approfondire la biografia dell’autore del libro, ma di leggere queste memorie in chiave psicoanalitica, per illustrare le sue teorie. In questo senso si è parlato di “patografie” freudiane.

La teoria che Freud illustra nella descrizione del caso clinico del Presidente Schreber era stata da lui elaborata nel 1908 ed era incentrata sul collegamento fra sindrome paranoide e libido omosessuale repressa.

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Ma veniamo al caso Schreber.

Daniel Paul Schreber era nato a Lipsia, in Germania, nel 1842, secondo dei cinque figli di Pauline e Daniel Gottlieb Moritz Schreber (1808-1861). Il padre era un famoso educatore, dalle idee molto rigide. Daniel aveva studiato legge ed era diventato un magistrato di capacità eccezionali, presidente della Corte d’Appello di Dresda.

Nel 1893, quando aveva cinquantun anni, lo colpì una grave malattia mentale che lo costrinse a circa dieci anni di internamento in una clinica psichiatrica di Lipsia, seguito dallo stesso direttore dell’Istituto, l’anatomista P.E. Flechsig.

Dopo le dimissioni dalla clinica di Lipsia pubblicò, nel 1903, le sue memorie, con il racconto dettagliato dei propri deliri ed il testo dei rapporti legali scritti su di lui dagli esperti.

Il libro era sicuramente interessante per la descrizione della malattia mentale, ma mancava di dettagli importanti : non venivano infatti rivelati alcuni dati circa la famiglia del magistrato, la sua infanzia, la storia della sua vita prima del ricovero.

Anche la malattia non veniva descritta nel libro nella sua evoluzione cronologica, giorno dopo giorno, ma veniva rappresentata solo nella sua forma finale, quella che aveva provocato la necessità del ricovero.

La crisi aveva avuto inizio quando un giorno, nel dormiveglia, il presidente Schreber si era trovato a pensare che dovesse essere «davvero molto bello essere una donna che soggiace alla copula». Da questo momento si sviluppò in lui un lungo delirio, nel quale erano implicati dèi, astri, demiurghi, complotti, catastrofi cosmiche, rivolgimenti politici. Al centro di tutto questo sconvolgimento era la convinzione del magistrato che un Dio doppio e persecutore lo stesse trasformando in una donna.

Schreber racconta dei suoi dialoghi col sole, gli alberi, gli uccelli, immaginandoli come frammenti di anime di persone decedute ed anche dei suoi dialoghi con Dio, il quale si rivolgeva a lui in un tedesco nobile e gli chiedeva di ristabilire l’Ordine del Mondo.

Ogni essere umano era, secondo la mente disturbata del magistrato, attraversato da sottilissimi nervi, posti nel corpo da Dio al momento della nascita. Questi nervi erano destinati a ricongiungersi alla divinità dopo la morte della persona e dunque erano il principio costitutivo dell’intelletto umano e delle sue facoltà spirituali, nonché la sede dell’anima. Le anime erano in comunicazione tra loro: parlavano in una lingua simile al tedesco arcaico, mentre Dio subiva la forza attrattiva di alcuni uomini, tanto da rischiare in questi casi di perdere la sua sopravvivenza.

Con queste Memorie, Schreber voleva dimostrare di non essere pazzo, a seguito di un suo ricorso in appello contro la sentenza di interdizione. Il ricorso venne sorprendentemente accolto, grazie a questo libro, e Schreber poté riprendere il suo posto.

Il primo a scoprire questo volume fu Jung, il quale lo fece leggere a Freud nel 1910. Anche Freud ne fu subito molto impressionato, e scrisse a Jung che Schreber «avrebbe dovuto essere fatto professore di psichiatria». Così nacque il  famoso saggio freudiano universalmente noto come «il caso Schreber»

Tra tutti i deliri presenti nel libro, Freud si concentrò su due in particolare: il fatto che il magistrato fosse convinto di essere coinvolto in un processo di trasformazione da uomo in donna e l’aver subito molestie sessuali da parte del suo medico, il Dr. Flechsig, definito l”assassino di anime”.

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Freud affermò che le sue fantasie religiose e la convinzione di dover demascolinizzarsi per salvare il mondo facevano parte di una illusione, in base alla quale il magistrato assumeva il ruolo religioso di “redentore”.

Ma perché Schreber sentiva il bisogno di trasformarsi in una donna?

Freud interpretò questo desiderio come una “fantasia di demascolinizzazione” che soddisfaceva gli innati “impulsi omosessuali” di Schreber.

Per Freud l’omosessualità rimossa era la causa della malattia paranoide di Schreber. Secondo l’interpretazione psicoanalitica, primo oggetto d’amore del magistrato era stato il padre, poi lo psichiatra, in seguito Dio.

Freud propose che la sfiducia di Schreber verso il professore che lo aveva in cura fosse il risultato di un transfert, cioè che i sentimenti provati verso un membro della propria famiglia si erano trasferiti verso la persona di Flechsig.

Flechsig poteva infatti rappresentare, per il suo paziente, la figura di Gustav, il fratello maggiore, verso il quale Freud ipotizza che Schreber avrebbe potuto provare sentimenti omosessuali repressi. La sua accusa a Flechsig di essere un “assassino dell’anima” non era quindi diretta verso il professore stesso, ma piuttosto verso suo fratello.

Dato che Schreber avrebbe ritenuto inaccettabile esprimere esplicitamente i suoi sentimenti repressi nei confronti di Flechsig, questo desiderio trovava appagamento in una fantasia: quella di copulare con un terzo, Dio. Tuttavia,
Freud nota che le caratteristiche insolite con cui Schreber descrive Dio somigliassero piuttosto alla figura paterna, per cui fece una seconda ipotesi: quella dell’attrazione omosessuale del magistrato nei confronti del padre.

Questa audace incursione freudiana nel campo degli oscuri processi della follia fu poi molto discussa nella letteratura psichiatrica posteriore.

Dopo la morte di sua madre, avvenuta nel 1907, il Presidente Schreber fu nuovamente confinato in manicomio, dove rimase fino alla sua morte, avvenuta nel 1911.

 

Dr. Giuliana Proietti

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