FREUD, LA NEVROSI OSSESSIVA E L’UOMO DEI TOPI
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“L’uomo dei Topi” fu un paziente di Sigmund Freud, il cui “caso clinico” fu pubblicato con il titolo: Bemerkungen über einen Fall von Zwangsneurose, 1909).
Questo fu il secondo dei sei casi clinici pubblicati da Freud e il primo curato con la psicoanalisi.
Il nome di copertura deriva dal fatto che tra le molte compulsioni del paziente c’era un’ossessione per fantasie da incubo centrate sui topi.
Come negli altri casi clinici pubblicati, per proteggere l’anonimato del paziente, Freud usò un soprannome (“Anna O“; “Il piccolo Hans“; “L’uomo dei lupi”, ecc.).
L‘Uomo dei Topi era in realtà un avvocato di circa trent’anni, di nome Ernst (oppure Paul) Lanzer, vissuto fra il 1878 e il 1914, che aveva sofferto fin dalla prima infanzia di impulsi ossessivi, aggravatisi negli ultimi quattro anni, al punto di compromettere sia la sua vita privata, sia quella lavorativa.
L’analisi con Freud iniziò il 1 ottobre del 1907 e durò solo undici mesi. Freud parlò di questo caso ai colleghi delle riunioni del mercoledì, che si tenevano nel suo studio, per poi proporre l’argomento nel congresso di Salisburgo, il 27 aprile del 1908, circa sei mesi dopo la presa in carico del paziente. Freud espose questo caso clinico, che possiamo trovare anche nel libro Cinque Conferenze sulla Psicoanalisi, con il titolo: “Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva”.
Il paziente aveva consultato Freud perché soffriva di ossessioni (relative a due persone a lui care, suo padre e una donna di cui era ‘ammiratore’, che poi divenne sua moglie) ed inoltre perché provava forti impulsi, come quello di tagliarsi la gola con un rasoio. Inoltre, si costruiva divieti che potevano riferirsi anche a situazioni insignificanti.
L’Uomo dei Topi accettò di ripercorrere tutti gli eventi più significativi della sua infanzia insieme a Freud. Il trauma all’origine dei problemi di questo paziente era avvenuto in tempi molto recenti, precisamente durante il servizio militare, prestato in Galizia, con la carica di sottotenente.
L’Uomo dei Topi aveva sviluppato infatti il timore di un supplizio orientale, descrittogli dal suo Capitano (un militare conosciuto da tutti come amante delle crudeltà) in cui alcuni topi venivano indotti a farsi strada nell’ano di un criminale. La sua ossessione era che questa punizione dei ratti avrebbe potuto avere come vittima sia la donna che avrebbe eventualmente sposato, sia suo padre, che egli amava e che era morto da anni.
Da bambino, l’Uomo dei Topi si era “comportato male come un topo”, nel senso che aveva morso qualcuno, probabilmente la sua governante. L’Uomo dei Topi fu picchiato per questo da suo padre, il che fece nascere in lui un odio profondo verso il genitore.
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Secondo il ragionamento di Freud, il ricordo della punizione paterna per il suo morso aveva determinato in quest’uomo un’ostilità repressa verso il padre. Questo antagonismo, a sua volta, aveva presumibilmente generato il desiderio inconscio che il padre potesse subire il particolare supplizio della penetrazione anale da parte di ratti mordaci.
Poiché il desiderio di vendetta era inaccettabile alla coscienza, egli lo aveva represso, trasformandolo in un timore ossessivo cosciente che il padre divenisse vittima del supplizio dei ratti, attraverso una “formazione reattiva.”
Freud interpretò dunque l’ossessione dei ratti come una difesa nevrotica contro il desiderio inaccettabile che il padre subisse il particolare supplizio della penetrazione dei ratti, ritenendo che l’orrore conscio del paziente fosse solo un mascheramento di un godimento inconscio.
Freud osservò, a questo proposito, la faccia del suo paziente, mentre gli raccontava questo problema, deducendone che quella bizzarra espressione che il paziente mostrava poteva corrispondere solo all’ “orrore di un godimento da lui stesso ignorato”.
Con questo paziente il transfert si fece esplicito perché, durante l’analisi, l’Uomo dei Topi arrivò a chiamare Freud ‘Mio Capitano’.
A cura di:
Dr. Giuliana Proietti - Dr. Walter La Gatta
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Questa analisi permise a Freud di affinare la sua comprensione della nevrosi ossessiva ed in particolare del ruolo che vi giocano l’odio ed il godimento, l’ambivalenza dei sentimenti (accompagnata dall’idealizzazione dell’oggetto d’amore e dalla svalutazione della sessualità), l’eccessivo investimento anale del denaro, la colpa, legata a sentimenti di morte provati nei confronti del padre (di cui il capitano era sicuramente una delle figure fantasmatiche).
Freud si soffermò anche sul tema dell’autoerotismo, poiché aveva notato che la maggior parte dei pazienti nevrotici tendeva ad imputare i propri disturbi alla masturbazione adolescenziale.
Lanzer interruppe la sua analisi con Freud dopo un periodo relativamente breve e ben prima che il suo transfert fosse stato completamente risolto. Freud completò la versione scritta del caso nell’ottobre 1909 e in quel tempo confessò a Jung che il suo paziente aveva ancora dei problemi non risolti.
Lanzer fu ucciso durante la prima guerra mondiale.
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La Nevrosi Ossessiva
L’approccio alla nevrosi ossessiva è rimasto ancorato ai concetti espressi da Freud in questo caso clinico anche se, in seguito, alla nevrosi ossessiva propriamente detta, si sono aggiunte osservazioni sulle “manifestazioni ossessive”, il “carattere ossessivo”, lo “stile ossessivo”, ecc.
Sono state anche delineate le caratteristiche di questo disturbo, caratterizzato dalle difese psichiche dell’isolamento, lo spostamento, l’annullamento, la depersonalizzazione.
Anna Freud al Congresso dell’Associazione Psicoanalitica Internazionale del 1965 tornò sulla Nevrosi Ossessiva ribadendo la centralità dei fattori costituzionali relativi alle tendenze sadico-anali e la scelta, da parte del nevrotico, di quegli specifici meccanismi di difesa che finiscono per determinare il classico quadro sintomatologico della nevrosi ossessiva.
Dott.ssa Giuliana Proietti


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