Quando la psicoterapia è più un male che un bene

Quando la psicoterapia è più un male che un bene

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Ci sono situazioni in cui una persona entra in terapia per risolvere alcune sue problematiche, ma non solo non ottiene risultati: addirittura peggiora i suoi sintomi (avere maggiore consapevolezza di sé produce l’effetto contrario), oppure sviluppa una dipendenza dal terapeuta che fa più male che bene.

E’ possibile del resto imbattersi in un terapeuta “sbagliato”: perché inesperto, perché propone un trattamento non adatto ad un determinato paziente, perché non riesce a stabilire una alleanza terapeutica con il proprio assistito. Non sempre, tuttavia, la relazione problematica col terapeuta dipende dal terapeuta stesso, può dipendere anche da fattori che riguardano il paziente: ad esempio atteggiamento mentale negativo a causa di pregiudizi nei confronti della terapia, diffidenza immotivata nei confronti degli altri, resistenza al cambiamento. 

Non solo la terapia può avere risultati nulli: in alcuni casi può essere anche potenzialmente in grado di peggiorare il quadro clinico. Del resto, anche in medicina, si può iniziare un trattamento medico, ma riscontrare poi talmente tanti effetti collaterali da decidere di sospendere la cura. Non esiste una terapia sicuramente innocua e dunque è giusto dire che neanche la psicoterapia lo è.

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In un’analisi di qualche tempo fa il Dr. Michael Lambert, un professore di psicologia della Brigham Young University scoprì che circa il 5-10% dei pazienti peggiorava con la psicoterapia.

Se le percentuali fossero queste non sarebbe esattamente un problema banale, soprattutto nelle zone in cui la psicoterapia è molto diffusa. In America si stima che  il 3-5% della popolazione usi regolarmente la psicoterapia (Dr. Mark Olfson del College of Physicians and Surgeons of Columbia, The American Journal of Psychiatry, 2002).

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Una intervista sull'ipnosi

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Quando si intraprende una psicoterapia dunque è bene cercare di non rivolgersi a caso, ma scegliere un terapeuta di cui ci si possa fidare. Non è detto, inoltre, che se un terapeuta si è mostrato bravissimo nel trattare un determinato caso lo sia automaticamente per tutti i casi del mondo: purtroppo nella psicoterapia non bastano le competenze generiche, conta moltissimo l’esperienza su casi specifici e, soprattutto, la professionalità del terapeuta, che sta nel mettersi ogni volta in gioco, nel non dare mai nulla per scontato,  nel mantenere una certa flessibilità di pensiero e nel  mantenersi aggiornato sulle nuove scoperte scientifiche e sull’attualità.

Quanto alla preparazione e all’aggiornamento professionale, il codice deontologico degli psicologi così recita all’art. 5:

Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale, con particolare riguardo ai settori nei quali opera. La violazione dell’obbligo di formazione continua, determina un illecito disciplinare che è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale.

E’ importante anche comprendere quali sono i propri limiti, rinunciare ai casi che non si è in grado di curare, evitare di creare false aspettative. Sempre all’articolo 5 del codice deontologico viene chiaramente detto che lo psicologo:

Riconosce i limiti della propria competenza e usa, pertanto solo strumenti teorico – pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti e riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.

All’inizio di una terapia non è facile prevedere quali pazienti potranno risolvere i loro problemi e quali no. Occorre dunque essere chiari nell’indicare quali sono gli obiettivi terapeutici che si vogliono raggiungere, con quali modi e per quali finalità.

Detto con le parole del codice etico:

Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce all’individuo, al gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse.

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Sicuramente, all’inizio di una terapia, è sempre bene parlare di obiettivi terapeutici e di relativi tempi di realizzazione. Se gli obiettivi sono ben definiti e dimostrabili, la terapia può proseguire anche per un tempo medio-lungo, così come anche la fiducia nelle cure ricevute; se gli obiettivi però non vengono raggiunti, occorre rendersi conto che c’è evidentemente qualcosa che non va, che va chiarita abbastanza in fretta con il proprio terapeuta.

In genere non si può giudicare il buon esito di una terapia psicologica prima di sei mesi dall’inizio del trattamento (con cadenza settimanale o quindicinale), ma sicuramente è inutile aspettare anni e anni prima di rendersi conto che i propri problemi non si stanno risolvendo e, anzi, vanno peggiorando.

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Dopo al massimo un anno di psicoterapia infruttuosa, se il paziente non si sente affatto meglio e non è stato raggiunto nemmeno uno degli obiettivi che si desideravano raggiungere, è assolutamente lecito chiedersi se continuare con quel terapeuta, o tentare un cambiamento.

La terapia non deve diventare, per il paziente, una semplice abitudine, un modo per parlare narcisisticamente di sé senza assumersi la responsabilità della gestione della propria vita e delle proprie scelte.

Per la verità dovrebbe essere lo stesso terapeuta a voler interrompere la terapia se la ritiene inutile o controproducente. Recita infatti l’articolo 27 del codice deontologico degli psicologi:

Lo psicologo valuta ed eventualmente propone l’interruzione del rapporto terapeutico quando constata che il paziente non trae alcun beneficio dalla cura e non è ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento della cura stessa. Se richiesto, fornisce al paziente le informazioni necessarie a ricercare altri e più adatti interventi.

Il paziente non dovrebbe dunque sentirsi imbarazzato a parlare dei dubbi che nutre sulla terapia ed ha tutto il diritto di conoscere le informazioni necessarie per ricercare altri e più adatti interventi: se richiesto, naturalmente.

Dr. Walter La Gatta

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