Sigmund Freud e il viaggio in America (1909)

Sigmund Freud e il viaggio in America (1909)

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Sopra, seduti: Sigmund Freud, G. Stanley Hall, Carl Gustav Jung. In piedi, da sinistra, Abraham Brill, Ernest Jones, Sandor Ferenczi

Nel 1908 Freud, allora cinquantaduenne, fu invitato in America a tenere una serie di conferenze. Ad invitarlo era stato Granville Stanley Hall, psicologo e presidente della Clark University, di Worcester (Massachussets), per festeggiare i venti anni di quella università.

Freud accettò e, dopo molte indecisioni e alcuni rinvii, nel 1909 si imbarcò, in Germania, sul piroscafo George Washington, per raggiungere l’America, insieme ai colleghi Jung e Ferenczi.

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In primis Freud temeva l’ accoglienza: “questi puritani – diceva – ci rimanderanno indietro appena scopriranno che al centro delle nostre teorie c’ è il sesso”, ma soprattutto il dottore di Vienna temeva che il lungo viaggio avrebbe significato per lui una dolorosa perdita economica, dovendo rinunciare alla cura dei suoi pazienti: «L’ America dovrebbe farci guadagnare, non perdere dei soldi»

Sbarcando dalla nave che lo aveva portato in America, Freud pronunciò la fatidica frase: «Portiamo la peste, e loro non lo sanno ancora». Alludeva alle critiche che, anche in Europa, la sua psicoanalisi aveva suscitato.

Mentre Ferenczi fece quel viaggio su invito di Freud, Jung era stato invitato anche lui come conferenziere da Stanley Hall, perché lo psicologo americano era interessato al lavoro di Jung sulle libere associazioni.

Sia Freud sia Jung furono, infatti, ricompensati in denaro, oltre che col titolo onorifico di LL. DD. (dottori in utroque jure).

Prima di recarsi a Worcester per le conferenze tuttavia, i tre psicoanalisti decisero di viaggiare un po’, per scoprire l’America, che a Freud proprio non piacque.

Uno dei motivi era la sua difficoltà a comprendere l’inglese parlato dagli americani e un altro era il fastidio per quelli che Jones chiamò eufemisticamente “i modi semplici e liberi del Nuovo Mondo“. Freud aveva inoltre antipatia per il puritanesimo americano, oltre che per il funzionalismo di una società votata al successo commerciale.

Ciò che lo colpì sopra ogni altra cosa dell’America furono le cascate del Niagara.

A New York i tre psicoanalisti alloggiarono presso l’Hotel Manhattan. Il primo giorno Freud lo riservò alla visita di sua sorella Anna, che aveva sposato il fratello di sua moglie Martha Eli Bernays e poi la coppia si era trasferita in America.

Dopo questa visita ai familiari, Freud fu pronto per iniziare a fare il turista con i suoi compagni di viaggio, guidati dal collega Brill. Abraham Brill aveva incontrato Freud in Europa, quando lavorava al Burghozli, l’ospedale psichiatrico nel quale prestava servizio anche Jung. Brill aveva aderito entusiasticamente alla psicoanalisi e aveva fatto del suo meglio per introdurre in America le teorie di Freud, ma non sempre con successo.

I tre viaggiatori vollero vedere come prima cosa il Ghetto ebraico, il Central Park, Chinatown. Nel pomeriggio si rilassarono a Coney Island, che Freud definì “un grande Prater” pensando ancora alla sua Vienna.

Il giorno dopo visitarono il Metropolitan Museum, dove Freud poté ammirare quello che più gli interessava: le esposizioni dedicate ai reperti di Cipro.

Il terzo giorno si unì al gruppo anche Ernest Jones, il discepolo britannico di Freud che ora viveva a Toronto, in Canada (e che poi divenne il principale biografo del fondatore della psicoanalisi).

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Secondo Ernest Jones, Freud non mostrava il minimo entusiasmo per l’America, e non si era voluto neanche preparare le conferenze. Non lo aveva fatto a Vienna, non era riuscito a farlo sul piroscafo e si era ridotto a discuterne con Ferenczi la mattina stessa di ciascuna conferenza, passeggiando nel parco.

Cenarono presso l’ Hammerstein’s Roof Garden e poi andarono al cinema. Quello fu il primo film della vita di Freud, ma neanche questo lo entusiasmò particolarmente: secondo le ricostruzioni  di Jones poteva essere o il Conte di Monte Cristo, con Hobart Bosworth, o forse un Western “pieno di inseguimenti”,  con Al Christie.

Il quarto giorno Freud cominciò a stancarsi. I suoi problemi prostatici e intestinali cominciavano a dargli fastidio. Inoltre, era infastidito sia dall’eccessiva pesantezza del cibo americano, sia dalla mancanza di bagni pubblici. Si mise a dieta per 24 ore.

Visitata New York, il gruppetto di psicoanalisti si diresse verso il Massachusets, dove raggiunsero Worcester.

Le interviste

 

Il New England era molto puritano, retrogrado e conservatore, ma si mostrò ricettivo alla teoria freudiana. La scuola di pensiero trascendentalista e unitariana, caratteristica di quello stato, non vedeva con sfavore l’ipnotismo e i poteri della suggestione. I tabù sessuali erano inoltre qui sentiti più rigidi che altrove, per cui alcuni intellettuali avevano cominciato, già prima di Freud, ad esplorare la relazione fra tabù sessuali e malattia mentale (altrettanto frequente in quelle zone).

Il Professor Stanley Hall accolse i suoi ospiti con calore e li ospitò nella sua casa di Woodland Avenue.

Non tutti gli intellettuali americani erano così ben disposti verso la psicoanalisi. Lo psicologo Richard Peterson aveva, ad esempio, scritto:

“Le teorie di Freud e Jung sono per la psicologia ciò che il cubismo è per l’arte: un’interessante novità che fa scalpore. Se la loro applicazione non fosse tanto dannosa quanto lontana dalla verità io non avrei nulla da ridire”

Un altro psicologo, Adolf Meyer, di origini svizzere, così aveva scritto a Jung soltanto un anno prima:

“Da questa parte dell’oceano il rifiuto viscerale di sfiorare il problema sessuale è quasi insormontabile e ci vorrà una buona dose di tatto e pazienza per conferire a tutta la questione una forma accettabile”.

Lo psicologo più illustre del tempo, William James, dopo aver conosciuto Freud scrisse:

“I confess that he made on me personally the impression of a man obsessed with fixed ideas. I can make nothing in my own case with his dream theories, and obviously ‘symbolism’ is a most dangerous method.”

Gli era sembrato, insomma, un uomo ossessionato da alcune idee fisse, con una strana e forse inutile teoria sull’interpretazione dei sogni e con un metodo interpretativo, il simbolismo, che a James appariva un metodo molto pericoloso.

Questo viaggio in America fu, comunque, un momento particolarmente luminoso nella vita di Freud dal momento che, come egli stesso disse, rappresentò per lui “la fine dell’isolamento”. Potremmo anche dire l’inizio della diffusione planetaria della psicoanalisi.

Questo fu l’unico viaggio che Freud  fece in America: non volle più saperne di tornare là.

Dr. Giuliana Proietti

Dr. Giuliana Proietti

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 Fonti:
De Laurestis T. Soggetti eccentrici, Feltrinelli
New York Times
Trivia Library

Dott.ssa Giuliana Proietti

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