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Author: Dr. Walter La Gatta

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Come cancellare i pensieri negativi dalla mente

Come cancellare i pensieri negativi dalla mente

Come cancellare i pensieri negativi dalla mente

Relazione sulle Coppie Non Monogamiche

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Molte persone credono che sia impossibile ridurre i pensieri negativi perché questi sembrano automatici e fuori controllo. Tuttavia, con strategie come la mindfulness, la ristrutturazione cognitiva e il supporto terapeutico, è possibile gestirli e ridurne l’impatto sulla vita quotidiana. Molto si può fare anche da soli.

Il desiderio sessuale nella donna infertile
Relazione presentata al Congresso Nazionale Aige/Fiss del 7-8 Marzo 2025 a Firenze. 

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Ecco qualche consiglio utile per gestire e ridurre i pensieri negativi:

1. Riconoscere i propri pensieri negativi, ma senza giudicarli. La mindfulness insegna a osservare i pensieri come semplici eventi mentali, senza lasciarsi coinvolgere emotivamente. Accettare i pensieri negativi. Essi non possono essere sempre evitati, ma si può scegliere di lasciarli passare senza esserne travolti.

2.  Analizzare i pensieri negativi e chiedersi se sono realmente fondati. Provare a trovare prove che contraddicono questi pensieri e a sostituirli con pensieri positivi, almeno fino ad avere una reale conferma (o più di una…) che i pensieri negativi erano giusti.

3. Focalizzarsi sugli aspetti positivi della propria vita. Tenere un diario può aiutare a concentrarsi su ciò che è positivo nella propria vita. Ad esempio:

Scrivere il pensiero disturbante, illustrando tutti gli esiti negativi che esso porta a immaginare (es. perdita del lavoro, povertà, solitudine, ecc.) e poi scrivere su un’altra pagina tutti gli esiti positivi che la stessa situazione potrebbe comportare (es. trasferimento in altra città, nuove amicizie, aria più pulita, ecc.). Questo è un esercizio da fare tutti i giorni, per ogni pensiero negativo.

4. Fare attività fisica: può aiutare a ridurre lo stress e migliorare l’umore grazie al rilascio di endorfine.

5. Informarsi su tecniche come la meditazione, la respirazione profonda, il training autogeno e il rilassamento muscolare progressivo: tutte possono aiutare a ridurre e gestire i pensieri negativi.

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6. Dedicare del tempo a hobby e attività che fanno sentire bene.

7. Condividere i propri pensieri con amici, familiari o un/una terapeuta, che può aiutare a cercare una nuova prospettiva di interpretazione di quello che sta accadendo.

8. Cercare di identificare e ridurre i fattori che scatenano i propri pensieri negativi, se possibile.

9. Imparare le tecniche di rilassamento come lo yoga, il tai chi o altre pratiche che combinano movimento e meditazione.

10. Fissare obiettivi raggiungibili può aiutare a costruire fiducia e ridurre i pensieri negativi legati alla sensazione di fallimento.



11. Utilizzare un proprio “mantra” personale, che riesce a tranquillizzarci. Potrebbe essere una frase presa dal training autogeno, come “io sono perfettamente calmo e rilassato”, oppure una frase che ci dicevano i nostri nonni quando eravamo bambini e nella quale abbiamo sempre trovato rassicurazione (es. Non pioverà sempre, prima o poi tornerà il sereno)

12. Distinguere le sensazioni che si provano dai fatti che realmente succedono: non è detto che i copioni si ripetano esattamente identici e non è detto che quello che è successo in passato debba per forza ripresentarsi con le stesse caratteristiche negative. Non lasciarsi influenzare da emozioni che richiamano ricordi dolorosi: la vita cambia e inoltre la vita ci cambia. Nel tempo acquisiamo sempre maggiori competenze e resilienza, per cui anche fossimo davvero costretti a rivivere situazioni già passate, possiamo stare sicuri che sapremmo meglio gestirle.

13. Cercare soluzioni diverse agli stessi problemi. Prendere un quaderno e scrivere tutte le soluzioni diverse che si potrebbero perseguire, anche le più folli e le più improbabili. Una volta fatto questo, prendere in considerazione una a una le soluzioni scritte, dando spazio e tempo anche alle soluzioni che in un primo momento non ci erano sembrate troppo sensate. E’ possibile che con questo esercizio di brainstorming si possa vedere la luce in fondo al tunnel, senza lasciarsi abbattere dai problemi, prima ancora che si presentino.

E’ normale avere pensieri negativi di tanto in tanto, ma se questi pensieri diventano troppo frequenti o invalidanti, potrebbe essere utile cercare l’aiuto di uno psicoterapeuta.

Dr. Walter La Gatta

Relazione sulla Terapia di Coppia dopo un Tradimento - Festival della Coppia 2023

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Una intervista sulla violenza domestica

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Dr. Walter La Gatta

Dr. Walter La Gatta

Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
Libero professionista, svolge terapie individuali e di coppia
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Psicoterapie individuali e di coppia
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Disturbi d’ansia, Timidezza e Fobie sociali.

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Chi era davvero Skinner, lo psicologo più famoso dopo Freud

Chi era davvero Skinner, lo psicologo più famoso dopo Freud

Skinner, il più influente psicologo del XX secolo, dopo Freud


Dopo Sigmund Freud, il più famoso e forse influente psicologo del XX secolo fu Burrhus Frederic Skinner (20 marzo 1904 – 18 agosto 1990), anche se il suo “comportamentismo radicale”,  basato sull’idea che il comportamento sia causato solo da fattori ambientali e non da pensieri o sentimenti, lo ha reso bersaglio di numerose polemiche e interpretazioni errate, come quella che vedeva in Skinner addirittura un fascista, per le sue idee radicali relative alla adattabilità degli organismi agli stimoli ambientali. Chi era dunque B.F. Skinner? Conosciamolo meglio.

Infanzia e Formazione

B.F. Skinner nacque a Susquehanna, Pennsylvania, da William Arthur Skinner e Grace Madge Burrhus. Il padre era un avvocato e la madre una casalinga. Skinner fu un bambino curioso e pieno di inventiva, mostrando fin da giovane un interesse per la costruzione di oggetti e l’esplorazione scientifica.

Frequentò l’Hamilton College a New York, dove si laureò in lettere. Dopo la laurea, Skinner decise di intraprendere una carriera come scrittore, ma dopo alcuni anni frustranti, si rese conto che non avrebbe avuto successo. Decise quindi di dedicarsi alla psicologia, ispirato dalle opere di Ivan Pavlov e John B. Watson. Skinner conseguì un dottorato in psicologia presso l’Università di Harvard nel 1931.

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Carriera Professionale

Dopo aver completato il suo dottorato, Skinner rimase ad Harvard come ricercatore fino al 1936. Successivamente, insegnò all’Università del Minnesota e poi all’Indiana University. Nel 1948, tornò ad Harvard, dove rimase per il resto della sua carriera.

Contributi Teorici

Skinner è meglio conosciuto per il suo lavoro nel campo del comportamentismo e per l’invenzione della “Skinner box”, una camera sperimentale utilizzata per studiare il comportamento degli animali. Le sue principali teorie e contributi includono:

– Condizionamento operante. Secondo questa teoria, i comportamenti che sono seguiti da rinforzi (positivi o negativi) hanno maggiori probabilità di essere ripetuti, mentre i comportamenti seguiti da punizioni hanno minori probabilità di essere ripetuti.
– Rinforzo. Skinner identificò diversi tipi di rinforzo, inclusi il rinforzo positivo, il rinforzo negativo, la punizione e l’estinzione, ognuno dei quali influisce sul comportamento in modi specifici.
– Programmi di rinforzo. Skinner studiò anche vari programmi di rinforzo (intermittente, a intervallo fisso, a intervallo variabile, a rapporto fisso e a rapporto variabile), dimostrando come differenti programmi influenzano la frequenza e la stabilità del comportamento.

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Vita personale

Skinner sposò Yvonne Blue nel 1936 e il loro matrimonio durò fino alla morte di Skinner nel 1990. Yvonne Blue, conosciuta affettuosamente come Eve, svolse un ruolo significativo nella vita personale e professionale di Skinner. La coppia ebbe due figlie, Julie e Deborah, e la famiglia visse in diverse località a causa degli impegni accademici di Skinner, stabilendosi infine a Cambridge, Massachusetts, quando Skinner tornò ad Harvard.

Yvonne Blue non solo si occupava della casa e delle figlie, ma era anche profondamente coinvolta nel lavoro di Skinner. Spesso collaborava con lui, aiutandolo nella preparazione dei manoscritti e nella gestione della corrispondenza professionale. Questo sostegno permise a Skinner di dedicarsi pienamente alla ricerca e alla scrittura.

La famiglia Skinner divenne un vero e proprio laboratorio vivente per le teorie del comportamentismo. Notoriamente, egli sviluppò una “culla d’aria” (air crib), un ambiente controllato per neonati, che utilizzò con la sua seconda figlia, Deborah. Questo dispositivo, una specie di incubatrice con controllo climatico, era progettato per garantire un ambiente sicuro e stimolante per il bambino, riducendo le incombenze domestiche per i genitori.

I critici temevano che questa culla d’aria potesse causare problemi psicologici e sociali nei bambini. Tuttavia, Skinner e sua moglie usarono la culla solo come sostituto di una culla tradizionale, per dormire, e non come sostituto del contatto umano. Alcuni pensarono erroneamente che Skinner stesse sperimentando sui suoi figli come faceva con i suoi animali da laboratorio. Questa confusione contribuì a una percezione negativa del dispositivo.

Nonostante queste controversie e fraintendimenti riguardanti l’uso della culla d’aria, Skinner e sua moglie difesero sempre l’efficacia e la sicurezza del dispositivo.

Yvonne Blue visse fino al 1997, sopravvivendo a Skinner di sette anni.

L’influenza di Skinner sulla psicologia e sul comportamento umano è stata molto importante: le sue idee hanno trovato applicazione in molti campi, tra cui l’educazione, la terapia comportamentale e la gestione aziendale.

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Il carattere di Skinner

Restava però da capire meglio il carattere di questo personaggio, e questo è accaduto con uno studio ad hoc pubblicato nel 2012.

Dean Keith Simonton, psicologo presso la University of California Davis, era uno studente di Harvard nel periodo in cui Skinner insegnava in quella Università. Nei suoi ricordi le persone che conoscevano il professore in genere dicevano di lui che i suoi concetti erano molto più ampi di quello che potevano sembrare e che la persona era molto più aperta di quanto si credesse, per cui era necessario parlarci, prima di giudicarlo.

Simonton, insieme a Geir Overskeid e Cato Grønnerød della Università di Oslo, hanno studiato diverse fonti ed utilizzato uno strumento per la valutazione della personalità, per descrivere questo personaggio e metterlo a confronto con altri eminenti scienziati.

Lo studio, che appare in Perspectives in Psychological Science, una rivista pubblicata dalla Association for Psychological Science, rivela la personalità di un uomo complesso – ben diverso dal mostro che dipingevano alcuni suoi detrattori.

Per ricostruire la figura di Skinner in modo obiettivo, gli psicologi hanno prima setacciato le fonti biografiche ed autobiografiche pubblicate, il materiale d’archivio, i ritratti scritti da persone che lo avevano conosciuto. Da queste fonti hanno evidenziato 118 parole e frasi descrittive, da “fanatico” a “timoroso della polizia.”

Cinque valutatori non al corrente della vera identità del soggetto lo hanno classificato attraverso le categorie usate dal Big Five, il test usato per descrivere la personalità di un individuo attraverso 5 fattori: Estroversione, Amicalità, Coscienziosità, Stabilità emotiva e Apertura mentale, assegnando un punteggio che andava da -2 a +2. Tra gli autori c’è stato un accordo pressoché totale sulle valutazioni da dare al misterioso personaggio.

I risultati: Skinner era una persona molto coscienziosa (valutazione 1,8) capace di lavorare instancabilmente e meticolosamente su obiettivi ambiziosi. Del resto, egli stesso scrisse che aveva intenzione di rivedere l’ “intero campo della psicologia” e che vedeva il relax come un’abitudine pericolosa.

Gli studenti di Harvard avevano ragione riguardo all’apertura mentale di Skinner: infatti, oltre ad essere uno psicologo, dipingeva, scrisse un romanzo, suonava il sassofono e il pianoforte, e amava tutti i tipi di musica. Aveva anche lui le sue fragilità emotive, ed era un estroverso: molti lo giudicavano affascinante, divertente. Ed anche un donnaiolo.

Su molti aspetti, Skinner ha il profilo di un eminente scienziato: per la sua motivazione e la disciplina, per la versatilità creativa, e anche per la sua nevrosi, una caratteristica condivisa da ben il 45% dei maggiori scienziati, secondo una ricerca.

Quello che il profilo non fa emergere sono i tratti autoritari che gli vengono attribuiti.

“Questo articolo rende Skinner più umano”, dice Simonton, il quale ricorda che l’obiettivo dei ricercatori non era quello di portare i lettori ad amare o ad odiare questo personaggio, ma semplicemente a conoscerlo.

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Una intervista sulla Eiaculazione Precoce

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Fonte:

G. Overskeid, C. Gronnerod, D. K. Simonton. The Personality of a Nonperson: Gauging the Inner Skinner. Perspectives on Psychological Science, 2012; 7 (2), via Science Daily

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Come essere più persuasivi

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Essere persuasivi è una competenza fondamentale in molte situazioni, sia personali che professionali. Dalle ricerche psicologiche sono emerse diverse tecniche efficaci per migliorare la propria capacità di persuasione che qui di seguito riassumiamo:

  • Capire chi è il proprio interlocutore è essenziale per adattare il messaggio. Conoscere i suoi bisogni, desideri, valori e preoccupazioni permette di costruire argomentazioni che hanno un senso per chi ascolta.
  • Iniziare sempre con affermazioni o premesse che saranno sicuramente accettate dall’interlocutore. Questo costruisce la base per predisporre le persone anche all’accettazione dei successivi punti di vista.
  • Essere credibili. Le persone sono più propense a essere persuase da qualcuno che considerano credibile e competente. Dimostrare la propria competenza e affidabilità attraverso il comportamento, le conoscenze e la preparazione.

  • Supportare le proprie argomentazioni con dati, statistiche, studi e testimonianze. Le persone trovano più convincenti le informazioni che sono supportate da evidenze concrete.
  • Mostrare i diversi aspetti di un problema: un argomento espresso con onestà intellettuale, equilibrato, che prende in considerazione le diverse prospettive è dunque sicuramente più convincente, e non fa differenza se queste argomentazioni contrarie vengono affrontate all’inizio, alla fine o nel bel mezzo del discorso: l’importante è spiegare perché esse vengono rifiutate.
  • Mostrare convinzione. La ricerca mostra che gli umani preferiscono la sfrontatezza alla competenza. Dunque, la sola competenza non basta: anche le persone più scettiche tendono ad essere almeno in parte persuase da un oratore che mostra di credere in quello che dice.

Una intervista sulla Timidezza

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  • Mostrare entusiasmo.  L’entusiasmo è un’emozione che può essere trasmessa. Lasciarsi dunque pervadere da questa emozione mentre si parla è un must.
  • Offrire qualcosa di valore senza chiedere nulla in cambio. Le persone tendono a restituire i favori. Meglio offrire dunque un consiglio, un’informazione utile o un piccolo favore, prima di chiedere qualcosa in cambio.
  • Senso di urgenza. Le persone sono spesso motivate a agire quando sentono che potrebbero perdere un’opportunità. Evidenziare la necessità di agire rapidamente per evitare conseguenze negative o per approfittare di un’opportunità limitata.


Ipnosi Clinica

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  • La tecnica del piede nella porta. Iniziare con una richiesta piccola e ragionevole che il proprio interlocutore è probabilmente disposto a accettare. Una volta che ha accettato, fare una richiesta più grande. Le persone che hanno già detto sì a una richiesta più piccola sono più inclini a dire sì anche a una richiesta più grande.
  • Stile comunicativo. Evitare il linguaggio complicato e cercare di esprimere le proprie idee nel modo più chiaro e comprensibile possibile. Le persone sono più facilmente persuase da messaggi che possono comprendere facilmente.
  • Velocità dell’eloquio: parlare velocemente se si presuppone che l’interlocutore non sia d’accordo con quanto esposto (non lasciare il tempo di riflettere adeguatamente); parlare lentamente se si è certi di esporre argomenti che possono ricevere l’approvazione del pubblico (la riflessione conferma i dati esposti dall’oratore). Se il pubblico ha una posizione neutrale, parlare abbastanza velocemente (può essere utile per non annoiarlo).

Relazione sulle Coppie Non Monogamiche

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  • La testimonianza sociale. Le persone sono spesso influenzate dalle azioni e opinioni degli altri. Mostrare che altre persone, soprattutto quelle che il proprio interlocutore rispetta o ammira, hanno accettato una proposta o sono d’accordo con una certa opinione.
  • Empatia e Ascolto attivo. Mostra empatia e interesse genuino per il punto di vista del proprio interlocutore. Ascoltare attentamente e rispondere alle loro preoccupazioni. Questo crea una connessione emotiva e rende più probabile che l’interlocutore sia ricettivo al proprio messaggio.
  • Linguaggio del corpo. La comunicazione non verbale è cruciale per essere persuasivi. Mantenere un contatto visivo prolungato, usare gesti aperti e positivi, e adottare una postura che trasmette sicurezza e apertura.

LibriAutori:
Dr. Giuliana Proietti - Dr. Walter La Gatta

  • Genere sessuale: di solito sugli uomini fanno molta leva discorsi che alludono al bisogno/desiderio di vincere, mentre sulle donne sono efficaci discorsi che richiamano le relazioni.
  • Adottare un approccio positivo. Presentare le proprie argomentazioni in modo positivo, sottolineando i benefici e le opportunità piuttosto che le minacce o le paure. Le persone sono più inclini a essere persuase quando si concentrano sugli aspetti positivi.
  • Essere pazienti e perseveranti. La persuasione richiede tempo. Non scoraggiarsi se l’interlocutore non è convinto da subito. Continuare a presentare i propri argomenti in modo calmo e ragionato.

Come si vede, essere persuasivi, convincere le persone riguardo alle proprie idee e progetti, è sicuramente un dono, ma molto può essere fatto per migliorarsi.

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Training autogeno come tecnica di rilassamento

Il Training autogeno come tecnica di rilassamento

Training autogeno come tecnica di rilassamento

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Il training autogeno è una tecnica di rilassamento e auto-suggestione che aiuta a ridurre lo stress e migliorare il benessere psicofisico, attraverso esercizi di concentrazione e respirazione volti a indurre uno stato di calma e auto-controllo. Sviluppata dal medico tedesco Johannes Heinrich Schultz negli anni ’30, è ampiamente utilizzata in psicoterapia e medicina psicosomatica. Vediamo di conoscerlo meglio.

1. COSA SIGNIFICA TRAINING AUTOGENO

Il Training Autogeno (che, per comodità, possiamo abbreviare in T.A.) significa, letteralmente ‘allenamento auto generato’. Cosa sia un allenamento lo sappiamo tutti : è l’apprendimento graduale di esercizi sistematici e ripetuti, che in questo caso riguardano sia l’aspetto somatico (o fisico) sia quello psichico. Cosa significa invece ‘auto generato’ ? Significa, come dice la parola stessa (dal greco autos= da sé, genos = che si genera ) che questo tipo di allenamento ha la caratteristica di generarsi da sé, senza dover essere diretto da altri, come ad esempio avviene nell’ipnosi, in cui gli individui che svolgono l’esercizio hanno un ruolo prevalentemente passivo.

(Naturalmente parliamo qui della tecnica autogena una volta che essa sia stata completamente appresa in via teorica, sotto la guida di un esperto, e dopo un conseguente allenamento di almeno 6-12 mesi)

Dr. Giuliana Proietti - Videopresentazione

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2. JOHANNES HEINRICH SCHULTZ: L’INVENTORE DEL T.A.

Il Training Autogeno è una tecnica ancora attualissima, e, come una bella signora, non dimostra la sua età; in realtà, come del resto anche la psicoanalisi, è stata elaborata già all’inizio del 1900, precisamente tra il 1908 e il 1912, da Johannes H. Schultz, nato nel 1884 a Gottingen, nella Bassa Sassonia, e morto nel 1970 a Berlino.

Schultz conosceva perfettamente il funzionamento del corpo umano in quanto medico internista, ma fu presto attratto dalla ancor giovane scienza psicologica e psichiatrica. Si interessò dapprima di ipnosi medica, che in quegli anni si praticava con grande entusiasmo, e fu allievo dell’ipnotista Oskar Vogtpartecipò in seguito al movimento psicoanalitico di Freud e si sottopose ad analisi per tre anni), e infine si dedicò esclusivamente allo studio e alla diffusione del suo metodo, il Training Autogeno.

La pubblicazione dell’opera fondamentale di Schultz risale al 1932. Si pensi che, durante la seconda guerra mondiale, molti furono i prigionieri dei campi di concentramento che usarono le tecniche di Schultz per fronteggiare meglio le privazioni. Dalla Germania, patria del creatore del metodo, in poco più di 50 anni, il Training ha conquistato tutti i paesi del mondo, penetrando in tutte le culture.

3. IL METODO

Schultz, nel descrivere la tecnica terapeutica da lui ideata, così espone il principio del metodo:

< < … consiste nel determinare, per mezzo di particolari esercizi fisiologico-razionali, una deconnessione globale dell’organismo che, in analogia con le metodologie eteroipnotiche, permette di raggiungere le realizzazioni proprie degli stati suggestivi >>.

Due infatti sono i concetti di fondo su cui si basa il T.A :

1. La psiche agisce sul corpo. Un’immagine o un pensiero, espressi in formule verbali interne, inducono modificazioni somatiche reali e quantificabili.

2. Lasciar accadere . L’atteggiamento psichico da assumere è quello della passività, ovvero rappresentarsi mentalmente le formule dell’esercizio, e lasciare che esse agiscano autonomamente. Un atteggiamento attivo della volontà impedirebbe, sin dall’inizio, la corretta realizzazione degli esercizi stessi.

IPNOSI CLINICA: una intervista al Dr. Walter La Gatta

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4. COME SI STRUTTURA

Il T.A. si struttura in due serie di sei esercizi :

1. la serie inferiore (o somatica), nella quale la concentrazione mentale è rivolta a particolari sensazioni somatiche;

2. la serie superiore (o psichica), dove ci si concentra su particolari rappresentazioni psichiche.

Gli esercizi superiori sono di tipo più meditativo, e possono essere praticati solo dopo una completa acquisizione degli esercizi inferiori, non prima di almeno un anno di allenamento agli esercizi-standard.

Nel T.A. inferiore, o di base, ogni esercizio si basa sulla ripetizione di una formula particolare che viene rappresentata alla mente in uno stato definito di concentrazione passiva, o di disposizione a recepire. Si producono così dei mutamenti fisiologici che interessano l’organismo nella sua totalità. La prima concentrazione riguarda lo stato di calma; si passa poi agli altri sei esercizi, che sono quelli della pesantezza, del calore, del cuore, del respiro, del plesso solare e della fronte fresca.

5. COME APPRENDERE IL TRAINING AUTOGENO

Le tecniche di questa metodica di distensione concentrativa autogena vanno, per definizione, praticate da soli, ma è sempre consigliabile che esse siano inizialmente apprese da un professionista qualificato, almeno per tre motivi :

1. Per chiarire i dubbi che sempre assalgono i principianti;

2. Per adattare le applicazioni al proprio caso personale;

3. Per avere lo stimolo a proseguire con costanza

Lo stesso Schultz esortava a non sperimentare il metodo da soli, e sottolineava l’importanza di una visita preventiva. (Prima di iniziare il Training si consiglia infatti di richiedere al proprio medico curante un’attestazione di idoneità, anche se la cosa appare veramente esagerata!).

L’apprendimento del Training in media dura tre mesi, le sedute con l’operatore che insegna il metodo hanno cadenza settimanale. La frequenza degli esercizi da praticare da soli è di due o tre al giorno. (Meglio due ben fatti che tre fatti male!)

Ogni esercizio, all’inizio, dovrebbe durare massimo 1 o 2 minuti, in quanto sforzarsi di mantenere la concentrazione oltre questi limiti sarebbe controproducente. Con l’arricchirsi delle formule il tempo dedicato al Training diverrà sempre maggiore, ma non dovrà comunque superare i 10 minuti totali.



E’ possibile apprendere il Training da libri, cassette, etc.? Per concorde opinione di tutti gli studiosi di T.A., assolutamente no. Nel caso delle cassette, audio o video, si corre il rischio di diventare ‘dipendenti’ da questi oggetti, evitando così di esercitarsi davvero in sé stessi, per cercare di interiorizzare l’esercizio. Il Training Autogeno perderebbe allora il suo significato più intrinseco, cioè l’allenamento a fare da sé, il che consente di acquisire la capacità di autodistendersi in qualsiasi momento o situazione, senza alcuna eterosuggestione.

Se eseguito completamente da soli, senza seguire un corso tenuto da un operatore, l’allenamento autogeno non viene mai rispettato nei modi e nei tempi stabiliti. Nel tentativo di fare meglio e di più, gli autodidatti modificano arbitrariamente la frequenza e la durata degli esercizi, contando su una guarigione o un miglioramento più immediato. E, per l’apprendimento del T.A., questo è dannosissimo. E’ infatti di fondamentale importanza seguire una certa disciplina riguardo ai tempi e alle modalità degli esercizi.

Dr. Walter La Gatta


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Parlare di suicidio, evitando l'effetto Werther

Parlare di suicidio, evitando l’effetto Werther

Parlare di suicidio, evitando l’effetto Werther

Parlare di un suicidio è un compito delicato e richiede un approccio responsabile per rispettare l’etica e la deontologia giornalistica. La copertura mediatica inadeguata, infatti, potrebbe avere conseguenze negative, come la stigmatizzazione delle malattie mentali o l’incitamento a comportamenti imitativi, come avviene nell’effetto Werther.

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Cosa è l’effetto Werther?

Il sociologo David Phillips enunciò l’effetto Werther con riferimento al romanzo I dolori del giovane Werther di Johann Wolfgang von Goethe (1774): nella trama, il protagonista si suicida perché innamorato di una ragazza che sposerà un altro uomo. Negli anni seguenti alla pubblicazione del romanzo furono registrati moltissimi casi di suicidio fra giovani, che le autorità rivelarono essere accomunati dalla lettura del romanzo. L’effetto si ripropose anche nei paesi nei quali vennero pubblicate traduzioni del libro.

In epoca contemporanea si è parlato di nuovo di questo fenomeno?

Si. Nella città di Los Angeles fu registrato un incremento del 40% dei suicidi nel mese successivo al suicidio dell’attrice Marilyn Monroe. Per questo motivo si tornò a parlare dell’effetto Werther, non solo per il modo in cui la notizia viene presentata al pubblico dai mezzi di informazione, ma anche per il pericolo dell’identificazione con il suicida.

IPNOSI CLINICA: una intervista al Dr. Walter La Gatta

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Ecco alcune linee guida su come la stampa (e non solo) dovrebbe trattare il tema del suicidio:

Punti Importanti Riguardanti la Copertura Mediatica del Suicidio

– Oltre 50 studi in tutto il mondo hanno dimostrato che certi tipi di trattamento mediatico del suicidio aumentano il rischio di eventi suicidari tra le persone vulnerabili. L’importanza di questo aumento dipende dalla quantità, dalla durata e dalla salienza della copertura mediatica.

– Il rischio di un aumento dei suicidi cresce quando l’articolo descrive esplicitamente il metodo suicidario, utilizza titoli in prima pagina, titoli sensazionalistici o immagini spettacolari e quando la copertura mediatica – ripetuta e abbondante – sensazionalizza o romanticizza una morte per suicidio.

– Trattare il suicidio con prudenza, anche brevemente, può modificare le idee preconcette del pubblico, correggere i miti e così incoraggiare le persone più vulnerabili o a rischio a cercare aiuto.

Adolescenza

Editore: Xenia, Collana: I tascabili
Anno edizione: 2004 Pagine: 128 p., Brossura
Autori: Giuliana Proietti - Walter La Gatta

Evitare la disinformazione e offrire speranza

  • Il suicidio è un fenomeno complesso. Evitare semplificazioni: le cause sono quasi sempre di varia origine. Spesso all’origine c’è una malattia psichiatrica non diagnosticata o non curata, ma che poteva essere curata.
  • Fare riferimento agli studi che mostrano che quasi il 90% delle persone morte per suicidio soffrivano di disturbi mentali e/o problemi di consumo di droghe.
  • Evitare di presentare il suicidio come la conseguenza di un unico evento causale, come una recente perdita di lavoro, un divorzio o brutti voti. Trattare il suicidio in questo modo sarebbe semplicistico e potrebbe portare a una facile identificazione nelle persone più vulnerabili.
  • Quando si tratta di affrontare le cause e le possibili cure, ricorrere al parere di un esperto di psicologia e evitare di usare tale parere per scopi sensazionalistici.
  • Approfittare dell’evento di cronaca per informare i lettori sul tema del suicidio: sulle sue cause, sui segnali premonitori, sull’evoluzione dei dati epidemiologici, sui recenti progressi terapeutici e sulle risorse disponibili sul territorio o online per affrontare la depressione e ricevere consigli.

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Suggerimenti per i media online e i social network

  • I giornalisti web, i blogger e gli utenti dei social media possono aiutare a ridurre il rischio di contagio pubblicando link a centri di cura o a linee telefoniche di assistenza, o postando i segnali di allarme del suicidio.
  • Pubblicare storie che diano speranza, testimonianze di sopravvissuti, informazioni su come superare i pensieri suicidari e affrontare le difficoltà.
  • Gli articoli, le foto e i video hanno un forte potenziale di contagio online. È quindi essenziale che la copertura online del suicidio rispetti le regole esistenti di buone pratiche e di etica professionale.
  • I  social network diventano spesso luoghi in cui si parla di suicidio. Tutte le dichiarazioni suicidarie dovrebbero essere considerate con attenzione e si dovrebbero monitorare con altrettanta attenzione i commenti sui profili social di persone che si sono suicidate.

Rispettare queste linee guida è fondamentale per garantire una copertura responsabile del suicidio e per contribuire alla prevenzione, evitando di incidere sulla psiche delle persone più vulnerabili.

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Dr. Walter La Gatta

Dr. Walter La Gatta

Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
Libero professionista, svolge terapie individuali e di coppia
ONLINE E IN PRESENZA (Ancona, Terni, Fabriano, Civitanova Marche)

Il Dr. Walter La Gatta si occupa di:

Psicoterapie individuali e di coppia
Terapie Sessuali
Tecniche di Rilassamento e Ipnosi
Disturbi d’ansia, Timidezza e Fobie sociali.

Per appuntamenti telefonare direttamente al:
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