Le espressioni facciali nel contesto evolutivo e nella psicologia
ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE
Le espressioni facciali sono una componente fondamentale della comunicazione non verbale e hanno un impatto profondo sulle interazioni sociali degli esseri umani. Esse ci permettono di esprimere emozioni, intenzioni e stati d’animo, talvolta in modo più eloquente di quanto possano fare le parole. Ma come si formano e come vengono interpretate? Qual è il loro ruolo nel contesto evolutivo e nella psicologia? Cerchiamo di saperne di più.
Cosa è la comunicazione non verbale?
E’ un mezzo primario per trasmettere informazioni sociali tra gli umani, ma è largamente presente anche fra molti mammiferi e in altre specie di animali.
Cosa sono le espressioni facciali?
Sono movimenti o posizioni dei muscoli sotto la pelle del viso. Questi movimenti muscolari trasmettono lo stato emotivo di un individuo alle persone che lo osservano. Le espressioni facciali sono dunque una forma di comunicazione non verbale.
Quando si apprendono le espressioni facciali?
Più un bambino è esposto a diversi volti ed espressioni, più è capace di riconoscere queste emozioni e quindi di imitarle. I bambini imparano rapidamente che osservare gli altri permette di avere informazioni informazioni importanti sull’ambiente. Per questa ragione i neonati preferiscono guardare i volti umani rispetto ad altri stimoli, sin dalla più tenera età.
Autori: Giuliana Proietti - Walter La Gatta
Le espressioni facciali sono volontarie?
Gli esseri umani possono esprimere delle emozioni volontariamente o involontariamente. Le espressioni del volto sono complesse e ambigue in quanto provengono da un sistema duplice, volontario e involontario, capace di mentire e di dire la verità, spesso contemporaneamente. Le espressioni vere, sentite, si presentano perché il movimento dei muscoli facciali è automatico, quelle false compaiono invece perché l’evoluzione della specie ha portato l’uomo ad avere un controllo volontario sul proprio viso, che consente di inibire la mimica autentica e assumere al suo posto un’espressione non realmente sentita.
Quali sono le radici evolutive delle espressioni facciali?
Dal punto di vista evolutivo, le espressioni facciali hanno svolto un ruolo cruciale per la sopravvivenza umana. Gli esseri umani, come molte altre specie, hanno dovuto sviluppare meccanismi rapidi per identificare le minacce e per comunicare con i propri simili. Le espressioni di paura o rabbia, ad esempio, non solo avvertono chi ci circonda di un possibile pericolo, ma segnalano anche il nostro stato d’animo in modo da poter reagire prontamente.
Charles Darwin, nel suo lavoro pionieristico L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali (1872), fu uno dei primi a suggerire che le espressioni facciali avessero una base biologica e che fossero simili tra diverse specie. Questa prospettiva ha gettato le basi per molti studi contemporanei sulle emozioni e sulle espressioni facciali, come quelli di Paul Ekman.
Quali sono le teorie di Paul Ekman sulle espressioni facciali?
Paul Ekman ha studiato per molti anni le espressioni facciali, raccogliendo una grande quantità di dati: attraverso i suoi studi è stato possibile arrivare ad una descrizione particolareggiata del comportamento di molti muscoli facciali, scoprendone la straordinaria complessità che può far si che sul volto, nel giro di pochi secondi, possano comparire delle ‘microespressioni’ che la maggior parte degli osservatori non riescono nemmeno a cogliere, data la durata molto breve della loro apparizione.
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Cosa sono le microespressioni?
Ekman ha introdotto il concetto di *microespressioni*, espressioni facciali involontarie che appaiono e scompaiono in una frazione di secondo. Queste microespressioni sono particolarmente utili nel rivelare emozioni nascoste o inconsapevoli, poiché sono difficili da controllare e spesso tradiscono i nostri veri sentimenti, anche quando cerchiamo di mascherarli.
Le microespressioni sono diventate uno strumento utile in campi come la psicologia forense, dove possono essere utilizzate per rilevare segnali di inganno o di emozioni non dichiarate durante un’interrogazione o un colloquio.
Come sono state condotte queste ricerche?
Le emozioni segnalate dal volto sono state studiate attraverso l’osservazione attenta di fotografie e videofilmati, esaminati al rallentatore.
Cosa suggeriscono i dati raccolti?
I dati raccolti sono stati identificati in modo simile anche all’interno di culture molto diverse. Per esempio anche in un gruppo della Nuova Guinea, di cultura primitiva, le espressioni facciali relative a particolari emozioni somigliano molto a quelle delle società più avanzate; ciò accade in particolare per l’emozione della rabbia, del disgusto, della felicità, della tristezza, della paura e della sorpresa, che sembrano universalmente espresse allo stesso modo, probabilmente perché biologicamente più primitive e dunque universali.
Che ruolo hanno le espressioni facciali nelle relazioni interpersonali?
Le espressioni facciali non sono solo il riflesso delle nostre emozioni interiori, ma hanno anche un forte impatto sulle relazioni sociali e sul modo in cui veniamo percepiti dagli altri. Nel contesto delle relazioni interpersonali, le espressioni facciali sono uno degli strumenti più potenti per trasmettere informazioni e regolare l’interazione interpersonale.
Un sorriso, ad esempio, può creare un senso di fiducia e favorire la cooperazione, mentre uno sguardo accigliato può generare disagio o innescare conflitti. Le persone spesso si affidano alle espressioni facciali per valutare l’onestà, l’affidabilità e le intenzioni degli altri, utilizzando queste informazioni per prendere decisioni sociali.
Tutti sono capaci di riconoscere le emozioni attraverso espressioni facciali?
No. Alcune ricerche hanno dimostrato che l’incapacità di esprimere o riconoscere correttamente le emozioni attraverso il viso può essere un segnale di condizioni come la depressione o l’ansia sociale. Altre condizioni, come l’autismo, possono influenzare la capacità di interpretare le espressioni facciali altrui, rendendo più difficile interagire a livello sociale
Quanto è importante il contatto visivo?
Il contatto visivo è un aspetto importante della comunicazione interpersonale. Il contatto visivo regola la conversazione, comunica il coinvolgimento e l’interesse, permette di stabilire relazioni con gli altri, permette di attirare l’attenzione, mostrare il proprio stato d’animo. La mancanza di contatto oculare è solitamente percepita come forma di maleducazione o disattenzione.
Cosa comunicano gli occhi?
Gli occhi comunicano più dati di quanto una persona possa voler esprimere consapevolmente. La dilatazione delle pupille ad esempio indica una forte attrazione o interesse verso la cosa o la persona che si sta osservando. Pupille piccole come capocchie di spilli indicano invece un segnale di freddezza emotiva.
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C’è differenza fra le culture rispetto al contatto oculare?
Si. Culture diverse hanno regole diverse per il contatto visivo. Alcune culture asiatiche possono percepire il contatto visivo diretto come un modo per segnalare lo spirito di competizione, che in molte situazioni può rivelarsi inappropriato. Altri abbassano gli occhi per segnalare una forma di rispetto verso l’interlocutore.
Le espressioni facciali sono universali fra gli umani?
I sostenitori dell’ipotesi dell’universalità affermano che molte espressioni facciali sono innate e hanno radici nel comportamento dei nostri lontani antenati. Gli oppositori di questo punto di vista mettono in dubbio l’accuratezza degli studi utilizzati per testare questa affermazione e credono invece che le espressioni facciali siano condizionate e che le persone vedano e comprendano le espressioni facciali in gran parte a seconda delle situazioni sociali che li circondano.
E’ possibile evitare di far comprendere all’interlocutore l’emozione che si sta provando?
Ekman ha individuato alcune tecniche che normalmente le persone utilizzano per sviare l’interlocutore dal comprendere l’emozione che prova:
- La dissimulazione. L’espressione spontanea viene dissimulata, fatta scomparire dal volto. Il soggetto sembra accorgersi di quello che rischia di manifestare, per cui interrompe bruscamente l’emozione che gli si sta stampando sul viso, coprendola con una espressione diversa. Chi si trova spesso a mentire per ragioni professionali, tipo avvocati, politici, venditori, giocatori d’azzardo impara l’arte della dissimulazione con grande perizia, tanto da poterla esercitare anche quando si trova a dover guardare negli occhi l’interlocutore, il che è piuttosto difficile, per chi non è allenato, da mettere in pratica.
- L’attiva falsificazione. Quando nasce una emozione i muscoli facciali si attivano in maniera automatica : per abitudine o per scelta si può riuscire ad impedire queste espressioni nascondendole attraverso una maschera, una ‘emozione finta’, che in genere è il sorriso. E’ più facile fingere emozioni positive che negative : la maggior parte delle persone trova infatti difficilissimo imparare a muovere volontariamente i muscoli che sono necessari per fingere realisticamente dolore e paura; va un po’ meglio per la rabbia e per il disgusto.Nel suo libro, I volti della menzogna, Eckman ci fornisce almeno tre indizi per poter ritenere che una espressione non sia sincera : asimmetria, tempo e collocazione nel corso della conversazione.
In cosa consiste la teoria dell’asimmetria?
In una espressione facciale asimmetrica le stesse azioni compaiono nelle due metà del viso, ma sono più intense su una parte anziché nell’altra. Una spiegazione di questa asimmetria potrebbe essere cercata nel fatto che l’emisfero cerebrale destro sia più specializzato del sinistro nel trattamento delle emozioni: dato che l’emisfero destro controlla gran parte dei muscoli della metà sinistra del viso e il sinistro quelli della metà destra, le emozioni si mostrano con maggiore intensità sulla parte sinistra del volto. In questo senso le espressioni contorte, in cui l’azione dei muscoli è un po’ più accentuata su una metà del viso possono essere un segno rivelatore della falsità del sentimento manifestato. L’asimmetria è indizio di una emozione poco sentita, un’espressione volontaria della muscolatura.
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La durata delle emozioni ha importanza?
Si. Le espressioni di lunga durata (dai 10 secondi in su) sono probabilmente false perché le espressioni autentiche non durano così a lungo : la mimica che esprime emozioni davvero sentite non resta sul viso più di qualche secondo. Se la sorpresa è autentica tutti i tempi, di attacco e di stacco, sono brevissimi, inferiori al secondo.
Come sapere se qualcuno sta mentendo?
Se qualcuno finge di arrabbiarsi e dice ad esempio ‘non ne posso più di come ti comporti’ dobbiamo guardare attentamente alla mimica : se i segni di collera nell’espressione facciale vengono dopo le parole, la persona non è poi così adirata come invece sarebbe se l’espressione della collera si stampasse sul viso prima della pronuncia della frase. In ogni caso le espressioni del viso non sincronizzate coi movimenti del corpo costituiscono probabili indizi di falso.
Dr. Walter La Gatta
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Dr. Walter La Gatta
Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
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