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Tag Archives: Politiche e Politiche Sociali

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David Brooks L'animale sociale

David Brooks: l’animale sociale

David Brooks: l’animale sociale

Una lezione divulgativa su Freud e il suo libro "Totem e Tabù"

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ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE

Articolo datato

Nel suo nuovo libro,The Social Animal: The Hidden Sources of Love, Character, and Achievement (L’animale sociale: le fonti nascoste dell’amore, del carattere e del successo), l’autore David Brooks (giornalista conservatore del New York Times) parla della vastità enorme dell’inconscio umano e di come sia possibile usarlo secondo la propria volontà.

L’inconscio però, nella definizione di Brooks, “non è ciò che Freud e Jung credevano”, un labirinto in cui sono sepolti gli impulsi sessuali; piuttosto, è la nostra mente interiore, fatta di emozioni, intuizioni, tratti del carattere, predisposizioni genetiche e pregiudizi. Mentre il conscio è spesso logico e lineare, l’inconscio è più sensibile, giudicante e percettivo. Ora, dice Brooks, a causa di un boom nel settore della ricerca, stiamo iniziando ad apprezzare come funziona. “E’ come se vivessimo in una casa dove abbiamo sempre saputo che c’era un livello seminterrato” spiega Brooks, “ma ora stiamo scoprendo che ci sono 8.000 piani di seminterrato sotto di noi”.

Una intervista sull'anorgasmia femminile

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ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE

Secondo gli studi sulla felicità, ricorda Brooks, certamente un’area di cui si è occupata la ricerca scientifica, gli esseri umani attribuiscono troppa importanza al lavoro, al denaro e alla casa e sottovalutano enormemente il valore delle relazioni personali. L’evidenza suggerisce che chi è impegnato in una relazione sentimentale di lunga durata è molto più felice rispetto alle persone sole; non a caso una ricerca suggerisce che un matrimonio felice può dare un beneficio psichico simile a quello di uno stipendio annuo di 65.000 sterline (74.000 euro circa).

“Dico agli studenti universitari che dovrebbero fare dei corsi per scegliere bene la persona che devono sposare”, dice Brooks, dalla sua casa, alla periferia di Washington DC. “Essi dovrebbero leggere romanzi sul matrimonio. Dovrebbero studiare le neuroscienze e la psicologia del matrimonio. Le università dovrebbero offrire un corso dopo l’altro sul matrimonio. Ma le nostre istituzioni sono strutturate sulla base di questa falsa visione della natura umana, che enfatizza le capacità professionali, (che pure sono importanti), ma sottovaluta tutte le cose più delicate, quelle che appaiono poco virili”.

“Il rapporto tra denaro e felicità è molto tenue, mentre il rapporto tra relazioni personali e felicità è incredibilmente forte” continua. “Così, se si riesce ad entrare in un gruppo di persone che si riunisce una volta al mese, questo produce lo stesso guadagno in felicità di un raddoppio del proprio reddito”. Tutto dipende dalla quantità e dalla qualità dei rapporti che si riesce ad instaurare.

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David Brooks ha una formazione molto diversa dalla maggior parte degli scrittori che si occupano di divulgazione scientifica. Negli Stati Uniti, è un commentatore politico riverito e vituperato, le cui colonne, due volte a settimana per il New York Times, sono molto influenti sull’opinione pubblica e di cui tengono conto anche i Presidenti degli Stati Uniti, specialmente in tempo di elezioni. La sua posizione è moderatamente repubblicana, ma è considerato il “miglior conservatore” fra i liberals ed ha un apporccio bipartisan con la politica. Ha sostenuto ad esempio Barack Obama nel 2005 e definito Sarah Palin “un cancro fatale per il partito repubblicano”, anche se poi ha ridimensionato la gravità di questa affermazione.

David BrooksBrooks ha sempre avuto un interesse per la ricerca sulla mente e sul cervello, ma la spinta a scrivere questo libro, com elui ricorda, gliela dette il vecchio premier inglese Gordon Brown, in visita negli Stati Uniti. Durante un caffè, sorseggiato al Consolato insieme a Mr. Brown, Brooks stava parlando di come funziona il cervello, quando il più pragmatico Brown gli chiese “e che effetti ha tutto questo sulla politica”? In un primo momento la risposta non venne spontanea, ma questo libro ora colma la lacuna.

Brooks ha voluto scrivere un libro divulgativo, facile per tutti. Prendendo in prestito da Rousseau lo stile dell’Emilio, ha deciso di scrivere la sua ricerca come un romanzo, con una coppia immaginaria formata da Harold ed Erica, che sono guidati attraverso le loro vite da parte di un narratore onnisciente e un po’ compiaciuto di sé. Tutta la loro vita, dalla culla alla tomba, si svolge “perpetuamente nel momento attuale, agli inizi del 21° secolo”, il che lo rende non tanto un libro di ambientazione storica, ma piuttosto un manuale per la vita moderna.

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Attraverso Harold e Erica l’autore spiega tre decenni di ricerche scientifiche sulla mente umana, a cominciare dalla sua preferita, quella dello psicologo Walter Mischel sui marshmallow (dolcetto americano), condotta presso la Stanford University nel 1972. L’esperimento consisteva nel fornire ad un gruppo di bambini di quattro anni un marshmallow a testa: essi potevano mangiarlo subito, ma se riuscivano ad attendere 20 minuti senza mangiarlo, ne avrebbero ricevuto un secondo in premio.

Risultato: la maggior parte dei bambini non resistette. Qualche anno dopo, si controllò il rendimento scolastico di questi bambini e si vide che coloro che si erano mostrati più pazienti durante il test, tanto da meritare un secondo marshmallow, erano anche i più bravi a scuola, avendo ricevuto un punteggio assai superiore a coloro che avevano ceduto alla tentazione. (210 punti in più). Tra i bambini che resistettero solo uno o due minuti vi è stato il più alto tasso di tossicodipendenti e di persone che hanno avuto problemi con la giustizia. Sono persone che non riescono a mantenere le loro amicizie e che non sanno gestire lo stress. Anche questo, secondo l’autore, dimostra come alcune abilità inconscie che abbiamo, siano poi determinanti nel successo personale.

Secondo Brooks, a livello generale, vi è una visione troppo semplicistica della natura umana. Un settore, però, dove a suo parere la ricerca sta facendo un buon lavoro è l’educazione, in particolare con la creazione di scuole che insegnano la disciplina in modo quasi militare, utili (sempre secondo l’autore del libro) per i bambini che crescono in famiglie disorganizzate. L’obiettivo dovrebbe essere quello di inegnare ai ragazzi a controllare i propri impulsi, come nell’esperimento marshmallow.

Una scuola che è orientata in tal senso è la KIPP (Knowledge is Power Program), così come il nuovo movimento della scuola libera, che vuole dare un’opportunità ai ragazzi provenienti dalle famiglie più povere, immergendo gli allievi in una “atmosfera competitiva” per “instillare in loro l’ambizione, senza tener conto del loro background sociale”.

L’animale sociale vuole incoraggiare i politici americani ad allontanarsi una volta per tutte dalla cultura individualistica che ha dominato gli anni ’80 e ’90. “La cosa che mi piace della ‘big society’ di Cameron – dice l’autore – anche se non sono sicuro che sia stata concretizzata- è che vi è un riconoscimento dell’importanza dei legami sociali”. “Questa ricerca – dice ancora del suo libro – indica il fatto che non siamo tanto degli individui, ma delle reti, profondamente interconnesse.”

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Come sempre insomma, la ricetta della felicità viene detenuta altrove: in questo caso dalla sofisticata “big society” di Cameron. Non stupisce dunque che a breve David Brooks sia stato invitato a parlare a Downing Street, dove sarà accolto sia dal Primo Ministro, David Cameron, sia dal leader dell’opposizione del Labour party, Ed Miliband.

Fonte:

David Brooks: The man who can measure true happiness, The Guardian

Immagine: copertina del libro
Photo by Pixabay: https://www.pexels.com/photo/pile-of-books-159866/

Leggi un estratto del libro (in inglese)
Guarda il video della presentazione del libro (in inglese)

Giuliana Proietti
Dr. Giuliana Proietti

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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

Per appuntamenti:
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  • 10 Mag 2011
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Cosa è la Dark Psychology

Cosa è la Dark Psychology

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Cos’è la psicologia “dark” (oscura)?

Il termine si riferisce allo studio degli aspetti più oscuri del comportamento umano. È un campo relativamente nuovo che è ancora in fase di esplorazione, ed i ricercatori stanno cercando di comprenderne tutte le complessità.

Quello che sappiamo, tuttavia, è che la psicologia “dark” comprende tutto ciò che è negativo, dal comportamento criminale ai serial killer alla manipolazione e alle tendenze autodistruttive.

In altre parole possiamo dire che la psicologia dark riguarda la comprensione e lo sfruttamento delle debolezze della psicologia umana.  Questo sapere può essere utilizzato per scopi sia positivi, sia negativi. Preoccupano sicuramente di più i secondi: si potrebbe trattare di convincere qualcuno ad acquistare un prodotto di cui non ha bisogno, ma anche di convincerlo a commettere un crimine.

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Chi usa la psicologia oscura e le tecniche di manipolazione?

La psicologia oscura e le tecniche di manipolazione sono spesso utilizzate da persone in posizioni di potere, allo scopo di controllare le persone. Ad esempio, un politico può usare la psicologia dark per manipolare i media, affinché possa presentare favorevolmente il suo programma elettorale. Un venditore potrebbe utilizzare tali tecniche per convincere i potenziali clienti ad acquistare un prodotto di cui non hanno bisogno. Un capo potrebbe usare la psicologia oscura per controllare i propri dipendenti e tenerli in riga.

E’ una novità o sono tecniche che si usano da sempre?

Alcune professioni usano queste tecniche da sempre. Ad esempio, le forze dell’ordine usano spesso questa psicologia per ottenere informazioni dai criminali. In questo caso è pur sempre una manipolazione, ma per scopi utili alla società.

Come funzionano queste tecniche?

Questi approcci includono l’uso di tecniche per ottenere il controllo su un bersaglio lavorando sulle sue insicurezze, per minare la fiducia che ha in se stesso/a e l’efficacia dei suoi comportamenti. Fondamentalmente, questa psicologia lavora sugli aspetti più oscuri della natura umana, come la manipolazione, l’inganno e il senso di colpa. Questi comportamenti si manifestano in modi diversi nelle relazioni interpersonali. Ad esempio, alcuni potrebbero utilizzare tecniche subdole o strategie ingannevoli per eliminare i propri concorrenti in un contesto aziendale. Un metodo efficace per ottenere il controllo sul proprio obiettivo è manipolare le sue emozioni.


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Come si possono usare le tecniche di manipolazione nelle relazioni personali?

Ad esempio, nelle relazioni personali, le persone insicure e che hanno bisogno di conferme sociali potrebbero essere molto ricettive nei confronti di chi le loda in continuazione, ignorando i loro difetti. Questa tecnica si chiama Love Bombing.

Quale è l’uso più comune della dark psychology?

L’uso più comune è nel marketing e nelle vendite, dove la capacità di manipolare le reazioni emotive degli individui può dare un vantaggio in ambienti competitivi.

Nella pubblicità l’uso di un linguaggio persuasivo e di richiami emotivi per evocare risposte come paura, disgusto o persino eccitazione può aiutare un’azienda a distinguersi dalla concorrenza e aumentare le vendite.

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Come viene utilizzata questa psicologia in politica?

In politica la si usa giocando sulle paure, sfruttando le vulnerabilità, facendo il lavaggio del cervello e creando divisioni sociali. Con queste tecniche si può indurre le persone a comportarsi contro i loro stessi interessi.

I politici che usano la psicologia oscura sono spesso abili nel creare una mentalità “noi contro loro”, che porta a divisioni e conflitti, allo scopo di ottenere potere o vantaggio su altri concorrenti.

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Come viene usata nelle guerre?

In tempo di guerra, i paesi usano ogni strumento a loro disposizione per vincere. Ciò include la guerra psicologica, l’uso della propaganda e di altre tecniche per influenzare il morale e la volontà di combattere del nemico. Un modo per farlo è usare la psicologia oscura e prendere di mira i fattori psicologici che motivano le persone a impegnarsi in comportamenti dannosi o autodistruttivi.

Comprendendo la psicologia oscura, i paesi possono implementare strategie che minano la capacità del nemico di funzionare come forza combattente. Ad esempio, possono diffondere informazioni false che portano il nemico a prendere decisioni sbagliate o prendere di mira individui chiave con messaggi che abbassano il loro morale.

Quali sono i pericoli dell’uso della psicologia oscura?

Mentre alcuni potrebbero obiettare che la pratica è intrinsecamente non etica, alcuni non vedono alcun danno nell’usare la psicologia oscura a proprio vantaggio. Forse uno dei pericoli più preoccupanti della psicologia oscura è la sua capacità di indurre gli individui a commettere crimini violenti o addirittura omicidi.

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Cosa è il gaslighting?

E’ una forma di manipolazione psicologica violenta e subdola nella quale vengono presentate alla vittima false informazioni, con l’intento di farla dubitare della sua stessa memoria e percezione. Può consistere nel negare, da parte di chi ha commesso qualcosa, che gli episodi siano realmente accaduti, o nella messa in scena di eventi bizzarri, con l’intento di disorientare la vittima.

Come ci si può proteggere dalla psicologia dark?

Il primo passo è informarsi sull’argomento: conoscere le diverse tecniche utilizzate nella psicologia oscura può aiutare a individuarle, evitando manipolazioni e inganni. È essenziale essere consapevoli dei pericoli di questa psicologia e imparare a proteggersi dalla sua influenza.

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  • 29 Apr 2023
  • Dr. Giuliana Proietti
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L'incitamento all'odio su Internet

L’incitamento all’odio su Internet

L’incitamento all’odio su Internet

Relazione sulla Terapia di Coppia dopo un Tradimento - Festival della Coppia 2023

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ANCONA FABRIANO CIVITANOVA MARCHE TERNI E ONLINE

In cosa consiste l’incitamento all’odio sui social?

Generalmente, l’incitamento all’odio è un tipo di discorso che si svolge online, principalmente sui social media o su Internet, con lo scopo di attaccare una persona o un gruppo sulla base di attributi quali razza, religione, origine, orientamento sessuale, disabilità, o genere. Include rappresentazioni e simboli non verbali.

Chi sono gli haters?

Sono coloro che contribuiscono a diffondere questi messaggi di odio. “Hate” in inglese significa odio, e gli haters sono gli “odiatori”.

Da cosa dipende questo fenomeno?

Gli analisti affermano che i social media possono amplificare la discordia sociale. Nella loro forma più estrema, le voci e le invettive diffuse online possono contribuire a violenze che avvengono anche nella realtà, dai linciaggi alla pulizia etnica.

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La scala Kinsey

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Quanto è diffuso il problema?

Incidenti sono stati segnalati in quasi tutti i continenti. Gran parte del mondo ora comunica sui social media, con quasi un terzo della popolazione mondiale attiva solo su Facebook. Man mano che sempre più persone si spostano online, le persone inclini al razzismo, alla misoginia o all’omofobia hanno trovato nicchie che possono rafforzare le loro opinioni e spingerle alla violenza. Le piattaforme di social media offrono anche l’opportunità di pubblicizzare gli atti violenti che vengono compiuti.

In Germania è stata trovata una diretta correlazione tra i post pubblicati su Facebook contro i rifugiati da simpatizzanti del partito di estrema destra Alternativa per la Germania e gli attacchi ai rifugiati. Negli Stati Uniti, gli autori di attacchi della supremazia bianca sono circolati in precedenza tra le comunità razziste online.

L’attentatore alla sinagoga di Pittsburgh nel 2018 era un partecipante al social network Gab, le cui regole permissive avevano attirato estremisti che erano stati “bannati” da piattaforme più grandi. E’ lì che il soggetto è stato iniziato all’idea della cospirazione ebraica che stava cercando di portare sempre più immigrati negli Stati Uniti, per rendere i bianchi una minoranza, prima di uccidere undici fedeli durante un servizio di Shabbat.



In Myanmar, leader militari e nazionalisti buddisti hanno utilizzato i social media per insultare e demonizzare la minoranza musulmana Rohingya prima e durante una campagna di pulizia etnica. Sebbene i Rohingya costituissero forse il 2% della popolazione, gli etnonazionalisti sostenevano che i Rohingya avrebbero presto soppiantato la maggioranza buddista. La missione conoscitiva delle Nazioni Unite ha affermato: “Facebook è stato uno strumento utile per coloro che cercano di diffondere odio, in un contesto in cui, per la maggior parte degli utenti, Facebook è Internet”.

In India, i linciaggi e altri tipi di violenza comunitaria, in molti casi originati da voci sui gruppi WhatsApp, sono in aumento da quando il Bharatiya Janata Party (BJP) nazionalista indù è salito al potere nel 2014.

Allo stesso modo, lo Sri Lanka ha visto la nascita di un vigilantismo ispirato da voci diffuse online, mirate alla minoranza musulmana Tamil. Durante un’ondata di violenza nel marzo 2018, il governo ha bloccato l’accesso a Facebook e WhatsApp, nonché all’app di messaggistica Viber, per una settimana, affermando che Facebook non era stato sufficientemente reattivo durante l’emergenza.

Una intervista sulla Timidezza

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I social media catalizzano i crimini d’odio?

La stessa tecnologia che consente ai social media di galvanizzare gli attivisti per la democrazia può essere utilizzata da gruppi di odio che cercano di organizzarsi e reclutare. Consente inoltre ai siti marginali, compresi i cospirazionisti, di raggiungere un pubblico molto più ampio rispetto ai loro lettori principali. I modelli di business delle piattaforme online dipendono dalla massimizzazione dei tempi di lettura o visualizzazione. Poiché Facebook e piattaforme simili guadagnano denaro consentendo agli inserzionisti di indirizzare il pubblico con estrema precisione, è nel loro interesse consentire alle persone di trovare le comunità in cui trascorreranno la maggior parte del tempo.

Le esperienze degli utenti online sono mediate da algoritmi progettati per massimizzare il loro coinvolgimento, che spesso promuovono inavvertitamente contenuti estremi.  “YouTube potrebbe essere uno dei più potenti strumenti di radicalizzazione del 21° secolo”, ha scritto il sociologo Zeynep Tufekci.

YouTube ha dichiarato a giugno 2019 che le modifiche al suo algoritmo di raccomandazione apportate a gennaio avevano dimezzato le visualizzazioni di video ritenuti “contenuti borderline” per la diffusione di disinformazione. A quel tempo, la società ha anche annunciato che avrebbe rimosso dal suo sito i video neonazisti e della supremazia bianca. Tuttavia, la piattaforma è stata criticata per il fatto che i suoi sforzi per frenare l’incitamento all’odio non sono andati abbastanza lontano. Ad esempio, i critici hanno notato che invece di rimuovere i video che hanno provocato delle molestie omofobiche nei confronti di un giornalista, YouTube si è limitata ad impedire all’utente offensivo di condividere le entrate pubblicitarie.

IPNOSI CLINICA: una intervista al Dr. Walter La Gatta

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Tariffe Psicoterapia

In che modo le piattaforme applicano le loro regole?

Le piattaforme di social media si affidano a una combinazione di intelligenza artificiale, segnalazione degli utenti e moderatori dei contenuti per far rispettare le proprie regole in merito ai contenuti appropriati. I moderatori, tuttavia, sono gravati dall’enorme volume di contenuti e dal trauma che deriva dal visionare post inquietanti.

Dr. Walter La Gatta

Fonte principale: Cfr.org

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Dr. Walter La Gatta

Dr. Walter La Gatta

Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
Libero professionista, svolge terapie individuali e di coppia
ONLINE E IN PRESENZA (Ancona, Terni, Fabriano, Civitanova Marche)

Il Dr. Walter La Gatta si occupa di:

Psicoterapie individuali e di coppia
Terapie Sessuali
Tecniche di Rilassamento e Ipnosi
Disturbi d’ansia, Timidezza e Fobie sociali.

Per appuntamenti telefonare direttamente al:
348 – 331 4908
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  • 29 Apr 2023
  • Dr. Walter La Gatta
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Gandhi: una biografia

Gandhi: una biografia

Gandhi: una biografia


Mohandas Karamchard Gandhi, detto il Mahatma (che in sanscrito significa Grande Anima), è forse l’indiano più famoso nel mondo, come fondatore del movimento della non violenza, della resistenza passiva e della disobbedienza civile.

Il Mahatma Gandhi nacque a Portbandar in India, nello stato del Gujarat, il 2 ottobre 1869. Era di origini benestanti, visto che la sua famiglia aveva ricoperto delle cariche importanti nelle corti del Kathiawar ed il padre, Mohandas Kaba Gandhi, era stato addirittura primo ministro del principe Rajkot. La religione dei Gandhi era la Vaishnava; una setta indù con particolare devozione a Vishnù. Come era tradizione della sua casta, a 14 anni venne fatto sposare dalla sua famiglia con Kasturbai una sua coetanea, che restò sua moglie per tutta la vita. Tra i dieci e i diciassette anni frequentò la “high school” del Kathiawar, ma senza particolare profitto. Attratto dallo stile di vita della borghesia inglese, sentiva che se voleva veramente diventare qualcuno, doveva andare a studiare in Inghilterra. Salpò dunque da Bombay per Londra il 4 Settembre 1888, lasciando in India moglie e figlio. A Londra studiò giurisprudenza, ma fu durante questo soggiorno che Gandhi lesse i principali testi di induismo, ad esempio la Baghavad-Gita, che lo influenzerà profondamente. Scoprì anche la vita di Budda, Gesù, Maometto ed anche i teosofi inglesi. Dopo 3 anni in Inghilterra e la laurea di avvocato in tasca, nel 1891 rientrò in India.

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Iniziò dunque a svolgere la professione di avvocato, ma i guadagni non arrivavano e Gandhi doveva anche pagare i debiti contratti coi fratelli per permettersi il soggiorno di studio a Londra. Accolse dunque con favore, due anni dopo, l’invito di una ditta indiana che aveva bisogno di un avvocato per seguire un processo in Sud Africa, a Durban. Fu la svolta della sua vita. Arrivato lì, pur se ugualmente cittadino dell’Impero Britannico e perdipiù laureato, Gandhi si sentì trattato come appartenente ad una razza inferiore: sul treno che doveva portarlo a destinazione, benché munito di biglietto, venne allontanato dallo scompartimento di prima classe perché questo era riservato ai bianchi. A Johannesburg gli rifiutarono una stanza d’albergo.

Con stupore e rabbia si rese conto che i britannici ed i boeri dominavano le popolazioni nere ed immigrate (in quel periodo c’erano 100.000 indiani immigrati in Sud Africa) senza rispettarle nemmeno nei diritti più elementari. Spinto da un forte orgoglio, convocò una riunione con la colonia indiana d’Africa, esortando i commercianti ad essere onesti e gli altri ad avere più cura della pulizia personale e a dimenticare le differenze di casta. Si offrì lui stesso per impartire lezioni di inglese gratuitamente. Successivamente prese contatto con le Ferrovie locali, raggiungendo l’accordo che, se ben vestiti e puliti, gli indiani avrebbero potuto usufruire del servizio ferroviario anche in prima classe.

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Dopo un anno di permanenza in Sud Africa, ed ormai risolta la questione legale per cui vi si era recato, fu esortato dalla sua gente a restare ancora per almeno un mese in modo da insegnare a scrivere agli analfabeti; accettò, ma quei 30 giorni divennero 20 anni, di cui molti trascorsi in prigione. Nel maggio 1894 fondò il “Natal indian Congress” una associazione per la difesa degli interessi indiani nell’unione sudafricana: ormai gli indiani avevano capito che bisognava unirsi per vedere riconosciuti i loro diritti.

Nel 1896 tornò in India a prendere sua moglie ed i suoi figli e poi ritornò in Sud Africa, lavorando come avvocato fino 1899. In questo periodo Gandhi comincio ad insegnare una politica di resistenza passiva non violenta e di non collaborazione con il governo sud africano. L’ispirazione a questa lotta politica gli venne dallo scrittore russo Lev Tolstoi, la cui influenza su Gandhi fu molto profonda. Ma il Mahatma si sentiva anche ispirato dall’insegnamento cristiano e dallo scrittore americano del diciannovesimo secolo Henry David Thoreau, specialmente al suo saggio ‘la disobbedienza civile’. Gandhi chiamò la resistenza passiva e la disobbedienza civile con un termine in sanscrito che significa ‘verità e fermezza’, Satyagraha.

Durante la guerra boera organizzò un corpo volontario per assistere i feriti e fu a capo di una unità della croce rossa, sostenendo gli inglesi. Dopo la guerra tornò alla sua campagna per i diritti degli indiani. Nel 1904 sull’esempio di Tolstoi fondò a Phoenix, nei pressi di Durban, una colonia agricola, dove vi trasferì la tipografia del giornale “Indian Opinion”, fondato sempre nello stesso anno. La regola della comunità era che ognuno doveva guadagnarsi la vita con il lavoro nei campi.

Nell’agosto del 1906 il governo obbligò tutti gli asiatici ad avere una carta di identità, con relative impronte digitali oltre ad altre misure di polizia che li trattavano come se fossero dei criminali. Gandhi consigliò a 3000 satyagrahi di rifiutare di farsi schedare: se multati, non dovevano pagare, se processati dovevano dichiarare di aver violato le leggi ed andare in carcere senza opporre resistenza. Facendo così in breve le prigioni furono piene e Gandhi venne arrestato ed incarcerato per 6 mesi. Gandhi non cessò di opporsi alle leggi segregazioniste e andò ancora diverse volte in prigione.

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Nel 1909 scrisse “Hind Swaraj”, libro nel quale sviluppò le teorie della lotta attraverso la non-violenza. Il 30 giugno 1914 il Governo del Sud Africa firmò un accordo con Gandhi in cui venivano riconosciuti i matrimoni indiani ed eliminate parte delle vecchie leggi razziali. Gandhi poté ritornare finalmente nella sua patria: il 9 gennaio 1915 sbarcò di nuovo a Bombay. Anche qui c’era aria di rivolta al governo britannico, soprattutto a causa della nuova legge agraria, che prevedeva il sequestro delle terre ai contadini in caso di scarso, o mancato raccolto. Gandhi divenne leader del Partito del Congresso e lanciò il suo movimento di resistenza non violenta contro la Gran Bretagna.

Il 30 marzo 1919 ebbe inizio, a Delhi, la prima grande campagna di satyaghara su scala nazionale per protestare contro le misure restrittive che gli inglesi imponevano sulla libertà personale degli indiani (Rowlatt Acts) al fine di sopprimere i movimenti di ribellione. I seguaci del Mahatma furono invitati a firmare una dichiarazione scritta dallo stesso Gandhi, in cui si impegnavano a “disobbedire” nel caso in cui queste leggi venissero applicate. Per osservare la resistenza passiva, venne deciso di sospendere il lavoro in tutta l‘India, dedicando la giornata al digiuno e alla preghiera. Purtroppo vi furono comunque dei feroci scontri con la polizia, con decine di morti. Il 18 aprile dunque, Gandhi sospese le attività del movimento.

Nel 1920 però, visto che il governo britannico non cedeva nelle sue posizioni, sostenuto dal partito del Congresso e dai musulmani, Gandhi organizzò una campagna di non cooperazione. Gli indiani negli uffici pubblici si dimisero, le istituzioni governative furono boicottate, non si pagarono più le tasse ed i bambini indiani furono ritirati dalle scuole pubbliche. In tutta l’India, le strade furono bloccate da indiani stesi in terra, che rifiutavano di alzarsi anche se picchiati dalla polizia. Furono anche boicottati i prodotti tessili provenenti dall’Europa. Gandhi fu arrestato, subì un processo, ma i britannici lo dovettero rilasciare dopo pochi mesi.

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All’uscita di prigione il piccolo grande indiano si appellò alla coesione nazionale e reclamò l’uguaglianza sociale per gli intoccabili, che chiamava affettuosamente harijans (“bambini di Dio”). C’era molta povertà nel paese e Gandhi divenne un simbolo vivente per le sue lotte in favore dei più emarginati. Viveva una vita spirituale e ascetica fatta di preghiera, scarso cibo e meditazione. Si nutriva di verdure, succo di frutta, latte. Gli indiani lo veneravano come un santo e cominciarono a chiamarlo Mahatma. Dopo altri due anni di carcere, nel 1924, Gandhi si ritirò dalla politica attiva, ma fu presto richiamato alla lotta e alla nuova proclamazione di una nuova campagna per la disobbedienza civile, chiedendo ai suoi di rifiutarsi di pagare le tasse sul sale, che colpivano le popolazioni più povere. Migliaia di indiani seguirono Gandhi per 24 giorni, 350 chilometri, da Ahmedabad al mar d’Arabia, facendo il sale attraverso l’evaporazione dell’acqua marina, come atto simbolico anti-governativo. Era il 12 Marzo del 1930.

Cominciò poi il boicottaggio dei tessuti stranieri; i negozianti non vendevano più agli inglesi i beni più necessari, i funzionari statali si dimettevano in massa, i tribunali erano deserti. Gli inglesi cercarono dapprima di reagire facendo caricare i dimostranti dalla polizia e arrestare gli oppositori. Gandhi fu arrestato nuovamente e la direzione della campagna fu assunta dalla moglie, ma venne arrestata anche lei; succedettero a quest’ultima molti altri capi, ma vennero tutti arrestati ed in poco tempo le prigioni furono di nuovo piene. Il 25 gennaio 1931 Gandhi ed altri membri dell’esecutivo del congresso vennero liberati e al termine di una serie di colloqui tra il Viceré e Gandhi, nel febbraio-marzo 1931 fu raggiunto un accordo definito “patto Irwin-Gandhi” per cui il Governo britannico modificava le leggi sul monopolio del sale, liberava i detenuti politici e revocava le ordinanze speciali ed i procedimenti pendenti; il Congresso in cambio accettava di partecipare alla Conferenza di Londra per determinare le linee guida della nuova Costituzione.

Nel 1932, Gandhi ricominciò la disobbedienza civile contro gli inglesi. Arrestato due volte, il Mahatma fece diversi scioperi della fame con la decisione di proseguirli ad oltranza: se fosse morto vi sarebbe stata la rivoluzione in India e questo argomento spaventava moltissimo gli Inglesi. Si batteva questa volta per migliorare lo stato degli indù intoccabili, sebbene lui appartenesse alla casta dei mercanti Vaishya. Nel 1934 si ritirò nuovamente dalla politica, preferendo lasciarla ai giovani leaders del Congresso, ma fu ugualmente imprigionato diverse volte, durante le quali fece molti scioperi della fame. Nel partito fu sostituito da Jawaharlal Nehru. Gandhi viaggiò in questo periodo in India, chiedendo la cancellazione dell’intoccabilità. In quell’anno subì anche il primo dei cinque tentativi di omicidio. Nelle elezioni del 193, il Congresso ottenne la maggioranza nel Parlamento indiano: da allora la marcia verso l’autonomia e l’indipendenza era divenuta ineluttabile.

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All’inizio della Seconda Guerra Mondiale, Gandhi decise di non sostenere l’Inghilterra se questa non avesse garantito all’India l’indipendenza. Il governo britannico reagì con l’arresto di oltre 60.000 oppositori e dello stesso Mahatma, che però fu rilasciato dopo due anni, per problemi di salute. Nel 1942 lanciò il famoso slogan “lasciate l’India”, invitando i britannici ad andarsene e rilanciando il movimento per la disobbedienza civile. Lui ed altri dirigenti del Congresso furono arrestati. Sua moglie Kasturbai morì durante la prigionia.

Il 15 agosto 1947 gli inglesi accordarono l’indipendenza, ma il Paese si divise in due su richiesta della lega musulmana. Nacque il Pakistan, i cui confini però erano indefiniti. Scoppiarono numerosi tumulti, vi furono quasi un milione di morti e sei milioni di profughi, specialmente nella città di Calcutta. Per cercare di riportare la pace, il Mahatma fece nuovi scioperi della fame. Dodici giorni dopo la fine dell’ultimo, a Delhi, dove si era recato perché le violenze degli estremisti indù erano lì molto più accese, mentre stava andando a pregare, la sera del 30 Gennaio 1948 un giovane estremista indù lo seguì e lo uccise con colpi di pistola a ripetizione. La sua morte fu considerata una catastrofe internazionale. Più di due milioni di indiani assistettero ai suoi funerali. I suoi insegnamenti furono poi applicati, con successo, da Martin Luther King, Jr. e in Sud Africa da Nelson Mandela.

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Salve dott.ssa, sono una ragazza 28enne fidanzata da circa 3anni e mezzo. Il mio ragazzo ha la mia stessa età. È da in Po di tempo che la nostra vita sessuale è quasi pari a zero, e quando facciamo l’amore lui non riesce a raggiungere l’eiaculazione. Ormai è da mesi che ne parliamo e cerchiamo di trovare una soluzione ma purtroppo niente. Lui dice che gli piace fare l’amore con me e soffre anche lui per questo. Lui fa un lavoro molto impegnativo e stressante(è in politica) e dedica la sua vita al lavoro, da poco ha chiuso una campagna elettorale durata mesi e durante la quale la nostra vita privata è stata azzerata. Lui dopo questa campagna elettorale non ha staccato mai dal lavoro, niente vacanza e ora… Secondo Lei lui non è più innamorato di me? Potrebbe essersi fissato e avere un blocco? Non so più cosa pensare e cosa fare, questa cosa mi rende insicura nel nostro rapporto e ho paura che ci stia allontanando. Come devo comportarmi? Grazie

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Gentilissima,

In tutti i lavori c’è competizione, ma chi si dedica alla politica, se vuole riuscire, deve impegnarsi molte ore al giorno e dedicare a questo obiettivo gran parte delle sue energie. Capisco dunque che il suo partner possa sentirsi stanco e apparire poco impegnato nella relazione.

Ovviamente, vivere con una persona così interessata ad altro non deve essere facile: i dubbi sulla propria relazione ovviamente vengono e ci si può trovare a vivere momenti di grande malinconia.

La soluzione sta nel fatto che, qualunque lavoro si svolga, un rapporto stabile venga comunque coltivato ogni giorno , con momenti di qualità: basta organizzarsi meglio e pensare alla propria relazione di coppia come ad una vera priorità, che in alcuni casi deve superare tutte le altre, senza apparire, come invece spesso accade, “una perdita di tempo”.

Auguri.

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