Le benzodiazepine

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Si avvertono i Lettori che, sebbene questo articolo sia stato scritto cercando di porvi la massima cura ed attenzione, potrebbe contenere qualche inesattezza. Psicolinea.it e l’autrice di questo articolo pertanto non possono essere ritenuti responsabili di eventuali errori o omissioni, o degli effetti ottenuti dall’applicazione delle informazioni contenute nel testo. Si raccomanda dunque ai Lettori di verificare le informazioni circa ogni singolo prodotto farmaceutico, per assicurarsi che non siano intervenute variazioni nelle dosi raccomandate, o nelle controindicazioni alla sua somministrazione. Si suggerisce inoltre, prima di decidere per l’assunzione o meno di uno dei farmaci citati nell’articolo, di parlarne sempre con il proprio medico di fiducia.

Perché le benzodiazepine sono considerati farmaci pericolosi?

Perché si tratta di molecole ambivalenti: infatti da una parte sono dei farmaci particolarmente efficaci, con un effetto psicotropo che agisce in pochi minuti dopo la somministrazione (pochi farmaci possono competere con le benzodiazepine in termini di efficacia, immediatezza dell’azione e bassa tossicità acuta. Se utilizzate per un breve periodo, le benzodiazepine possono essere di grande aiuto, a volte fino a salvare la vita delle persone, in molti disturbi clinici); dall’altra sono farmaci pericolosi, in quanto il loro uso può diventare fonte di effetti collaterali significativi e di dipendenza (quasi tutti gli svantaggi delle benzodiazepine risultano dal loro uso prolungato).

La prescrizione di questi farmaci è un problema di salute pubblica, a causa dei problemi causati dal loro uso cronico, che crea dipendenza e sintomi di astinenza.  Pericolosi possono inoltre essere i suoi effetti sedativi, che producono amnesia. La frequenza d’uso di queste molecole, il loro uso in psicoterapia e il rapporto costi/benefici è al centro di molti studi e discussioni scientifiche.

In questa prima parte parleremo della storia delle benzodiazepine, del loro funzionamento e delle loro applicazioni nel trattamento dell’insonnia.

Le interviste

 

Quale è la storia delle benzodiazepine?

Jean Delay (1957, psichiatra), ha dato la seguente definizione di molecola psicotropa:

“I farmaci psicotropi sono delle sostanze chimiche organiche naturali o artificiali con un tropismo psicologico, vale a dire in grado di alterare l’attività mentale.

Sono state le Nazioni Unite ad usare ufficialmente il termine “psicotropo” per inserire queste sostanze in un accordo (“Convenzione degli psicotropi”, 21 Febbraio, 1971) e così limitarne la produzione e il commercio.

La scoperta delle benzodiazepine (BZD),  nel 1950, fu un punto di svolta nel trattamento dei disturbi d’ansia. Questi farmaci hanno infatti sostituito i barbiturici, che una volta venivano utilizzati per trattare l’ansia e oggi sono usati solo per curare l’epilessia.

Un tempo i barbiturici erano le uniche armi contro l’ansia, ma ponevano dei problemi riguardo alla gravità degli effetti indesiderati:

  • convulsioni, delirio e allucinazioni;
  • reazioni individuali piuttosto variabili tra le quali: repentini sbalzi di umore, depressione, spossatezza;
  • vasodilatazione e perdita del calore corporeo.

L’uso ripetuto e protratto di queste sostanze esponeva all’instaurarsi di una fortissima dipendenza.

La molecola, prima dell’arrivo degli ansiolitici BZD, era il meprobamato, appartenente alla classe dei derivati carbammati (uretani).

Nel 1960 arrivò la prima molecola di benzodiazepine, il clordiazepossido, che oggi non è più in vendita.

Le BZD apparirono subito come farmaci miracolosi, in grado di trattare l’ansia in pochi minuti e senza gli effetti collaterali causati dai barbiturici. Solo in un secondo momento ci si accorse dei problemi derivanti da queste molecole: di tolleranza, dipendenza, pregiudizio delle funzioni cognitive come la memoria e la concentrazione, per non parlare degli abusi.

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Cosa sono le benzodiazepine?

Le benzodiazepine (BZD) sono i farmaci sedativo-ipnotici più frequentemente usati.

Le BZD sono molecole ansiolitiche e ipnotiche appartenenti alla classe dei farmaci psicotropi.

Cosa sono i farmaci psicotropi?

I farmaci psicotropi sono sostanze che possono influire sulla psiche e sul comportamento umano, in quanto agiscono sul sistema nervoso centrale.

Quali sono i farmaci psicotropi?

I farmaci psicotropi sono classificati in diverse categorie:

  • Psicolettici: ansiolitici, ipnotici, sedativi e antipsicotici (neurolettici); sono depressori del SNC e dello stato psichico;
  • Psicoanalettici: antidepressivi (tono dell’umore) e psicostimolanti (stimolano l’attività mentale, come le amfetamine o la cocaina, per esempio);
  • Psicodislettici: sostanze allucinogene capaci di alterare le percezioni e produrre dipendenza (non hanno indicazioni terapeutiche e includono mescalina, ecstasy, eroina);
  • Normotimici o timoregolatori: sono degli stabilizzatori dell’umore (ad esempio il litio).

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Per cosa vengono utilizzate principalmente le benzodiazepine?

Le BZD sono molecole usate principalmente per la riduzione degli stati d’ansia, per indurre una sedazione. Le loro indicazioni sono sintomatiche e non curative.

Principali effetti terapeutici:

  • Ipnotici; favoriscono il sonno e vengono utilizzati per il trattamento dell’insonnia;
  • Ansiolitici; diminuiscono la sensazione di ansia e vengono utilizzati per il trattamento di sindromi ansiose, fobie ed attacchi di panico;
  • Miorilassanti; favoriscono il rilassamento muscolare e vengono utilizzati per il trattamento degli spasmi muscolari.
  • Anti convulsivanti; arrestano gli attacchi e le convulsioni e vengono utilizzati in seguito ad intossicazione da farmaco ed in alcune forme di epilessia.
  • Amnesici; riducono la memoria a breve termine e vengono utilizzati per la premedicazione prima degli interventi di chirurgia minore.

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Come si scelgono le benzodiazepine?

La scelta delle BZD si fa considerando:

1. La velocità di eliminazione. Le benzodiazepine si differenziano fra loro per quanto riguarda la velocità alla quale vengono metabolizzate (nel fegato) e poi eliminate dall’organismo (nelle urine).

Ad esempio, la “emivita” (cioè il tempo che trascorre fino a quando la concentrazione di una sostanza nel sangue diminuisce alla metà del suo valore iniziale, dopo una singola dose) nel caso del triazolam (Halcion) è soltanto di 2-5 ore, mentre l’emivita del diazepam è di 20-100 ore, e quella di un metabolita attivo del diazepam (desmetildiazepam) è di 36-200 ore.

Questo significa, in altre parole, che la metà delle sostanze attive del diazepam sono ancora riscontrabili nel flusso sanguigno dopo 200 ore dall’assunzione di una singola dose. Conseguentemente, è ovvio che con l’assunzione ripetuta del farmaco si produce un accumulo dello stesso, che aumenta la concentrazione della sostanza nel sangue (principalmente nei tessuti grassi). Vi è una notevole variabilità individuale nella velocità con cui si metabolizzano queste molecole.

La scelta in genere ricade su molecole che hanno un’emivita:

intermedia (6 a 12 ore) per un assunzione una tantum o la terapia dell’insonnia (accumulo basso, limitata comparsa di effetti collaterali).
lunga (+ 12 ore): queste molecole si accumulano e forniscono un effetto prolungato per il trattamento ad esempio dell’ansia generalizzata.

2. La fisiopatologia del paziente: su pazienti anziani, con funzioni del fegato compromesse, o con persone che assumono farmaci che influenzano l’attività del fegato è, ad esempio, meglio usare lorazepam, oxazepam, temazepam, in quanto queste tre molecole sono poco metabolizzate dal fegato.

In conclusione, la scelta delle BZD va fatta soprattutto in termini di farmacocinetica (tempo di dimezzamento, presenza di metabolita attivo o meno) e delle potenziali interazioni tra farmaci.

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Quale è il meccanismo di azione delle BDZ?

Tutte le benzodiazepine potenziano l’azione di una sostanza chimica naturale del cervello, il GABA (acido gamma-aminobutirrico).

Cosa è il GABA?

Il GABA (acido gamma-amino-butirrico) è un aminoacido che agisce da neurotrasmettitore inibitorio, nel cosiddetto sistema gabaergico della base cerebrale, cioè lungo le vie nervose dei nuclei grigi centrali. Il GABA è il neurotrasmettitore inibitore più abbondante a livello cerebrale.

Le massime concentrazioni di questa sostanza si trovano a livello della substantia nigra, nel globo pallido, nell’ipotalamo, nei corpi quadrigemini, nella corteccia cerebrale, nel cervelletto e nell’ippocampo  molti dei neuroni localizzati in tali aree partecipano alla formazione delle vie striato-nigrale, nigro-collicolare, nigro-talamica e nigro-tegmentale.

Il GABA è presente anche nelle cellule gliali, dove uno specifico sistema di captazione e di catabolismo contribuisce all’allontanamento dell’aminoacido dallo spazio sinaptico.

Il messaggio che il GABA trasmette è un messaggio di tipo inibitorio: in pratica, dice ai neuroni con i quali esso entra in contatto di rallentare, o di smettere di generare impulsi nervosi.

Nel cervello, esso si trova accumulato in particolare nelle terminazioni presinaptiche e viene poi rilasciato nelle fessure sinaptiche dei neuroni. Il GABA si fissa tra l’altro sul recettore GABA-A (che si trova sul lato postsinaptico) per attivare un attività inibitoria sulle trasmissioni neuronali, attraverso la iperpolarizzazione neuronale della cellula post-sinaptica dei neuroni. (Apertura del canale che permette il rilascio di ioni cloro nella fessura sinaptica e rende quindi meno eccitabile il neurone postsinaptico. Questi ioni negativi infatti “sovraccaricano” il neurone, rendendolo meno reattivo ad altri neurotrasmettitori che normalmente l’ecciterebbero).

Poiché circa il 40% dei milioni dei neuroni presenti nel cervello risponde al GABA, questo significa che questo neurotrasmettitore ha un potere calmante sul cervello: esso è, in un certo senso, un tranquillante ed un sonnifero naturale di cui dispone l’organismo. Per questo possiamo dire che il GABA è il principale neurotrasmettitore inibitorio delle funzioni neuronali e si può identificare come un “ansiolitico endogeno”.

Il GABA ha altri recettori specifici (tutte le benzodiazepine agiscono, in maggiore o minore misura, su tutti questi sottotipi di recettori benzodiazepinici e tutte potenziano l’azione del GABA sul cervello).

Recettori GABA-B (accoppiati a una proteina G, moderano il rilascio di GABA e sono responsabili della apertura / chiusura dei canali del potassio) e -C (presente a livello della retina e dell’ippocampo, considerato una sottoclasse di recettori GABA-A, perché causa un ingresso di ioni cloro, quando è attivato).

Il recettore GABA-A è un complesso macromolare pentamerico che lega le BZD: esso è costituito da 5 subunità proteiniche che delimitano un canale permeabile agli ioni cloruro. Queste subunità formano una rosetta (2 unità α, una unità β e una γ) dove avviene la fissazione al GABA (subunità β) così come ad altre sostanze come le benzodiazepine (subunità α). Va specificato che questo recettore può anche legarsi all’alcool, agli steroidi e ai barbiturici.

La subunità α1 è la più diffusa nel sistema nervoso centrale, è situata nel tronco cerebrale e favorisce la sedazione. Potrebbe anche essere correlata al fenomeno dell’ amnesia anterograda. La subunità α2, più presente nel sistema limbico (ippocampo), è associata all’ansiolisi e potrebbe avere un effetto rilassante sulla muscolatura. La subunità α3 è molto meno nota: potrebbe essere responsabile di un effetto ansiogeno per effetto di un modulatore negativo.

Il legame delle BZD in quell’area può provocare un cambiamento allosterico nella struttura del recettore e potenziare l’effetto inibitorio del GABA, facilitando l’apertura del canale cloro: questi sono modulatori del recettore GABA-A.


L’azione naturale del GABA viene dunque potenziata dalle benzodiazepine, le quali esercitano in questo modo un’influenza inibitoria (spesso in misura eccessiva) sui neuroni. Va specificato che le BZD sono attive solo in ​​presenza del GABA: questo spiega perché l’azione sedativa di queste molecole è limitata alla quantità di GABA disponibile, a differenza dei barbiturici, che agiscono direttamente sul flusso di ioni cloruro.

La distribuzione topografica dei recettori BZD nel SNC indica l’esistenza di due sottotipi di recettori: BZD1 BZD2 noti anche come w1 e w2.

Il tipo BZD1 sarebbe particolarmente presente nella corteccia cerebrale (la regione superficiale della materia grigia degli emisferi cerebrali) e nel cervelletto. Il tipo BZD2 tipo sarebbe particolarmente presente nelle staminali del midollo spinale e nel tronco cerebrale, oltre che nelle strutture del sistema limbico (ippocampo e amigdala). Per contro, non sarebbe presente nel cervelletto.

Ricapitolando, il funzionamento del meccanismo è il seguente:

1) L’impulso nervoso provoca il rilascio del GABA proveniente dai siti di immagazzinamento presenti sul neurone;
2) Il GABA viene rilasciato nello spazio che c’è tra i neuroni;
3) Il GABA reagisce con i recettori del neurone 2; la reazione permette che entrino nel neurone gli ioni cloro (Cl–)
4) Questo effetto inibisce l’ulteriore avanzamento dell’impulso nervoso;
5) Le benzodiazepine reagiscono con il sito di potenziamento sui recettori GABA;
6) Questa azione incrementa gli effetti inibitori del GABA; l’impulso nervoso può essere bloccato in modo completo.

Il 40% dei neuroni del SNC sono GABAergici, e questo spiega l’importanza delle BZD.

Il risultato di questo potenziamento degli effetti inibitori del GABA provocato dalle benzodiazepine, diminuisce la produzione del cervello dei neurotrasmettitori eccitatori, ivi comprese norepinefrina (noradrenalina), serotonina, acetilcolina e dopamina.

Tali neurotrasmettitori eccitatori sono indispensabili per mantenere il normale stato di veglia, per la memoria, per il tono muscolare il coordinamento motorio, per le reazioni emotive, per la secrezione delle ghiandole endocrine, per il controllo dei battiti cardiaci e della regolazione della pressione sanguigna e per moltissime altre funzioni: tutte queste funzioni possono essere dunque compromesse dalle benzodiazepine.

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Quali sono le principali indicazioni terapeutiche per le benzodiazepine?

  • Manifestazioni psicologiche e somatiche di ansia minore o grave e invalidante

Le BZD sono utilizzate nel trattamento delle reazioni ansiose traumatiche acute (crisi d’ansia, fobie, attacchi di panico) o nell’ansia generalizzata. L’ansia è una normale emozione della vita quotidiana. Diventa patologica quando l’individuo ne perde il controllo e questo è per lui fonte di disagio. Si ritiene che l’ansia acuta sia associata ad un evento recente e doloroso e che solitamente migliori in poche settimane.

L’ansia però può anche essere cronica: può far parte di sindromi, tra cui il GAD (disturbo d’ansia generalizzato), il DAP (disturbo da attacchi di panico), l’OCD (disturbo ossessivo compulsivo). Può inoltre essere un sintomo presente in altri disturbi psichiatrici, come nella depressione o nella psicosi.

I sintomi d’ansia non dovrebbero essere confusi con lo stile di vita irregolare o gli errori dietetici, come ad esempio un’eccessiva assunzione di caffè, di alcool, uso di droghe, ecc. o con l’ansia causata da sintomi somatici come ad esempio l’ipertiroidismo.

Per quanto riguarda l’epidemiologia, è difficile per le ragioni sopra esposte, quantificare l’ansia in termini di prevalenza e incidenza.

Trattamento dell’ansia: si possono usare le benzodiazepine?

Le BZD, qualunque sia la loro durata, vengono raccomandate per il trattamento dell’ansia. Hanno infatti un rapido effetto ansiolitico sui segni somatici dell’ansia.

L’obiettivo del trattamento è quello di ridurre l’ansia, migliorare la qualità della vita del paziente, con una riduzione al minimo degli effetti collaterali. Tuttavia, il trattamento con benzodiazepine dell’ansia dovrebbe essere di breve durata, anche se la maggior parte dei disturbi d’ansia in genere persiste per diversi mesi o diversi anni.

Recentemente, i problemi sempre più numerosi legati all’uso prolungato di benzodiazepine e la dimostrazione della efficacia di alcuni antidepressivi nel disturbo d’ansia generalizzato hanno portato ad una riduzione dell’uso delle BDZ nei trattamenti dei disturbi d’ansia, a beneficio dell’utilizzo degli antidepressivi.

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Come sono classificate le benzodiazepine?

Esse sono classificate secondo la loro principali indicazioni e la loro emivita.

In base alla struttura chimica, esse possono essere suddivise in:

 Benzodiazepine 1,4
In questa categoria, l’anello diazepinico presenta due atomi di azoto in posizione 1 e 4. A seconda dei diversi radicali legati possiamo trovar le 2-chetobenzodiazepine, la classe principale di BDZ cioè diazepam e clordemetildiazepam. In posizione 3 può essere presente un anello ossidrilico (R3) e si avranno il lorazepam e oxazepam o derivati. Le nitrobenzodiazepine sono caratterizzate dalla presenza di un gruppo nitro in posizione 7 (R7) cioè clonazepam.
 Benzodiazepine 1,5
Si differenziano dalle precedenti per la posizione degli atomi di carbonio e azoto nelle posizioni 4 e 5 dell’anello diazepinico. Un esempio è il clobazam.
Triazolobenzodiazepine
Sono caratterizzate dalla presenza di un anello triazolico condensato in posizione 1 come l’alprazolam.
Imidazobenzodiazepine
Caratterizzate dalla presenza di un anello imidazolico condensato in posizione 1. Un esempio è il midazolam.

Il più comune sistema di classificazione delle benzodiazepine è in base all’emivita plasmatica (tra parentesi il nome commerciale più utilizzato):

Benzodiazepine a lunga durata d’azione
Emivita maggiore di 48 ore:
  • Diazepam (Valium, Ansiolin, Tranquirit, Noan)
  • Delorazepam o Clordemetildiazepam (En)
  • Nordazepam o Desmetildiazepam (Madar, Stilny)
  • Clordiazepossido (Librium)
  • Prazepam (Prazene, Trepidan)
  • Flurazepam (Dalmadorm, Flunox, Felison)
  • Clobazam (Frisium)
  • Quazepam (Quazium)
  • Halazepam o Alazepam (Paxipam)
  • Medazepam (Nobrium)
Benzodiazepine a durata d’azione intermedia
Emivita compresa tra 24 e 48 ore:
  • Bromazepam (Lexotan, Compendium)
  • Clotiazepam (Tienor, Rizen)
  • Nitrazepam (Mogadon)
  • Flunitrazepam (Darkene, Roipnol)
  • Clonazepam (Klonopin, Klonapin, Rivotril)
  • Cinolazepam (Gerodorm)
  • Estazolam (Esilgan)
  • Pinazepam (Domar)
  • Tofisopam (Emandaxin, Grandaxin)
  • Cloxazolam (Lubalix, Sepazon, Olcadil)
Benzodiazepine a breve durata d’azione
Emivita minore di 24 ore:
  • Alprazolam (Xanax, Frontal, Valeans)
  • Lorazepam (Tavor, Control, Lorans, Ativan, Trapax)
  • Oxazepam (Serpax, Limbial)
  • Clotiazepam (Rizen, Tienor)
  • Ketazolam (Anseren)
  • Loprazolam (Dormonoct)
  • Temazepam o Metiloxazepam (Restoril, Normison, Euhypnos)
  • Tetrazepam (Mylostan)
  • Camazepam o Comazepam (Albego, Limpidon, Paxor)
  • Adinazolam (Deracyn)
Benzodiazepine a durata d’azione brevissima
Emivita da 1 a 6 ore:
  • Brotizolam (Lendormin)
  • Lormetazepam o Metillorazepam (Noctamid, Minias)
  • Midazolam (Ipnovel, Dormicum)
  • Triazolam (Halcion, Songar)
  • Etizolam (Depas, Pasaden)
  • Doxefazepam (Doxans)

 

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Cosa si intende per “potenza farmacologica”?

Dosaggi equivalenti di un farmaco possono variare in potenza fino a 20 volte. Ad esempio, 0,5 milligrammi di alprazolam (Xanax) equivalgono in modo approssimativo a 10 mg di diazepam (Valium, Ansiolin, Tranquirit). Quindi, una persona che assuma 6 mg di alprazolam al giorno, assume l’equivalente di circa 120 mg di diazepam, il che corrisponde a una dose molto elevata. Questa differenza di potenza farmacologica diviene molto importante quando si tratta di passare da una benzodiazepina all’altra.

Quanto durano gli effetti?

La durata apparente dell’azione di una benzodiazepina è notevolmente inferiore a quella dell’emivita del farmaco. Nel caso della maggior parte delle benzodiazepine, gli effetti evidenti solitamente scompaiono entro alcune ore. Tuttavia, finché i farmaci sono presenti nell’organismo, essi continuano ad esercitare effetti molto sottili. Tali effetti possono evidenziarsi durante l’assunzione continuativa, o possono insorgere sotto forma di sintomi da astinenza quando si diminuisce il dosaggio o quando si interrompe l’assunzione del farmaco.

Cosa è l’insonnia?

L’insonnia è un disturbo, un’insoddisfazione espressa da un paziente il cui sonno è difficile da ottenere o mantenere: la diminuzione della durata tipica del sonno produce danni alla la qualità della vita e può essere accompagnata da riduzione della vigilanza durante il giorno, irritabilità, stanchezza, diminuzione della concentrazione. Si definisce “cronica” quando si verifica almeno tre notti alla settimana per più di 4 settimane.

L’insonnia può consistere in una difficoltà nell’addormentarsi (manifestazione di ansia), in continui risvegli o risveglio precoce (qui si va piuttosto nella direzione di una depressione). Si noti che vi è una differenza tra insonnia occasionale e cronica e insonnia secondaria, dovuta ad una patologia somatica.

La prevalenza di insonnia cronica è valutata tra il 10 e il 15% della popolazione generale.

Aumenta con l’età: il 50% delle persone lamenta problemi nell’addormentamento, problemi nel mantenimento del sonno e una sua scarsa qualità. Data questa alta prevalenza, non è sorprendente che il consumo di ipnotici aumenti con l’età.

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Quando vengono usate le BDZ per la cura dell’insonnia?

Le BZD ad azione ipnotica vengono utilizzate in tre situazioni:

  • Insonnia occasionale (jet lag) con trattamento da 2 a 5 giorni;
  • Insonnia transitoria (una tantum per problemi personali) con trattamento di 2 o 3 settimane;
  • Insonnia cronica (dopo la valutazione delle condizioni del paziente)

Le BZD combinate (zolpidem e zopiclone) di breve durata d’azione (2-5 ore) sono le più efficaci per l’insonnia, perché rispettano l’architettura del sonno ed hanno un rischio di accumulo inferiore.

Le BZD ipnotiche d’azione intermedia (da 5 a 10 ore) sono utilizzate per i risvegli notturni. C’è il rischio di una crisi di astinenza dopo la loro interruzione (2 giorni).

Le BZD ipnotiche con lunga durata d’azione (19-23 ore) vengono utilizzate nell’insonnia ribelle associata con la sindrome ansiosa.

Quali sono le Contro-indicazioni?

Assolute:

  •  Insufficienza respiratoria grave
  • Grave malattia del fegato, acuta o cronica (per le BZD fortemente metabolizzate dal fegato: diazepam)
  • Miastenia
  • Sindrome da apnea del sonno
  • Storia di tossicità o intolleranza alle benzodiazepine (ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli altri componenti)

Relative:

  • Anziani
  • Alcol –> potenziamento degli effetti sedativi
  • Antecedenti di abuso di sostanze (rischio di dipendenza)

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Quali sono le precauzioni da osservare?

  • Le Benzodiazepine non sono indicate come monoterapia nella depressione perché c’è un aumento di rischio di suicidio;
  •  Valutare il rapporto rischi / benefici prima di usarle nel trattamento dei bambini;
  • Attenzione all’ insufficienza respiratoria per gli effetti depressivi sul SNC: rischio di depressione respiratoria;
  • Rischio di insorgenza di amnesia anterograda (perdita della memoria a breve termine) e rischio di compromissione delle funzioni psicomotorie (può comparire entro poche ore dalla assunzione);
  • Turbe del comportamento (effetti opposti: irritabilità, disinibizione). Valutare la necessità di ulteriori trattamenti o no.
  • Rischio di insorgenza di convulsioni durante la sospensione; quindi mai interrompere bruscamente il trattamento senza consultare il medico;
  • Adattare la dose in caso di insufficienza renale, epatica (rischio di accumulo) o della frequenza cardiaca (tachicardia ed ipotensione) e negli anziani;
  • I conducenti di veicoli o macchinari devono essere avvertiti dei rischi di sonnolenza diurna.

Quali sono gli effetti collaterali?

  • Alterazione delle funzioni cognitive e difficoltà di concentrazione: amnesia anterograda (in particolare con emivita breve, che può fornire la stessa dose terapeutica), deficit di attenzione, ritardo psicomotorio.
  • Disturbi del comportamento: reazioni paradossali come ansia, insonnia, aggressività, rabbia, comportamento criminale, disinibizione comportamentale.
  • Dipendenza con la sindrome da sospensione (o di rebound) dopo l’interruzione del trattamento:
    insonnia, ansia, tremori, vomito, convulsioni, incubi.
  • Fenomeni di tolleranza, se il farmaco è preso cronicamente.
  • Diminuzione della vigilanza: sonnolenza diurna, cadute, confusione, vertigini: una maggiore vigilanza nei pazienti anziani.

Cosa accade in caso di sovradosaggio ?

Il sovradosaggio da BZD presenta limitati rischi vitali, tranne quando esse non siano combinate con altri deprimenti del SNC fra cui l’alcool. Il sovradosaggio si manifesta con confusione mentale, sonnolenza, coma, in base alla dose ingerita. Ipotonia, ipotensione e depressione respiratoria sono presenti nei casi più gravi.

Il Flumazenil (Anexate ®) è un antagonista delle BZD: questo farmaco viene somministrato in caso di sovradosaggio. Esso agisce attraverso il blocco non competitivo dei recettori delle BZD e rappresenta un antidoto a questa famiglia di farmaci, così come alle molecole non BZD che si legano agli stessi recettori, come zolpidem o zopiclone.

Quali sono i principali fattori di rischio nel consumo di BZD?

I principali fattori di rischio associati alla assunzione di ansiolitici sono: sesso femminile, età giovanile, presenza di turbe psichiche e somatiche. Le ragioni che possono spiegare il motivo per cui si tende a consumare in modo spropositato questi medicinali sono: l’influenza delle industrie farmaceutiche, l’insegnamento che viene dato agli studenti di medicina e farmacia, nonché il comportamento dei pazienti, che insistono nel richiedere la loro prescrizione, cui il medico non riesce ad opporre un rifiuto.

Le BZD vengono consumate in tutte le fasce di età, a partire dai venti anni, con un utilizzo assai più importante a partire dai 60 anni. Le patologie più frequentemente incontrate fra gli utilizzatori sono: la patologia depressiva, il disturbo da attacchi di panico, l’ansia generalizzata, l’agorafobia e le turbe del sonno.

La patologia depressiva gioca un ruolo molto importante presso il consumatore cronico di BZD: fra questi consumatori, il 23% ha avuto un episodio depressivo nel corso della loro vita, contro il 5% dei non consumatori. Questa cifra è importante se la mettiamo a confronto ad esempio con l’agorafobia, che si trova nel 14% dei casi presso i consumatori cronici e nel 5% dei casi fra i non consumatori.
La comorbidità ansia/depressione è molto presente e gioca un ruolo importante nell’iperconsumo di BZD.

Nel 2002/2003 uno studio chiamato ESEMeD (European Study of the Epidemiology of Mental Disorders) condotto in vari Paesi Europei su 20.000 adulti ha mostrato che il 12% dei soggetti intervistati aveva consumato almeno un farmaco psicotropo nell’anno precedente. In questo 12%, il 9,8% erano dei consumatori di ansiolitici.

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Chi sono i consumatori di ansiolitici?

La maggior parte degli utilizzatori di ipnotici/ansiolitici sono degli utilizzatori cronici: se guardiamo la durata di utilizzazione degli ipnotici ansiolitici e antidepressivi in 4 Paesi Europei (Germania, Italia, Regno Unito e Francia, negli anni 1993-97) vediamo che più di un terzo degli utilizzatori lo sono da più di 5 anni. Le numerose prescrizioni di BZD non sono dunque adeguate alle raccomandazioni attuali. In effetti, la prescrizione limitata a 3 mesi per gli ansiolitici e a 1 mese per gli ipnotici non viene rispettata.

C’è anche una correlazione fra cronicità dei trattamenti ed età anagrafica: più il paziente è anziano, maggiore è la probabilità che egli consumi questi farmaci (in particolare dopo i 70 anni). Fra le persone con più di settanta anni, più di una su due sono consumatrici di farmaci psicotropi.

La durata media di trattamento con BZD è compresa fra 39 e 50 giorni. Gli anziani che usano questi farmaci possono facilmente diventarne dipendenti, dal momento che sono più fragili dal punto di vista fisiologico ed hanno anche meno legami sociali.

Secondo lo studio di Lagnaoui et al., il 28% dei consumatori curati con BZD soffrono di fobia sociale, disturbo da attacchi di panico (26,8% dei casi) e di episodi depressivi maggiori (25,8%).

Più di due terzi dei consumatori di ansiolitici e ipnotici non presentavano sintomi identificabili con un disturbo psicologico ed avevano ricevuto dunque una prescrizione inappropriata. La prescrizione di benzodiazepine nel disturbo da attacchi di panico e fobia sociale, inoltre, non è raccomandata (anche in combinazione con un antidepressivo) perché si corre il rischio di una perpetuazione dei sintomi e della comparsa di un’elevata dipendenza.

Una prescrizione di ansiolitici su due sembra dunque non soddisfare le raccomandazioni sanitarie.

Chi prescrive questi farmaci?

Più dell’80% delle prescrizioni di farmaci psicotropi sono fatti da medici di medicina generale. La medicina generale è dunque aperta al trattamento delle malattie mentali, ma l’insegnamento teorico di tipo psichiatrico sul trattamento di queste patologie è spesso minimo nella formazione di un medico generico. La formazione in psichiatria non è obbligatoria e dunque i medici generici che prescrivono questi farmaci spesso non hanno una formazione specifica su questi temi.

Questo è paradossale, se si pensa che circa il 30% delle persone trattate da un medico generico ha dei problemi di salute mentale. (Ad esempio, un paziente può essere trattato con BZD per calmare la sua ansia, che in realtà potrebbe riguardare una condizione depressiva. Questa prescrizione errata porta dunque verso la cronicità del trattamento).

 

Gli ansiolitici vengono usati solo per curare i disturbi d’ansia?

No. Secondo Pellissolo et al., il consumo di una classe di molecole psicoattive non sempre è in linea con la malattia: solo l’11% dei depressi del campione studiato da questi ricercatori assumeva antidepressivi, mentre il 23% di questi soggetti depressi erano trattati con ansiolitici. Allo stesso modo, solo il 27% delle persone che soffrono di ansia generalizzata vengono curate con ansiolitici.

Che effetti hanno questi farmaci sugli anziani?

Vi sono dei sospetti che queste molecole possano facilitare l’insorgenza della demenza senza possibili miglioramenti nel tempo, anche se vi sono altri studi che mostrano risultati opposti: le BZD produrrebbero, ad esempio, un effetto protettivo sulla cognizione, o vi sarebbe un’assenza di correlazione fra assunzione di BZD e cognizione.

Gli anziani hanno maggiori probabilità di sviluppare effetti collaterali relativi alla memoria: l’attività del metabolismo diminuisce con l’età e il rischio di accumulo di BZD è più importante. C’è anche una diminuzione fisiologica delle prestazioni cognitive associate con l’età. Questo è il motivo per cui è necessario scegliere una BZD senza metabolita attivo in questo tipo di persone, per limitare il verificarsi di questi effetti.

Gli effetti cognitivi a lungo termine per l’adozione di BZD sono attualmente al centro di un dibattito che riguarda la salute pubblica. Infatti, data l’importante prevalenza del consumo di benzodiazepine negli anziani (circa il 20%), l’impatto in termini di rischio iatrogeno interessa un gran numero di pazienti.


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Le benzodiazepine possono essere considerate responsabili di molti degli incidenti stradali?

Si, la sonnolenza diurna, la diminuzione della vigilanza e lo stato di confusione mentale prodotto dall’uso di questi farmaci aumenta il rischio di incidenti. Diversi studi epidemiologici dimostrano che l’assunzione di BZD è associata ad un aumento del numero degli incidenti stradali. L’ OFDT (Osservatorio francese delle droghe e delle tossicodipendenze) ha stilato un rapporto nel quale delinea un possibile legame tra abuso di sostanze e incidenti stradali: le prove di laboratorio hanno dimostrato sperimentalmente un legame tra l’uso di BZD e incidenti stradali causati da alterazione delle funzioni di base necessarie per la guida.

Vi sono tuttavia studi contraddittori. Uno studio francese condotto dal « Benzodiazépine/driving-collaborative-group » mostra che la prevalenza di BZD tra le vittime di incidenti o di responsabili di incidenti (studio effettuato su 3147 conducenti) è sostanzialmente identica a quella che si trova nella popolazione generale.
Viene anche fatto un parallelo con l’alcol che, secondo lo stesso studio, moltiplicherebbe da 2 a 6 (a seconda della quantità di alcool nel sangue) il rischio di incidenti.

Al contrario, uno studio francese condotto da Arditti et al., condotto su 168 conducenti che avevano avuto incidenti, ha dimostrato che vi è un aumentato rischio di incidenti per la presenza di BZD nel sangue delle persone coinvolte: il 20,8% dei conducenti ritenuti responsabili dell’incidente erano sotto l’influenza di BZD, contro il 9,1% dei non responsabili.

Non si può dunque dire con certezza se vi sia o meno un aumento del rischio di incidenti stradali legati alle BZD, piuttosto che dovuti all’assunzione di alcol. Importante è comunque cercare di mitigare questi rischi potenziali attraverso delle opportune regolamentazioni.

Le benzodiazepine possono produrre cadute?

Questo evento si verifica quasi esclusivamente negli anziani ed è abbastanza comune. Nei soggetti giovani, la caduta può essere prevenuta con la vigilanza e con riflessi posturali, mentre le cadute per gli anziani possono portare gravi conseguenze: danni cerebrali, fratture del collo, del femore, dell’anca, perdita della mobilità, ecc. Queste persone inoltre è probabile che soffrano di osteoporosi e dunque hanno un difficile recupero. Diversi studi hanno dimostrato un legame tra il rischio di cadute e l’uso di medicine psicotrope (specialmente all’inizio del trattamento).

Uno studio di Wang et al. ha scoperto un legame tra assunzione di benzodiazepine e le fratture dell’anca, soprattutto all’inizio della terapia. Il fatto che le BZD abbiano un’emivita breve o lunga e l’uso di dosi superiori o inferiori non sembra invece interferire con il rischio di fratture.

La meta-analisi di Leipzig et al. mostra invece che l’uso di benzodiazepine aumenta il rischio di cadute nella persona anziana di 1,5 volte, con emivita breve o lunga. I cambiamenti possono derivare dalla durata del trattamento, dai dosaggi utilizzati, dall’associazione con altre sostanze psicoattive o altre variazioni interindividuali, ma di cui al momento non sappiamo di più.

La meta-analisi di Glass et al., che riunisce studi che valutano l’efficacia degli ipnotici negli anziani con insonnia, ha dimostrato che il rapporto rischio-beneficio è sfavorevole: i rischi associati all’uso di BZD (cadute e fratture, incidenti stradali, eventuale alterazione della capacità cognitiva) sono troppo alti in considerazione del beneficio offerto da queste molecole in termini di qualità e durata del sonno.

Si può dunque concludere che il consumo di BZD è associato ad un aumento del rischio di cadute, in particolare negli anziani, e che il medico dovrebbe sempre considerare il rapporto rischi / benefici del trattamento. Di solito agli anziani si preferisce prescrivere un dosaggio dimezzato rispetto a quello consigliato per gli adulti, con una somministrazione di breve durata (2 settimane).

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Quali sono i disturbi comportamentali dei consumatori di BZD?

I disturbi comportamentali nei consumatori di BZD sono reazioni paradossali come ansia, insonnia, aggressività, rabbia, comportamento criminale, disinibizione, suicidio. Questi comportamenti possono avere conseguenze gravi se si manifestano in episodi di violenza con amnesia post-evento. L’agitazione estrema è relativamente rara e si verifica a dosi elevate soprattutto tra i giovani o gli anziani oltre i 65 anni. Le molecole responsabili di questi casi sono lorazepam, clonazepam e alprazolam. L’associazione con l’alcol favorisce fortemente questo rischio, mentre l’uso di BZD in dosi terapeutiche è meno grave.

Come si comportano le BZD in gravidanza?

Le benzodiazepine attraversano la barriera della placenta e, se vengono assunte dalla futura madre in modo continuativo durante l’ultima parte della gravidanza, anche in dosi terapeutiche, possono causare complicazioni nel neonato. Il feto ed il neonato metabolizzano le benzodiazepine molto lentamente, e concentrazioni apprezzabili possono permanere nel neonato fino a 2 settimane dopo la nascita, il che può portare alla “floppy infant syndrome”, cioè mancanza di tono muscolare, eccessiva sedazione ed incapacità di succhiare.

I sintomi derivati dalla sospensione del farmaco possono insorgere dopo circa due settimane e si manifestano nel neonato con uno stato di ipereccitabilità, pianto stridulo e difficoltà di nutrimento. Sembra che le benzodiazepine somministrate in dosi terapeutiche pongano un rischio modesto di malformazioni congenite. L’uso continuativo di questi farmaci nelle madri potrebbe influenzare negativamente la crescita fetale intrauterina e ritardare lo sviluppo cerebrale.

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Quali fattori favoriscono la dipendenza da questi farmaci?

I fattori che, secondo le ricerche, favoriscono la dipendenza da BZD sono i seguenti:

  • alto dosaggio,
  • uso continuato da oltre tre mesi,
  • sesso femminile,
  • età giovanile,
  • storia pregressa di dipendenze (alcol, droghe),
  • tolleranza alle BZD con aumenti del dosaggio,
  • comorbilità
  • gravità della malattia (depressione, disturbo di panico, alcoolismo…),
  • alcolismo e storia familiare di alcolismo,
  • liposolubilità del prodotto (la benzodiazepina solubile penetra più facilmente nel cervello, perché è ricca di lipidi).

Quanto è frequente e come si manifesta la sindrome da astinenza?

La frequenza di una sindrome da astinenza in un consumatore abituale di BZD è presente nel 15 – 26% dei casi. Più è lungo il tempo di trattamento, maggiore è la frequenza del fenomeno (maggiore dell’ 80% quando il trattamento dura da più di tre anni). Questo è ovviamente il rischio maggiore di effetti collaterali dopo la sospensione del farmaco, che incoraggia i consumatori e i medici che fanno le prescrizioni a cercare di non interrompere bruscamente la terapia.

Hernandez et al. propongono i seguenti criteri per la diagnosi specifica di dipendenza da BZD:

  •  uso prolungato: si consumano benzodiazepine ininterrottamente da almeno 90 giorni e con una dose accumulata durante la vita maggiore dell’equivalente di 2700 mg di diazepam.
    Almeno uno dei tre criteri seguenti:
  •  Effetti collaterali imputabili all’uso del farmaco;
  •  Impossibilità di interrompere l’uso, a causa di sintomi di astinenza;
  •  Aumento delle dosi al di là del dosaggio giornaliero raccomandato.

Il fattore tempo è cruciale per l’entrata nella dipendenza. Quanto più si prende la molecola per un periodo prolungato, tanto più aumenta il rischio di diventare dipendenti dalla sostanza. Secondo Pellissolo et al. il rischio medio di diventare dipendenti da BZD dopo diversi mesi di trattamento è del 50%. Secondo Marks questo rischio sarebbe del 10 – 20% dopo un anno di trattamento; periodi più lunghi aumentano il rischio fino al 40%.

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In cosa consiste il fenomeno delle autoprescrizioni?

Una minoranza dei pazienti inizia ad avere “bisogno” di dosi sempre più elevate. All’inizio, questi pazienti riescono a convincere i loro medici ad aumentare la dose prescritta nelle ricette, ma quando raggiungono i limiti delle dosi che questi medici gli prescrivono, è possibile che essi cerchino di contattare altri medici o che si rivolgano direttamente ai reparti ospedalieri o alle farmacie per ottenere ulteriori scorte del farmaco che essi si autoprescrivono.

Perché alcune persone abbinano benzodiazepine e alcol?

I pazienti che rientrano in questo gruppo tendono ad essere persone altamente ansiose, depresse e qualche vola presentano problemi di personalità. In alcuni casi hanno una storia di uso improprio di un altro sedativo o di alcool.

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Esiste un uso “ricreazionale” delle benzodiazepine?

Un’alta percentuale (30-90%) di coloro che assumono droghe diverse fra loro (o “polydrug abusers”) consumano anche le benzodiazepine. In questo contesto, le BDZ vengono assunte da individui che vogliono aumentare lo stato di eccitazione che provocano le droghe illegali, specialmente gli oppiacei, e per alleviare i sintomi da astinenza causati da altre droghe di cui abusano (gli oppiacei, i barbiturici, la cocaina, le anfetamine e l’alcool).

Le persone a cui sono state prescritte le BDZ durante il periodo di disintossicazione dall’alcool a volte diventano dipendenti da questi farmaci. A volte vengono consumate dosi elevate di benzodiazepina per ottenere uno stato in cui ci si sente “su di giri”. E’ stato riferito in diversi paesi l’uso ricreazionale di diazepam, alprazolam, lorazepam, temazepam, triazolam, flunitrazepam ed altre benzodiazepine.

Di solito questi farmaci vengono assunti per via orale, spesso in dosi molto più alte di quelle utilizzate a livello terapeutico (ad esempio 100 mg di diazepam o una dose giornaliera equivalente), ma alcuni consumatori assumono le benzodiazepine iniettandole per via endovenosa. Coloro che assumono queste dosi elevate sviluppano un alto grado di tolleranza alle benzodiazepine e, sebbene in alcuni casi usino il farmaco in modo intermittente, alcuni ne diventano dipendenti. La disintossicazione di questi pazienti può presentare problemi perché le reazioni da astinenza possono essere molto severe, e possono presentare anche convulsioni.

Quali sono gli aspetti tipici della dipendenza da BdZ?

Dopo la sospensione del trattamento, tutti i sistemi fisiologici che sono stati influenzati dall’effetto inibitorio delle BDZ diventano iperattivi, in quanto non incontrano più alcuna resistenza. Tutti i meccanismi eccitatori del sistema nervoso cominciano dunque a funzionare in misura eccessiva e solo successivamente e lentamente si produrranno nuove forme di adattamento naturale dei recettori del GABA. Fino a che non si raggiungerà un nuovo equilibrio naturale, il cervello ed il sistema nervoso periferico permarranno in uno stato di eccessiva eccitabilità e saranno estremamente vulnerabili allo stress.

Cosa è il Rebond?

E’ la ricomparsa dei sintomi iniziali: i sintomi sono simili a quelli originari, per cui era stato a suo tempo iniziato il trattamento, ma si verificano con maggiore intensità. Può subentrare qualche ora o nei primi giorni dopo la cessazione dell’assunzione del farmaco. Il tempo di insorgenza è legato al dosaggio, all’emivita della molecola ed è transitorio.

Quali sono i sintomi della sindrome da astinenza?

La sindrome di astinenza è caratterizzata da debolezza muscolare, rebond di ansia e insonnia (che sono i principali sintomi per cui si era iniziata l’assunzione di BZD), incubi, irritabilità, tremori, mal di testa, nausea, sudorazione e diarrea. Sintomi più gravi possono essere l’ipersensibilità al rumore e alla luce, la disgeusia (sapore metallico in bocca), ipertermia, rabdomiolisi, ipotensione, depressione, disorientamento, allucinazioni (visive, uditive, tattili), psicosi paranoide.

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Come si risolvono questi sintomi?

I sintomi della sindrome da astinenza si risolvono spontaneamente in pochi giorni, ma sono tali da motivare la persona a riassumere BDZ per cercare di stare meglio, il che è in genere efficace. Ecco perché la sospensione dell’assunzione delle BZD richiede una stretta sorveglianza medica, per minimizzare questo problema e ridurre al minimo l’instaurarsi della dipendenza.

Quali comportamenti aiutano a superare la dipendenza da BDZ?

  • (1) Fare ginnastica. Gli esercizi fisici migliorano la circolazione e la funzionalità del cervello e dell’organismo. Cercare esercizi gradevoli, cominciando da un livello di prestazione basso e aumentando progressivamente lo sforzo, cominciare a praticarlo in modo regolare. L’esercizio fisico aiuta anche a lenire il senso di depressione, riduce il senso di stanchezza e migliora la forma fisica in generale.
  • (2) Esercitare la mente. L’efficienza del cervello può essere migliorata attraverso questi stratagemmi: fare elenchi, risolvere parole crociate, porsi delle domande (ad es: cosa mi infastidisce di più?). L’allenamento cognitivo aiuta le persone a trovare il modo di risolvere il deterioramento temporaneo delle facoltà intellettuali.
  • (3) Trovare altri interessi. Ottimo ad esempio un interesse che comporti un lavoro all’aria aperta, perché esso tiene la mente in esercizio, aumenta la motivazione, distrae dai sintomi e può anche essere d’aiuto ad altri.
  • (4) Controllare le emozioni. Soprattutto, smettere di preoccuparsi. La preoccupazione, la paura e l’ansia aggravano tutti i sintomi d’astinenza. Molti di questi sintomi sono appunto un’espressione d’ansia e non costituiscono segni di danni al cervello o al sistema nervoso. Le persone che hanno paura della riduzione/sospensione del farmaco hanno sintomi più intensi di quelle che prendono questo processo in modo sereno e che guardano alla guarigione con positività e fiducia.

Fonti consultate:

Luigi Janiri, Gabriella Gobbi, Abuso e dipendenza da benzodiazepine
Heather Ashton, Le benzodiazepine. Come agiscono e come sospenderne l’assunzione
Amélie Reysset, Les benzodiazepines dans l’anxieté et l’insomnie: dangers lies à leur utilisation et alternatives therapeutiques chez l’adulte
Wikipedia

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