Quando Freud visitò Atene

Quando Freud visitò Atene

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All’inizio di settembre del 1904, Sigmund Freud visitò Atene insieme al fratello minore e andò fino all’Acropoli, per ammirare le rovine dei templi e le antiche sculture. Freud parlò di questo viaggio molti anni dopo, nel 1936, quando pubblicò “Un disturbo di memoria sull’Acropoli: lettera aperta a Romain Rolland”.  

Scrive:

<< A quell’epoca, ogni anno, alla fine di agosto o all’inizio di settembre, avevo l’abitudine di partire con mio fratello per un viaggio di piacere che durava alcune settimane e che ci conduceva a Roma, in qualche altra regione italiana o in qualche località del litorale mediterraneo >>.

I due viaggiatori arrivarono ad Atene quasi per caso, su insistenza di un uomo di affari, conoscente di Alexander Freud, che avevano incontrato a Trieste. In verità i Freud avrebbero voluto andare a visitare Corfù, ma l’amico triestino li aveva fortemente sconsigliati: Corfù in estate è caldissima, disse loro, per cui il suo suggerimento fu quello di andare a visitare Atene. Peraltro, il traghetto della Lloyd sarebbe partito quel pomeriggio stesso.

I fratelli Freud accettarono il consiglio in modo quasi acritico: si persuasero infatti facilmente a rinunciare a Corfù e ad andare ad Atene in modo “molto strano”, ricorda Freud, senza discuterne, o spiegarsene reciprocamente le ragioni.

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Giunto ad Atene, Freud sperimentò una sensazione di stupore mescolata a gioia. Un pensiero, che poi lo avrebbe intrigato per il resto della sua vita, gli attraversò la mente:

<< Quando, finalmente, il pomeriggio dopo il nostro arrivo mi trovai sull’Acropoli e gettai uno sguardo sul paesaggio circostante, un pensiero sorprendente improvvisamente entrò nella mia mente: dunque tutto questo esiste veramente, proprio come abbiamo imparato a una scuola >>. *

Freud fa un esempio: è come se, passeggiando in Scozia sulle rive del Lago Lochness ci si trovasse di fronte al famoso mostro e si fosse costretti ad ammettere l’esistenza di qualcosa che si conosceva, ma alla quale non si era mai creduto.

Dice ancora Freud:

<< Quando ci trovammo sull’Acropoli, la possibilità era diventata una realtà e la medesima incredulità trovò allora un’espressione differente, ma assai più nitida. Questa, senza deformazione, avrebbe dovuto essere: “Veramente non avrei mai creduto che mi fosse concesso di vedere Atene con i miei occhi, come indubitabilmente si dà ora il caso”.

Freud all’epoca aveva 48 anni ed aveva già posto le basi della psicoanalisi da molti anni (“L’interpretazione dei sogni” fu pubblicata nel 1900). Lo psicoanalista era affascinato dal modo in cui una parte di lui aveva potuto dubitare che l’Acropoli fosse davvero esistita, mentre un’altra si chiedeva da dove fosse venuto quel pensiero.


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Questi pensieri e sensazioni contrastanti gli fecero provare una sensazione che chiamò “derealizzazione“. Freud, in effetti, non aveva mai dubitato al ginnasio che Atene fosse realmente esistita: non aveva però mai pensato possibile che un giorno avesse potuto vederla davvero… Fare un viaggio “così lontano” all’epoca gli sembrava semplicemente impossibile.

Di questa sensazione (Entfremdungsgefühl o senso di straniamento nei confronti della realtà), aveva parlato anche ne “L’avvenire di una illusione” in cui riporta lo stesso episodio, commentando:

<< Quanto superficiale e debole doveva essere stata a quel tempo la mia fede nell’effettiva verità di ciò che ascoltavo, se ora potevo essere così stupito! >>

Ma perché questo disagio? Perché una parte di lui lo portava a pensare: “Ciò che vedo qui non è reale”? La sua spiegazione fu, ovviamente, psicoanalitica: era il senso di colpa per aver percorso un lungo cammino, per aver fatto molta strada, più strada di quella che aveva fatto suo padre.

Freud sull’Acropoli ebbe la percezione di aver superato il padre, che non era uno studioso, ma solo un uomo d’affari e non aveva mai viaggiato fuori dell’Europa centrale.

Aver ottenuto più successo del padre era un sentimento piacevole, ma che comportava anche un senso di colpa, come se implicasse qualcosa di proibito. Da qui il senso di estraniazione.

Freud scrisse a Romain Rolland (1866-1944 scrittore francese, musicologo, drammaturgo e saggista, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1915) :

<<“E ora Lei non si stupirà più che il ricordo dell’esperienza sull’Acropoli mi riaffiori così sovente, da quando io stesso sono diventato vecchio, ho bisogno d’indulgenza e non posso più viaggiare >>.

Al suo ritorno da Atene rivelò, in una lettera a Marie Bonaparte, questa sua esperienza di viaggio, che aveva superato qualsiasi cosa egli avesse visto o immaginato sino ad allora: “le colonne dal color dell’ambra dell’Acropoli erano le cose più belle che egli avesse mai visto in vita sua”.

“So it really is true, just as we learnt at school!” – testo originale in inglese dell’autore.

Dr. Giuliana Proietti

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Fonte principale:
Giancarlo Ricci, Le città di Freud, Jaca Book, 1995

Immagine:
Atene, 1900, Wikimedia

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