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Category Archives: Persone e Personaggi

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Frine, la escort ateniese

Frine, la escort ateniese

Frine, la escort ateniese


Frine è stata una delle etere più celebri dell’antica Grecia. La sua figura è circondata da racconti leggendari, che hanno alimentato miti e controversie, rendendola un simbolo della bellezza femminile, del potere seduttivo e della libertà personale, concetti che nell’antica Grecia erano riservati quasi esclusivamente agli uomini. Cerchiamo di conoscerla meglio.

Le etere nell’antica Grecia

Nell’antica Atene le mogli erano confinate alla gestione della casa e alla sfera domestica. Poi c’erano le pornai (prostitute del tempo, da cui deriva la parola “pornografia”) che vendevano il loro corpo per denaro, lavorando per la strada o all’interno di bordelli. Le etere erano invece per lo più ex-schiave provenienti da altre città: esse erano particolarmente belle e sofisticate: oltre alle prestazioni sessuali sapevano offrire una buona compagnia, tanto da esercitare una notevole influenza sui personaggi frequentati. 

A differenza delle prostitute comuni, le etere erano spesso educate, colte e affascinanti; per molti uomini rappresentavano un ideale di compagnia che andava oltre i limiti imposti dal matrimonio. Esse potevano gestire autonomamente i loro averi e, al contrario delle donne da marito, potevano uscire a loro piacimento, avere una vita pubblica, coltivare libere frequentazioni e prender parte ai simposi (raduni conviviali, con feste, danze, giochi, ecc.), dai quali le donne comuni di allora erano invece escluse. Oggi le etere sono paragonabili alle escort di lusso.

Frine

Una delle etere più famose dell’antica Grecia fu Frine (Phryne), il cui vero nome era Mnesarete: era bellissima ed aveva una particolare carnagione giallastra, che le valse il nomignolo di Frine (rospetto).
Era nata a Thespiae, in Beozia (360 a. C.) ma poi era andata a vivere ad Atene. Le fonti storiche ci dicono che Frine era una donna ricchissima, tanto che si offrì di ricostruire con i suoi soldi le mura di Tebe (che erano state distrutte da Alessandro Magno nel 336 a.C.), a condizione che su quelle mura fosse stato scritto: “distrutte da Alessandro, restaurate da Frine, la cortigiana“. Le autorità di Tebe però rifiutarono l’offerta.

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La fama di Frine

Frine divenne famosa non solo per la sua avvenenza, ma anche per la sua intelligenza e la sua abilità nel coltivare relazioni con personaggi influenti dell’epoca. Tra i suoi amanti si dice vi fosse il grande scultore Prassitele, che si narra abbia scolpito ispirato dalla sua bellezza. Secondo alcune fonti, la celebre “Afrodite Cnidia“, una delle prime statue greche di una dea completamente nuda, fu modellata prendendo Frine come musa, rappresentandola nella sua figura ideale e consacrandola come incarnazione della bellezza divina. In occasione della festa di Poseidone a Eleusi, si racconta che ella depose le vesti, si sciolse i capelli, e scese nuda in mare al cospetto del popolo. Questa scena suggerì al pittore Apelle di dipingere un grande quadro di Afrodite Anadiomene (Venere sorgente dalle acque) nel quale la Dea aveva le fattezze di Frine.

Il processo di Frine

Uno degli episodi più celebri della vita di Frine riguarda il processo per empietà che affrontò ad Atene. Accusata di aver profanato i misteri religiosi, rischiava una condanna a morte. Secondo il racconto storico, il suo avvocato Iperide (390-322 a.C.), perorando la sua causa, adottò un metodo tanto drammatico quanto provocatorio: scoprì il corpo di Frine davanti alla corte, mostrando ai giudici la sua bellezza straordinaria, che si dice fosse paragonata a quella di una dea. Colpiti dalla visione della sua bellezza, i giudici avrebbero interpretato la sua avvenenza come un segno del favore divino e decisero di assolverla. Questo episodio, sebbene non verificato storicamente, rappresenta uno dei racconti più emblematici del potere dell’immagine e della bellezza nell’antica Grecia. (kalokagathìa, identità fra ciò che è bello e ciò che è buono)

Relazione fra sesso e cibo

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Frine come simbolo di libertà femminile

Frine è stata spesso interpretata come una figura simbolica, rappresentando la libertà, il potere di seduzione e l’autodeterminazione femminile in una società patriarcale. La sua vita mostra come le etere avessero una certa libertà rispetto alle donne ateniesi comuni, godendo di uno status che permetteva loro di influenzare la cultura e persino le decisioni politiche della città. In un’epoca in cui le donne erano confinate nella sfera domestica e raramente avevano accesso all’educazione o alle arti, Frine rappresenta un’eccezione straordinaria.

Eredità e mito

La figura di Frine ha ispirato molte opere artistiche e letterarie nei secoli successivi. Dipinti, sculture e scritti letterari hanno contribuito a mantenere vivo il mito di questa etera ateniese, spesso enfatizzando la sua bellezza e l’episodio del processo. Artisti del XIX secolo, come Jean-Léon Gérôme, dipinsero la famosa scena del tribunale, mostrando la potenza simbolica del suo gesto e la vulnerabilità associata all’esposizione della propria bellezza come arma di difesa.

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Immagine: Jean-Léon Gérôme, 1861

Frine davanti all’Aeropago,da Wikimedia

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Il processo di Frine, di Vittorio De Sica, con Gina Lollobrigida, dove per la prima volta fu detto il termine “maggiorata”, 1952

Psicolinea 20+anni di attività

Giuliana Proietti
Dr. Giuliana Proietti

Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

Per appuntamenti:
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mail: g.proietti@psicolinea.it

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  • 28 Ott 2024
  • Dr. Giuliana Proietti
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Gustav Klimt l'artista amato dalle donne

Gustav Klimt l’artista amato dalle donne

Gustav Klimt: l’artista amato dalle donne


Gustav Klimt è uno degli artisti ancor oggi più amati dalle donne, probabilmente perché seppe esaltare la figura femminile, impreziosendola di stupendi sfondi dorati, che ricordano i mosaici bizantini e le decorazioni arabe: ornamenti molto ricchi di dettagli, come nello stile Liberty del tempo.

Per i suoi contemporanei però fu una figura piuttosto controversa: il suo lavoro fu infatti costantemente criticato, a causa del suo stile troppo sensuale ed erotico. Il suo simbolismo era considerato perverso, deviante.

Oggi i suoi dipinti sono considerati i più rappresentativi della cultura Viennese del suo tempo che, peraltro, è anche quella in cui visse Sigmund Freud.

Per capire la vita di questo artista dovremmo partire dal suggerimento che ci dà lo stesso Klimt:

“Chiunque voglia conoscermi – come artista, perché non c’è altro che sia meritevole d’interesse – deve guardare con attenzione le mie opere e cercare di scoprire quello che sono e quello che voglio”.

Per farlo, suggeriamo questo link: aggiungiamo solo qualche nota biografica.

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Biografia di Gustav Klimt

Gustav nacque il 14 luglio 1862 a Baumgarten, nei pressi di Vienna, in Austria, secondo di sette fratelli (quattro femmine e tre maschi). La madre, Anna, era una casalinga ed il padre Ernst, di origine boema, faceva l’orefice, ma non guadagnava molto e la famiglia viveva in povertà.

Nel 1876, a quattordici anni, Klimt ottenne una borsa di studio per la Scuola di Arti e Mestieri di Vienna (Kunstgewerbeschule), dove studiò fino al 1883, formandosi come pittore di architettura ed imparando a padroneggiare diverse tecniche artistiche, come il mosaico e la ceramica, nel rispetto dei canoni accademici e della storia dell’arte del passato.

L’anno successivo entrò nella stessa scuola suo fratello Ernst, che, come suo padre, sarebbe diventato un incisore e poi l’altro fratello, Georg, che si sarebbe fatto notare come disegnatore, scultore e cesellatore e, in seguito, avrebbe realizzato molte cornici per i dipinti di Gustav.

Relazione La sessualità femminile fra sapere e potere

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Convegno Diventare Donne
18 Marzo 2023, Castelferretti Ancona
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Gustav e Ernst Klimt, insieme all’amico Franz Matsch (1861-1942), loro compagno di scuola, iniziarono a lavorare insieme, facendosi conoscere come “la Compagnia degli Artisti”.

Sin da subito ebbero un successo travolgente, dovuto anche al fatto che la Vienna di fine secolo era davvero molto prospera e per questo la città veniva continuamente abbellita con nuove strade (la Ring Road, ad esempio), ma anche nuovi teatri, musei, chiese, edifici pubblici, che dovevano essere decorati: gli artisti dunque erano molto richiesti.

Tra i primi lavori vi fu la decorazione  di Villa Hermes vicino a Vienna (1885). L’Imperatore Francesco Giuseppe d’Austria donò questo palazzo alla moglie Elisabetta di Baviera (Sissi), definendolo il “castello dei sogni”. La villa deve il proprio nome ad una statua di Ermes che si trova nel giardino del palazzo. Nel salone è possibile ammirare il grande dipinto “La primavera” di Franz Matsch, Gustav Klimt e Georg Klimt.

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Nel 1886-1992 Klimt e soci affrescarono molti edifici e palazzi, come il soffitto delle sale di riunione di Karlsbad (ora Karlovy Vary nella Repubblica Ceca).

Nel 1887 il governo, nella sua ansia di miglioramento urbano, decise di abbattere il vecchio Burgtheater, edificato poco più di un secolo prima dall’imperatrice Maria Teresa, nel centro della città.

Per mantenere il ricordo storico di questo prestigioso teatro e dei suoi frequentatori, Gustav Klimt e il suo socio Franz Matsch, furono incaricati di eseguirne due grandi riproduzioni, in cui si possono ammirare gli interni del vecchio teatro e i suoi frequentatori.

Il dipinto, nella sua precisione quasi fotografica, è considerato uno dei più grandi successi nella pittura naturalistica e fu questo che portò a Klimt una chiara fama.

Infatti, nel 1888, gli artisti ricevettero un riconoscimento speciale: la Croce del Servizio d’oro (Verdienstkreuz), da parte dell’imperatore Francesco Giuseppe, e le università di Monaco e Vienna lo nominarono membro onorario.

Klimt, divenuto famosissimo, fu in questo periodo anche un ricercato ritrattista, essendo considerato l’artista principale del suo tempo.

Paradossalmente, fu a questo punto che, nonostante la favolosa e velocissima carriera come pittore classicista, Klimt iniziò a volgersi verso gli stili della nuova moda artistica di tendenza, chiamata in Francia Art Noveau e in Inghilterra Stile Liberty. 

Con questo nuovo stile i soggetti dipinti si discostavano notevolmente dai canoni accademici ed erano particolarmente erotici, ornati di sottili trasparenze (almeno per quel tempo) e per questo incontrarono molti favori, ma anche tante critiche.

Una intervista sulla violenza domestica

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Nel 1892 il successo professionale era ormai consolidato e l’artista poté trasferirsi in uno studio più ampio. Purtroppo però, il fratello Ernst, suo socio in affari, morì lo stesso anno di pericardite, a soli ventotto anni, lasciando una moglie ed una figlia. Gustav era molto legato al fratello, per cui decise di mantenere finanziariamente la cognata e la nipote.

Lo stesso anno morì anche il padre e dunque a suo carico si aggiunsero anche la madre ed alcune sorelle. Ormai Gustav, che aveva solo trent’anni, era molto ricco e famoso e non aveva alcun problema nel mantenere altre persone della famiglia.

Peraltro, dopo la morte del fratello, l’artista aveva cominciato a frequentare la sorella della cognata, Emilie Flöge, che gestiva un negozio di moda a Vienna e che gli restò vicina per tutta la vita.

Molti ritenevano che fossero marito e moglie, ma pare che tra i due non ci fosse alcun rapporto, né fisico né sentimentale. Klimt preferiva le modelle che posavano per lui; infatti non volle mai sposarsi, anche se dopo la sua morte ben quattordici persone dichiararono di essere figli suoi (quattro furono riconosciuti come tali ed ebbero una parte della sua eredità).

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Quelle due morti tuttavia, avvenute nello stesso anno, segnarono la vita di Klimt che, fortemente depresso, si allontanò dal lavoro e dagli amici, con il disappunto del socio Matsch, visto che proprio in quel periodo avevano ricevuto l’incarico, da parte dell’Università di Vienna, di decorare il soffitto dell’Aula Magna.

Purtroppo i due soci, che non avevano ormai più l’affiatamento artistico di un tempo, non riuscirono a mettersi d’accordo su come eseguire il lavoro e questo provocò delle liti e dei ritardi.

Quando finalmente furono visibili al pubblico, i dipinti “Filosofia”, “Medicina” e “Giurisprudenza”, provocarono molte controversie nell’opinione pubblica: ne parlarono la stampa, il Parlamento, i salotti culturali della città, perché quelle immagini venivano giudicate laide ed eccessivamente erotiche, un cattivo esempio per la gioventù viennese.

In Francia non la pensavano allo stesso modo: la “Filosofia” fu esposta all’Esposizione Universale di Parigi del 1900 – ancora non del tutto terminata – e Gustav Klimt vinse per questo quadro addirittura la medaglia d’oro del Grand Prix.

A Vienna non si comprendeva ancora quel genere di arte e Klimt, dopo questa esperienza, non accettò mai più una commissione da un ente pubblico, preferendo lavorare per i privati e specializzandosi in ritratti femminili.

Poco dopo, il socio Matsch lasciò lo studio. Questa rottura segnò per Klimt l’inizio di una nuova concezione artistica.

Sebbene dal 1891 fosse diventato membro della principale associazione artistica viennese, la Künstlerhaus (Casa degli artisti, dove qualche anno dopo cercò di iscriversi anche il pittore principiante Adolf Hitler), decise di lasciarla nel 1897, incoraggiato da alcuni amici che condividevano le sue idee. Ne creò un’altra, più aperta al nuovo e al cambiamento.

L’associazione venne chiamata ‘Secessione’ per il fatto che i membri avevano rotto con il nucleo originario e si proponevano come movimento di avanguardia che interpretava il malessere e l’inquietudine del tempo.

Klimt fu il primo presidente di questa associazione, fino al 1905. Simbolo di questo movimento era la Pallade Atena, dea greca della saggezza e delle buone cause, che Klimt raffigurò nel 1898 in uno dei suoi capolavori.

La Wiener Sezession attuò il progetto di un periodico-manifesto del gruppo, definito Ver Sacrum (Primavera Sacra), del quale furono pubblicati 96 numeri, fino al 1903.

Gli artisti della Secessione non avevano uno stile prediletto, ma aspiravano semplicemente a far uscire l’arte dai confini della tradizione accademica. Sotto l’egida di questo gruppo si riunirono dunque simbolisti, naturalisti, modernisti ed insieme organizzarono un’esibizione di opere provenienti da altri paesi, che attrasse ben 57.000 visitatori.

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Il successo permise al movimento di acquistare una prestigiosa sede di rappresentanza a Vienna, ma ben presto tra i membri della Secessione iniziarono, proprio in ragione delle loro diversità, diversi scontri, dissensi e polemiche.

Di questo periodo è un viaggio in Italia di Klimt, che poté ammirare i mosaici di Ravenna. L’arte del mosaico lo colpì molto, tanto che l’artista cominciò ad utilizzare questa tecnica, che contraddistingue molti quadri prodotti in questo periodo, definito “periodo aureo”.

Dalla ricchezza dei mosaici ravennati, combinati con l’arte viennese del tempo nacquero i capolavori klimtiani più celebri: Giuditta I (1901), il Ritratto di Adele Bloch-Bauer I (1907) e Il bacio (1907-08).

Nel 1900 dipinse un altro famoso ritratto, quello di Rose von Rosthorn-Friedmann; nel frattempo a Vienna, veniva pubblicata un’opera che avrebbe fatto molto parlare di sé: L’interpretazione dei sogni, di Sigmund Freud, che sicuramente ebbe delle influenze anche sull’arte di Klimt.

Al periodo aureo appartengono anche altre opere dell’artista viennese, come Le Tre Età della Donna (1905), la Danae (1907-1908) e L’Albero della Vita (1905-1909), a sua volta facente parte del più ampio progetto decorativo di palazzo Stoclet.

Il periodo aureo si chiuse nel 1909 con l’esecuzione di Giuditta II, seconda raffigurazione dell’eroina ebrea che liberò la propria città dalla dominazione assira: l’opera, caratterizzata da cromie più scure e forti, dette infatti avvio al cosiddetto «periodo maturo» dell’artista.

La donna era il soggetto preferito di Klimt: nuda o riccamente agghindata, in movimento o seduta, sdraiata o in piedi. Non erano solo belle donne quelle che interessavano l’artista austriaco: nei suoi dipinti troviamo infatti anche donne anziane, obese, incinte (Herma, una sua modella dai lunghi capelli rossi, era rimasta incinta e Klimt la immortalò nuda nella famosa “Speranza”).

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A cura di:
Dr. Giuliana Proietti - Dr. Walter La Gatta

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Nel suo atelier era sempre circondato da modelle; la critica d’arte Berta Zuckerhandl, contemporanea di Klimt e testimone oculare, così descriveva il metodo di lavoro dell’artista:

“Klimt disegnava molte ore al giorno, come un virtuoso fa al pianoforte con le scale. Ma affinché il virtuosismo non prevaricasse l’intima e spontanea comprensione dell’essenziale, il pittore incominciò a disegnare alternativamente con la mano destra e con la mano sinistra. Nella sua anticamera attendevano sempre numerose modelle che dovevano essere costantemente e vicendevolmente a sua disposizione per permettergli di disegnare i suoi studi destinati alle infinite variazioni sul tema Donna“.

Alma, futura moglie del musicista Mahler, lei stessa oggetto di pressanti attenzioni da parte di Klimt, così diceva di lui:

“Aveva cento legami: donne, bambini, sorelle, che per amor suo diventavano nemiche tra di loro“.

I suoi ritratti riprendevano le modelle in pose molto intime ed indiscrete, tanto che per questo suo modo di spiare l’intimità femminile, Klimt fu considerato un voyeur.

Si può dire che l’artista austriaco, nonostante la ricchezza e il successo, amava la vita semplice. Trascorse le sue vacanze prevalentemente nei pressi dell’Attersee, un laghetto delle Alpi austriache, dove praticava nuoto e canottaggio, nonostante le preoccupazioni che aveva per il suo stato di salute.  Fece pochi viaggi, prevalentemente in Italia.

Una Conferenza sulla Paura

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Nel 1904 dipinse i Serpenti d’acqua e gli venne commissionata la serie di mosaici murali per il palazzo Stoclet di Bruxelles, un’opulenta casa privata, in cui lavorò per quattro anni (ci sono pervenuti i pannelli de L’attesa e L’abbraccio).

Nel 1906, Klimt e altri artisti a lui legati uscirono dalla Secessione e fondarono un nuovo gruppo, chiamato Kunstschau, o anche “Gruppo Klimt”, per il ruolo preponderante da lui svolto.

Nel 1907 il pittore era nella fase più creativa e feconda, quella del ‘periodo d’oro’. La sua Danae (Diana) raffigura il personaggio mitologico che, secondo la leggenda, fu fecondata nel sonno da Giove, trasformatosi in pioggia d’oro, mentre il ritratto di Adele Bloch-Bauer,tra le opere più affascinanti del “periodo d’oro”, raffigura la moglie di un facoltoso banchiere e industriale ebreo-viennese, animatrice di un famoso salotto letterario.

Adele è l’unico personaggio che Klimt abbia ritratto più volte. Forse è lei anche la sensuale Giuditta I e questo ha fatto ritenere che forse vi sia stata una relazione fra il pittore e la potente signora. Questi dipinti sono molto decorati, stilizzati ed in parte astratti e trasmettono il senso di opulenza, e allo stesso tempo di decadenza, della società viennese del tempo.

Completamente diversi erano gli ‘altri’ disegni di Klimt, a carboncino e matita, particolarmente erotici, che raffigurano modelle viste in tutte le posizioni ed anche in incontri lesbici. Sono disegni del tutto privi di colore, se non per qualche tratto di matita blu, eseguiti, forse, per liberarsi dai fantasmi erotici che lo perseguitavano. (Si è detto che questi disegni venivano eseguiti per consumo personale, oppure come giochi erotici preliminari a rapporti sessuali con le modelle. Se così fosse tuttavia appare strano il fatto che essi siano in gran parte firmati).

Forse per la diffusione di questi disegni i contemporanei considerarono Klimt un voyeur ed il suo atelier, sempre pieno di modelle nude – anche quando non dipingeva – un luogo di malaffare.

Le interviste

 

Nel 1908 il suo capolavoro: il Bacio, nel quale il pittore celebrava l’attrazione fra i due sessi. Un’opera magica ed orientaleggiante.

Nel 1909 Klimt dipinge la seconda Giuditta, in cui riprende il tema affrontato nel 1901, eliminando l’oro e accentuando le qualità emotive dei colori. Dipinge anche  Speranza (il quadro con la sua modella incinta), nella quale giustappone la promessa di una nuova vita con la forza distruttrice della morte.

Ormai Klimt era un pittore famoso in tutta Europa e poteva anche permettersi un cambiamento nello stile.

E’ in questo periodo che il pittore si avvicinò maggiormente all’Italia: nel 1910 la Biennale di Venezia gli dedicò un intera sala; l’anno successivo Klimt visitò Roma e Firenze.

Questi viaggi furono tra i suoi pochi lussi: nonostante la ricchezza e la fama infatti, Klimt viveva modestamente a Vienna. Per placare le ansie ipocondriache per diversi anni si recò a  Bad Gastein a fare le cure termali.

Nel 1913 dipinse ‘La Vergine’, nel 1914 “Elisabeth Bachofen-Echt”. Klimt non si interessava di politica e neppure lo scoppio della Prima Guerra Mondiale sembrò avere particolare effetto su di lui.

Nel 1917 ottenne il riconoscimento ufficiale, con l’elezione a membro onorario dell’Accademia di Belle Arti di Vienna e di Monaco. L’anno successivo, l’11 gennaio del 1918, il pittore ebbe un ictus mentre era nel suo appartamento: morì quasi un mese dopo, il 6 febbraio, a cinquant’anni, quando era ormai considerato il più grande artista austriaco dell’epoca.

Sulla vita e l’opera del pittore sono usciti diversi film: Klimt, di Raul Ruiz, nel 2006, una biografia; Woman in gold, la vera storia di Maria Altmann e della sua lotta per ottenere dallo stato austriaco il Ritratto di Adele Bloch-Bauer, che decenni prima i nazisti avevano sequestrato alla sua famiglia, del regista Simon Curtis e l’ultimissimo (ottobre 2018) Klimt e Schiele, di Michele Mally, un viaggio nella Vienna di Klimt e Schiele attraverso le opere dell’Albertina, del Belvedere, del Kunsthistorisches, del Leopold, del Freud e del Wien Museum.

Giuliana Proietti

Relazione sull'Innamoramento - Festival della Coppia 2023

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  • 17 Apr 2020
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Wilhelm Reich

Wilhelm Reich, l’inventore della liberazione sessuale

Wilhelm Reich, l’inventore della liberazione sessuale


Chi era Wilhelm Reich

Wilhelm Reich fu uno psicoanalista austriaco, membro della seconda generazione di psicoanalisti dopo Sigmund Freud. Fu autore di diversi libri molto influenti, in particolare Analisi del Carattere (1933), Psicologia di massa del Fascismo (1933) e La Rivoluzione Sessuale (1936). Reich è considerato come una delle figure più radicali nella storia della psichiatria, tanto che durante le rivolte studentesche del 1968 a Parigi e Berlino, gli studenti scrissero il suo nome sui muri e gettarono copie di La psicologia di massa del fascismo alla polizia.

Infanzia e Adolescenza

Wilhelm Reich ebbe un’infanzia quasi melodrammatica e psicoanaliticamente affascinante: nato il 24 marzo 1897 in una fattoria in Galizia (territorio oggi ucraino), da genitori benestanti di origine ebraica, all’età di 12 anni scoprì la madre fare sesso con uno dei suoi insegnanti privati. Lo disse a suo padre, il quale picchiò violentemente la moglie, fino a che questa non si suicidò. Quattro anni dopo morì anche il padre e Wilhelm si fece carico, diciassettenne, di gestire l’impresa familiare ed i possedimenti agricoli, ma la guerra gli portò via tutto.

La guerra

Inviato nell’esercito austroungarico durante la prima guerra mondiale, sul fronte italiano, con il grado di sottotenente, Reich constatò nell’impresa bellica “l’inumanità dell’uomo verso l’uomo” . Tornato a casa, si iscrisse a medicina presso l’Università di Vienna, mantenendosi agli studi grazie alle lezioni private che impartiva agli altri studenti. Poté laurearsi in breve tempo in quanto ai reduci di guerra era consentito concludere il corso di laurea in quattro anni anziché in sei. Trovava la medicina troppo meccanicistica e per questo si interessò subito di psicoanalisi.

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L’incontro con Freud

Nel 1919 incontrò Sigmund Freud, il quale lo trovò un ragazzo molto brillante ( lo definì der beste Kopfe, la migliore mente in psicoanalisi) e lo introdusse al lavoro di psicoanalista, già all’età di 22 anni. Nel 1922 si sposò con una sua ex paziente e futura psicoanalista, Annie Pink (dalla quale ebbe due figlie). Nel 1926 morì il fratello minore Robert,  di tubercolosi, a soli 27 anni. In questi anni lavorò come Assistente presso la Clinica Psicoanalitica e come docente di Training Psicoanalitico a Vienna.

La funzione dell’orgasmo

Nel 1927 Reich pubblicò il suo libro più importante: “La funzione dell’orgasmo”. Nel libro l’autore riprendeva le teorie di Freud, ma le sviluppava a suo modo, cercando di conciliarle con il marxismo.  A suo avviso la nevrosi è radicata nelle condizioni sessuali e socio-economiche, e in in particolare nella mancanza di quella che chiamava potenza orgastica. Partendo dal collegamento freudiano fra repressione sessuale e nevrosi (poi precisate nel saggio freudiano Disagio della civiltà, 1929), Reich teorizzava che fosse l’impossibilità fisica di arrendersi all’orgasmo ciò che portava le persone verso la nevrosi e la psicosi: non il difficile adattamento sociale, come sosteneva Freud. E’ solo attraverso la comprensione della funzione dell’orgasmo e dunque del piacere sessuale, che l’uomo avrebbe potuto tornare ad aspirare alla felicità.

Il desiderio sessuale nella donna infertile
Relazione presentata al Congresso Nazionale Aige/Fiss del 7-8 Marzo 2025 a Firenze. 

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Psicoterapia e Marxismo

Reich riteneva che psicoterapia e marxismo avessero delle potenzialità per comprendere l’infelicità ed espandere la libertà umana. Se della psicoterapia intravedeva il limite di trattare l’individuo come se il suo dolore avvenisse nel vuoto, non mediato dalla società, nel marxismo non vedeva riconosciuta l’importanza dell’esperienza emotiva. La terapia non era sufficiente, la politica non era abbastanza. Solo il sesso gli appariva come una forza sufficientemente potente per rimodellare la società. Come spiegò nel suo libro di memorie, People in Trouble, credeva che liberare il sesso da secoli di repressione avrebbe cambiato il mondo.

L’approccio terapeutico

L’approccio di Reich alla terapia andava oltre la talking cure freudiana: il suo metodo consisteva anche dell’utilizzo di tecniche di respirazione e di massaggio profondo, spesso estremamente doloroso, affinché il paziente potesse rilasciare il trauma sepolto.

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Il suo metodo terapeutico, denominato “analisi del carattere”, era progettato per aiutare i pazienti a superare i blocchi fisici e respiratori che impedivano loro di sperimentare il piacere orgasmico, per lui assolutamente centrale per la salute psichica.

Quello che Reich cercava nei pazienti non era un sintomo isterico da decodificare, ma piuttosto una sorta di rigidità che pervadeva l’intero essere di una persona: una tensione così impenetrabile che gli ricordava un’armatura. Pensava che fosse una difesa contro i sentimenti, in particolare l’ansia, la rabbia e l’eccitazione sessuale. Se le esperienze erano troppo dolorose e angoscianti, se l’espressione emotiva era proibita o il desiderio sessuale proibito, allora l’unica alternativa era irrigidirsi e chiuderla a chiave. Questo processo creava uno scudo fisico permanente attorno al sé vulnerabile, proteggendolo dal dolore.

Lo stile personale

Era un uomo dallo stile piuttosto trasandato, ma che poteva risultare a suo modo elegante (come lo descrisse la professoressa Elizabeth Danto nei suoi libri) ed era un attivista: visitava i pazienti direttamente nelle loro case, per vedere come vivevano, ed aveva allestito una clinica mobile, per promuovere la sessualità adolescenziale e la disponibilità di contraccettivi, aborto e divorzio, per “attaccare la nevrosi attraverso la prevenzione piuttosto che con il trattamento”. Naturalmente questo modo di lavorare e questi concetti facevano scandalo nell’Austria cattolica del tempo. Peraltro, nella cerchia dei colleghi, Reich era considerato una sorta di bullo, tanto da essere soprannominato “il fracassatore di caratteri”.

Come terapeuta iniziò a lavorare con i corpi dei suoi pazienti, prima verbalmente e poi toccandoli, un atto totalmente proibito in psicoanalisi. Con suo grande stupore, scoprì che quando lavorava su alcune aree di tensione – le espressioni abituali di paura, i pugni chiusi o le pance rigide – i sentimenti corrispondenti potevano essere portati in superficie e rilasciati.

I pazienti ricordavano episodi di vergogna o molestie indesiderate, sperimentando la furia o la disperazione che non erano stati in grado di provare in quel momento. Questa liberazione emotiva era spesso accompagnata da una piacevole sensazione che Reich chiamava “streaming”.

Pornografia e Omosessualità

Reich non amava la pornografia (“I giovani sono contaminati da un lato, da moralizzatori e sostenitori dell’astinenza e, dall’altro, dalla pornografia”, scriveva. “Entrambe le influenze sono estremamente pericolose, la prima non meno della seconda”), non vedeva di buon occhio neanche l’omosessualità.

La coppia

Reich si scagliò decisamente contro la monogamia, sostenendo che le relazioni d’amore non dovessero essere codificate per legge, ma tenute insieme attraverso l’amore; qualsiasi altra cosa avrebbe invece portato a “ottundimento sessuale.” Si era scagliato anche contro lo stato, economicamente dipendente delle donne, che rimanevano intrappolate in matrimoni forzati. Suggeriva che i piccoli fossero allevati da una comunità allargata, liberandoli così dalle nevrosi dei loro genitori biologici. (Paradossalmente, le sue compagne di vita lo considerarono un uomo crudele, infedele e geloso).

Una intervista sui rapporti familiari

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Fascismo e Autoritarismo

Per Reich l’ incapacità di arrendersi all’orgasmo portava le persone non solo verso la nevrosi, ma anche verso il fascismo e l’autoritarismo. Il carattere fascista, ad esempio, secondo lo psicoanalista era dovuto ad un trauma precoce e ad un atteggiamento repressivo o offensivo nei confronti della sessualità, capace di indurre una certa “rigidità”, nel fisico e nello spirito. Questa sua convinzione portò Reich ad impegnarsi come attivista politico contro il fascismo, il che nell’Europa che si stava avviando al fascismo e al nazismo non venne visto molto di buon occhio.

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Freud e Reich

Freud fu a lungo ambivalente verso il suo discepolo; nel 1926 aveva scritto di non essere d’accordo sul tentativo di risolvere il problema della nevrosi nei termini indicati da Reich; nel 1927 così scriveva all’analista e amica Lou Andreas-Salomé: “Abbiamo il Dr. Reich, un giovane degno, ma impetuoso, appassionato al suo cavallo di battaglia, che ora vede nell’orgasmo genitale l’antidoto ad ogni nevrosi”.

In un altra occasione Freud parlò del libro di Reich, La funzione dell’orgasmo, di 206 pagine, come di “un mattone”. In seguito Freud cominciò ad allontanarsi dal suo discepolo e Reich, senza il sostegno di Freud, fu presto espulso dalla comunità psicoanalitica.

Reich, tuttavia, non accettò il giudizio negativo di Freud nei suoi confronti e chiese al suo maestro di essere da lui analizzato, ma il padre della psicoanalisi si rifiutò di farlo, della qual cosa Reich rimase profondamente ferito.

Il Comunismo

Deluso da tutto e da tutti, Reich nel 1926 entrò nel partito comunista. Testimoniò in quel periodo contro il comportamento della polizia, nella Rivolta del luglio 1927 a Vienna, la quale sparò indiscriminatamente uccidendo 84 lavoratori e ferendone 600.  I poliziotti, osservò Reich, non erano solo brutali, ma robotici, rigidi.

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Nel 1928 fondò la Società Socialista per la Consultazione e le Ricerche Sessuali con la quale portò avanti l’attività di terapeuta e di conferenziere.

Dopo aver portato la psicoanalisi nella classe operaia, occupandosi anche di educazione sessuale e contraccezione, nel 1933 Reich fu espulso dal partito comunista tedesco ed i suoi libri furono bruciati dai nazisti. Nello stesso anno uscì la prima edizione di Analisi del Carattere, Psicologia di Massa del Fascismo, in cui l’autore descrive la responsabilità delle masse nell’instaurarsi delle dittature.

Berlino

Dal 1930 al 1933 soggiornò  Berlino, allora paradiso bohemien, giusto in tempo per assistere al sorgere del nazismo. A Berlino conobbe la sua seconda moglie, Elsa Lindenberg, ballerina presso l’Opera di Stato di Berlino, anche lei impegnata politicamente e con la quale ebbe un rapporto di coppia aperta.

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Danimarca e Svezia

A seguito dell’instaurarsi della dittatura, Reich decise di recarsi in Danimarca, paese allora neutrale, per insegnare la psicoanalisi come didatta. Ebbe tuttavia un permesso di soggiorno di 6 mesi, che non gli fu rinnovato. Si trasferì dunque in una città della Svezia meridionale, facilmente accessibile dalla Danimarca, per continuare il training psicoanalitico ai suoi allievi, ma anche lì l’andirivieni di pazienti e psicoanalisti nella sua camera d’albergo fu ritenuta sospetta; le autorità gli negarono il prolungamento del permesso di soggiorno.

Fine dei legami con la Società di Psicoanalisi

Quando Reich si presentò alla conferenza dell’Associazione psicoanalitica internazionale a Lucerna, nel 1934, apprese di essere stato espulso l’anno precedente. Fece comunque una relazione alla conferenza come ospite, ma l’episodio segnò la fine dei suoi legami con la comunità scientifica ufficiale.

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La Sessuologia

Nel 1936 pubblicò La Rivoluzione Sessuale.  Il termine “rivoluzione sessuale” veniva da lui usato per descrivere l’universo di felicità e amore che sarebbe sorto una volta che le persone si fossero liberate dalle catene, privando il mondo dei suoi atteggiamenti punitivi e pruriginosi.

Fu indubbiamente ingenuo in questo, come osserverà poi il filosofo-storico francese Michel Foucault nella sua Storia della Sessualità. Se l’orgasmo fosse così potente, le libertà sessuali, ampliate notevolmente negli anni successivi, avrebbero dovuto dissolvere il capitalismo, far cadere il patriarcato, e permettere  tutte le ardenti aspettative di Reich per una società migliore.

Teoria dell’energia sessuale

E’ in questo periodo che Reich sviluppò la teoria dell’energia sessuale, definita orgone, che si esprimeva non solo nella risposta orgasmica, ma era l’energia della vita stessa. Questa energia, a suo avviso, permeava la natura e il cosmo e si esprimeva in fenomeno atmosferico come l’aurora boreale. Reich affermava che l’orgone poteva essere osservato oggettivamente: era  composto da particelle di colore blu, chiamate bioni, osservabili al microscopio.

America

Quando scoppiò la seconda guerra mondiale, Reich aveva 36 anni: fuggì in America, dove insegnò per due anni Psicologia medica presso la New School for Social Research a New York,. L’America aveva vissuto la sua prima rivoluzione sessuale nel 1920, in parte ispirata dagli scritti di Freud. Ma se Freud aveva una concezione poco consolante della sessualità umana, in cui la pulsione di morte faceva a gara con il vitalismo erotico, Reich sembrava ora promettere una nuova utopia orgasmica, per cui dalla metà degli anni quaranta si impose come il profeta del “nuovo culto del sesso e dell’anarchia”.

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Prime disavventure scientifiche

Nel dicembre del 1939 si sposò con Ilse Ollendorf ed ebbe un figlio nel 1944. Nella sua casa di Forest Hills, a New York, fondò l’Orgone Institute.

Le teorie di Reich erano considerate comunque eccentriche anche per gli standard degli analisti americani, più eterodossi, ma le maggiori perplessità vi furono quando l’ex psicoanalista escogitò (e cominciò a vendere ed affittare), un dispositivo per la concentrazione e la direzione terapeutica dell’energia “orgone” (ipotetica energia cosmica bioelettrica primordiale, la forza gioiosa della vita stessa): si trattava di una cabina simile a quelle telefoniche, ricoperta da metallo e coibentata con lana d’acciaio. I materiali presenti nella cabina avevano, secondo la bizzarra idea di Reich, il potere di accumulare energia ed irradiarla all’interno della grande scatola di legno, in cui il paziente sedeva ed attendeva l’orgasmo, per liberarsi della sua nevrosi.

Reich cercò di dare un imprimatur scientifico a questa sua “scoperta” dell’ “accumulatore orgonico” (Einstein, invitato a sedersi nel box, affermò subito che il suo inventore era un ciarlatano) ma fu proprio questa sua invenzione a rovinarlo completamente.

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Il 12 dicembre 1941, cinque giorni dopo Pearl Harbor, fu arrestato dall’FBI a Ellis Island, in base all’Alien Enemy Act. In seguito si capì che si trattava di un caso di omonimia con il proprietario di una libreria comunista nel New Jersey, che si chiamava ugualmente Wilhelm Reich, ma l’ufficio competente non riconobbe il suo errore che due anni dopo, nel novembre del 1943.

Reich fu lasciato a dormire su un pavimento vicino al membri imprigionati della American Bund, un’organizzazione nazista americana. Non stupisce che in quel periodo Reich pensò che qualcuno, prima o poi, l’avrebbe ucciso. L’FBI rilasciò Reich dopo la sua minaccia di fare uno sciopero della fame, il 5 gennaio del 1942, ma il prigioniero restò sempre un sorvegliato speciale.

Nel 1948 pubblicò la Biopatia del Cancro, creò l’Associazione Americana di Orgonomia Medica (AAMO) e organizzò il Congresso Internazionale di Orgonomia ad Orgonon, Rangeley, Maine. Nel 1951 pubblicò“ Etere Dio e Diavolo”, sul funzionalismo orgonomico e “Superimposizione Cosmica” sull’Orgono-accumulatore, dove veniva descritta l’ipotesi per cui la superimposizione di due sistemi energetici fosse alla base della formazione degli uragani, delle galassie, delle aurore boreali e della gravità.

Sebbene apprezzato da artisti del calibro di Norman Mailer, Allen Ginsberg e William Burroughs (il quale sosteneva peraltro che l’accumulatore di orgone aveva effettivamente funzionato su di lui), questo approccio eccentrico di Reich, oltre tutto favorevole alla sessualità, scandalizzò non poco il pubblico americano e, praticamente, mise fine alla sua carriera.

Dopo molti anni di indagini, quando ormai la follia paranoica di Reich era a caccia di UFO e di immaginarie energie negative, Reich fu di nuovo imprigionato. La FDA infatti chiese a Reich, nel 1954, di comparire in tribunale per difendersi dalle accuse che gli venivano rivolte. Gli si imputava di aver creato i suoi accumulatori per frodare il pubblico e dunque se ne vietava la diffusione e si affermava che l’energia orgonica era solo un espediente per vendere i suoi prodotti pseudo-scientifici.

Reich rifiutò di presentarsi davanti alla Corte di Giustizia, affermando che le verità scientifiche si evidenziano grazie agli esperimenti e non alle sentenze di un tribunale. Fu dunque emessa un’ingiunzione contro la vendita o il trasporto dei suoi dispositivi attraverso i confini di stato, e si bruciarono sistematicamente i suoi libri e e sue riviste. Reich stesso fu arrestato per oltraggio alla corte e condannato a due anni di carcere, presso il Penitenziario Federale di Lewisburg, nel marzo 1957. (Nel frattempo, nel 1955 si era sposato con la sua quarta moglie, Aurora Karrer, una biologa di Washington).

Terapie Sessuali

Morte

Il 3 novembre 1957, all’età di 60 anni, morì per un attacco cardiaco, nella prigione in Lewisberg, Pennsylvania, accusato dal governo di essere un medico impostore, impegnato nell’organizzazione di attività sessuali illecite.

Così terminò l’avventura umana di uno dei più brillanti allievi di Freud, sopravvissuto a due guerre mondiali, che aveva fatto infuriare i nazisti e gli stalinisti, oltre che le comunità psicoanalitiche, mediche e scientifiche, in Europa e negli Stati Uniti. Non un solo giornale scientifico parlò della sua scomparsa.

La storia del declino di Reich, da pseudo-scienziato, impegnato in politica nei movimenti più radicali, a delirante paranoico, che pensava di aver trovato le origini della vita organica nelle sue creazioni, sarebbe solo un aneddoto a margine della storia della psicoanalisi, se le sue idee non fossero penetrate così a fondo nella cultura americana del dopoguerra.

Influenze culturali

Un decennio più tardi, a metà anni sessanta, Reich divenne il profeta della rivoluzione sessuale. La nascente controcultura americana, centrata sul Greenwich Village, aveva mitizzato Wilhelm Reich, non solo per le sue idee come terapeuta, ma anche per le sue teorie sulla sessualità e per il suo attivismo sociale. (Buona parte della rivolta degli anni Sessanta fu direttamente ispirata alla convinzione di Reich che vedeva nell’orgasmo una sorta di panacea universale).

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Allievi

Le idee di Reich non sono mai state rivalutate dagli psicoanalisti che gli sono seguiti e anche lo stesso allievo, Alexander Lowen, lo definì “fuori di testa” riguardo al suo ultimo periodo di vita;  eppure, le sue idee terapeutiche sono filtrate nella comunità psicoanalitica più ampia prendendo nuova forma con nomi diversi.

Le teorie di Reich sono presenti nella psicologia del corpo, nella psicologia dell’Io, nella terapia della Gestalt di Fritz Perls e nella terapia “primal scream” di Janov (che, come la terapia di Reich, utilizza urla e vocalizzazioni per aprire la corazza del paziente).

Insomma, Reich fu una mente particolarmente brillante, come aveva capito lo stesso Freud, anche se nell’ultima parte della sua vita, in qualche modo, si perse.

Fonti:

Sexual revolution all boxed up, Irish Times

Adventures in the Orgasmatron: Wilhelm Reich and the Invention of Sex By Christopher Turner. Fourth Estate

The Scientific Assassination of a Sexual Revolutionary: How America Interrupted Wilhelm Reich’s Orgasmic Utopia, Motherboard

https://en.wikipedia.org/wiki/Wilhelm_Reich

https://www.theguardian.com/books/2021/apr/17/wilhelm-reich-the-strange-prescient-sexologist-who-sought-to-set-us-free

Dr. Walter La Gatta



Immagine:

The Guardian

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Dr. Walter La Gatta

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Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
Libero professionista, svolge terapie individuali e di coppia
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Il Dr. Walter La Gatta si occupa di:

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  • 25 Mag 2021
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Sabina Spielrein: l'anima di Jung

Sabina Spielrein: l’anima di Jung

Sabina Spielrein: l’anima di Jung


Nessuna cenere, nessun carbone può bruciare con una tale luminosità
come un amore segreto
di cui nessuno deve sapere.
Sabina Spielrein, dal suo diario, il 22 febbraio 1912

Sabina Spielrein era una dottoressa russa, la prima a laurearsi in medicina con una tesi psicoanalitica sulla schizofrenia. Freud e Jung, grazie a lei, trovarono ispirazione per alcune delle loro idee più importanti: ciò nonostante di lei ci rimangono pochissime e sfocate immagini, non conosciamo l’esatta data della morte ed abbiamo pochi testi su cui studiarla, perché il suo nome e il suo lavoro, come quello di molte psicoanaliste della prima ora, ben presto venne dimenticato.

La conosciamo oggi solo per una ragione, la sua travagliata relazione clandestina con Carl Gustav Jung, scoperta negli anni settanta, per un caso fortuito. Ecco la sua storia.

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Primi anni di vita

Sabina Spielrein nacque a Rostov-sul-Don, in Russia, il 7 novembre 1885, da una ricca famiglia ebrea. Suo padre, Naphtul Arkadjevitch Spielrein, era un uomo d’affari di successo e sua madre, Emilia (Eva) Marcovna Lujublinskaja, era una dentista, anche se non esercitava. Suo nonno e bisnonno materni erano entrambi rabbini. I genitori erano severi e a volte violenti, ma ponevano una forte enfasi sull’istruzione di Sabina,  che parlava correntemente russo, tedesco, francese e inglese.

Sabina, che aveva tre fratelli e una sorella, frequentò un liceo femminile, pur avendo diversi problemi di comportamento (che oggi forse definiremmo border-line) a partire dai 14 anni, dopo la morte della sorella Emilia.

La ragazza infatti aveva una fissazione sulle feci, che cercava di trattenere in tutti i modi, e problemi di masturbazione compulsiva; soffriva inoltre di «pavor nocturnus», di allucinazioni, accessi di riso, urla e pianto e, infine, di depressione.

Ai tempi Sabina ricevette una diagnosi di ‘isteria psicotica’ e fu per questo ricoverata nella clinica psichiatrica di Zurigo, il Burghölzli, per quasi un anno (dal 17 agosto 1904 al 1 giugno 1905).

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Sabina Spielrein, Carl Jung e Sigmund Freud

Sabina, allora diciannovenne, fu accompagnata alla Clinica psichiatrica del Burghölzli, a Zurigo, da suo zio e da un ufficiale medico di polizia, alle ore 22.30 del 17 agosto 1904. La ricca ragazza ebreo-russa si trovava in Svizzera per un soggiorno di relax, che però non era riuscito ad alleviare il suo stato d’animo inquieto.  Aveva fatto una scenata terribile – presumibilmente non la prima – presso l’hotel di lusso in cui si trovava e i suoi parenti avevano rinunciato ad occuparsi di lei.

I registri ospedalieri annotano che la paziente rideva e piangeva in modo stranamente misto e compulsivo. Aveva numerosi tic; ruotava la testa a scatti, sporgeva la lingua, agitava le gambe… Non sopportava le persone o il rumore. L’anamnesi fu raccolta dal giovane Dr. Carl Gustav Jung,  che la descrisse come “voluttuosa”, con “un’espressione seria e sognante”.

Sabina, durante il periodo del ricovero, fu sottoposta da Jung alla tecnica delle associazioni verbali: con questa tecnica venivano proposte al paziente una serie di parole casuali e il paziente doveva rispondere con la prima cosa che gli veniva in mente. Jung notò che le menzioni del padre provocavano in Sabina “smorfie e gesti di orrore”.

Lavorando con Sabina, Jung scoprì che la famiglia della Spielrein era davvero problematica. La madre aveva “la strana abitudine di comprare tutto ciò che vedeva” e per questo aveva chiesto dei prestiti ai parenti e inoltre aveva la costante preoccupazione che il marito avesse potuto scoprire questa sua debolezza.

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Il padre della ragazza era un personaggio violento, che tiranneggiava tutta la famiglia. Sabina confidò a Jung che il padre la picchiava “sulle natiche nude” in una “stanza speciale” lontana dalla famiglia e questo le produceva una strana eccitazione sessuale.

Sabina fu, quasi sicuramente,  il motivo per cui Jung si mise in contatto con Sigmund Freud. Nel 1906, infatti, Jung scrisse una lettera al famoso psicoanalista di Vienna per chiedere consigli su un caso impegnativo che coinvolgeva una giovane donna russa.

“Burghölzli-Zurigo, 23 ottobre 1906

Stimatissimo professore,

mi permetto di spedirLe, con la stessa posta, un nuovo plico a parte che contiene altre ricerche in tema di psicoanalisi… Devo abreagire su di Lei un’esperienza recente, a rischio di annoiarLa. Sto applicando attualmente il Suo metodo alla cura di un’isteria. E’ un caso difficile: una studentessa russa ventenne, ammalata da sei anni. Primo trauma: verso il terzo-quarto anno di vita. La bimba vede il padre che percuote sul sedere nudo il fratello maggiore. Forte impressione. In seguito è costretta a pensare di aver defecato sulla mano del padre. Dal quarto al settimo anno continui tentativi di defecare sui propri piedi, compiuti nel modo seguente: si siede per terra tenendo un piede ripiegato sotto il corpo, preme il calcagno contro l’ano e cerca di defecare e, al tempo stesso, di impedire la defecazione. In questo modo frena più volte l’evacuazione anche per due intere settimane! Non so come sia arrivata a questa storia stranissima; si trattava, così pare, di un fatto di carattere assolutamente pulsionale, accompagnato da una deliziosa sensazione di orrore. In seguito questo fenomeno è stato sostituito da una masturbazione intensa. Le sarei estremamente grato se volesse comunicarmi in poche parole la Sua opinione su questa storia.
Con stima deferente
Suo devotissimo
C. G. Jung”

Il resto, come si suol dire, è storia. Jung e Freud divennero presto amici e confidenti intellettuali, mentre Sabina, anche grazie alle cure di Jung, guarì, e nel mese di giugno 1905 si iscrisse alla Facoltà di medicina dell’Università di Zurigo.

Nel tempo intanto, la relazione terapeutica e professionale con Jung era diventata amore: iniziò infatti fra loro una relazione intensa, che sarebbe durata sette anni.

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Relazione con Jung

Jung si giustificò dicendo che aveva voluto continuare a seguire Sabina anche fuori dalla clinica “perché temeva ricadute”, ma in realtà si era lasciato coinvolgere completamente da questa storia d’amore e si era spinto al di là di quanto avrebbe dovuto.

Dalle lettere di Jung emerge che i due amanti si incontravano spesso nell’appartamento di Sabina, “in modo da essere meno inibiti” o facevano giri in barca “in modo da poter essere soli”. Nel 1908, quando Sabina andò in Russia per  trascorrervi l’estate, Jung le scrisse “Mi rendo conto di quanto sono attaccato a te, più di quanto avessi mai pensato.”

Il rapporto fra Jung e la Spielrein andò nettamente in crisi quando Sabina cominciò pressantemente a chiedere un figlio a Jung che invece, essendo sposato, non voleva darglielo, per non rischiare lo scandalo.

Lo scandalo tuttavia emerse ugualmente, in quanto la madre di Sabina un giorno si vide recapitare una lettera (forse scritta in forma anonima dalla moglie di Jung) in cui le si suggeriva di prestare più attenzione ai comportamenti della figlia.

La madre della Spielrein scrisse dunque allo psicoanalista svizzero, chiedendogli di non “rovinare” la ragazza che lui stesso aveva salvato.

La risposta di Jung fu sorprendentemente insensibile:

“Deve capire che un uomo e una ragazza non possono continuare indefinitamente ad avere rapporti amichevoli l’uno con l’altro senza la probabilità che qualcosa di più possa accadere nella relazione”.

Jung aggiunse anche che, fino ad allora, i loro incontri erano stati amichevoli. Se la madre di Sabina pretendeva che la loro relazione rimanesse strettamente professionale, allora avrebbe dovuto riprendere a pagarlo:

“La mia tariffa è di 10 franchi per consultazione”.

Nonostante l’intervento della madre, Spielrein e Jung tornarono presto in contatto. “Ci siamo entrambi amati di nuovo con fervore”, racconta lei nel suo diario.

A questo punto Jung chiese aiuto a Freud come maestro, collega e ‘padre’.

“ Burghölzli-Zurigo, 7 marzo 1909

Caro Professore,
il suo telegramma odierno mi ha provocato non poca agitazione.
…attualmente sono terribilmente perseguitato da un complesso: una paziente che anni fa ho strappato con estrema dedizione a una gravissima nevrosi ha deluso la mia fiducia e la mia amicizia nel modo più offensivo che si possa immaginare. Mi ha provocato uno scandalo unicamente perché ho rinunciato al piacere di darle un figlio. Mi sono sempre comportato come un gentiluomo con lei, ma non mi sento limpido di fronte alla mia coscienza un po’ troppo sensibile, e questo mi fa soffrire più di ogni altra cosa, perché le mie intenzioni sono sempre state oneste… Queste esperienze dolorose eppure quanto mai salutari hanno scatenato l’inferno in me…

Suo devotissimo
Jung”

Freud rispose due giorni dopo, consolando Jung, fra l’altro, con queste parole :

“ Essere calunniato e rimanere scottati dall’amore con cui operiamo, sono questi i pericoli del nostro lavoro, a causa dei quali però non abbandoneremo certo la professione…”

Freud mostra dunque di comprendere Jung, che è ancora il suo allievo prediletto, e lo conforta, mostrando una forte solidarietà maschile, che tende a giustificare l’accaduto.

Secondo lo storico e psicoanalista Peter Loewenberg  la relazione fra Jung e Sabina mise a repentaglio la posizione di Jung  al Burghölzli e determinò le sue dimissioni dall’Università di Zurigo.

In una lettera del 4 giugno 1909, Jung tenta ancora di giustificarsi agli occhi del Maestro:

“… Sapevo per esperienza che sarebbe ricaduta subito se le avessi rifiutato la mia assistenza, il rapporto s’è trascinato per anni, e io ho finito col ritenermi quasi moralmente impegnato a concederle anche il seguito la mia amicizia, fino al momento in cui vidi che questo metteva in moto una rotella imprevista, e perciò alla fine ho troncato. Essa aveva naturalmente programmato di sedurmi, cosa che io consideravo inopportuna. Ora sta maturando la sua vendetta. Recentemente ha sparso la voce che entro poco tempo divorzierò da mia moglie e sposerò una certa studentessa, cosa che ha suscitato una certa agitazione presso alcuni miei colleghi. Non so cosa abbia in mente ora: niente di buono a quanto presumo. Penso che voglia abusare di Lei coinvolgendoLa in un tentativo di mediazione….
Suo Jung”

La Spielrein non accettava il ruolo della tentatrice che Jung le attribuiva e, a sua volta, scrisse a Freud per difendersi. Freud si scusò per essere arrivato troppo in fretta alle sue conclusioni, e disse a Jung che Sabina era “molto brillante. Tutto ciò che dice ha senso”. Freud continuò a corrispondere con lei per anni, anche dopo che lui e Jung avevano cessato ogni contatto.

Nel 1909, durante il viaggio in piroscafo che portò Jung e Freud in America a tenere un ciclo di conferenze, i due pionieri della psicoanalisi analizzarono l’uno i sogni dell’altro. In questa occasione Freud, a detta di Jung, ebbe un atteggiamento di reticenza su alcuni particolari della sua vita privata che invece sarebbero serviti a Jung per una migliore interpretazione, mentre lui gli aveva apertamente confidato tutti i segreti della sua relazione clandestina con la Spielrein. Questo determinò un primo allontanamento fra Freud e Jung che poi li avrebbe portati a prendere strade diverse.

Negli anni che seguirono la prima guerra mondiale, Jung formulò le sue teorie psicoanalitiche e definì il concetto di “anima”.

Egli investì l’anima con tutti i tipi di caratteristiche che, scrisse, aveva riconosciuto in “una donna … una paziente, una psicopatica di talento che era diventata una figura vivente nella mia mente”.

Jung così definisce l’anima:

“L’uomo ha sempre portato in se’ l’immagine della donna, non l’immagine di una determinata donna, ma di un determinato tipo di donna. Questa immagine è, in fondo, un insieme ereditario inconscio di origine molto remota, innestato nel sistema organico, un “archetipo”, sintesi di tutte le esperienze ancestrali intorno all’animo femminile” 

Molto probabilmente l’anima di Jung non è l’immagine di un determinato tipo di donna, ma è quella di una determinata donna: Sabina Spielrein.

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Carriera e vita successiva

Nel 1911 la Spielrein si laureò con una tesi su un caso di schizofrenia: Uber den psychologischen Inhalt eines Falles von Schizophrenie (Dementia praecox), “Il contenuto psicologico di un caso di schizofrenia” , che fu pubblicato lo stesso anno sullo Jahrbuch, la rivista ufficiale di psicoanalisi. Sempre nel 1911 la Spielrein e Jung troncarono la relazione (pur continuando la corrispondenza con Jung, che durò fino al 1919) e Sabina si trasferì a Vienna, dove divenne membro della Società psicoanalitica.

Tra Jung e la Spielrein ci fu anche una forte rivalità professionale. Quando Jung lesse la tesi universitaria sulla schizofrenia della Spielrein disse:

“Sono sorpreso dall’abbondanza di pensieri eccellenti, che anticipano varie mie idee personali. Ma è positivo che gli altri vedano le cose come le vedo io”.

Nel 1912, per dimenticare Jung, Sabina sposò un medico russo di nome Pavel Scheftel ed ebbe subito una figlia, Renate (nel 1924 avrà un’altra figlia, Eva).

Dieci anni più tardi la coppia tornò in Russia, per stabilirsi a Rostov sul Don. Nella sua città natale, la Spielrein fondò un Ospedale psichiatrico per bambini (l’Asilo Bianco). L’istituto era fondato su principi molto moderni per l’epoca: si cercava di far crescere i bambini in piena libertà. Tre anni più tardi l’istituto venne chiuso dalle autorità sovietiche, perché accusato di praticare principi educativi contrari alla dottrina del partito.

Nel 1924 Stalin dichiarò la psicoanalisi fuori legge, ma Sabina continuò, illegalmente, a praticarla in privato. In questo periodo di ‘purghe’ staliniane morirono sia i fratelli che il marito della Spielrein (1938).

Nel 1941 Rostov sul Don fu occupata dall’esercito Tedesco. La psicoanalista non credeva fino in fondo alla crudeltà nazista e per questo si rifiutò di fuggire dalla sua città. Con molti altri ebrei e con le sue due figlie (28 e 18 anni), fu invece portata in una sinagoga e uccisa dai nazisti nell’agosto del 1942. Non si conosce la data precisa della sua morte.

Da allora, non si è più parlato di lei fino agli anni settanta quando, con grande sorpresa degli studiosi di psicoanalisi, nell’archivio di Édouard Claparède, sito negli scantinati dell’Istituto di Psicologia di Ginevra, sono stati trovati alcuni quaderni e delle lettere in cui Jung chiedeva a Freud di essere aiutato ad uscire dalla relazione extraconiugale che aveva stabilito con la sua ex paziente Sabina. Freud, nelle sue risposte, formulò la tesi del controtransfert.

In quel periodo la Spielrein esisteva solo per quattro note a pié di pagina presenti nelle opere di Sigmund Freud.

Una intervista sulla violenza domestica

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Contributi della Spielrein alla psicologia

Attraverso la sua relazione con Jung, Sabina Spielrein influenzò direttamente lo  sviluppo della psicoanalisi, nonché sullo sviluppo delle idee e delle tecniche di Jung. Fu, inoltre, la prima persona a introdurre l’idea dell’ istinto di morte, un concetto che Freud avrebbe successivamente adottato come parte della sua stessa teoria. Oltre ad aver diffuso la psicoanalisi in Russia, la Spielrein influenzò anche altri pensatori dell’epoca, tra cui Jean Piaget e Melanie Klein.

Scrisse trenta articoli psicoanalitici in francese e in tedesco e affrontò il tema della paura del sesso nello psicotico, collegandola alla paura di disintegrazione del paziente: la paura di perdere se stessi, di dissolversi in un’altra persona amata. Per questo, secondo la Spielrein gli schizofrenici sostituiscono la realtà con le loro fantasie. Anche nei suoi lavori successivi la Spielrein tornò più volte su questo tema del perdere se stessi.

Ma comunque cadde nell’oblio.

In Al di là del Principio del Piacere Freud citò la Spielrein (lo fece una sola volta in tutta la sua opera) spiegando che “Nel suo ricco e intenso lavoro, che sfortunatamente non mi è del tutto chiaro” Sabina Spielrein aveva anticipato una considerevole parte delle sue meditazioni ed aveva anche notato una componente sadica della pulsione sessuale come una “pulsione distruttiva”.

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Trasposizioni artistiche

Sabina Spielrein è recentemente diventata oggetto di libri, film e opere teatrali, tra cui:

  • Una simmetria segreta: Sabina Spielrein tra Freud e Jung, un libro del 1982 di Aldo Carotenuto
  • A Most Dangerous Method, un libro del 1993 di John Kerr
  • Sabina, opera teatrale del 1998 di Snoo Wilson
  • Ich hieß Sabina Spielrein (Mi chiamavo Sabina Spielrein), un documentario realizzato nel 2002
  • Roberto Faenza ha realizzato una pellicola di successo, Prendimi l’anima, nel 2002
  • The Talking Cure, opera teatrale scritta nel 2003 da Christopher Hampton
  • Sabina Spielrein: Forgotten Pioneer of Psychoanalysis, pubblicato nel 2003 che include estratti del diario di Sabina e lettere scambiate con Jung
  • A Dangerous Method, film del 2011 con Keira Knightley nei panni della Spielrein

Terapia di Coppia

Rif. Bibl.

“Lettere tra Freud e Jung”, 1974, Edizione Boringhieri
“ Diario di una segreta simmetria “, Aldo Carotenuto, 1980, Astrolabio-Ubaldini
Jung Love: Sabina Spielrein, a forgotten pioneer of psychoanalysis, The Telegraph

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In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

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  • 12 Mag 2020
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Simone de Beauvoir, un'icona del femminismo

Simone de Beauvoir, un’icona del femminismo

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Simone de Beauvoir (1908-1986) è stata una delle più importanti figure del femminismo, della filosofia esistenzialista e della letteratura del XX secolo. Conosciamola meglio.

Infanzia e Adolescenza

Simone-Lucie-Ernestine-Marie-Bertrand de Beauvoir,  nacque il 9 gennaio 1908, a Parigi, da una famiglia dell’alta borghesia francese. Ricevette, come racconta lei stessa nella sua autobiografia, un’educazione borghese, severa e cattolica. 

La bancarotta di suo nonno materno, banchiere, fece però precipitare la famiglia nel disonore e la rese priva di risorse. Per questa ragione il padre di Simone si impegnò per accendere nelle figlie Simone e Hélène il gusto per la letteratura e per gli studi: l’unico mezzo, secondo lui,  per fare in modo che le figlie potessero affrancarsi dalle mediocri condizioni economiche e sociali in cui la famiglia era di colpo precipitata.

All’età di quattordici anni, Simone de Beauvoir divenne atea: questo segnò la sua emancipazione dalla famiglia e la portò a dilettarsi nella scrittura molto più che in passato.

Tempo dell’Università

Simone si iscrisse nel 1926 alla Sorbona, laureandosi con una tesi su Leibniz e ottenendo nel 1929 l’agrégation (idoneità all’insegnamento riservata ai migliori allievi francesi) in filosofia. Nel 1929 conobbe Jean-Paul Sartre, suo professore, che la introdusse nella cerchia degli intellettuali esistenzialisti.

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Relazione con Sartre

L’incontro e la relazione con Jean-Paul Sartre furono cruciali per la sua carriera e la sua vita. Pur mantenendo una relazione aperta, de Beauvoir e Sartre formarono una coppia intellettuale unica. Entrambi rifiutarono l’istituzione del matrimonio e condivisero una visione esistenzialista del mondo. 

Nel 1929, Simone de Beauvoir vinse il secondo posto nel concorso di insegnante di filosofia, proprio dietro a Jean-Paul Sartre. Simone ebbe l’incarico a Marsiglia mentre Jean-Paul Sartre venne assegnato a Le Havre. Per facilitare il loro rapporto, Sartre le propose a questo punto di sposarlo, ma Simone si rifiutò, perché per lei “il matrimonio raddoppia gli obblighi familiari e tutti gli impegni sociali. Cambiando le nostre relazioni con gli altri, sarebbe inevitabile cambiare anche ciò che esiste tra noi “.

L’anno successivo Simone riuscì ad avvicinarsi al suo compagno, ottenendo un lavoro a Rouen. Gli anni trenta furono anni di intenso legame affettivo ed intellettuale con Sartre, anche anni di viaggi in Europa ed in Africa settentrionale, di intense letture, scoperte culturali, tentativi di espressione letteraria.

Simone in questo periodo ebbe anche altri “amori contingenti”, che però non mettevano in pericolo il patto di coppia con Jean Paul Sartre, della qual cosa il suo compagno venne informato, come da accordi.

Orientamento Sessuale

Gli amori di Simone non furono tutti eterosessuali: dall’autobiografia emerge il nome della sua amatissima amica d’infanzia Zaza, ma vi furono amori lesbici anche con alcune sue allieve, che determinarono probabilmente il suo trasferimento a Parigi, poco prima della guerra.

L’esistenzialismo

Secondo questa filosofia, l’individuo è radicalmente libero e deve creare il proprio significato in un universo privo di significato intrinseco. La libertà, tuttavia, comporta anche una grande responsabilità, poiché ogni azione ha implicazioni per l’intera umanità.

Les Tempes Modernes

Con Sartre, Raymond Aron, Michel Leiris, Maurice Merleau-Ponty, Boris Vian e altri intellettuali di sinistra,
nel 1945 la Beauvoir fondò la rivista “Les Tempes Modernes”, il cui scopo era far conoscere l’esistenzialismo attraverso la letteratura contemporanea. 

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Carriera intellettuale e scrittura

La De Beauvoir è nota per la sua ampia produzione letteraria e filosofica. Sebbene abbia scritto romanzi, saggi e memorie, il suo contributo più significativo è probabilmente il suo lavoro filosofico sulla condizione della donna, culminato nella sua opera più famosa, “Il secondo sesso” (In francese Le Deuxième Sexe), pubblicato nel 1949.

Il Secondo Sesso

Quest’opera del 1949 è un’analisi approfondita della condizione femminile, attraverso una lente filosofica esistenzialista. De Beauvoir esplora come le donne siano state storicamente oppresse e ridotte a “l’altro” rispetto agli uomini, i quali occupano la posizione dominante nella società.

La famosa frase “Donna non si nasce, lo si diventa” cattura l’essenza del suo pensiero: l’idea che il genere femminile sia una costruzione sociale piuttosto che un destino biologico.

Il secondo sesso è considerato uno dei testi fondamentali per la teoria femminista e ha ispirato diverse generazioni di attivisti per i diritti delle donne.  Con questo appello accademico e appassionato, la Beauvoir chiese l’abolizione di quello che lei chiamava il mito dell’ “eterno femminile“. 

Politica

Durante la Seconda guerra mondiale, la Beauvoir partecipò attivamente alla Resistenza francese contro l’occupazione nazista, e negli anni successivi divenne una voce critica contro il colonialismo e la guerra d’Algeria.

Femminismo

Negli anni ’60 e ’70, Simone de Beauvoir si dedicò sempre di più al movimento femminista. Il suo lavoro aveva già anticipato molte delle questioni centrali del secondo femminismo, come l’autonomia del corpo femminile, la libertà sessuale e il diritto all’aborto.

Partecipò attivamente a manifestazioni e fu una figura pubblica di rilievo per la difesa dei diritti delle donne. Nel 1971 firmò il celebre “Manifesto delle 343”, un documento in cui 343 donne ammettevano pubblicamente di aver abortito, un atto di disobbedienza civile che contribuì a far avanzare la legalizzazione dell’aborto in Francia.

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Romanzi

Nei suoi romanzi, così come nei saggi, la de Beauvoir discusse prevalentemente del suo impegno per il comunismo, l’ateismo e l’esistenzialismo. Il successo dei suoi libri le permise di ottenere la sua indipendenza economica e di scegliere definitivamente di dedicarsi alla scrittura e ai viaggi, lasciando l’insegnamento.

Tra i suoi romanzi più noti ci sono L’invitata (1943), I mandarini (1954), vincitore del prestigioso premio Goncourt, e Le belle immagini (1966). 

I Mandarini

In questo romanzo la Beauvoir racconta la vita e il pensiero degli intellettuali dopo la fine della seconda guerra mondiale, che abbandonano il loro status di “mandarini” (élite istruita) e si impegnano nell’attivismo politico. Il libro è dedicato a Nelson Algren.

Altri amori

Nel 1947 la Beauvoir si innamorò dello scrittore americano Nelson Algren, uno scrittore comunista americano, ma non per questo decise di lasciare Sartre.

Viaggi

Simone de Beauvoir viaggiò in molti paesi dove incontrò personaggi del calibro di Fidel Castro, Che Guevara, Mao Tse-Tung, Richard Wright.

Autobiografia

Nel 1958 con Memorie di una ragazza perbene, iniziò a pubblicare un ciclo autobiografico che comprende anche L’età forte (1960) e La forza delle cose (1963) e che si conclude con A conti fatti (1972).

Morte di Sartre

Dopo la morte di Jean-Paul Sartre nel 1980, Simone adottò Sylvie Le Bon, una giovane studentessa di filosofia conosciuta negli anni ’60, che divenne sua figlia adottiva e  erede del suo lavoro letterario. 

Morte

Simone de Beauvoir morì a Parigi il 14 aprile 1986. È sepolta accanto a Jean-Paul Sartre nel cimitero di Montparnasse. 

Cosa ci ha lasciato

Le sue idee continuano a essere oggetto di studio e discussione, e Il secondo sesso è considerato un testo chiave non solo per il femminismo, ma per la comprensione della condizione umana in generale, sui concetti di libertà e di responsabilità individuali.

Giuliana Proietti

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