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Il litio nella cura della depressione: caratteristiche e utilizzi

Il litio nella cura della depressione: caratteristiche e utilizzi

Il litio nella cura della depressione: caratteristiche e utilizzi

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Il litio è uno dei farmaci più noti e utilizzati in psichiatria, soprattutto per il trattamento dei disturbi dell’umore. Sebbene sia maggiormente conosciuto per il trattamento del disturbo bipolare, ha un ruolo significativo anche nella gestione della depressione, specialmente in quella resistente ad altre terapie. Cerchiamo di saperne di più.

Cos’è il litio?

Il litio (da greco lithos, “pietra”) venne scoperto da Johann Arfvedson nel 1817. Arfvedson trovò il nuovo elemento all’interno dei minerali di spodumene, lepidolite e petalite, che stava analizzando sull’isola di Utö in Svezia. Nel 1818 Christian Gottlob Gmelin fu il primo ad osservare che i sali di litio emettevano una fiamma rosso brillante durante la combustione. Entrambi cercarono, senza successo, di isolare il litio dai suoi sali.
L’elemento non venne isolato fino a quando William Thomas Brande e Sir Humphrey Davy impiegarono l’elettrolisi sull’ossido di litio. La produzione commerciale del litio venne ottenuta nel 1923 dalla compagnia tedesca Metallgesellschaft AG attraverso l’uso dell’elettrolisi sul cloruro di litio e sul cloruro di potassio fusi.

Sembra che il nome “litio” fu scelto perché venne scoperto all’interno di un minerale mentre gli altri metalli alcalini vennero rintracciati nei tessuti vegetali.

Il litio è largamente disponibile, ma non si trova in natura nella sua forma libera; a causa della sua reattività si trova sempre legato ad altri elementi o composti. Si trova in minima parte in quasi tutte le rocce ignee ed anche in molte salamoie naturali.

A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, la produzione di litio è cresciuta notevolmente. Il metallo viene separato dagli altri elementi delle rocce ignee, ed è anche estratto da alcune sorgenti di acqua minerale. Lepidolite, spodumene, petalite, e amblygonite sono i principali minerali che lo contengono.
Il metallo, di colore argenteo come il sodio, il potassio e gli altri membri della serie dei metalli alcalini, è prodotto per elettrolisi da una miscela di cloruro di litio e cloruro di potassio fusi.

Una lezione divulgativa su Freud e il suo libro "Totem e Tabù"

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Somministrato in forma farmacologica, su quali sistemi del corpo umano agisce il litio?

Agisce su diversi sistemi neurochimici, tra cui:

  • Neurotrasmettitori: aumenta la disponibilità di serotonina e noradrenalina, due sostanze coinvolte nella regolazione dell’umore.
  • Neuroprotezione: promuove la sopravvivenza delle cellule cerebrali e migliora la plasticità sinaptica, contribuendo a un funzionamento cerebrale più stabile.
  • Riduzione dell’eccitabilità neuronale: aiuta a stabilizzare le fluttuazioni emotive e a ridurre i sintomi maniacali e depressivi.

In quali contesti viene utilizzato?

Il litio viene utilizzato soprattutto nei seguenti contesti:

  1. Depressione maggiore resistente: quando gli antidepressivi tradizionali non producono miglioramenti significativi, il litio può essere aggiunto come terapia adiuvante per potenziarne l’efficacia.
  2. Disturbo bipolare: il litio è considerato il trattamento di prima linea sia per prevenire gli episodi depressivi che quelli maniacali.
  3. Rischio suicidario: è uno dei pochi farmaci con evidenze scientifiche significative che mostrano una riduzione del rischio di suicidio, indipendentemente dalla diagnosi di base.

Il litio può essere considerato un antidepressivo?

No, il litio, in genere, non è considerato un antidepressivo, ma piuttosto una sostanza capace di regolare il tono dell’umore, 

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Posologia e monitoraggio: quali dosi?

La dose di litio varia da persona a persona ed è determinata in base ai livelli nel sangue, che devono essere mantenuti entro un intervallo terapeutico preciso (generalmente tra 0,6 e 1,2 mEq/L). È essenziale monitorare regolarmente i livelli sierici per evitare effetti collaterali o tossicità.

Ci sono effetti collaterali?

Nonostante la sua efficacia, il litio può dare effetti collaterali, tra cui:

  • Sete eccessiva (polidipsia) e aumento della produzione di urina (poliuria).
  • Tremori fini delle mani.
  • Problemi gastrointestinali come nausea o diarrea.
  • Aumento di peso.
  • Alterazioni della funzione tiroidea (ipotiroidismo).
  • Danni renali a lungo termine in alcuni casi.

Precauzioni e controindicazioni: quali?

L’uso del litio richiede attenzione, soprattutto nei seguenti casi:

  • Gravidanza: può essere teratogeno, soprattutto nel primo trimestre.
  • Compromissione renale: il litio viene eliminato dai reni, quindi una funzione renale ridotta può aumentare il rischio di tossicità.
  • Uso di altri farmaci: farmaci come diuretici, FANS e ACE-inibitori possono interferire con i livelli di litio nel sangue.

Dott.ssa Giuliana Proietti 

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Leggi anche: disturbo bipolare

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Giuliana Proietti
Dr. Giuliana Proietti

Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

Per appuntamenti:
347 0375949 (anche whatsapp)

mail: g.proietti@psicolinea.it

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  • 20 Dic 2024
  • Dr. Giuliana Proietti
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Come la psicologia positiva spiega la felicità

Come la psicologia positiva spiega la felicità

Come la psicologia positiva spiega la felicità


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Dr. Giuliana Proietti - Tel. 347 0375949

La psicologia positiva è una disciplina che si occupa di studiare scientificamente il funzionamento umano, perché raggiunga il massimo delle sue potenzialità (Sheldon et. al. 2000). La felicita‘ non è solo un aspetto del “funzionamento ottimale dell’essere umano”, ma  è essa stessa un fattore determinante per creare le condizioni di tale funzionamento, dato che la felicità “allarga” il nostro repertorio comportamentale e “costruisce” le nostre risorse (Fredrickson 2004).

Molte ricerche condotte nel campo della psicologia positiva mirano a comprendere perché alcune persone siano più felici di altre e tentano di trovare il modo per rendere le persone più felici.

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Gli illuministi contestavano l’idea religiosa per cui la felicità poteva esistere solo nella vita ultraterrena e ritenevano che la felicità poteva trovarsi anche nella vita terrena, perché non dipendeva solo da leggi divine, dal momento che gli uomini avevano modo di intervenire attraverso le leggi, per regolare e migliorare le condizioni di vita della propria specie.

Gran parte di questo pensiero è stato espresso in un famoso libro di Jeremy Bentham (1789) On Morals and Legislation, nel quale l’autore sosteneva che le azioni buone o malvagie dovrebbero essere ritenute tali in base agli effetti che esse producono sulla felicità umana. Da questo punto di vista, la scelta migliore da farsi  è sempre quella che determina la “più grande felicità, per il maggior numero di persone“. Questo credo morale è stato chiamato “il principio della massima felicità.”

Questa ideologia laica incontrò inizialmente molta resistenza, soprattutto da parte delle chiese, ma a questo credo si opposero successivamente anche i movimenti di emancipazione liberale e socialista, che erano più interessati alla libertà il primo e all’uguaglianza sociale il secondo, piuttosto che alla felicità. Per molto tempo inoltre si è creduto che la felicità non facesse parte della condizione umana e che cercare di perseguirla avrebbe contribuito solo a peggiorare la situazione.

PSICOLOGIA - SESSUOLOGIA
Come vivere bene anche se in coppiaCome vivere bene, anche se in coppia
Autori: Dr. Giuliana Proietti - Dr. Walter La Gatta
Terapie Individuali e di Coppia

La parola “felicità” ha significati diversi, ma nel campo della psicologia positiva essa viene intesa come sinonimo di “benessere” o “qualità della vita“.

Il concetto di qualità della vita, come discusso più in dettaglio nello studio di Veenhoven (2000), dovrebbe essere distinto in due parti: la prima distinzione  va fatta fra probabilità e risultati, cioè considerando la differenza tra le opportunità possibili per una buona vita e la vita stessa. Una seconda differenza è tra la qualità esterna ed interna della vita: nel primo caso la vita di qualità riguarda l’ambiente, nel secondo riguarda più da vicino l’individuo.

La combinazione di questi due dicotomie produce una tabella a doppia entrata in cui è possibile delineare 4 Qualita’ della vita:

  Qualità esterne Qualità interne
Possibilità della vita Vivibilità nell’ambiente Capacità di vivere
Risultati reali ottenibili Utilità della vita Soddisfazione

 

La vivibilità nell’ambiente indica le buone condizioni di vita esterne a sé : gli ecologisti potrebbero individuare queste caratteristiche di vivibilità ottimale in un ambiente naturale preservato e vedere il suo contrario nell’inquinamento, nel riscaldamento globale, nel degrado della natura. Gli urbanisti potrebbero individuare la migliore vivibilità all’ambiente cittadino, nel quale funzionino ottimi sistemi che regolano le fognature, il traffico, le periferie urbane. Dal punto di vista sociologico, la vivibilità potrebbe essere associata con la qualità della società nel suo insieme, o anche con la posizione che si ha nella società.

La vivibilità  è una condizione essenziale per la felicità ma, come è evidente, non tutte le condizioni ambientali favorevoli consentono il raggiungimento della felicità individuale.

Quanto alle capacità della persona di far fronte ai problemi della vita (capacità di vivere), si può dire che questa capacità si basa anzitutto sul concetto di salute, intesa non come assenza di malattia, ma come eccellenza della funzione, data da energia e resilienza (in psicologia la resilienza è la capacità di affrontare le avversità della vita, di superarle e di uscirne rinforzati e addirittura trasformati positivamente).

Una intervista sulla violenza domestica

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Un ulteriore passo in avanti è quello di valutare la capacità di vivere in una prospettiva di sviluppo, includendovi anche le nuove competenze che si acquisiscono con il trascorrere degli anni. Questo è comunemente indicato con il termine “auto-realizzazione“. Dal momento che difficilmente le abilità della vita si sviluppano nell’ozio, questo concetto è assimilabile alle “attività” umane, secondo il concetto aristotelico di eudemonia (termine che indica il senso della felicità come scopo ultimo della vita e dell’esistenza umana).

La capacità di affrontare i problemi della vita è un fattore che contribuisce alla felicità: le persone che sanno vivere hanno maggiori probabilità di raggiungere la felicità, ma va anche detto che possedere doti per affrontare al meglio i problemi della vita non garantisce purtroppo un risultato sicuro in termini di felicità.

Il quadrante in basso a sinistra rappresenta l’idea che una buona vita dovrebbe avere a che fare con aspetti “trascendentali” così come avviene nella ricerca del “senso della vita“, oppure ricercare una “verità” che si contrapponga alle sensazioni soggettive di significato esistenziale. Parliamo qui, ad esempio, di ciò che possiamo fare per migliorare la qualità della vita di altre persone, o nel crescere al meglio i  nostri figli. Un altro aspetto potrebbe essere  il contributo che possiamo dare con la nostra esperienza di vita alla civiltà umana, come quando produciamo invenzioni o comportamenti etici.

Condurre una vita oggettivamente “utile” può contribuire alla valutazione positiva della propria vita, anche se non sempre è così.

Infine, il quadrante basso a destra rappresenta gli esiti interiori di una buona qualità della vita. Questi sono comunemente indicati con termini quali “benessere soggettivo”, “soddisfazione di vita” o “senso soggettivo di  felicità”.

Anche quando ci si concentra sulla soddisfazione soggettiva di vita però, sulla felicità individuale, ci sono ancora diversi significati che possono essere associati al termine felicità. Anche questi significati possono essere inseriti in una tabella a doppia entrata. In questo caso, tale classificazione si basa sulle seguenti dicotomie: aspetti della vita contro la vita-come-tutto, e gioie che passano contro soddisfazioni durevoli.

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Quattro tipi di soddisfazioni:

  Passeggeri Durevoli
Momenti della vita
Piaceri Soddisfazioni per qualcosa
Vita complessiva
Esperienze di picco Soddisfazione per la vita (Felicità)

 

Il quadrante in alto a sinistra rappresenta alcuni piaceri della vita, come la gioia di una tazza di caffè a colazione, la soddisfazione per un lavoro ben svolto,  il godimento di un’opera d’arte. Anche se questi piaceri fuggevoli contribuiscono a creare un apprezzamento positivo per la vita in senso complessivo, ma essi non sono tutto.

Il quadrante in alto a destra indica l’apprezzamento per gli aspetti durevoli della vita, come la soddisfazione nel matrimonio e la soddisfazione sul lavoro. Si tratta di soddisfazioni che, se anche dipendono da un flusso continuo di piaceri temporanei, hanno di per sè una loro continuità. Per esempio, si può continuare a sentirsi soddisfatti del proprio matrimonio, anche se non si è stati in compagnia del partner per un certo tempo. Questo genere di piaceri e di soddisfazioni in genere rappresentano quella che viene chiamata felicità, anche se tutti sappiamo che avere una buona relazione di coppia o un bel lavoro non bastano per evitare che una persona si ammali di depressione. È possibile che una persona possa godere di tutti i piaceri e le soddisfazioni che abbiamo elencato, ma sentirsi ugualmente infelice.

Il quadrante in basso a sinistra è quello relativo alle esperienze di picco, che coinvolgono sensazioni di breve durata, ma molto intense e che riguardano tutta la vita: è di queste esperienze che parlano i poeti. In ogni caso, anche le esperienze di picco, seppure intense, non producono la felicità, ma anzi in alcuni casi hanno effetti che inducono disorientamento (Diener et al, 1991).

Infine, il quadrante in basso a destra rappresenta la combinazione di soddisfazione duratura con la vita complessiva. Questo potrebbe essere sinonimo di “soddisfazione per la vita” ed è simile a ciò che intendeva Jeremy Bentham con il suo “principio di massima felicità”.

Potremmo dunque definire la felicità come il grado in cui una persona giudica la qualità complessiva della sua vita in modo favorevole. (Veenhoven, 1984).

Martin Seligman (2002) invece usa la parola felicità in senso più ampio. Nella sua “felicità autentica “, egli distingue tra: la vita impegnata, la vita piena di significato e la vita piacevole. La sua nozione di “vita impegnata” appartiene al quadrante in alto a destra del primo schema, e la sua nozione di “vita piena di senso” si inserisce nel quadrante in basso a sinistra. La sua nozione di “vita piacevole” appartiene al quadrante in basso a destra.

Un’altra distinzione comune nella psicologia positiva è tra la felicità eudaimonica e la felicità edonistica (Ryan & Deci 2001). La nozione di felicità “eudaimonica” riguarda l’uso e lo sviluppo delle capacità umane e come tale appartiene al quadrante in alto a destra del primo schema. La nozione di “felicità edonistica” appartiene invece al quadrante in basso a destra del primo schema. Quando ridotta a semplice “piacere”, la nozione di “felicità edonistica” appartiene al quadrante in alto a sinistra dello schema 2.

Molti filosofi in passato hanno sostenuto che la felicità duratura non è possibile nella condizione umana: ad esempio Schopenhauer (1851), sostenne che, nella migliore delle ipotesi, possiamo provare a ridurre la naturale sofferenza umana. Freud stesso vedeva anche lui ben poche possibilità di felicità nella società moderna, che richiede l’inibizione degli stimoli primitivi. Altri scienziati sociali ritengono che la felicità dipenda dal confronto, o dalle sue oscillazioni intorno a un livello neutro (ad esempio Unger 1970, Brickman e Campbell 1971).


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I sociologi tentano oggi di misurare la felicità attraverso domande sulla soddisfazione di vita e applicano  tali domande a studi condotti su larga scala nella popolazione generale ed i risultati della ricerca non vanno nella direzione di queste teorie pessimistiche. La maggior parte delle persone infatti risultano felici (Diener & Diener 1996). Ciò appare dalle loro risposte alla domanda: “Tutto considerato, quanto sei soddisfatto della tua vita nel suo complesso al giorno d’oggi? Si prega di indicare in un numero da 0 a 10, dove 0 è ‘estremamente insoddisfatta’ e 10 ‘estremamente soddisfatto‘. “Le risposte a questa domanda nel Regno Unito sono le seguenti: più del 40% delle persone ha indicato con 7 o più la qualità della propria vita e meno del 20% ha usato il valore 5 o inferiore. Studi che hanno utilizzato domande leggermente diverse hanno dato risultati simili. Il voto che mediamente gli inglesi danno alla propria vita è  7,2 (Guarda dati italiani ISTAT).

Attualmente la felicità media varia tra 8,4 (Danimarca) e 3,3 (Zimbabwe),  con il 7,0 degli Stati Uniti.

La felicità media appare molto più bassa nelle nazioni in via di sviluppo, e in particolare in Africa, in Paesi come come lo Zimbabwe. Sebbene ci manchino dei dati completi, la media mondiale attualmente si colloca tra 5 e 6 su una scala da 0 a 10 punti. Questo non dimostra che vi sia nel mondo una grande felicità, ma i casi di Danimarca e Svizzera, indicano che una grande felicità potrebbe essere possibile.

In genere, l’essere umano si sente felice quando soddisfa i bisogni primari e infelice quando questa soddisfazione viene ostacolata (Veenhoven 2009). La domanda da farsi a questo punto è: possiamo essere più felici ? Alcuni psicologi sostengono che la felicità è in gran parte innata, o è un tratto di personalità stabile. Quindi, da questo punto di vista, l’istruzione per essere più felici non migliorerebbe la felicità percepita, così come il progresso sociale. Questo punto di vista è conosciuto come la teoria del “set-point” (ad esempio, Lykken 1999). Alcuni sociologi traggono la stessa conclusione poiché pensano che la felicità dipenda dal confronto sociale: da questo punto di vista non ci si sente più felici dei propri vicini, se le condizioni migliorano per tutti… In tal senso, il caso degli Stati Uniti viene spesso citato come un esempio: visto che la ricchezza materiale si è raddoppiata dagli anni Cinquanta, perché la felicità media sembra essere rimasta allo stesso livello di un tempo? (ad esempio, Easterlin 1995).

Esiste una chiara relazione tra la felicità media e la qualità della vita sociale. Si pensi al caso dello Zimbabwe, che ha totalizzato un punteggio di 3,3. Evidentemente non si vive bene  in uno stato sottosviluppato, anche se tutti vivono nella medesima condizione.

La felicità media è in realtà cambiata nella maggior parte delle nazioni, e in genere verso il meglio (Veenhoven & Hagerty, 2006). In Danimarca negli ultimi 30 anni vi è stato un enorme aumento di felicità percepita (media di 8,2), così come vi è stato un drammatico calo di felicità in Russia, dopo la crisi del rublo del 1995.  Che cosa accade in Danimarca che non è possibile realizzare in altri Paesi? Escludiamo che si tratti di patrimonio genetico o di carattere nazionale, perché il tasso di felicità della Danimarca ha cominciato a salire, a partire dal 1973.

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Oggi la felicità in Danimarca potrebbe essere vicina al livello massimo possibile: se fosse così, molta strada vi sarebbe ancora da fare per la maggior parte delle nazioni di questo mondo, dato che la media della felicità percepita nel mondo è ora inferiore a 6.

Quanto alla felicità soggettiva, secondo Lyubomirsky et. al (2005) il 40% delle differenze nella percezione della felicità nella società moderna sono dovute all’attività intenzionale degli individui, e solo il 10% a circostanze indipendenti dalla volontà individuale.

L’idea che una felicità più grande non sia possibile affonda le sue radici su teorie sbagliate che riguardano la natura della felicità. Una di queste teorie sbagliate è che la felicità sia solo una questione di visione della vita e che questa prospettiva si trova in tratti di personalità individuale o in una tipologia caratteriale nazionale. Un’altra teoria è che i risultati scarsi sulla felicità dipendano dal confronto sociale.

Volendo pensare di intervenire per diffondere la felicità delle persone nei vari Stati del mondo, si potrebbero incontrare alcuni ostacoli: ad esempio quello dei predicatori di penitenza che vogliono vedere soffrire le persone, al fine di purificare le loro anime peccatrici… Ma vi sono anche obiezioni da parte di scienziati che credono che la ricerca intenzionale della felicità potrebbe avere effetti deleteri. Una delle loro preoccupazioni è che la felicità di massa potrebbe essere realizzata a costo della libertà. Un altro motivo di apprensione è che le persone felici tendono a essere passive e non creative. Queste nozioni figurano nel romanzo di fantascienza di Huxley (1932), Brave New World, in cui si ottiene la felicità per tutti attraverso manipolazioni genetiche e operazioni di controllo mentale su cittadini che sono felici ma anche schiavi-consumatori.

Eppure la ricerca sulle conseguenze della felicità mostra un’altra visione delle cose. Sembra, ad esempio,  che la felicità favorisca in genere l’attività, la creatività, l’apertura mentale. Le persone felici  hanno in genere relazioni stabili e figli; essi sono più coinvolti nella vita sociale e sono più moderati nelle loro opinioni politiche (Lyubomirsky et al, 2005.). La felicità, infine, allunga la vita.

Ma vi sono anche gli effetti negativi della felicita’: essa può renderci meno sensibili ai rischi e / o alle critiche da parte di altri o magari renderci inclini ad una visione troppo rosea della vita.

La felicità individuale dipende fortemente dalla qualità della società in cui si vive, alla ricchezza della propria Nazione. Eppure il benessere materiale sembra essere soggetto alla legge dei rendimenti decrescenti, per cui la crescita economica produce più felicità solo nei paesi poveri, ma non nei Paesi già ricchi.

La felicità non deriva infatti solo dai consumi, ma anche dall’impegno in una attività produttiva. Come la maggior parte degli animali, gli esseri umani hanno un bisogno innato di usare le proprie potenzialità. La specie umana si è evoluta a partire dalla condizione di cacciatori-raccoglitori, fino ad arrivare alla moderna società industriale, che ha bisogno di competizione, per rinnovare le sfide, anche se la competizione può essere causa di gravi conflitti sociali.

La stessa riduzione delle differenze di reddito non porta alla felicità: la correlazione è vicino a zero.  Questo non vuol dire che le disparità di reddito non pregiudichino la felicità: significa però che gli effetti negativi di queste evidenti disparità di reddito non sono avvertite in modo così negativo e che si impara a conviverci.

Allo stesso modo, i dati suggeriscono che la felicità non possa essere migliorata dal welfare state. A prima vista vi è una certa correlazione tra le spese per la sicurezza sociale e la felicità dei cittadini di alcune nazioni ma, a titolo di esempio, seppure la felicità percepita sia piuttosto elevata in Svezia, che è peraltro nota per il suo esteso welfare state, va detto che la Svezia ottiene, in termini di felicità, gli stessi valori dell’Islanda, che spende molto meno sulla sicurezza sociale (Veenhoven, 2000b; Ouweneel, 2002).

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Questo non vuol dire che la felicità sia insensibile a tutte le disuguaglianze: nelle nazioni povere, la felicità sembra essere più correlata alla libertà economica. In queste nazioni dunque, le liberalizzazioni possono probabilmente aumentare la felicità. Tra le nazioni ricche, la correlazione con la libertà politica è più pronunciata: esemplare il caso della Svizzera, la cui felicità media è risultata leggermente più elevata nei cantoni dove la soglia per il referendum è più bassa (Frey & Stutzer, 2000).

I maggiori benefici sembrano essere possibili nei settori della giustizia e del buon governo. I dati mostrano che le persone vivono più felici nelle nazioni dove vengono rispettati i diritti umani e dove c’è uno Stato di diritto. Inversamente, le persone vivono meno felici in nazioni dove è comune la corruzione, anche in culture in cui certi favoritismi sono moralmente accettati. Allo stesso modo, le persone vivono più felici nelle nazioni dove le istituzioni governative funzionano correttamente, a prescindere dal colore dei partiti politici al potere. Questo effetto è indipendente dalla cultura: il buon governo sembra essere un prerequisito per la felicità universale (Ott. 2009).

Un’altra fonte di felicità riguarda le istituzioni in cui passiamo la maggior parte del nostro tempo, come il lavoro e la scuola. Miglioramenti sistematici in questi settori potrebbero migliorare la felicità di molte persone. Vi è stata una certa ricerca sulla felicità nelle organizzazioni di lavoro, ma ulteriori ricerche sulle “istituzioni positive” devono essere poste all’ordine del giorno nella psicologia positiva.

La felicità può essere promossa a livello individuale in almeno tre modi: (1) formazione sull’arte di vivere, (2) informazioni sugli esiti probabili di scelte di vita importanti, e (3) guida da parte di esperti di auto-sviluppo.

Molte persone pensano che sarebbero più felici se avessero più soldi o una posizione più elevata nella scala sociale. Tuttavia, la ricerca dimostra che queste cose non contano molto, almeno non nelle società opulente ed egualitarie. Le differenze di reddito e di status sociale spiegano solo il 5% delle differenze.

Che cosa dunque ha importanza per la felicità? Circa il 10% delle differenze può essere attribuita alle relazioni sociali, in particolare ad un  matrimonio felice. Un altro 10% è dovuto alla fortuna o alla sfortuna, probabilmente più nei Paesi dove la vita è meno prevedibile. La maggior parte delle differenze appare tuttavia causata da caratteristiche personali; circa il 30% della felicità può essere attribuita al cambiamento del proprio stile di vita (Heady & Indossando, 1990).

Alcune di queste abilità sociali sono geneticamente determinate o difficilmente modificabili per altri motivi. Eppure, ci sono anche funzionalità che possono essere migliorate con la terapia e la formazione. La psicoterapia è ormai ben consolidata nelle nazioni moderne, ma ancora sottoutilizzata. Vi è anche un settore emergente, quello del coaching o la formazione all’arte di vivere, per imparare a condurre una vita soddisfacente e, in particolare, a perseguire uno stile di vita salutare (Veenhoven, 2003). Ciò comporta varie attitudini, alcune delle quali sembrano essere suscettibili di miglioramento, anche attraverso tecniche di addestramento. Vi è una crescente letteratura su questo argomento. Quattro di queste attitudini sono: (1) la capacità di godere, (2) la capacità di scegliere, (3) la capacità di continuare a crescere, e (4) la capacità di cogliere dei significati.

Imparare a godere: la capacità di trarre piacere dalla vita è in parte innata, ma può in qualche misura essere coltivata. Si può imparare a godere di piaceri di qualità, come la degustazione di vini pregiati o la capacità di apprezzare una musica “difficile”. Ma è anche possibile sviluppare il godimento per le cose comuni della vita, come gustare una prima colazione o guardare il tramonto. La formazione alla capacità di godere dei piaceri più semplici fa parte di alcune pratiche religiose.

Il piacere edonistico è presentato nella società attuale soprattutto nella pubblicità, ma le tecniche che ci aiutano ad imparare la capacità di godere sono poco conosciute: non ci sono formatori che ci aiutino a migliorare il nostro livello generale di godimento. Al momento possiamo essere guidati da esperti che ci iniziano a specifici tipi di piaceri, come il modo di apprezzare le belle arti, ma talvolta dietro queste forme di iniziazione si cela il desiderio di iniziarci al consumo di determinati prodotti.

Eppure, sembrerebbe possibile sviluppare più ampie tecniche di formazione al piacere: un modo potrebbe essere quello di fornire una formazione all’ “attenzione”, eventualmente utilizzando tecniche di meditazione. Questo approccio si inserisce nei programmi di “mindfulness” (vedi ad esempio Jacob & Brinkerhoff, 1999). Un’altra opzione potrebbe essere l’ampliamento del proprio repertorio di attività nel tempo libero, che potrebbe collegarsi con competenze in diversi settori. Una terza via potrebbe essere la ricerca di modalità per eliminare gli ostacoli interni al godere, che potrebbero essere collegati al trattamento clinico.

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Imparare a scegliere: la felicità dipende anche dalle scelte che si fanno nella vita. L’arte di scegliere coinvolge competenze diverse. Uno dei requisiti è ad esempio la capacità di valutare bene le varie opzioni che più si adattano alla propria natura. Ciò richiede la conoscenza di sé, aspetto che potrebbe esso stesso essere migliorato, con l’auto-comprensione dovuta ad una buona psicoterapia. Una volta che si sa cosa scegliere, vi è spesso un problema nel portare avanti le proprie scelte. Questa fase richiede attitudini come la perseveranza, l’assertività e la creatività, ognuna delle quali può essere rafforzata nei corsi di formazione. Le scelte di vita sono per la maggior parte basate sulla felicità attesa, per esempio nello scegliere la professione che vorremmo fare, anche se spesso possiamo restare delusi dei risultati perché le decisioni vengono spesso prese sulla base di informazioni incomplete ( vedi ad esempio, Gilbert & Wilson, 2005). Un esempio è la decisione di accettare uno stipendio più alto per un lavoro più lontano da casa. La ricerca ha dimostrato che questa scelta si rivela spesso sbagliata e aumenta l’infelicità personale (Frey & Stutzer, 2004). Ricerche di questo tipo potrebbero aiutare le persone a fare scelte più consapevoli.

Il passo successivo nel processo di scelta è valutare i risultati: l “utilità attesa” coincide con quella reale? La formazione all’automonitoraggio è una pratica comune in psicoterapia.

Impegno nella crescita personale. La felicità dipende in gran parte dalla gratificazione dei bisogni innati fra cui ci sono le “esigenze di crescita personale” (Maslow , 1954), note anche come “esigenze di funzionamento” o “necessità di avere padronanza”. Questi bisogni non sono limitate alle funzioni mentali superiori, ma riguardano anche l’uso e lo sviluppo del corpo e dei sensi. Negli animali, la gratificazione di questi bisogni è ampiamente guidata dall’istinto, ma negli esseri umani essa richiede un’azione cosciente. In genere un orientamento ci viene dalla cultura cui apparteniamo, ma le persone devono attivarsi, coinvolgersi in attività stimolanti per evitare la scontentezza diffusa o anche la depressione, come avviene regolarmente, ad esempio, dopo il pensionamento dal lavoro. Così un’altra importante arte di vivere riguarda la capacità di coinvolgersi in un percorso ininterrotto di crescita personale. Questo approccio si inserisce in un filone di ricerca sulla definizione degli obiettivi di vita e felicità (ad esempio, Sheldon & Elliot, 1999).

Cogliere i significati. Avere delle informazioni potrà essere utile, così come partecipare a programmi di “crescita” ed essere aiutati a cogliere il senso della vita (la felicità dipende anche dal riuscire a vedere un senso nella propria vita – vedi ad esempio, King et al, 2007.). Ci sono terapie specifiche per imparare a cogliere i significati della vita, come la logoterapia  (Frankl, 1946) o il “life reviewing” (Holahan & Wonacott, 1999). Questo genere di terapie difficilmente vengono studiate con criteri scientifici e tutto ciò che sappiamo riguarda il breve termine, più che gli effetti sul lungo termine.

Questo approccio alla promozione della felicità è simile a quello basato sulla promozione della salute. Così come la saggezza popolare si dimostra talvolta errata nel portarci a consumare cibi piuttosto che altri, in presenza di determinate condizioni, per cui è necessario affidarsi alla scienza per avere informazioni più sicure, così anche per la felicità dovremmo poterci basare su ricette scientifiche, per migliorare la nostra condizione.

Al momento, la conoscenza per promuovere la felicità è ancora scarsa. Sebbene ci sia una mole considerevole di ricerche sulla felicità, non siamo ancora in grado di comprendere pienamente quali sono le cause e quali gli effetti. Una volta che tali informazioni siano più chiare, esse dovrebbero essere messe ampiamente divulgate o incluse in programmi di educazione sanitaria al “buon vivere”. Il problema oggi non è nella diffusione delle conoscenze, ma nella produzione di tali conoscenze. Le ricerche attuali riguardano aspetti sui quali abbiamo un controllo limitato, come la nostra personalità o gli aspetti sociali. Molto meglio farebbe la ricerca ad interessarsi delle nostre scelte di vita, come ad esempio: rende più felici un lavoro part time o uno full time? Sposarsi e mettere su famiglia rende più felici? Certamente i risultati ottenuti non possono essere generalizzati e non è detto che funzionino nel caso particolare, ma può essere senz’altro utile sapere come delle persone a noi simili si sono comportate di fronte a determinate scelte e quali sono stati gli esiti che hanno riscontrato.

Se non ci sentiamo bene, andiamo dal nostro medico di famiglia che ci fa una diagnosi e ci prescrive un trattamento, oppure ci invia ad un medico specialista. Se ci sentiamo infelici, non c’è un tale medico di base. Dobbiamo tentare di indovinare quali potrebbero essere le possibili cause o consultare uno specialista che può essere uno psicologo, un consulente matrimoniale, o un avvocato. In un certo senso siamo di fronte ad un fallimento commerciale, dato il gran numero di persone che vorrebbero imparare ad essere più felici. La dimensione della domanda si riflette nel boom delle vendite di libri di auto-aiuto e nella disponibilità a pagare per tutti i mezzi che potrebbero condurci ad  una maggiore felicità, come la chirurgia estetica o una seconda casa. Non vi sono però professionisti della felicità (anche se vi sono molti coach affiliati alle scuole di psicologia positiva). Questo dipende dal fatto che questa scienza è ancora al suo esordio, che si lavora più sull’intuizione che sulla ricerca scientifica consolidata.

Per comprendere realmente cosa funziona e cosa non funziona occorrerebbe che molti coach, psicologi e consulenti, trattando questi casi di infelicità, potessero fare un follow up riguardo ai loro interventi e capire cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato, per poi consegnare questi dati ad una università o ad un altro Ente altrettanto rispettato e dotato di imparzialità scientifica, perché possa spiegarci cosa fare per essere più felici. Una volta che saremo sicuri di avere delle conoscenze scientifiche certe sull’argomento, potremo finalmente soddisfare l’enorme domanda di approccio alla felicità che viene dal “mercato”.

Fonte principale:

GREATER HAPPINESS FOR A GREATER NUMBER Is that possible? If so, how?
Ruut Veenhoven, Published in: Sheldon, K.M., Kashdan, T.B. & Steger, M.F. (Eds.) Designing Positive Psychology: Taking Stock and Moving Forward, Oxford University Press, New York, 2011, ISBN 978-0-19-537358-5, Chapter 26 pp. 396-409

Giuliana Proietti

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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

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messaggi subliminali

Messaggi subliminali: funzionano?

Messaggi subliminali: funzionano?

Tariffe Psicoterapia

Il concetto di messaggio subliminale ha, da sempre, suscitato un forte interesse nell’immaginario collettivo, evocando scenari in cui è possibile influenzare il comportamento umano senza che la persona ne sia consapevole. Ma cosa sono realmente i messaggi subliminali? E soprattutto, esistono prove scientifiche che ne confermino l’efficacia? Cerchiamo di saperne di più.

Cosa si intende per messaggio subliminale ?

Un messaggio subliminale è una stimolazione sensoriale percepita al di sotto della soglia della consapevolezza. In altre parole, è un’informazione visiva, uditiva o testuale che viene trasmessa così rapidamente o in modo così mascherato da non essere registrata coscientemente, ma che si suppone possa comunque influenzare emozioni, pensieri o comportamenti.

Dr. Walter La Gatta

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Quale è l’esempio classico di “messaggio subliminale”?

L’esempio classico, spesso citato in letteratura popolare, è quello del fotogramma inserito all’interno di una pellicola cinematografica contenente parole come “Bevi Coca-Cola” o “Hai fame?”, che apparirebbe per un intervallo di tempo troppo breve per essere consciamente percepito, ma sufficiente per innescare una risposta inconscia.

Da quanto tempo si parla di questi messaggi subliminali?

I messaggi subliminali entrarono per la prima volta nella cultura popolare nel 1957, quando i ricercatori James Vicary e Frances Thayer condussero un esperimento che avrebbe influenzato la pubblicità e i media per i decenni a venire.

Vicary e Thayer dichiararono di aver mostrato le parole “Mangia il popcorn” e “Bevi Coca-Cola “per appena 1/3000 di secondo ogni cinque secondi a più di 45.000 persone, durante le proiezioni del film Picnic per un periodo di sei settimane. I dati mostrarono che vi fu un balzo delle vendite di popcorn e Coca-Cola rispettivamente del 57,5% e del 18,1% durante quelle proiezioni.

Come fu presa la notizia di questo esperimento?

Si parlò subito di “1984”, facendo riferimento al romanzo distopico di George Orwell e uscirono dei libri, come The Hidden Persuaders (di Vance Packard), il quale affermava che gli inserzionisti stavano manipolando i desideri inconsci degli americani per spingerli a comprare prodotti di cui non avevano bisogno. Il libro divenne un bestseller e fece suonare diversi campanelli d’allarme. Nel 1962, dopo cinque anni di crescente paura e rabbia popolare per il presunto controllo mentale, Vicary fece un annuncio sorprendente: il suo studio era falso. Non aveva mai nemmeno condotto l’esperimento e aveva inventato tutto per farsi pubblicità, al fine di salvare la sua attività dal fallimento.

Nonostante questo, l’idea dei messaggi subliminali continuò a influenzare la cultura popolare, alimentando timori circa la manipolazione mediatica e il controllo mentale. La tematica è tuttora presente in film, musica, pubblicità e in teorie “complottiste”.

Una intervista sulla Eiaculazione Precoce

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Cosa sono i messaggi sopraliminari?

Sono stimoli o segnali che è possibile vedere o ascoltare, anche se non si è consapevoli del loro impatto sul proprio comportamento.

Nel 1999, alcuni ricercatori hanno messo alla prova questo tipo di messaggi in un supermercato britannico cambiando la musica del negozio (lo stimolo sopraliminale) a giorni alterni per incoraggiare i clienti a comprare vino francese o tedesco. Quando suonava la musica tedesca, le vendite del vino tedesco superavano quelle del vino francese e viceversa. I questionari compilati dagli acquirenti dimostrarono che essi erano consapevoli della musica, ma non dell’effetto che essa poteva avere sul loro comportamento.

In che cosa i messaggi subliminali sono diversi da quelli sopraliminali?

Un messaggio subliminale non può essere consapevolmente percepito, anche se si presta particolare attenzione. Se fosse un messaggio visivo, potrebbe apparire per pochissime frazioni di secondo su uno schermo; un messaggio uditivo invece potrebbe essere inviato a una frequenza inferiore al raggio di rilevamento degli esseri umani, o potrebbe essere nascosto da un altro suono. In altre parole, se si percepisce un messaggio, qualunque ne sia l’intenzione, non è un messaggio subliminale.

Cosa dice la psicologia scientifica?

La ricerca psicologica ha esaminato i messaggi subliminali soprattutto attraverso studi di priming subliminale, ossia l’attivazione di schemi mentali attraverso stimoli non coscienti. Alcuni studi dimostrano che è possibile indurre effetti minimi e temporanei: ad esempio, esporre brevemente una parola positiva può influenzare leggermente l’interpretazione di una frase neutra, oppure può alterare in modo marginale la preferenza per un prodotto.

Tuttavia, questi effetti sono generalmente deboli, di breve durata e dipendono dal contesto e dallo stato motivazionale dell’individuo. Come sottolineato dalla comunità scientifica, non esistono evidenze importanti che suggeriscano che i messaggi subliminali possano effettivamente condurre a cambiamenti comportamentali duraturi o significativi, specialmente in ambito commerciale o politico.

Come vengono utilizzati questi messaggi nella pubblicità?

Nella pubblicità vengono usate tecniche che alludono più che esplicitano, creando associazioni emotive forti tra il prodotto e valori desiderabili (successo, bellezza, felicità). In questi casi, però, si parla di persuasione implicita, piuttosto che subliminale, poiché l’informazione rimane visibile e accessibile alla coscienza.

Vi sono stati ulteriori esperimenti, da allora, su questo tema?

Alcune agenzie pubblicitarie e reti televisive hanno fatto ricerche sul tema dei messaggi subliminali, ma i risultati non sono stati favorevoli. Ad esempio, nel febbraio 1958, la Canadian Broadcasting Company ha cercato di capire se fosse possibile convincere le persone a usare i loro telefoni facendo lampeggiare le parole “Telephone Now” 352 volte in una trasmissione di 30 minuti, ma questo non produsse alcuna chiamata.

Nel 1972 il sociologo canadese Wilson Bryan Key pubblicò un nuovo libro sull’argomento, Subliminal Seduction, nel quale affermava che gli inserzionisti utilizzavano immagini nascoste (principalmente sessuali, come simboli fallici) e parole suggestive per influenzare le abitudini di acquisto. L’American Association of Advertising Agencies smentì le affermazioni di Key.

Molti ritengono che nei cartoni della Disney vi siano messaggi subliminali sessualizzati. E’ così?

La Disney è stata ripetutamente accusata di aver usato messaggi subliminali sessualizzati in alcuni film d’animazione per bambini: naturalmente la casa produttrice ha smentito, affermando che, nella maggior parte dei casi, ciò che gli spettatori pensavano di aver visto o sentito era scorretto.

Ad esempio, in una scena di Aladino (1992), l’eroe principale sembra dire “Good teenagers take off your clothes” (i bravi ragazzi si tolgono i vestiti di dosso) anche se quando uscì il film tutti confermarono che si trattava di un’interpretazione errata. La vera battuta era (o sarebbe): “Good tiger. Take off. Scat. Go!”  (Lett. “Buona tigre. Decolla. Fila via. Vai!”)

Nel Re Leone (1994), Simba suscita una nuvola di polvere che sembra formare la parola ” S-E-X “. Ma questo è solo un travisamento di “S-F-X” che, secondo la Disney, gli animatori avrebbero aggiunto per ringraziare la squadra che  aveva curato gli effetti speciali del film. (In ogni caso un messaggio occulto, se non subliminale!)

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Vi sono stati utilizzi in positivo dei messaggi subliminali?

Si. L’idea che i messaggi subliminali potessero riprogrammare la mente inconscia di una persona ha portato alla produzione di audio di auto-aiuto che utilizzavano questi messaggi. Etichette discografiche come la Valley of the Sun della California pubblicarono centinaia di registrazioni con messaggi subliminali sotto forma di affermazioni positive, incastonate in una riposante musica New Age, allo scopo di aiutare gli ascoltatori a superare le dipendenze, perdere peso, scegliere migliori abitudini alimentari e aumentare la loro autostima. Anche quando i messaggi erano destinati al bene tuttavia, la scienza ha dovuto affermare ancora una volta che in realtà essi non avevano alcun effetto.

Uno studio del 1991 condotto da Anthony Pratkanis e colleghi della University of California concluse che qualsiasi effetto positivo derivante dall’auto-aiuto subliminale era molto probabilmente il risultato dell’effetto placebo.

Uno studio del 1998 scoprì che le immagini di facce spaventate mostrate una dopo l’altra in rapida sequenza modificavano l’attività dell’amigdala, sebbene i partecipanti alla ricerca non avessero consapevolezza di vedere queste espressioni di paura.

Cosa dicono gli studi più recenti?

Nel 2002, uno studio di Princeton ha mostrato che i livelli di sete dei partecipanti aumentavano del 27% dopo aver sperimentato messaggi subliminali (12 immagini di una lattina di Coca-Cola e 12 visualizzazioni della parola “assetato”) che erano stati inseriti in un episodio dei Simpsons.

Quattro anni dopo, i ricercatori dell’Università di Utrecht e dell’Università di Radboud nei Paesi Bassi hanno ancora una volta condotto un esperimento in cui alcuni soggetti esposti a messaggi subliminali avevano sperimentato non solo un aumento del livello di sete, ma anche la tendenza a scegliere una certa bevanda (“Lipton Ice”).

Più recentemente, studi basati sulle scansioni cerebrali hanno dimostrato che i messaggi subliminali possono indurre effetti fisiologici misurabili nei centri emotivi e di memoria del cervello.

Sorprendentemente, i messaggi subliminali correlati con il potenziamento dell’attività cerebrale sembrano riguardare l’insula, la parte del cervello coinvolta nella consapevolezza cosciente. ​Negli ultimi anni, diversi studi hanno esaminato l’impatto dei messaggi subliminali su vari aspetti del comportamento umano e della percezione.

Uno studio pubblicato nel 2023 ha indagato l’effetto degli stimoli subliminali sulla fiducia interpersonale e di squadra. I risultati hanno indicato che l’esposizione subliminale alla parola “fiducia” ha aumentato sia l’atteggiamento che il comportamento di fiducia tra i partecipanti. Questo suggerisce che gli stimoli subliminali possono facilitare la formazione di relazioni basate sulla fiducia. ​

Un’altra ricerca del 2023 ha esplorato se l’esposizione subliminale a determinati argomenti potesse incrementare la percezione della veridicità di affermazioni correlate, noto come effetto di verità illusoria. Lo studio non ha trovato evidenze significative che l’esposizione subliminale o supraliminale agli argomenti aumentasse la percezione della veridicità delle affermazioni, suggerendo che tale effetto potrebbe richiedere un’elaborazione consapevole. 

Anche se questi studi suggeriscono che i messaggi subliminali possono influenzare il comportamento, gli effetti sono sembrati tuttavia limitati a un ambiente di laboratorio, rispetto al mondo reale. 

Nel campo della musica vi sono stati casi di messaggi subliminali?

Si. Nel 1990, la band Judas Priest si è ritrovata in tribunale perché due giovani si uccisero dopo aver ascoltato uno dei dischi della band. Uno dei due ragazzi morì, ma l’altro, James Vance, sopravvisse. Vance e la sua famiglia citarono in giudizio la band e la CBS Records, con la richiesta di 6,2 milioni di dollari, in quanto sostenevano che i messaggi subliminali “prova il suicidio”, “fallo” e  “uccidiamoci “erano presenti nella  loro musica. Il  giudice stabilì che non vi erano prove scientifiche sufficienti per “stabilire se gli stimoli subliminali, anche se percepiti, potessero scatenare una condotta di questa portata”.  Ovviamente Judas Priest negò l’uso di questi messaggi.

Nella psicologia clinica si è mai fatto uso di questo tipo di messaggi?

Si,  è stato talvolta proposto, ma le prove empiriche a sostegno della efficacia di questi metodi sono carenti.

Concludendo, cosa si può dire dei messaggi subliminali?

Malgrado lo stato di allerta che essi hanno da lungo tempo generato, non si può ancora dire con certezza se i messaggi subliminali funzionino effettivamente nell’influenzare il comportamento umano, oltre il fatto che non si è ancora capito se essi realmente esistano.

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La risata: il suo ruolo nella coesione sociale

La risata: il suo ruolo nella coesione sociale

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La risata non è semplicemente un’espressione di gioia, ma un elemento centrale della socialità umana. Il suo potere di legare le persone e di favorire il benessere individuale e collettivo la rende un tema di grande rilevanza per la ricerca psicologica e neuroscientifica. Cerchiamo di saperne di più.

Prendere sul serio la risata: il suo ruolo nella coesione sociale

Prima che un bambino impari a parlare o camminare, è già capace di ridere. Questo comportamento, apparentemente spontaneo e istintivo, svolge un ruolo cruciale nella socializzazione e nella creazione di legami interpersonali. Tuttavia, nonostante la sua importanza, la scienza ha dedicato relativamente poca attenzione allo studio della risata rispetto ad altre emozioni umane.

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Un potente strumento sociale

La risata è una forma di comunicazione non verbale che facilita le interazioni sociali, rafforzando il senso di appartenenza e migliorando il benessere individuale e collettivo. Rilascia endorfine, contribuendo alla riduzione dello stress e alla creazione di un clima emotivo positivo. Studi recenti dimostrano che ridere insieme a qualcuno sincronizza l’attività cerebrale tra le persone coinvolte, migliorando la cooperazione e la comprensione reciproca.

Secondo la professoressa Stefanie Höhl dell’Università di Vienna, la risata potrebbe fungere da meccanismo per allineare i ritmi cerebrali, facilitando la comunicazione e la sintonia emotiva tra gli individui. Questo fenomeno è attualmente oggetto di studio in ricerche che analizzano l’attività cerebrale di coppie di volontari mentre ridono insieme.

Un effetto breve ma intenso

Uno degli aspetti più interessanti emersi dalla ricerca è che la sincronizzazione cerebrale indotta dalla risata sembra avere una durata limitata: dopo circa cinque minuti, l’effetto tende a svanire. Questo suggerisce che la risata può essere uno strumento efficace per avviare e rafforzare i legami sociali, ma la sua influenza richiede un continuo rinnovamento attraverso nuove esperienze condivise.

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L’importanza della risata nei bambini

La risata non è solo fondamentale per gli adulti, ma anche per lo sviluppo sociale dei bambini. Studi su bambini in età prescolare stanno esaminando come la risata influenzi la cooperazione e l’apprendimento. L’ipotesi è che il ridere insieme possa facilitare la collaborazione tra coetanei e rafforzare i legami emotivi, offrendo spunti per applicazioni educative che promuovano il benessere e la coesione nei contesti scolastici.

Risate e salute

Quando si ride, il cuore batte più velocemente, inviando maggiore quantità di sangue nel corpo, il petto si alza e si abbassa continuamente facendo muovere i muscoli dello stomaco, che debbono lavorare di più. Poi c’è la pelle: i 15 muscoli facciali sono sottoposti tutti ad un forte esercizio quando si ride. Tutto questo irrobustisce anche il sistema immunitario, che è così maggiormente capace di far fronte ad infezioni come la tosse o il raffreddore.

Una ricerca, commissionata da UKTV Gold, ha scoperto che un’ora di risatissime riesce a bruciare 100 calorie, equivalenti ad esempio ad una barretta di cioccolata. Lo stesso ammontare di calorie viene smaltito, secondo la ricerca, con mezz’ora di sollevamento pesi o con tre quarti d’ora di faccende domestiche, come ad esempio passare l’aspiratore.

Che dire? Meglio sicuramente ridere!

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Foto di Kristin Vogt:

Una intervista sulla violenza domestica

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Disturbi dello spettro autistico e punti di forza rispetto ai normodotati

Disturbi dello spettro autistico e punti di forza rispetto ai normodotati

Disturbi dello spettro autistico e punti di forza rispetto ai normodotati

Saluto del CIS - Dr. Walter La Gatta

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I disturbi dello spettro autistico (ASD) rappresentano una condizione neurobiologica caratterizzata da difficoltà nella comunicazione sociale e da comportamenti ripetitivi o ristretti. Tuttavia, oltre alle sfide che comportano, le persone autistiche possiedono anche punti di forza che possono rappresentare un vantaggio in determinati contesti, spesso superiori rispetto ai neurotipici.

Quali sono le caratteristiche dei disturbi dello spettro autistico?

L’ASD è un disturbo del neurosviluppo che presenta diverse caratteristiche. Alcuni tratti comuni sono i seguenti:

  • Difficoltà nella comprensione e nell’uso della comunicazione non verbale
  • Tendenza a interessi ristretti e ripetitivi
  • Sensibilità sensoriale amplificata o ridotta
  • Maggiore difficoltà nell’adattarsi ai cambiamenti

Nonostante queste difficoltà, le persone autistiche possono sviluppare abilità uniche che, se valorizzate, permettono loro di eccellere in diversi ambiti.

Quali sono i punti di forza nelle persone autistiche?

Diversi studi hanno evidenziato come le persone autistiche possano avere capacità cognitive e comportamentali che li rendono particolarmente adatti a specifiche attività.

  • Alta capacità di concentrazione: Molte persone autistiche mostrano un’attenzione ai dettagli e una capacità di concentrazione su compiti specifici superiore alla media, il che le rende particolarmente adatte a professioni che richiedono precisione, come la programmazione informatica o la ricerca scientifica. 
  • Memoria eccezionale: In alcuni casi, le persone autistiche possiedono una memoria superiore alla media, in particolare per le informazioni visive o per sequenze di dati complessi.
  • Pensiero logico e analitico: L’approccio sistematico e logico ai problemi può portare a eccellere in discipline come la matematica, l’ingegneria e l’informatica.
  • Creatività e innovazione: Nonostante l’idea diffusa che le persone autistiche abbiano un pensiero rigido, molti individui sullo spettro dimostrano una notevole creatività, specialmente in ambiti come l’arte e la musica.
  • Onestà e coerenza: La tendenza a evitare giochi di potere o ipocrisie sociali porta spesso le persone autistiche a essere percepite come estremamente oneste e affidabili.
  • Resistenza alla fatica in attività di interesse: Se motivati da un argomento o un’attività specifica, possono dedicare lunghi periodi di tempo senza perdere interesse o energia.

IPNOSI CLINICA: una intervista al Dr. Walter La Gatta

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Tutti gli autistici sono in queste condizioni?

No, i disturbi dell’autismo rappresentano uno spettro. Ciò significa che ogni persona autistica è diversa dalle altre. Alcune persone autistiche hanno bisogno di poco o nessun supporto. Altri potrebbero aver bisogno dell’aiuto di un genitore o di un tutore ogni giorno.

Cosa è la sindrome di Asperger?

La sindrome di Asperger (o Asperger) è usata per descrivere le persone autistiche con un’intelligenza media o superiore alla media.

Quale è la causa dell’autismo?

Nessuno sa cosa causi l’autismo, ma si sa che non è causato da:

  • cattiva genitorialità
  • vaccini, come il vaccino MPR
  • diete
  • infezioni

Dr. Walter La Gatta

Una intervista sulla Timidezza

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Foto di Julian Jagtenberg

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  • 13 Set 2011
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