Il Natale e le Feste di Natale

Il Natale e le Feste di Natale

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Il Natale è la festa della famiglia e delle tradizioni. In genere le feste di Natale sono considerate giornate di allegria e di gioia, anche se, provando ad esaminarle da un punto di vista strettamente razionale, esse non portano quasi mai cambiamenti significativi nella propria vita e nel proprio stato di benessere, tali almeno da giustificare l’enorme attesa, i preparativi, gli auguri.

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Il Natale, come è ovvio, non cancella d’incanto problemi e disagi ed anzi in molti casi può procurare molto stress: la ricerca dei regali personalizzati per parenti e amici, l’abbondanza e l’accuratezza del pasto di Natale, le decorazioni della casa, i convenevoli e gli auguri da scambiare possono diventare una vera fatica, specialmente per chi non riesce a farsi coinvolgere e trascinare dalla retorica del Natale, dai suoi simboli di festa e da quell’atmosfera di “volemose bene” che spesso nasconde e maschera tutte le contraddizioni, le frustrazioni, le manchevolezze ed i rancori che si vivono in famiglia.

Eppure, in questi giorni assistiamo ad una sorta di trance collettiva, quasi un momento generalizzato di regressione all’infanzia, ad un periodo cioè  in cui non ci si rendeva conto pienamente della realtà e ci si dilettava invece con le fantasie e le fiabe, con i doni e i balocchi, in un ambiente familiare protettivo in cui tutta la famiglia appariva contenta di condividere la giornata di festa.

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Con l’accendersi delle luminarie, nelle strade e nelle vetrine, ci si ritrova infatti improvvisamente bambini: le preoccupazioni sembrano sedimentare sullo sfondo della propria vita e l’interesse e la motivazione sono guidati esclusivamente dal desiderio di essere partecipi, ciascuno a suo modo, del più importante rito collettivo dell’anno.

Il Natale in questo senso sembra dunque avere gli effetti della catarsi: una purificazione dell’anima dai mali del mondo, con conseguente liberazione di un sentimento di gioia e di allegria, che nasce dalla speranza in qualcosa di favorevole che sembra stia effettivamente per accadere. Le valanghe di auguri di “buone feste” che tutti si scambiano, oralmente, via sms o per posta, contribuiscono a creare questa sensazione magica di aspettativa e di attesa, come se i riti natalizi fossero ogni anno un viatico per trovare la felicità.

Chi non ha una famiglia in cui creare e vivere l’atmosfera del Natale, oppure ha una famiglia talmente litigiosa o disgregata (a causa di separazioni, lutti o trasferimenti) che non riesce a spalmare su di sé la brillantezza delle tradizioni da tramandare ai più piccoli, in questi giorni di festa può sentirsi piuttosto infastidito/a dalla messa in scena natalizia: come si fa a mangiare il panettone, a scambiarsi regali, a mettere i ceci sulla cartellina della tombola con persone che, per tutto il resto dell’anno, si mostrano egoiste e distaccate?

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La gioia gridata degli altri infatti, per quanto possa essere simulata e apparente, può mettere seriamente in discussione il desiderio di razionalità e la volontà di non-conformismo delle persone, le quali possono sottrarsi a questa sorta di obbligazione inconscia collettiva solo al prezzo di numerosi e profondi sensi di colpa o di inadeguatezza.

Che si sia trattato solo di una forzata illusione in genere lo si capisce quando si mette in bocca l’ultima fetta di panettone: il pranzo di Natale è stato finalmente consumato e le speranze irrazionali, le promesse di felicità, cominciano a fare i conti con la realtà. Il giorno di Santo Stefano questa sensazione di disillusione cresce e così accade per ogni giorno successivo.

L’evento più prossimo al Natale in cui si comincia a riporre le proprie speranze è allora il Capodanno, che gode ancora della simbologia religiosa del Natale, ma che ad essa affianca rituali molto più pagani, non troppo diversi da quelli che si dovevano celebrare nel lontano passato, quando la divinità da adorare non era Gesù Bambino ma il Dio Sole, rituali legati alla fertilità e quindi alle danze e agli accoppiamenti.

Quando le luci del Natale si spengono definitamente e la quotidianità torna a riconquistare i suoi tempi ed i suoi spazi, i simboli del Natale di cui ci si è lautamente circondati durante le feste appaiono esagerati, vistosi, pacchiani per cui ci si allontana in genere dalle feste natalizie con un sentimento del tutto diverso da quello provato prima del dì di festa. Leopardi docet.

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Dal punto di vista psicologico tuttavia, sarebbe sbagliato voler demolire completamente il clima natalizio: il Natale, come tutte le altre situazioni che accendono la speranza nelle persone, rappresenta una gioia non tanto per quel che porterà di buono, che abbiamo visto non è tantissimo, quanto perché, come un delirio, come una droga, permette alle persone di godere nel qui ed ora di un qualcosa che allo stato attuale non esiste (e che solo teoricamente potrebbe esistere nel futuro). Per questo il Natale rimane uno straordinario strumento per arginare le ansie e le preoccupazioni.

La cosa più saggia da fare, dunque, potrebbe essere quella di non rinunciare a goderne, ma senza lasciarsi trasportare troppo dall’entusiasmo, dalla simbologia e dalla retorica: il Natale infatti è un giorno tristissimo per chi è solo, per chi non sta bene e vive questa giornata in ospedale, per chi è lontano, per chi ha altre religioni e tradizioni, e per tanti altri.

Del resto, Tutto è relativo in questo mondo. Chiedi un po’ alle oche e ai tacchini la loro opinione sul Natale (Peter Willforth).

Dr. Giuliana Proietti

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Immagine:
Pixabay

Pubblicato anche su Huffington Post


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