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La relazione fra Sabina Spielrein e Carl Gustav Jung

La relazione fra Sabina Spielrein e Carl Gustav Jung

La relazione fra Sabina Spielrein e Carl Gustav Jung


La Sabina Spielrein che quasi tutti conoscono è quella interpretata dall’attrice Keira Knightley, nel film di Cronenberg A dangerous method. Nel film Sabina è l’isterica che si presenta a Jung e viene da lui deflorata e sculacciata: non è la giovane dottoressa che presentò “La distruzione come causa della nascita” alla Società Psicoanalitica di Vienna nel 1911, né la matura ricercatrice che pubblicò “Le origini delle parole papà e mamma” nella rivista Imago nel 1923, né l’autrice di altre 35 pubblicazioni in tre lingue, che coprono una vasta gamma di argomenti, né è la psichiatra, la psicoanalista, la storica dell’arte, la chirurga, la moglie, la madre, la pianista, la compositrice, la scrittrice, la linguista, l’insegnante, la femminista che fu nella sua vita reale.

Allo stesso modo, pochi sanno che Sabina, ritiratasi nel 1941 a Rostov in Russia fu, insieme alle sue figlie, tra le 27.000 vittime del massacro di ebrei e prigionieri di guerra sovietici perpetrato dai nazisti nell’agosto del 1942.

La vera Sabina Spielrein

Sabina Spielrein nacque nel 1885 in una ricca famiglia ebrea russa. Il matrimonio fra i suoi genitori fu piuttosto turbolento e Sabina subì aggressioni fisiche da parte loro, oltre che  probabili abusi sessuali.

Sabina da bambina era già intellettualmente molto dotata, ma aveva sintomi psicosomatici, fantasie sessuali inquietanti e altri problemi psicologici. Nell’agosto del 1904, fu portata all’ospedale Burghölzli, un dipartimento dell’Università di Zurigo, per essere curata da un disturbo isterico che le produceva dei tic e altri movimenti incontrollati del corpo.

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All’epoca il direttore dell’ospedale era Eugen Bleuler, uno psichiatra illuminato che aveva aperto la strada all’idea che un manicomio dovesse essere una comunità terapeutica. Jung era al tempo un assistente medico, anche se poco tempo dopo fu promosso a vicedirettore.

Jung lavorava come psichiatra generico, con un interesse speciale per la schizofrenia, e aveva sviluppato la propria tecnica diagnostica di associazione di parole, che aveva iniziato ad applicare a livello terapeutico.  Aveva anche cominciato a leggere Freud ed era interessato al suo approccio, anche se con delle riserve (Jung, 1901).

Tuttavia, quando conobbe Sabina, Jung non aveva ancora preso contatto con Freud e non lo aveva ancora conosciuto personalmente. Il primo resoconto che Jung fece del suo uso delle tecniche psicoanalitiche fu nel ‘Diagnostic Association Studies’, un lavoro da lui pubblicato nel 1906, due anni dopo l’ammissione della Spielrein all’ospedale psichiatrico.

In quella raccolta di saggi, Jung descrisse come aveva iniziato a integrare la sua tecnica di associazione delle parole con l’approccio freudiano sulla libera associazione (Jung, 1906). Non ci sono casi clinici simili a quelli della Spielrein nel libro, e Jung non parla affatto della Spielrein come sua prima paziente psicoanalitica, mentre afferma che la sua prima paziente psicoanalitica fosse stata una governante, le cui idee ossessive erano scomparse dopo tre sessioni di tale trattamento, nell’arco di tre settimane (Jung, 1906).

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Più tardi, nello stesso anno, in una conferenza ad Amsterdam, Jung fornì un ulteriore resoconto del suo approccio con la tecnica delle associazioni mentali. In quell’occasione descrisse i sintomi della Spielrein, che aveva trattato un paio di anni prima, ma lo fece nel contesto dell’illustrazione dell’idea freudiana dell’Edipo complesso. Non incluse i dettagli del suo trattamento. Ci sono altri due resoconti negli scritti pubblicati di Jung relativi alla Spielrein, ma anche qui non viene fornito alcun dettaglio sul trattamento (Jung, 1905).

Quasi cinquanta anni dopo,  in Memorie, Sogni, Riflessioni (1963), Jung parlò della storia di una donna ebrea molto intelligente e ricca, che era la nipote di un rabbino visionario. L’unico trattamento che descrisse in questo contesto, consistito in due soli incontri, fu quando l’aveva aiutata a riscoprire la sua fede religiosa. Nello stesso libro, Jung parla di nuovo del suo “primo caso analitico”, anche se questa volta non fa riferimento né della Spielrein, né alla governante che aveva precedentemente descritto, ma a una donna che soffriva di paralisi da 17 anni.

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Durante l’agosto e il settembre 1904 Sabina migliorò rapidamente, tanto che a Ottobre decise di iscriversi alla facoltà di medicina di Zurigo, con il pieno supporto di Bleuler. Aveva anche iniziato ad assistere Jung con i suoi test nell’associazione di parole, nel laboratorio dell’ospedale. Da ottobre in poi, Sabina continuò ad avere periodi intermittenti di agitazione e alcuni sintomi isterici, inclusi dolori ai piedi; tutto si risolse però entro la fine di gennaio. Da allora, fino alla sua dimissione, all’inizio di giugno, Sabina fu residente in ospedale, per sua scelta, per lavorare come assistente di ricerca di Jung e come stagista presso Bleuler.

Lo scarno dattiloscritto dell’ospedale sulla paziente Spielrein vede note di Jung, Bleuler e di un altro dottore senza firma. Sette note sono inerenti alla prima settimana, e sono tutte di Jung. Da queste apprendiamo che il giorno dopo il suo ricovero, Spielrein spiegò che i suoi tic e le sue smorfie erano collegati a pensieri sessuali. Jung  registrò  che Sabina non poteva osservare qualcuno che veniva umiliato senza eccitarsi e ricorrere alla masturbazione (Minder, 2006). Inoltre, Sabina aveva rivelato a Jung che suo padre l’aveva “colpita più volte sulle sue natiche nude … di tanto in tanto”.


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Il giorno seguente, Spielrein spiegò che il suo senso di vergogna, presente fin dall’infanzia, era sorto dall’eccitazione sessuale provocata dalle percosse del padre.  Quattro giorni dopo, Spielrein ricordò che una volta aveva avuto un “grande spavento” quando aveva sentito che qualcosa (o qualcuno) stava strisciando nel suo letto. Jung, tuttavia, sembra non aver voluto approfondire questo dettaglio ma, da quanto si legge, preferì concentrarsi sulla morte della sorella di Sabina, solo un anno prima, che aveva lasciato “un segno terribile su di lei”. Scrisse poi qualcosa sulle sue credenze religiose.

Due cose sono evidenti;  la prima è che Jung seguì con Sabina uno stile convenzionale di anamnesi psichiatrica, evidentemente spostandosi da una domanda all’altra, piuttosto che invitarla ad approfondire gli argomenti che sembravano avere maggiore portata emotiva per lei (Aaslestad, 2009). L’altra è la disattenzione di Jung sulle suggestioni relative all’abuso sessuale. Nel suo commento a queste note, Bernard Minder ha osservato: “Mi sembra molto sorprendente che l’incesto non sia mai stato introdotto nella discussione» (Minder, 2001). Questa disattenzione è continuata per tutto il ricovero. Alla fine di gennaio, Jung aggiunse circa nove annotazioni in cartella clinica.

In seguito si allontanò dall’ospedale, per prestare servizio militare e per altri motivi, tra cui la nascita della sua prima figlia. Gran parte del trattamento della Spielrein presso l’ospedale psichiatrico consisteva in cure infermieristiche, coinvolgimento nelle attività sociali dell’ospedale e separazione dalla sua famiglia.

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Nella cartella clinica a volte ci sono intervalli di due o tre settimane tra le annotazioni. Diversi appunti di Jung registrano episodi di agitazione o notano il suo miglioramento crescente. Altre voci sembrano riassumere conversazioni più lunghe; ma queste non iniziarono fino a metà ottobre, quando la Spielrein era già molto migliorata, aveva deciso di frequentare la facoltà di medicina e stava assistendo Jung nel suo lavoro di laboratorio.

Poiché Jung era al tempo un medico senior, responsabile di 400 pazienti ricoverati,  è improbabile che possa aver scritto molto di più di quello che è stato trovato su Sabina.  Inoltre (con un’eccezione) non c’è traccia di quanto tempo  Jung dedicasse a ogni incontro con Sabina (Minder, 2006). Un riferimento, a settembre, sul fatto che la presenza di Jung potesse calmare la Spielrein “per ore” è stato interpretato nel senso che lui si intrattenesse con lei per diverse ore. Tuttavia, il tedesco è ambiguo ed è anche probabile che una sola visita di lui potesse farla rimanere calma per ore.

In una nota dell’8 gennaio, Jung  descrisse una “analisi di tre ore”, quando Spielrein aveva parlato ancora una volta delle sue percosse e di come l’avessero eccitata.  È probabile che Jung avesse iniziato la sessione con i test di associazione delle parole, per poi continuare la seduta vera e propria. Esiste un rapporto indipendente sul trattamento della Spielrein, da parte di uno studente di medicina russo che lavorava nell’ospedale, Feiga Berg, che racconta come Jung eseguiva in effetti i test di associazione delle parole, prima di “persuadere” la Spielrein a parlare delle associazioni che queste rivelavano (Berg, 1909)

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Jung non registrò nella cartella clinica che Bleuler aveva scritto al padre di Sabina, insistendo sul fatto che non avrebbe dovuto avere contatti con la figlia, neanche per lettera. La lettera di Bleuler, insieme all’altra sua corrispondenza con la famiglia Spielrein, suggeriscono che lo psichiatra ben comprendesse la probabile natura degli abusi subiti dalla ragazza, e la sua determinazione a prevenirne il loro ripetersi. I suoi interventi, ad esempio, includevano la richiesta che le misure per un vestito nuovo dovessero essere prese da una sarta e non dal padre, e la richiesta che i suoi fratelli e suo padre stessero alla larga da Zurigo. Probabilmente queste misure furono alla base del miglioramento di Sabina.

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Quando Sabina confidò alla madre di essersi invaghita di Jung, la signora Eva Spielrein chiese a Jung di indirizzarla a un altro medico, per curare anche questo “sintomo”. In sua presenza, Jung scrisse una lettera a Freud (che non aveva ancora conosciuto) e che poi diede alla madre di Sabina, da consegnare a mano a Freud. Sulla busta scrisse “Da usare se si presenta l’occasione”. Nella lettera Jung descrisse molti dettagli dei sintomi di Sabina, compresa la sua tecnica di masturbazione (strofinarsi le cosce), la sua eccitazione sessuale nel vedere le mani di suo padre e le sue fantasie di essere frustata pubblicamente. I motivi per cui Jung abbia voluto consegnare una lettera di questo tipo a Eva Spielrein sono inspiegabili. Non si capisce se volesse impressionare Freud o la signora Spielrein, o entrambi. Eva Spielrein, in ogni caso, non consegnò la lettera a Freud.

Dai diari della Spielrein, la sua infatuazione sembra essere diventata meno “delirante” durante i suoi primi tre anni alla facoltà di medicina. In questo periodo studiò e strinse molte amicizie. Frequentò anche le lezioni di Jung e probabilmente lo assistette ancora nel suo laboratorio. Jung e la Spielrein avevano sicuramente sviluppato un’amicizia, anche se non è chiaro quante volte si siano incontrati durante questo periodo.

Jung e la Spielrein avevano molti interessi in comune: parlavano ad esempio del loro comune amore per Wagner, e Sabina formulò un giorno la fantasia di concepire con Jung un figlio che avrebbero potuto chiamato Siegfried, e che sarebbe stato “il più grande genio”. Lei gli scriveva lunghe lettere, a volte adoranti, a volte molto intellettuali. Lui sembra che le rispondesse, anche se le sue risposte non esistono più.

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I diversi resoconti di Jung sul “caso” di Spielrein sono contraddittori. Nella lettera che consegnò a Eva Spielrein e nelle due pubblicazioni in cui descrisse i sintomi della Spielrein affermò che il trattamento era finito. Tuttavia, Sabina fu menzionata di nuovo nelle lettere a Freud nel 1906 e nel 1907, e in questi casi scrisse come se lei fosse una paziente con un trattamento in corso.

La Spielrein disse con chiarezza che frequentava Jung come amica e non come paziente, una volta dimessa dall’ospedale. (Carotenuto, 1986). Deidre Bair nella biografia di Jung afferma che Jung era solito offrire “discorsi confidenziali, più volte alla settimana” alla Spielrein (Bair, 2003).

All’inizio del 1906, Jung prese finalmente contatto con Freud, inviandogli il suo recente libro sulle associazioni. La loro amicizia e collaborazione professionale decollò rapidamente. Tra la sua prima lettera a Freud e la crisi con la Spielrein nel 1909, Jung scrisse 65 lettere a Freud:  ci sono allusioni alla Spielrein solo in tre di queste, anche se lo scrivente cercò di confondere un po’ le acque.

Nell’ottobre 1906, descrisse i sintomi di una “studentessa russa” che stava “attualmente curando” e che era chiaramente la Spielrein (McGuire, 1974). Più tardi si corresse, insistendo con Freud e con la madre che era stata una sua amica e non una sua paziente. Nel luglio successivo, fornì un resoconto scherzoso di una “giovane donna russa isterica” che voleva avere un figlio con lui. Tre mesi dopo, Jung scrisse per chiedere consiglio a Freud su una signora che era stata “guarita da una nevrosi ossessiva”, ma che ora lo aveva reso oggetto delle sue fantasie sessuali. Jung voleva sapere se doveva continuare a curarla o no. La risposta di Freud non esiste più, ma si pensa che Freud gli abbia offerto qualche consiglio, perché Jung gli rispose per ringraziarlo. È probabile che la signora in questione fosse la Spielrein, ancora una volta mascherata da paziente.

Nei diari di Sabina si legge come Jung avesse iniziato a cercare di analizzare il suo desiderio di avere un figlio. La sua descrizione chiarisce che lui stava ora sperimentando sul serio le interpretazioni freudiane, anche se in ambito formativo, più che in un contesto terapeutico formale (Carotenuto, 1986).

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Nel giugno 1908 Jung e Spielrein iniziarono la loro relazione. La Spielrein racconta che per due volte di seguito Jung si era emozionato così tanto in sua presenza che le lacrime gli avevano rigato il viso. (Lothane, 1999). Confidò a sua madre che stavano avendo rapporti sessuali, sebbene questi rimanessero a un livello tale che non erano “pericolosi”. Forse non c’era penetrazione, per evitare una possibile gravidanza.

Poco dopo, riprendendosi dal parto, la moglie di Jung, Emma, ​​scrisse a Eva Spielrein per denunciare la relazione clandestina della figlia con suo marito. La signora Spielrein scrisse allora a Jung, implorandolo di non rovinare sua figlia. In preda al panico, Jung si rifiutò di vedere Sabina, tranne che negli incontri prenotati al Burghölzli. Sabina frequentò queste sedute per tre volte, prima di perdere il controllo e aggredirlo con un tagliacarte. Jung inviò quindi una serie di lettere offensive a Eva Spielrein. All’inizio ammise di avere avuto una relazione con Sabina, sostenendo che ne aveva tutto il diritto, visto che non aveva mai chiesto un compenso agli Spielrein e che se volevano che il rapporto con Sabina diventasse solo professionale, gli Spielrein dovevano iniziare a pagare la sua parcella. In seguio negò del tutto la relazione. La Sig.ra Spielrein andò a Zurigo per affrontarlo, minacciando di parlarne con il suo capo, Bleuler. Jung si dimise dunque dal suo incarico in ospedale e iniziò la libera professione. In questo periodo scrisse molte lettere a Freud per difendersi contro la possibilità del disonore.

La corrispondenza tra Freud e Jung sull’affare Spielrein nel 1909 è ben conosciuta. Jung inizialmente riferì a Freud che si trattava di una ex paziente che stava cercando di calunniarlo, ma negò che ci fosse stata una relazione. Ben presto si rese conto che questo inganno non era più possibile, dal momento che la Spielrein aveva cominciato a scrivere lei stessa a Freud. Jung spiegava che la Spielrein era stata il suo banco di prova con la psicoanalisi, che si era sentito obbligato a diventare suo amico, che non aveva capito sin dall’inizio che la Spielrein stava pianificando spietatamente di sedurlo. Jung disse inoltre a Freud, per giustificarsi, che era stato incoraggiato a provare la ‘poligamia’ dal suo collega anticonformista Otto Gross (e dunque non era una sua idea).

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Nelle settimane successive, Freud ricevette altre lettere dalla Spielrein, con allegate alcune lettere d’amore di Jung, il quale insisteva per fissare un incontro personale. Freud cercò dapprima di coprire l’amico e collega nascondendo alla Spielrein quanto sapeva da Jung sulla relazione, ma evitò anche di dire a Jung quanto aveva saputo dalla Spielrein. Fu solo anni dopo che Freud confessò alla Spielrein che le sue rivelazioni erano state per lui un punto di svolta nella sua valutazione di Jung:  “Il suo comportamento era troppo cattivo. La mia opinione è cambiata molto da quando ho ricevuto quella prima lettera da lei» (Carotenuto, 1986).

Nello stesso anno, lei e Jung ripresero ancora una volta la relazione sessuale, anche se Jung si altalenava tra appassionate dichiarazioni d’amore e momenti  di freddezza. Il loro ultimo incontro fu nel dicembre 1910; il mese dopo Sabina si laureò in medicina. Decise di lasciare immediatamente Zurigo e trascorse i mesi successivi a studiare storia dell’arte a Monaco e a scrivere il suo primo saggio. Sappiamo che incontrò ancora Jung una sola volta, ma non si sa in quale contesto.

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A Vienna, la Spielrein strinse una calda amicizia con Freud. In seguito si sposò e si trasferì a Berlino, dove ebbe la sua prima figlia. Prese le parti di Freud nella rottura con Jung, anche se cercò di convincere Freud a evitare quella rottura. Ammise nelle sue lettere a Freud di essere ancora innamorata di Jung, il che generò crescente impazienza in Freud, che tentò di persuaderla a “scoprire l’odio” che giaceva in realtà dietro i suoi desideri (Carotenuto, 1986).

Per convincerla ad allontanarsi da lui, fece anche fatto appello al suo senso di identità: “Ebrei siamo ed ebrei rimaniamo. Gli altri ci sfrutteranno solamente, e mai riusciranno a comprenderci o apprezzarci” (1986). Spielrein continuò la corrispondenza con Freud per molti anni. Decise di tornare in Russia nel 1923, per promuovere la psicoanalisi.

La Spielrein corrispondeva anche con Jung riguardo alle sue teorie. In uno scambio di lettere con lui dal 1917 al 1919, cercò di persuaderlo a riconoscere la grandezza di Freud e accettare che le idee di Freud, così come le sue e quelle di Adler, potessero essere viste come prospettive diverse sulla stessa cosa: la spinta evolutiva alla riproduzione.

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L’affermazione che la Spielrein sia stata la fonte junghiana del concetto di “anima” è stata tramandata da Carotenuto, che lo suggerì per primo e da John Kerr, il quale successivamente affermò di aver trovato prove che lo confermavano. Le prove di Kerr sono in realtà estremamente scarse (Kerr, 1993).

Basò infatti la sua argomentazione sul racconto di Jung in Ricordi, sogni, riflessioni, sulla ricerca di una personalità femminile separata dentro di sé, che parlava con “la voce di una paziente”. Descrisse questa paziente come “una psicopatica di talento che aveva un forte transfert verso di me» (Jung, 1963). Questa voce continuava a criticare le sue teorie, dicendogli “È arte” (e dunque non scienza).

La Spielrein potrebbe aver dato a Jung l’idea al centro della sua filosofia: quella dell’individuazione. Durante la sua infanzia, adolescenza e fino ai 30 anni, Spielrein era stata infatti ossessionata  dall’idea di avere una “vocazione più alta” e che la sua vita sarebbe stata soddisfacente solo se avesse scoperto di cosa si trattava. È un’idea che appare in tutti i suoi diari.

Durante i suoi anni alla facoltà di medicina, questo sogno era collegato alla speranza che lei e Jung avessero potuto concepire un figlio di nome Siegfried. Più tardi, attraverso una formidabile autoanalisi registrata nel suo diario, preferì applicarsi alla creazione di una teoria che avesse potuto cambiare il mondo, collegando il sesso con la morte, cosa che tentò nel suo articolo ‘Distruzione come causa della nascita’. Freud fu ispirato da questo scritto per formulare la sua teoria sulla pulsione di morte.

Relazione La sessualità femminile fra sapere e potere

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In conclusione, ci sono poche o nessuna prova che Jung abbia intrapreso la psicoanalisi della Spielrein durante il suo ricovero in ospedale nel 1904-1905. È molto probabile che abbia invece usato i test di associazione di parole, cui seguiva la richiesta di parlare dei complessi scoperti.

Probabilmente il regista di Jung fu Eugen Bleuler, il cui intervento fu determinante nel rapido miglioramento durante il ricovero di Sabina in ospedale. Come Bleuler aveva capito, la Spielrein era stata vittima di abusi sessuali all’interno della sua famiglia, qualcosa che Jung invece non capì o volle ignorare. Jung non ebbe mai in terapia la Spielrein dopo che lei fu dimessa dall’ospedale, anche se divenne suo amico.

La loro relazione iniziò a causa dei tentativi di Jung di analizzare il desiderio di Sabina di avere un figlio da lui (Jung in realtà aveva già altre relazioni e continuò a farlo). L’intensa relazione di Jung con la Spielrein fu breve e durò circa cinque mesi.  Su circa 40 lettere che le scrisse, solo in  quattro lettere, durante l’estate del 1908, Jung le espresse sentimenti di amore.

L’intervento di Freud non aiutò Spielrein e Jung a porre fine alla loro relazione. Jung decise di interromperla a causa della sua paura del disonore e del biasimo pubblico che questa storia avrebbe potuto procurargli,  ma dopo la crisi i due ebbero ancora incontri sessuali intermittenti per un po’ di tempo.

Tuttavia, Sabina si era stancata dei suoi sbalzi d’umore e della sua promiscuità. Quando si laureò in medicina, all’inizio del 1911, lasciò Jung e Zurigo di sua iniziativa. Incontrò Jung una sola volta dopo questo addio. Ci sono dubbi sul fatto che Jung si sia ispirato effettivamente a lei nel formulare il suo concetto di “anima” mentre è più sicuro che Freud prese il concetto della pulsione di morte da lei, anche se lo applicò a qualcosa di assolutamente
diverso. Tuttavia, Sabina probabilmente influenzò Jung sull’idea dell’individuazione.

La Spielrein andrebbe ricordata per l’amplissimo ventaglio di contributi innovativi che dette alla teoria psicoanalitica e per il suo lavoro nell’integrazione del pensiero psicoanalitico con studi di sviluppo infantile, linguistica e psicologia dell’educazione,  e non solo per questa breve quanto intensa relazione con Jung.

Dr. Giuliana Proietti

Fonte principale:

John Launer (2015) Carl Jung’s relationship with Sabina Spielrein: a reassessment, International Journal of Jungian Studies, 7:3, 179-193, DOI:
10.1080/19409052.2015.1050597

Giuliana Proietti
Dr. Giuliana Proietti

Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

Per appuntamenti:
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mail: g.proietti@psicolinea.it

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  • 12 Apr 2023
  • Dr. Giuliana Proietti
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Psicologia della guerra e guerra psicologica

Psicologia della guerra e Guerra Psicologica

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La guerra, tragico teatro di conflitti umani, rappresenta lo scontro tra nazioni e ideologie, lasciando dietro di sé una scia di devastazione e sofferenza. È un fenomeno complesso che trasforma profondamente le società, evidenziando sia la brutalità che la resilienza dell’umanità. Vediamo di saperne di più.

Quale è lo scopo della guerra?

La guerra avviene quando un paese, una tribù o un gruppo etnico desidera aumentare il proprio potere e la propria ricchezza, conquistando e soggiogando altri gruppi e impossessandosi del loro territorio e delle loro risorse.

La guerra, in genere, si decide in pochi giorni o dipende da una attenta riflessione?

In genere la guerra è un’attività altamente pianificata e organizzata, per lo più pensata in periodi di calma e di pace.

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Ci sono stati periodi in cui gli esseri umani non si sono mai fatti la guerra?

Secondo l’antropologo R. Brian Ferguson ci sono prove convincenti per dimostrare che la guerra abbia solo 10.000 anni e sia diventata frequente solo da circa 6.000 anni.

Quali sono le spiegazioni psicologiche della guerra?

Il primo psicologo a indagare sulla guerra fu William James, che scrisse il saggio fondamentale “The Moral Equivalent of War” nel 1910. Qui James suggerì che la guerra era così diffusa a causa dei suoi effetti psicologici positivi, sia sull’individuo che sulla società nel suo insieme.

Quali sono gli effetti positivi della guerra sulla popolazione, secondo James?

A livello sociale, la guerra trasmette un senso di unità di fronte a una minaccia collettiva: unisce le persone, non solo l’esercito impegnato in battaglia, ma l’intera comunità. Porta, inoltre, ciò che James chiamava “disciplina”: un senso di coesione, con obiettivi comuni. Lo “sforzo bellico” ispira i singoli cittadini (non solo i soldati) a comportarsi in modo onorevole e disinteressato al servizio di un bene superiore.

Ci sono anche benefici a livello individuale?

Si, uno degli effetti positivi della guerra è che fa sentire le persone più vive, vigili e sveglie. Nelle parole di James, “riscatta la vita dalla degenerazione piatta”. Fornisce significato e scopo, trascendendo la monotonia della vita quotidiana. Come dice James, “La vita sembra proiettata su un piano di potere superiore”. La guerra consente anche l’espressione di qualità umane superiori che spesso giacciono dormienti nella vita ordinaria, come la disciplina, il coraggio, l’altruismo e il sacrificio di sé.


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Quali valori possono scatenare una guerra?

Tutti quelli che danno un forte senso di appartenenza e identità che possiamo riscontrare sul piano etnico, nel nazionalismo o nel dogmatismo religioso. Tutto ciò che incoraggia ad aggrapparsi all’identità del proprio gruppo etnico, del proprio paese o della propria religione, facendo provare un senso di orgoglio nell’essere cittadini di un determinato paese, oppure bianchi, neri, cristiani, musulmani, protestanti, cattolici, socialisti, fascisti e così via.

A cosa porta l’identificarsi esclusivamente con un determinato gruppo?

Identificarsi esclusivamente con un particolare gruppo crea automaticamente un senso di rivalità e inimicizia con altri gruppi. Siamo di fronte a una mentalità “in/out group”, che può facilmente portare a conflitti. In effetti, la maggior parte dei conflitti nel corso della storia sono stati uno scontro tra due o più gruppi di identità diversi: i cristiani e i musulmani nelle crociate, gli ebrei e gli arabi, gli indù e i musulmani in India, i cattolici e i protestanti nell’Irlanda del Nord, gli israeliani e i palestinesi, serbi, croati e bosniaci e così via.

Cosa è la “esclusione morale”?

Accade quando si escludono i diritti morali e umani per gli altri gruppi, declassati a “animali”: questo porta a negare loro il dovere del rispetto e della giustizia sociale. Gli standard morali, a questo punto, vengono applicati solo ai membri del proprio gruppo, escludendo i membri di altri gruppi dalla propria comunità morale, Diventa così facile sfruttare, opprimere o uccidere elementi appartenenti a gruppi avversi, senza sentire sensi di colpa.

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Cosa spinge gli umani a fare la guerra secondo gli psicologi evoluzionisti?

Gli psicologi evoluzionisti suggeriscono che è naturale che i gruppi umani facciano la guerra perché sono costituiti da geni egoisti che richiedono di essere replicati. Quindi è naturale per gli umani cercare di impadronirsi delle risorse che aiutano a sopravvivere e combattere per esse contro altri gruppi.

Ci sono anche tentativi biologici di spiegare la guerra. Gli uomini sono biologicamente preparati a combattere le guerre a causa della grande quantità di testosterone di cui dispongono, poiché è opinione diffusa che il testosterone sia legato all’aggressività.

Cosa è la guerra psicologica?

La guerra psicologica ( in inglese PSYWAR ), indica qualsiasi azione praticata con metodi psicologici, con l’obiettivo di evocare una reazione emotiva in altre persone. Si attua attraverso l’uso tattico pianificato di propaganda, minacce, periodi di disordini geopolitici per fuorviare, intimidire, demoralizzare o influenzare in altro modo il pensiero o il comportamento di un nemico.

Quali tecniche vengono utilizzate?

Vengono utilizzate varie tecniche, che mirano a influenzare il sistema di valori, il sistema di credenze, le emozioni, le motivazioni, il ragionamento, o il comportamento del pubblico. Le tecniche psicologiche possono essere utilizzate anche per indurre confessioni o rafforzare atteggiamenti e comportamenti favorevoli agli obiettivi desiderati, come indurre le persone al desiderio di combattere il nemico, sostenere o distruggere il morale degli alleati o dei nemici.

A chi è destinato l’uso delle tecniche psicologiche di guerra?

I destinatari possono essere governi, organizzazioni, gruppi e individui isolati. Gli obiettivi preferiti sono persone insoddisfatte, appartenenti alle classi svantaggiate, movimenti rivoluzionari e minoranze nazionali.

Ci sono prove di guerra psicologica nel corso della storia ?

Si. Fin dalla preistoria, i signori della guerra hanno riconosciuto l’importanza di indebolire il morale degli avversari.

  • Nella battaglia di Pelusium (525 a.C.) tra l’ impero persiano e l’ antico Egitto, le forze persiane usarono gatti e altri animali come tattica psicologica contro gli egizi, che evitavano di fare del male ai gatti a causa delle loro credenze religiose.
  • Alessandro Magno conquistò con successo gran parte dell’Europa e del Medio Oriente lasciando alcuni dei suoi uomini in ogni città conquistata per introdurre la cultura greca e opprimere le opinioni dei dissidenti. I suoi soldati ricevevano una dote se sposavano ragazze del posto, nel tentativo di incoraggiare l’ assimilazione.
  • Gengis Khan, leader dell’impero mongolo nel XIII secolo d.C., ordinò a ogni soldato di accendere tre torce al crepuscolo, per dare l’illusione di un esercito schiacciante e ingannare e intimidire i nemici. A volte aveva anche oggetti legati alla coda dei suoi cavalli, così che, cavalcando su campi aperti e asciutti, sollevava una nuvola di polvere che dava al nemico l’impressione di un gran numero di soldati. I suoi soldati usavano inoltre frecce appositamente intagliate per fischiare mentre volavano in aria, creando un rumore terrificante. Un’altra tattica favorita dai mongoli era catapultare teste umane mozzate oltre le mura della città per spaventare gli abitanti e diffondere malattie nei confini chiusi della città assediata.
  • Nel Medio Evo i difensori, nei castelli o nelle città assediate, gettavano cibo dalle mura per mostrare agli assedianti che le provviste erano abbondanti. Un famoso esempio si trova nella leggenda dell’VIII secolo della signora di Carcas, che presumibilmente persuase i Franchi ad abbandonare un assedio di cinque anni con questo mezzo e di conseguenza diede il suo nome a Carcassonne, in Francia.

Una intervista sulla violenza domestica

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Quali sono i principali metodi di guerra psicologica?

  • Demoralizzazione : distribuire opuscoli che incoraggiano l’ abbandono o forniscono istruzioni su come arrendersi
  • Shock e timore reverenziale: proiezione di rumori e musica ripetitivi e inquietanti per lunghi periodi ad alto volume verso gruppi sotto assedio
  • Stazioni radio di propaganda e uso di sistemi di altoparlanti per comunicare con i soldati nemici
  • Rinominare città e altri luoghi quando vengono catturati, come la ridenominazione di Saigon in Ho Chi Minh City dopo la vittoria comunista nella guerra del Vietnam
  • Terrorismo
  • Minaccia delle armi chimiche
  • Guerra dell’informazione

Esistono vari tipi di propaganda?

Si, le operazioni di guerra psicologica possono produrre tre categorie di propaganda:

  • Propaganda bianca (omissioni ed enfasi): veritiera e non fortemente parziale, dove la fonte dell’informazione è riconosciuta.
  • Propaganda grigia (omissioni, enfasi e pregiudizi razziali/etnici/religiosi): ampiamente veritiera, non contenente informazioni che possono essere smentite; la fonte non è identificata.
  • Propaganda nera (prodotta da commissioni di falsificazione): intrinsecamente ingannevole, le informazioni fornite sono attribuite a una fonte che non è responsabile della sua creazione.

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Quali sono i compiti della propaganda?

I compiti della propaganda sono quelli che, nel linguaggio popolare, chiameremmo “lavaggio del cervello”, 

Gli obiettivi della propaganda sono principalmente quattro: fronte interno (patria), fronte militare, pacifisti e nemici.

  • Sul fronte interno la propaganda deve suscitare l’odio del nemico, idealizzare i propri obiettivi di guerra, mettere in guardia sulle conseguenze della sconfitta, confermare la fede nella superiorità della patria, e convincere che la vittoria finale sarà certa. Inoltre, deve spiegare la gli incidenti, le atrocità, le battute d’arresto incolpando i nemici, in modo che il popolo non metta in discussione la guerra stessa e nemmeno il sistema sociale e politico che l’ha generata.
  • Sul fronte militare, la propaganda deve mobilitare la nazione, mantenere il morale e far combattere i suoi soldati fino alla vittoria sul nemico.
  • Per quanto riguarda i pacifisti, la propaganda dovrebbe conquistarli, incoraggiandoli verso la guerra, o almeno tacitare le loro opinioni non interventiste.
  • La propaganda contro il nemico ha lo scopo di demoralizzare i suoi soldati, incoraggiarli a disertare e incitare i suoi civili alla rivolta.

Quando è iniziata la moderna propaganda di guerra?

Nella prima guerra mondiale: i belligeranti, in particolare inglesi e tedeschi, iniziarono a distribuire propaganda, sia a livello nazionale che sul fronte occidentale.

Nell’agosto 1914, in Gran Bretagna David Lloyd George creò un’agenzia di propaganda a Wellington House che vedeva tra i suoi membri scrittori come Arthur Conan Doyle, Ford Madox Ford, GK Chesterton, Thomas Hardy, Rudyard Kipling e HG Wells. Durante la guerra furono pubblicati oltre 1.160 opuscoli, che ebbero un grande effetto sull’opinione pubblica generale in tutto il mondo. Negli opuscoli si documentavano le atrocità, sia reali che presunte, commesse dall’esercito tedesco contro i civili belgi. I testi erano illustrati con disegni volti a creare forti reazioni emotive.

In Francia, nel 1916, fu istituita la Maison de la Presse, che aveva una sezione speciale per il “Service de la Propagande aérienne” (Servizio di propaganda aerea), guidato dal professor Tonnelat e da Jean-Jacques Waltz , un artista alsaziano. I francesi tendevano a distribuire prevalentemente volantini di immagini.

Nell’Aprile del 1917, quando l’America dichiarò guerra alla Germania, il Presidente Woodrow Wilson dovette affrontare una nazione riluttante all’entrata in guerra. Per convincere gli americani della necessità della guerra in Europa, Wilson creò il Committee on Public Information (CPI), Nei 20 mesi di guerra, il CPI si incaricò di diffondere tutti gli annunci del Governo e 6.000 comunicati stampa, oltre che 1.500 volantini pubblicitari sulla guerra. Il Comitato convinse anche molti autori a scrivere gratuitamente “per la causa”.

Una Conferenza su Edward Bernays e l'invenzione della Propaganda

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Nella seconda guerra mondiale, Adolf Hitler fu fortemente influenzato dalle tattiche psicologiche di guerra utilizzate durante la prima guerra mondiale e attribuì la sconfitta della Germania agli effetti che questa propaganda ebbe sui soldati. Si impegnò nell’uso della propaganda di massa per influenzare le menti della popolazione tedesca nei decenni a venire. Chiamando il suo movimento ilTerzo Reich, riuscì a convincere molti civili che la sua causa non era solo una moda passeggera, ma la via del loro futuro. Joseph Goebbels fu nominato ministro della Propaganda quando Hitler salì al potere nel 1933 e dipinse Hitler come una figura messianica per la redenzione della Germania.

All’inizio della seconda guerra mondiale, gli inglesi istituirono il Political Warfare Executive per produrre e distribuire propaganda. Attraverso l’uso di potenti trasmettitori, le trasmissioni potevano essere effettuate in tutta Europa. Sefton Delmer gestì una campagna di propaganda nera di successo attraverso diverse stazioni radio, progettate per essere apprezzate dalle truppe tedesche e allo stesso tempo introdurre materiale informativo che avrebbe indebolito il loro morale sotto una patina di autenticità. Il primo ministro britannico Winston Churchill utilizzò le trasmissioni radiofoniche per la propaganda contro i tedeschi.

Gli Stati Uniti condussero un vasto programma di guerra psicologica durante la guerra del Vietnam. Il programma Phoenix aveva il duplice scopo di assassinare il personale del Fronte di liberazione nazionale del Vietnam del Sud (NLF o Viet Cong ) e terrorizzare qualsiasi potenziale simpatizzante o sostenitore passivo.

Cosa è la “propaganda delle atrocità”?

La propaganda delle atrocità sfrutta storie sensazionali di stupri, mutilazioni e omicidi atroci dei prigionieri. Nella prima guerra mondiale, ad esempio, i soldati tedeschi e austro-ungarici furono descritti come selvaggi disumani e la loro barbarie fu sottolineata come un modo per giustificare la guerra. Le illustrazioni grafiche, accompagnate da testimonianze di prima mano che descrivevano i crimini come selvaggiamente ingiusti, erano richiami convincenti per giustificare la guerra,

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La propaganda è cambiata con Internet?

Oggi su Internet i social media consentono l’uso della disinformazione su larga scala. Gli analisti hanno trovato prove di fotografie falsificate o fuorvianti diffuse dai social media durante la guerra civile siriana e l’intervento militare russo del 2014 in Ucraina. Nelle operazioni nel Mar Cinese Meridionale e Orientale, sia gli Stati Uniti che la Cina sono stati coinvolti in una “guerra cognitiva”, che prevede dimostrazioni di forza, fotografie modificate e disinformazione.

Lo sport può aiutare a prevenire le guerre?

Si. Lo sport è un buon esempio di ciò che William James intendeva per “equivalente morale della guerra“: un’attività che soddisfa bisogni psicologici simili alla guerra e ha un simile effetto corroborante e socialmente vincolante, ma non comporta lo stesso grado di violenza e devastazione.

Quali altri fattori possono prevenire le guerre?

Un altro fattore importante è l’interconnessione, l’aumento dei contatti tra persone di nazioni diverse a causa dei livelli più elevati di scambi e viaggi internazionali e (più recentemente) tramite Internet. È probabile che questa maggiore interconnessione porti a un declino dell’identità di gruppo e dell’inimicizia verso gli altri gruppi. Promuovere l’inclusione morale, espandere l’empatia rende meno possibile percepire gruppi diversi come “altri” da noi.

Dr. Giuliana Proietti

Relazione sull'Innamoramento - Festival della Coppia 2023

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Giuliana Proietti
Dr. Giuliana Proietti

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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

Per appuntamenti:
347 0375949 (anche whatsapp)

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  • 15 Mar 2022
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Se non sorridi, il frigo non si apre

Se non sorridi, il frigo non si apre

Se non sorridi, il frigo non si apre

Relazione sulle Coppie Non Monogamiche

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Articolo datato

La psicologia positiva insiste da tempo sul fatto che sarebbe meglio pensare in modo ottimista, sforzarsi di sorridere, leggere la realtà che ci circonda in modo positivo ecc. Tutto questo, anche quando il tono dell’umore è veramente basso e la persona avrebbe voglia, in realtà, di fare tutt’altro.

La tecnologia ora sembra venire in soccorso di chi proprio non ce la fa a sorridere quando è teso, arrabbiato o depresso: infatti, i ricercatori dell’Università di Toyko hanno messo a punto un frigorifero che si apre solo se chi vuole aprirlo sta sorridendo.

Il sistema, che si chiama “The Happiness Counter” ha lo scopo di incoraggiare il sorriso nella nostra vita quotidiana. Il frigo è dotato di fotocamera integrata Sony CyberShot digitale che dispone di una tecnologia capace di riconoscere il sorriso e di un sensore di luce , che è in grado di rilevare il sorriso e di far aprire lo sportello dell’elettrodomestico.

Per chi proprio non ha voglia di sorridere, vi è comunque una maniglia da tirare, anche se è un gesto reso volutamente più difficile.

I ricercatori hanno condotto una serie di prove per testare la sua efficacia e hanno scoperto che i partecipanti allo studio erano diventati più propensi al sorriso di quanto erano in precedenza, quando sorridevano solo se ne avevano voglia.

Una intervista sui rapporti familiari

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Il team ritiene che questo tipo di sorriso da produrre ad hoc abbia la possibilità di migliorare il tono dell’umore dei lavoratori e dunque la produttività. Ad esempio, un “Contatore della felicità” potrebbe essere installato al di fuori di una sala riunioni, facendo entrare solo le persone capaci di produrre un sorriso.

“Aumentare il numero di sorrisi sul posto di lavoro potrebbe migliorare l’atmosfera generale e potrebbe facilitare la produzione di buone idee” ha detto un portavoce dell’azienda produttrice in un video.

Dr. Walter La Gatta

Relazione sulla Terapia di Coppia dopo un Tradimento - Festival della Coppia 2023

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Fonte e Immagine:
This Refrigerator Only Opens if You Smile, Mashable

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IPNOSI CLINICA: una intervista al Dr. Walter La Gatta

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Dr. Walter La Gatta

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Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
Libero professionista, svolge terapie individuali e di coppia
ONLINE E IN PRESENZA (Ancona, Terni, Fabriano, Civitanova Marche)

Il Dr. Walter La Gatta si occupa di:

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Terapie Sessuali
Tecniche di Rilassamento e Ipnosi
Disturbi d’ansia, Timidezza e Fobie sociali.

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  • 11 Ott 2012
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Se il treno sa di pulito, lo si sporca di meno

Se il treno sa di pulito, lo si sporca di meno

Se il treno sa di pulito, lo si sporca di meno

Saluto del CIS - Dr. Walter La Gatta

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Un team di psicologi sociali olandesi ha proposto una soluzione semplice al problema dei rifiuti sui treni: lasciare nelle carrozze un odore di prodotti comunemente utilizzati per la pulizia. Martinijn de Lange e colleghi hanno condotto il loro esperimento sul campo:  essi hanno nascosto sette piccoli contenitori di prodotti per la pulizia nel portabagagli di due carrozze, su un treno che copre la tratta fra Amersfoort-Schothorst e Enkhuizen, un viaggio di un’ora e quarantaquattro minuti.

Al capolinea sono stati contati e pesati i rifiuti prodotti dai viaggiatori e i dati sono stati confrontati con quelli di altre due carrozze, nelle quali non erano stati rilasciati questi odori (carrozze di controllo). Sulla base delle misure adottate in oltre 18 viaggi, la quantità media di rifiuti sulle carrozze senza odore di pulito era tre volte maggiore di quella prodotta nelle carrozze “profumate” (35,6 grammi contro 11,7 grammi). In termini di singoli rifiuti,  ve ne sono stati una media di 5,1 nelle carrozze di controllo rispetto al 2,7 per viaggio nelle carrozze con odore di pulito.

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Per fare un confronto, i rifiuti prodotti dai viaggiatori sono stati raccolti nelle stesse carrozze anche una settimana prima dell’esperimento (la compagnia ferroviaria ha accettato di utilizzare lo stesso treno sullo stesso percorso durante il periodo dello studio, piuttosto che seguire la pratica abituale di rotazione dei treni in percorsi diversi). In questo caso, non vi è stata alcuna differenza nella quantità di rifiuti lasciati nelle diverse carrozze.

“Sembra dunque che sia possibile modificare il comportamento dei viaggiatori con un intervento semplice e relativamente poco costoso”, hanno detto i ricercatori.

Dr. Walter La Gatta

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Fonte: de Lange, M., Debets, L., Ruitenburg, K., and Holland, R. (2012). Making less of a mess: Scent exposure as a tool for behavioral change. Social Influence, 7 (2), 90-97, via BPS

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  • 29 Mar 2012
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Fortissimo vuoto e nostalgia - Consulenza online

Fortissimo vuoto e nostalgia – Consulenza online

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Tel. 347 0375949

Buongiorno, racconto in poche parole la mia storia, sto con un ragazzo per diversi anni, facendo anche progetti per il futuro ma la storia inizia a vacillare ed in quel periodo conosco un’altra persona, ci innamoriamo e dopo un certo periodo di tempo, lascio l’attuale ragazzo e dinizio una bellissima storia d’amore. Sono felice, sento davvero di stare bene con questa persona ma non riesco a superare l’enorme vuoto che hanno lasciato tutti gli amici che avevo da tanti anni, dall’adolescenza, e così mi ritrovo sola aspettando soltanto di uscire con il mio ragazzo che non abita vicino a me, passando serate tristissime, da sola, con la sensazione di non avere la possibilità di contattare nessuno per quattro chiacchere…sento un fortissimo vuoto e la nostalgia della vecchia compagnia, la delusione di amici che in realtà non lo erano, ed il peso di dover attendere il fine settimana per vedere il mio ragazzo e gli amici che ora frequento insieme a lui. E’ triste aver perso tutto ed è triste il pensiero di aver perso qualcosa che per me era davvero grande mentre evidentemente per loro, così piccolo da dimenticarsene. Vorrei trovare il modo per vivere tranquillamente le mie giornate senza quell’angoscia di non avere nessuno e quella sensazione che il fine settimana non arrivi mai…

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Gentilissima,

Quello che lei prova è la sensazione di vuoto che coglie il bambino quando la mamma si allontana, oppure quando si perde una persona cara, quando si perde il lavoro, quando ci si lascia, ecc.

Le sensazioni di solitudine, di vuoto, l’incapacità di organizzare il proprio tempo, l’infelicità, la perdita di interesse per le cose e le persone, man mano lasciano il posto ad una nuova organizzazione di vita, che si va lentamente strutturando, anche durante questo periodo di “lutto” per la grave perdita subita.

Non si può, del resto, tenere il piede su due scarpe e prendere il meglio di quello che offre una situazione, senza fare a meno del meglio che offre quell’altra opzione… Fare delle scelte non significa solamente andare verso una nuova condizione, ma anche saper fare a meno dell’altra opzione.

Abbia fiducia dunque nella scelta che l’ha guidata fin qui e cerchi ora di impegnarsi per costruire il suo futuro… Vediamo ora cosa succederà nella sua storia: ci sono pagine e pagine nuove da leggere, ma forse anche da scrivere, se lei sceglierà ancora di essere protagonista del suo destino e non una semplice osservatrice.
Auguri.

Dr. Giuliana Proietti

Una lezione divulgativa su Freud e il suo libro "Totem e Tabù"

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  • 6 Lug 2010
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