Vai al contenuto
Psicolinea.it

Sito di psicologia, online dal 2001

  • About – Tutte le Info
  • Articoli
  • Terapia online
  • Contatti
  • Privacy
  • Disclaimer
  • Credits
  • Psicolinea Sitemap Page
  • Contatti
Psicolinea.it

Sito di psicologia, online dal 2001

  • Contatti
  • About – Tutte le Info
  • Articoli
  • Terapia online
  • Contatti
  • Privacy
  • Disclaimer
  • Credits
  • Psicolinea Sitemap Page

Category Archives: Psicologia

  1. Home
  2.  :: 
  3. Archive by category "Psicologia"
  4. ( Page28 )
Come aiutare le persone a cambiare idea

Come aiutare le persone a cambiare idea

Come aiutare le persone a cambiare idea

Psicolinea for open minded people


Articolo datato

Far cambiare idea alle persone non è facile.

Non ci piace che i nostri atteggiamenti possano essere regolati da altri, soprattutto quando il messaggio non è direttamente rilevante per noi e ad esso non prestiamo molta attenzione.

Ma cosa succederebbe se facessimo cambiare idea alle persone? Esse ascolterebbero sé stesse e creerebbero da sole, in automatico, gli argomenti che hanno rilevanza personale per loro.

Non è così folle come sembra. In realtà le persone sono continuamente incoraggiate ad autoconvincersi di qualcosa.

Eccone alcuni esempi:

  • Quando un genitore vuole modificare il comportamento di un bambino potrebbe dirgli  perché ciò che fa è sbagliato, invece di dirgli semplicemente che è sbagliato.
  • Quando prendiamo parte in un esercizio di role-playing, ed accettiamo di assumere atteggiamenti e valori in cui non crediamo.
  • Quando vogliamo cambiare il nostro comportamento, ad esempio per avere un’alimentazione più sana, e tentiamo di convincerci che non ci piacciono i cibi proibiti, come invece ci piacciono.

Quindi, ci sono tante situazioni in cui discutiamo con noi stessi, sia quando siamo noi a cominciare a farlo, sia quando siamo  sottilmente incoraggiati in questa direzione da qualcun altro.

Una Videoconferenza su Salute e Benessere

YouTube player

Auto-persuasione

Ma funziona? L’auto-persuasione produce qualche cambiamento?

Janis e King (1954)  hanno studiato questo chiedendo ad alcuni partecipanti all’esperimento di tenere un discorso, mentre altri due ascoltavano. Poi c’è stato uno scambio, per cui uno degli ascoltatori passivi teneva un discorso agli altri due, su un argomento diverso.

Ciò che è emerso è che, in media, le persone si mostrano più convinte di qualcosa se l’hanno detta, invece che semplicemente ascoltata. Ciò suggerisce che la persuasione sia più forte quando la persona pronuncia un discorso che lei stessa ha creato, anche se esso non è in linea con il suo punto di vista.

Lo stesso trucco funziona nei confronti del fumo. Le persone sono più propense a smettere di fumare quando sono esse stesse a fornire un messaggio anti-fumo, rispetto a quando lo ricevono passivamente (Ciò è descritto nella ricerca di Brinol et al., 2012).

Osserviamo lo stesso effetto nella fiducia in sé stessi. Quando alle persone viene chiesto di presentarsi ad altri in un  un modo sicuro di sé, in realtà esse si sentono davvero più sicure di sé stesse.

La spiegazione sembra essere quella per cui siamo molto bravi a convincerci, in quanto sappiamo quali argomenti hanno maggiore effetto su di noi.

Quindi, se vogliamo che una persona riesca a convincersi di qualcosa, possiamo provare a chiederle di mettere da parte per un attimo il proprio atteggiamento e di provare ad elaborare a proprio modo i concetti che noi consideriamo importanti.

Qualunque sia il punto di partenza, se la persona è incoraggiata a generare in proprio gli argomenti, ha la possibilità di cambiare idea.

Jeremy Dean

Link all’articolo originale: How To Encourage People To Change Their Own Minds, PsyBlog
Riproduzione autorizzata

Immagine:
Photo by ALAN DE LA CRUZ on Unsplash

Jeremy Dean
Dr. Jeremy Dean

Jeremy Dean
è un ricercatore presso lo University College London.
E’ laureato in legge e in psicologia. In precedenza ha lavorato anche nel mondo di Internet.

www.spring.org.uk/
I Social
  • 18 Mag 2012
  • Dr. Jeremy Dean
  • 0 Comments
La coppia eterosessuale

La coppia eterosessuale

La coppia eterosessuale

Psicolinea 20+anni di attività


Articolo datato

Tratto dal libro : Voci di donne (2002) curato da Bianca Gelli, edito da Manni, Lecce

Sempre Bernard e Schlaffer, le due sociologhe dell’Istituto di ricerche politiche e di studi sui rapporti interpersonali di Vienna, hanno al loro attivo già diverse opere sul rapporto uomo donna. Nel volume Lasciate in pace gli uomini scrivono: ” Andrebbe meglio se gli uomini fossero diversi? Può darsi. Tutti i loro sforzi per cambiare mancano di entusiasmo e la loro disponibilità a investire sui sentimenti non ha nulla di spontaneo. Gli uomini sanno perfettamente che la loro cosiddetta ‘difficoltà di rapporti’ è un metodo infallibile per poter fare i propri comodi.

La impenetrabilità emotiva e la chiusura degli uomini non sono ne’ un errore educativo ne’ un equivoco, bensì un vantaggio di gruppo, vantaggio del quale gli uomini, nessuno escluso, in perfetta solidarietà sanno approfittare perfettamente. L’uomo ha constatato che il suo rifiuto sentimentale costituisce nei confronti della donna uno strumento di potere e un mezzo coercitivo di grande forza.” (p.14)
Si tratta del potere della negazione: il silenzio e la freddezza degli uomini logora le donne. Ogni segno di minima gentilezza viene accolto con entusiastica riconoscenza.

Uomini e donne si sposano per motivi diversi e con aspettative contrastanti. Per lui matrimonio e famiglia occupano un posto relativo nell’esistenza, per lei diventa il discorso centrale: la donna vuole diventare una coppia, creare qualcosa di nuovo insieme al marito, l’uomo vuole rimanere se stesso migliorando la propria posizione attraverso la coppia.

Il desiderio sessuale nella donna infertile
Relazione presentata al Congresso Nazionale Aige/Fiss del 7-8 Marzo 2025 a Firenze. 

YouTube player

Le sociologhe suggeriscono alle donne di usare di più il raziocinio e di valorizzare di meno gli aspetti viscerali nella scelta del partner: il principe azzurro non esiste, è inutile tentare di cambiare l’uomo e conviene cercarne uno meno violento e arrogante possibile.
Jill Tweedie (1979), nel libro “In the name of love”, citata dalle Autrici nelle conclusioni dice: “L’uomo deve fare in modo che la donna concentri tutta se stessa su di lui.(…) alternando momenti di tenerezza e comprensione a momenti di freddezza e indifferenza. Il suo scopo deve comunque essere quello di suscitare in lei emozioni molto forti e contemporaneamente accrescere la sua dipendenza psicologica. Non importa se queste emozioni nascono dalla paura, dalla delusione, dalla speranza o dalla stanchezza. Questo è un vero e proprio lavaggio del cervello, di cui Shakespeare ci offre una versione classica nella Bisbetica domata.”

Psicolinea Facebook

Esistono molti luoghi comuni che servono a mantenere, nella coppia, le donne al loro posto: se non si accetta una situazione di sovraccarico, se ci si impegna troppo nel lavoro, se non ci si dedica totalmente al marito e ai figli o alla casa succederanno delle catastrofi. Il marito si troverà un’altra, i figli diventeranno delinquenti o drogati, la casa andrà in rovina! La stessa psicologia, attraverso la ricerca scientifica, l’approccio psicoterapico e la divulgazione, indica sempre o quasi sempre nella madre l’origine e la vera colpevole di ogni nevrosi (Caplan e Caplan, 1999).

Allora, tra colpevolizzazione, solitudine e sovraccarico, molte donne si chiudono in un silenzio rancoroso o si lamentano non riuscendo a farsi ascoltare neanche durante le loro rimostranze. Anzi, venendo colpevolizzate per essere sempre di cattivo umore, emotivamente fragili o, ancora, inutilmente problematiche si confrontano con uomini che, per contro, trovano sempre meno impegnativo un litigio e un silenzio rancoroso piuttosto che una collaborazione spontanea e un confronto alla pari (Benard e Schlaffer, 1989). Le Autrici scrivono: “Non serve a nulla accettare il comportamento sbagliato del partner lasciandolo continuare imperterrito ad agire e sentirsi ogni giorno che passa sempre più insofferente. Lui non ci arriva “da solo”, anche quando la cosa è evidente e visibile a tutti. Restano solo due possibilità: si protesta e lui reagisce in modo costruttivo arrivando ad un compromesso accettabile per entrambi. Oppure lui rifiuta la critica, si irrita e la faccenda si complica a tal punto, da non voler più fare alcun tentativo nei suoi confronti e ci si separa.”(p.75)

Le ricerche sulla soddisfazione relativa al matrimonio indica con precisione la differenza: i mariti sono di gran lunga più soddisfatti delle mogli le quali, coerentemente con questo dato, chiedono più spesso la separazione.
Susan Faludi (1992), sociologa e giornalista americana, critica la pseudo-psicologia e la pseudo-psicoterapia, profondamente legate all’ideologia dominante e colpevolizzanti rispetto alle donne. Ad esempio, attacca il libro di Robin Norwood (1985) “Donne che amano troppo”, 20 milioni di copie vendute che tratta di “androdipendenza”. Il messaggio dell’Autrice ai milioni di donne che subivano maltrattamenti fisici e verbali da parte di mariti e amanti si riduce in maniera astorica ad un invito quasi mistico, suggerendo alle donne di “rinunciare alla pretesa di far andare le cose nel modo che, secondo voi, sarebbe giusto”. L’autoaffermazione sarebbe quasi un difetto caratteriale… Il libro si domanda perché tante donne scelgano uomini violenti, assenti, rozzi etc. ma non rovescia mai la domanda: perché esistono tanti uomini così fatti, perché quando si sceglie il panorama maschile è nell’insieme così deprimente? Questa colpevolizzazione miope delle donne è un’operazione che la nuova psicologia divulgativa sta facendo a tappeto negli ultimi anni.

Il diritto di essere trattata con rispetto, ascoltata e presa sul serio, affermato nel 1975 nella Carta dei diritti di ogni donna da The New Assertive Woman, è stato sostituito, negli anni più recenti dall’invito a smettere di sfidare le barriere sociali e a tenere per se’ i propri pensieri e problemi, adattandosi al modello dominante. La stessa cosa era avvenuta nel dopoguerra quando, nel più popolare manuale di quei tempi Modern Women: the Lost Sex, Marynia Farnham e Ferdinand Lundberg suggerivano che lo stato finanziasse la psicoterapia per aiutare le donne a sposarsi: tutte le donne erano diagnosticate come nevrotiche e il matrimonio avrebbe potuto migliorarne le condizioni psichiche. La stessa tesi, nel 1988 viene sostenuta da Susan Page nel libro “Se sono così eccezionale, perché sono ancora single?” in cui si dice che lo stato di single per una donna è piuttosto deprimente anche in funzione della crescente misoginia con cui le single devono fare i conti. La cura è ovviamente il matrimonio.

PSICOLOGIA - SESSUOLOGIA
Come vivere bene anche se in coppiaCome vivere bene, anche se in coppia
Autori: Dr. Giuliana Proietti - Dr. Walter La Gatta
Terapie Individuali e di Coppia

Ma, come si suol dire, il peggio non è mai morto: Ellen Fein, psicologa sociale e Sherrie Schneider, giornalista, hanno ottenuto un enorme successo con Le regole (1995) e Le regole2 (1997) un desolante invito alla furbizia e alle strategie dove si enfatizza la differenza di genere. Solo un paio di esempi: regola numero 5 “Non telefonategli e richiamatelo solo di rado.Solo così non perderà il bisogno di cercarvi” e regola numero 15 “Non precipitatevi a letto con lui! Solo così non vi darà per scontate”. L’operazione è come al solito mirata a trovare marito!

Due bestseller dei tardi anni ’80 “Donne Intelligenti scelte stupide” e “Le donne che gli uomini amano, le donne che gli uomini lasciano” di Cowan e Kinder, affermano che le donne si sono lasciate sommergere da una marea crescente di insoddisfazione nei confronti degli uomini e molte sono deluse da loro. Gli Autori non si preoccupano di analizzare quali comportamenti maschili stanno alla base di queste delusioni, ne’ di come questi comportamenti che generano sofferenza potrebbero essere cambiati.

Al contrario, giungono alla conclusione che gli uomini sono perfettamente a posto e che la delusione delle donne sia totalmente auto-indotta. Non sono gli uomini ad essere inadeguati -scrivoni i due Autori.- sono le donne a nutrire aspettative distorte e a mostrarsi ipercritiche nei loro confronti. Tutto si risolverebbe se le donne imparassero a capire veramente gli uomini e il loro bisogno di dominio e successo professionale. La diagnosi di androfobia fu coniata così per le “disadattate”, influenzate dal femminismo che, invece di rassegnarsi e fare una bella psicoterapia alla ricerca delle proprie “colpe”, continuavano a impegnarsi in un confronto per il cambiamento.

Warren Farrell, negli anni ’70, aveva scritto The Liberated Man uno dei testi femministi più acclamati tra quelli scritti da un uomo. In maniera intelligente sosteneva che il femminismo avrebbe liberato anche l’uomo: dal fardello economico di mantenere la famiglia da soli, dallo stress psicofisico di dimostrare in ogni momento la propria mascolinità e di reprimere le emozioni. Un bambino che non impara a fare a pugni per dimostrare la propria virilità è psicologicamente libero di sottrarsi a una rissa, scrisse Farrell nel 1971 in un editoriale del New York Times.
La verità è che gli uomini non sono molto soddisfatti del mondo che hanno creato – scrisse Michael Korda nel 1973 in Male Chauvinism.
Nessuno dei due sessi trae vantaggio dal tradizionale ideale maschile della competitività ossessiva – suggerì Marc Feigen Fasteau in The Male Machine del 1974 – non solo è negativo per le donne, ma limita gli uomini in modo malsano a una modalità ristretta nei contatti umani.

Quando il femminismo venne a noia ai mass media, anche l’entusiasmo di Farrell precipitò e scrisse “Perchè gli uomini sono come sono” (1986) organizzando laboratori di rieducazione femminile, dei corsi che insegnassero alle donne come ascoltare le lamentele degli uomini. Farrell rovescia il ritratto femminista e dipinge un mondo in cui le donne esercitano pressioni enormi su gli uomini ridotti a schiavi, le donne di potere- afferma- usano i dattilografi per l’avventura di una notte e si sottraggono ad un rapporto duraturo. La minaccia viene identificata nella virago, indipendente che ha fatto carriera e rinnegano ogni devozione nei confronti del maschio. In un matrimonio il successo professionale della moglie e il fallimento sono un tutt’uno.

Seguici su X - Psicolinea

Per certi versi simile alla proposta della Norwood alle donne è quella di Robert Bly agli uomini esposta nel libro (e nei gruppi di autocoscienza maschile seguitissimi negli USA) “Per diventare uomini”, nel 1992. Poeta e scrittore, Bly suggerisce la riscoperta dell’uomo selvatico che è dentro ogni maschio per evitare il fenomeno del “maschio tenero”, prodotto dai cambiamenti degli anni settanta, un maschio premuroso e gentile, un caro ragazzo che accontenta non solo la mamma ma anche la giovane compagna con cui sceglie di vivere. Scarsamente vitale si accoppia con donne forti e decise. Ciò non va. Nei weekend Bly farà rivivere agli uomini le leggende antiche e gli uomini, vecchi e giovani battono i tamburi piangendo i padri che non hanno mai conosciuto. Sorprendentemente il sesso e le donne non sono un argomento importante per l’Uomo Nuovo che è, al contrario, infinitamente più affascinato da se stesso che dalle donne. In effetti, l’unico argomento interessante negli incontri sembra essere il potere e la paura del magnetismo femminile, rifarsi all’archetipo del guerriero, ritrovare grinta e mandare al diavolo le donne.

Tra le tante donne che si sono occupate di identità di genere e di coppia mi piace segnalare anche Nancy Chodorow (1995), psicoanalista e insegnante di sociologia a Berkley. L’Autrice afferma che il concetto di eterosessualità non va inteso come presupposto biologico-normativo ma è una costruzione, frutto dell’interazione di molti fattori.

L’eterosessualità contiene una sperequazione di potere. Anche Ethel Person, un’analista femminista, in Dreams of Love, lascia intendere che una certa differenza di potere nell’amore sia ineliminabile: finché le donne aneleranno all’amore e gli uomini ne avranno paura, l’eterosessualità normale tenderà a includere la sottomissione femminile e la dominanza maschile. Le donne erotizzano il rapporto con uomini investiti di autorità e cercano la protezione del potere, mentre gli uomini scindono sesso e dipendenza e hanno bisogno della sicurezza che gli viene dall’avere in partenza più potere. Le donne sono a proprio agio con l’aspetto di reciprocità, oltre che di resa, implicito nell’amore, mentre gli uomini tendono a interpretare la reciprocità come dipendenza e se ne difendono separando il sesso dall’amore o, in alternativa, cercando di dominare la persona amata.

Susan Contratto che ha osservato la funzione paterna nello sviluppo delle bambine, precisa: “Il potere ha un genere: il potere carismatico, eccitante, visibile, che conferisce privilegi, è maschile. Il potere materno caratterizzato da affidabilità, cura per la vita e capacità di consolare e accogliere è femminile.” Quindi la sessualità delle madri tende a non essere vista.

Prof. Chiara Simonelli

Psicolinea.it © 2001-05

Immagine:
Flickr

Intervista a Chiara Simonelli
Prof. Chiara Simonelli

Chiara Simonelli è Professore associato presso la Facoltà di Psicologia 1 dell’Università “La Sapienza” di Roma, è docente di Psicologia dello sviluppo sessuale e affettivo nell’arco di vita e di Psicologia e psicopatologia dello sviluppo sessuale.

I Social
  • 24 Gen 2012
  • Prof. Chiara Simonelli
  • 0 Comments
Perché il potere corrompe?

Perché il potere corrompe?

Perché il potere corrompe?

PSICOTERAPIA SESSUOLOGIA ONLINE
Anche su Instagram!


ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE

Nella storia dell’essere umano la scelta di vivere in gruppo è stata molto importante, in quanto ha permesso ai nostri progenitori di difendersi meglio dai predatori, di unire le forze per catturare grosse prede (e così sfamare anche i membri del gruppo meno abili alla caccia), di differenziare i ruoli a seconda delle capacità e delle abilità personali. Una scelta vincente insomma, che ancora oggi utilizziamo e che peraltro condividiamo con altre specie animali, come ad esempio i lupi o gli scimpanzé.

Un’altra caratteristica del gruppo è che esso crea al suo interno delle gerarchie, per cui vi sono membri che vengono considerati più affidabili e credibili di altri e per questo motivo godono di maggiore consenso e considerazione, oltre che di maggiore potere. In cima a questa gerarchia si trova il leader, cioè il personaggio più carismatico ed influente fra i membri del gruppo: è a lui/lei che vengono delegate le decisioni più importanti che riguardano la vita ed il benessere di tutto il gruppo.

Tariffe Psicoterapia

Se un gruppo è senza leader non è destinato a lunga vita: prima o poi in esso scoppieranno conflitti interni che porteranno a frammentazioni, fino a che il gruppo perderà la sua identità. Un altro elemento di instabilità è dovuto ad una cattiva leadership: un leader potrebbe essere amato e rispettato, ma comunque dimostrarsi un cattivo leader in quanto incapace di prendere decisioni, di assumersi delle responsabilità, di mediare nei conflitti, di comunicare assertivamente con gli altri membri.

La psicologia ha molto studiato la figura del leader, in particolare quella del leader “autoritario” contrapposto al leader “democratico”, così come il leader “introverso” rispetto al leader “estroverso”, il leader uomo piuttosto del leader donna. Non poteva mancare, in questa carrellata, il leader “onesto” contrapposto al leader “disonesto” o, più precisamente, “corrotto”.

Una Conferenza sulla Paura

YouTube player

Un leader corrotto è un individuo che mostra di aver superato anzitutto una dissonanza cognitiva: è meglio fare ciò che è giusto per il gruppo, magari sacrificando il proprio ruolo di potere, oppure è meglio cercare di tutelare anzitutto la propria posizione, magari a scapito del benessere del gruppo che si rappresenta? E la seconda risposta deve aver evidentemente avuto la meglio sulla prima.

Sul sito dell’APA è stata pubblicata da poco una rassegna di ricerche psicologiche sul leader che si lascia corrompere dal potere: i ricercatori si propongono di capire le motivazioni che portano il leader a fare delle scelte sbagliate, almeno dal punto di vista etico, in quanto volte a soddisfare i propri bisogni e non quelli del gruppo. Un’altra domanda a cui i ricercatori cercano di dare una risposta è la seguente: c’è un modo per prevenire che il leader si lasci corrompere dall’esercizio del potere?

Le ricerche scientifiche condotte sull’argomento hanno intanto dimostrato che il potere induce a diventare più disinibiti ed aumenta la probabilità di comportarsi in modo da soddisfare i propri impulsi egoistici, anziché pensare a ciò che sarebbe meglio per il gruppo ( Galinsky, Gruenfeld, & Magee, 2003; Keltner, Gruenfeld, & Anderson, 2003) .


Visita il canale YOUTUBE clinicadellacoppia

La ricerca ci dice inoltre che il potere può indurre i leaders ad approfittarsi degli altri, oggettivando le persone allo scopo di raggiungere i propri fini ( Gruenfeld et al., 2008), che i potenti non si curano di assumere la prospettiva degli altri ( Galinsky et al., 2006) e che sono in genere persone particolarmente abili nel soddisfare i propri impulsi ( Slabu & Guinote, 2010), tra cui figurano anche quelli sessuali, che si esprimono attraverso comportamenti inappropriati, in particolare verso i propri subordinati ( Kunstman & Maner, 2011).

Parlando del potere, la prima domanda che ci si potrebbe porre è perché la maggior parte delle persone lo desidera. Secondo alcuni ricercatori la risposta è semplice: si tratta di una motivazione umana “fondamentale”, alla quale è difficile resistere e che peraltro condividiamo con molte altre specie di primati (Boehm, 1999; de Waal, 1982; Sapolsky, 2005).

Malgrado questa urgenza quasi biologica di raggiungere il potere, non c’è equazione fra potere e felicità: i potenti sono invero persone molto infelici e questo perché, nonostante le facilitazioni e gli agi di cui possono godere, essi vivono costantemente sotto minaccia. Il potente teme infatti che una persona di maggiore talento e capacità sociali possa sottrargli il ruolo, coagulando intorno a sé il rispetto e il sostegno degli altri membri del gruppo.

YouTube player

Clinica della Coppia

E’ questo disagio profondo, questa inconfessabile paura, che porta alla trasformazione del leader: i comportamenti scorretti verso il gruppo infatti servono inizialmente per neutralizzare la “minaccia” di perdere il ruolo.

In una ricerca in laboratorio condotta nel 2010 da Maner & Mead, alcuni partecipanti sono stati invitati ad assumere un ruolo di leadership nei confronti degli altri partecipanti alla ricerca. Per permettere a queste persone di sentirsi dei veri leader sono state assegnate loro tutte le prerogative del potere: i “leader” potevano infatti dirigere il lavoro degli altri membri del gruppo, valutare le loro prestazioni, dare o negare ricompense economiche.

Questi leader, costruiti a tavolino dai ricercatori per condurre gli esperimenti, erano di tre tipi: alcuni leader sapevano che il proprio potere, durante tutto l’esperimento, sarebbe stato irrevocabile e mai avrebbero perso il loro ruolo nel gruppo; altri sapevano che i ruoli all’interno del gruppo avrebbero potuto modificarsi in base ai risultati delle proprie prestazioni, mentre altri ancora erano stati portati a pensare che tutti i membri del gruppo avessero uguale potere e percepissero una identica ricompensa.


Terapie online, ovunque tu sia
Dr. Giuliana Proietti - Tel. 347 0375949

Questi tre tipi di leader, durante l’esperimento, sono stati avvicinati privatamente ed è stato confidato loro un segreto che avrebbe potuto garantire il successo del proprio gruppo. Si voleva in effetti vedere quale dei tre tipi di leader avrebbe condiviso i suggerimenti ricevuti per favorire il gruppo (rischiando tuttavia di perdere le proprie prerogative, a causa della condivisione delle informazioni). Questa ricerca ha dimostrato che chi aveva la sicurezza di mantenere il proprio potere non si curava di proteggere le informazioni ricevute e le metteva a disposizione del gruppo, mentre chi non aveva questa sicurezza tendeva a trattenere le informazioni, anche a costo di non permettere il successo del gruppo, mantenendo però la propria posizione di potere.

In particolare si è osservato che questo comportamento egoistico era maggiormente presente tra i leader con un forte desiderio di dominanza sociale, mentre chi non aveva tale aspirazione faceva il bene del gruppo, anche rischiando di perdere i propri privilegi personali. Sempre Maner & Mead nel 2010 hanno svolto l’esperimento con un’altra variante: dire al leader che una persona all’interno del gruppo era considerata di particolare valore e per questo doveva essere sempre tenuta al corrente di tutto e incoraggiata ad operare liberamente in favore del gruppo. Come risultato di questa variante dell’esperimento si è visto che i “leader”, specialmente quelli più interessati a mantenere il ruolo di potere all’interno del gruppo, hanno fatto in verità di tutto per isolare la persona di talento, dandole compiti poco importanti e facendo si che ad avere i ruoli più consistenti fossero le persone meno capaci (in questo modo il leader poteva mantenere la sua posizione di potere grazie ad un confronto al ribasso con gli altri membri).

In un’altra variante, Maner & Mead (2012) hanno chiesto ai leader di lavorare in stanze separate, cosicché il soggetto di talento avrebbe potuto esprimersi al meglio. Risultato: i soggetti dominanti che erano preoccupati di perdere il proprio potere hanno scelto di lavorare nella stessa stanza con il subordinato di talento, in modo da poterlo tenere d’occhio: un po’ per guardare, ma soprattutto per imparare…

Terapia di Coppia

L’unico modo per far rinsavire il leader ossessionato dalla paura di perdere il potere è quello di metterlo in competizione contro un altro gruppo ( Maner & Mead , 2010; Maner & Mead, 2012): in questo caso i subalterni di talento non vengono più sentiti come delle minacce, ma come dei preziosi alleati con cui fare fronte comune contro i nemici.

Le conclusioni di questi studi porterebbero dunque a pensare che se il potente si sente sicuro, perché inserito in un sistema stabile, dove il suo potere non viene messo in discussione, il suo comportamento diventa più favorevole nei confronti del benessere del gruppo. La tesi potrebbe avere una sua validità, se guardata in questa prospettiva, ma essa contiene in sé una minaccia ben più grande per il gruppo, cioè quella dell’abuso di potere, dal momento che il leader potrebbe giungere ad attribuire, anche inconsapevolmente, al gruppo i propri stessi bisogni, illudendosi di fare il bene comune nel soddisfare ogni suo desiderio.

La storia ci dimostra inoltre che i dittatori ed i monarchi assoluti, che certo non temono di perdere il potere, non si preoccupano più degli altri dei bisogni della popolazione che rappresentano, anzi semmai è vero il contrario… Come disse Lord Acton in un famoso discorso del 1887: “Il potere tende a corrompere e il potere assoluto corrompe in modo assoluto”.

Secondo i ricercatori Jon K. Maner and Charleen R. Case c’è in realtà un modo per evitare che il leader si lasci corrompere dal potere e dalla gloria: selezionare la persona giusta per fare il leader, cioè quella più interessata al prestigio (desiderio di essere rispettati e ben voluti) che al potere.

A pensarci bene ci potrebbe essere anche un’altra via: garantire al leader il suo potere, una volta che se l’è conquistato, evitando però che questo potere duri troppo a lungo. Infatti, l’esperienza insegna che con il tempo anche la persona che inizialmente sognava unicamente il prestigio, in poco tempo si trasforma inesorabilmente in una persona affamata di potere, disposta a tutto pur di poterlo mantenere.

Dr. Giuliana Proietti

Intervento del 14-09-2024 su Sessualità e Terza Età
Dr. Giuliana Proietti

YouTube player

 

Pubblicato anche su Huffington Post

Immagine:
Photo by Andrea Piacquadio

Psicolinea 20+anni di attività

Giuliana Proietti
Dr. Giuliana Proietti

Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
TERAPIE INDIVIDUALI E DI COPPIA
ONLINE

La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

Per appuntamenti:
347 0375949 (anche whatsapp)

mail: g.proietti@psicolinea.it

Visita anche:
www.giulianaproietti.it

Pagina Facebook
Profilo Facebook
Instagram

www.clinicadellacoppia.it/
I Social
  • 25 Ott 2013
  • Dr. Giuliana Proietti
  • 0 Comments
prima impressione

La prima impressione è quella che conta

La prima impressione è quella che conta

Relazione sulle Coppie Non Monogamiche

YouTube player

Cosa si intende per “prima impressione”?

In psicologia, per “prima impressione” si intende la situazione in cui una persona ne incontra per la prima volta un’altra e, in conseguenza di ciò, si forma un’immagine mentale di quella persona. L’accuratezza di questa prima impressione varia ovviamente a seconda dell’osservatore e della persona osservata.

Su che cosa è basata una prima impressione?

Le prime impressioni sono basate su diverse caratteristiche: età, etnia, cultura, stile linguistico, genere sessuale, aspetto fisico, accento, postura, voce, ecc.

Quanto tempo occorre per farsi una prima impressione?

Pochi decimi di secondo.

Tariffe Psicoterapia

Perché esprimiamo una prima impressione così velocemente, senza valutare bene i vari aspetti?

Se guardiamo le cose da una prospettiva evolutiva, comprendiamo che è importante sapere subito se potersi fidare o meno della persona che si ha di fronte, in modo da avere il tempo per eventuali reazioni, nel caso essa rappresentasse una minaccia.

Quale caratteristica in genere viene analizzata per prima?

Le prima impressione è generalmente influenzata dall’elemento simile/dissimile. Il giudizio favorevole viene ovviamente espresso nel caso si riscontrassero nell’immediato degli elementi di somiglianza con la nuova persona.

Quanto conta l’estetica?

Moltissimo, visto che è una delle prime cose che si prende in considerazione, insieme all’intelligenza, allo stato di salute e alle capacità sociali. L’effetto “ciò che è bello è buono” è un fenomeno molto presente quando si affrontano le prime impressioni: i target più attraenti sono valutati in modo maggiormente positivo.

Psicolinea for open minded people

Quanto conta la cosmetica nelle donne?

Per quanto riguarda i cosmetici, le donne che usano un trucco pesante sono considerate molto più femminili di coloro che usano un trucco moderato o non si truccano e le donne con il trucco pesante o moderato sono considerate più attraenti delle donne non truccate.  La donna senza trucco viene considerata più seria delle donne truccate, mentre non vi sono differenze influenzate dal trucco per quanto riguarda il giudizio sulla personalità o il carattere.

Quanto contano le capacità relazionali ?

In uno studio sulle prime impressioni online, si è visto che i soggetti più aperti e disponibili a rivelare molto su se stessi erano più graditi di quelli che erano meno aperti. L’espressività sociale nelle relazioni de visu riguarda invece in particolare la vivacità nella voce, il sorriso, ecc.

Seguici su X - Psicolinea

Si può comprendere subito l’orientamento sessuale di una persona?

In vari esperimenti si è visto che osservando fotografie di persone eterosessuali, gay e bisessuali, i partecipanti allo studio hanno identificato correttamente gay e eterosessuali a livelli di probabilità superiori, basati unicamente sul vedere l’immagine del volto. Tuttavia, i bisessuali sono stati identificati esprimendo solo giudizi a caso. I risultati suggeriscono dunque una sorta di dicotomia nella categorizzazione dell’orientamento sessuale: gay o etero.

La prima impressione può essere maggiormente accurata?

Più si ha del tempo per esprimere un giudizio su una persona, più peseranno le informazioni che si hanno su di lei.

Cosa può rendere migliore una prima impressione?

I comportamenti non verbali sono particolarmente importanti per formare le prime impressioni, in particolare per quanto riguarda il sorriso, la posizione delle sopracciglia, l’espressione emotiva, la capacità di guardare negli occhi, di evere una postura ben eretta (inclinandosi però leggermente verso l’interlocutore), dare una ferma stretta di mano.


Visita il canale YOUTUBE clinicadellacoppia

Una volta formate, le prime impressioni tendono a restare stabili?

Si, le ricerche dimostrano questo. Questa stabilità è probabilmente dovuta al fatto che le prime impressioni possono servire come guida per le decisioni da prendere.

Dr. Walter La Gatta



Immagine
Pexels

Terapia di Coppia

Psicolinea 20+anni di attività

Dr. Walter La Gatta

Dr. Walter La Gatta

Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
Libero professionista, svolge terapie individuali e di coppia
ONLINE E IN PRESENZA (Ancona, Terni, Fabriano, Civitanova Marche)

Il Dr. Walter La Gatta si occupa di:

Psicoterapie individuali e di coppia
Terapie Sessuali
Tecniche di Rilassamento e Ipnosi
Disturbi d’ansia, Timidezza e Fobie sociali.

Per appuntamenti telefonare direttamente al:
348 – 331 4908
(anche whatsapp)
email: w.lagatta@psicolinea.it

Visita la pagina Facebook e il profilo Twitter

Visita anche www.walterlagatta.it

www.clinicadellatimidezza.it
I Social
  • 1 Feb 2020
  • Dr. Walter La Gatta
  • 0 Comments

Il disturbo dissociativo dell’identità (DID)

Il disturbo dissociativo dell’identità (DID)

Saluto del CIS - Dr. Walter La Gatta

YouTube player

La “doppia personalità” è spesso associata al concetto di Disturbo Dissociativo dell’Identità (DID), precedentemente noto come Disturbo di Personalità Multipla. Si tratta di un disturbo caratterizzato dalla presenza di due o più identità o stati di personalità distinti all’interno di una singola persona, ognuno dei quali può avere il proprio modo di percepire, pensare e interagire con il mondo. Cerchiamo di saperne di più.

Cosa si intende per “personalità”?

Quando si parla di personalità ci si riferisce al patrimonio neurobiologico ereditario e all’adattamento di questo alle esigenze socioculturali dell’ambiente: è da questa integrazione dinamica che si determina la ‘identità’ della persona nei suoi aspetti intellettivi, emotivi, volitivi, così come nel suo modo di rapportarsi agli altri.

Tariffe Psicoterapia

Cos’è il Disturbo Dissociativo dell’Identità?

Il Disturbo Dissociativo dell’Identità è una condizione psichiatrica in cui un individuo sperimenta almeno due identità distinte, che prendono alternativamente il controllo del comportamento. Queste identità, o “alter”, possono avere caratteristiche differenti, come nome, età, sesso e persino linguaggio o accento. Oltre a queste identità, le persone con DID spesso soffrono di amnesie, non ricordando ciò che accade mentre un’altra identità è “attiva”.

Quale è la storia psichiatrica di questo disturbo?

All’inizio del 1800, quando la psicologia cominciava ad interessarsi alla mente degli esseri umani ed al mistero del suo funzionamento (cosa che, fino ad allora, era stato argomento più attinente alla religione che alla scienza), si cominciò a parlare di “personalità multipla”.

Da allora sono stati descritti in letteratura non più di 300 casi ‘certi e documentati’ di “personalità multipla”, ma ciò nonostante questa patologia ha sempre avuto grande notorietà e fascino, sia in campo scientifico, sia in letteratura, sia nell’arte o nel cinema, perché argomento sicuramente ‘di confine’ fra scienza e fantascienza.

Il primo caso descritto in letteratura di ‘personalità multipla’ è del 1816: è il caso di Mary Reinolds, una donna che, senza alcun tipo di preavviso, cadeva in un sonno profondo che si protraeva per diverse ore, dal quale si risvegliava mostrando una personalità completamente diversa da quella di base, come se due persone distinte si alternassero in lei, ognuna ignara dell’altra. Altri casi furono descritti nel 1830 e nel 1845.

Nel 1901, attraverso il caso di Miss Beauchamp, venne introdotto nella letteratura medica il concetto di ‘personalità multipla alternante’: la paziente mostrava di essere in alcuni casi remissiva e moralista, in altri ambiziosa e aggressiva. Il medico che l’aveva in cura, Morton Prince, servendosi dell’ipnosi, evidenziò anche una terza personalità, sotto il nome di Sally e spiegò queste alterazioni della personalità postulando l’esistenza di un meccanismo cerebrale responsabile.

Nel 1911 fu introdotto nella medicina psichiatrica la diagnosi di ‘schizofrenia’ il cui sintomo principale era la ‘dissociazione’ dell’affettività del soggetto, dei suoi comportamenti, del suo stile di pensiero, del tutto insolito e scorretto da un punto di vista logico.

Con l’individuazione di questa nuova sindrome, per circa 80 anni non si parlò più di ‘personalità multipla’, in quanto le sue manifestazioni erano state conglobate nel concetto di ‘schizofrenia’, nelle sue diverse forme.

La sindrome ricomparve come categoria diagnostica negli anni ’80 del secolo scorso, nel DSM III R dell’American Psychiatric Association. Dopo una serie di pubblicazioni che avevano contribuito a risvegliare l’interesse su questa materia, essa veniva reintrodotta in ambito clinico nei ‘disturbi dissociativi’ e descritta come ‘disturbo dissociativo dell’ identità’ : con questo atto, la psichiatria medica riconosceva ufficialmente la possibile presenza, in uno stesso individuo, di più identità o stati della personalità ben distinti, indipendenti dalla volontà del soggetto, aventi una propria modalità di percepire l’ambiente, di relazionarsi ed interagire con gli altri.

Dr. Walter La Gatta

ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE

Tariffe Psicoterapia

Il DID è ancora citato nel DSM5?

Si. Il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), include il DID tra i disturbi dissociativi.

Quali persone possono andare incontro al DID?

Il DID è spesso collegato a esperienze traumatiche, soprattutto durante l’infanzia. Le persone con questo disturbo in genere hanno spesso subito abusi fisici, psicologici o sessuali intensi e prolungati.

Uno studio condotto da Ross et al. (1991) ha dimostrato che il 90% delle persone con DID riferisce di aver subito abusi infantili, suggerendo un legame forte tra il trauma e lo sviluppo del disturbo .

Quali sono i sintomi?

I sintomi principali del DID riguardano:

1. Presenza di due o più identità: Ogni identità ha una percezione distinta del mondo e di sé. Le diverse personalità possono emergere in risposta a situazioni specifiche.
2. Amnesia dissociativa: Gli individui non ricordano spesso ciò che accade mentre un’altra identità è attiva. Questa amnesia può variare da episodi brevi a lacune estese nella memoria.
3. Derealizzazione e depersonalizzazione: Le persone possono sentirsi disconnesse dalla realtà (derealizzazione) o dal proprio corpo (depersonalizzazione), sintomi comuni nei disturbi dissociativi.
4. Difficoltà nelle relazioni interpersonali: Il cambiamento tra identità può creare confusione e difficoltà nei rapporti con amici e familiari.
5. Ansia e depressione: Il DID è spesso accompagnato da altri disturbi psichiatrici, come disturbi d’ansia, depressione e disturbi dell’umore.

Una intervista sulla Eiaculazione Precoce

YouTube player

Come si effettua la diagnosi?

La diagnosi del DID viene effettuata attraverso una valutazione clinica approfondita, che include colloqui strutturati, osservazione e uso di strumenti diagnostici come la Dissociative Experiences Scale (DES) per misurare la dissociazione.

È importante distinguere il DID da altre condizioni come la schizofrenia o i disturbi dell’umore, poiché i sintomi dissociativi possono sovrapporsi a quelli di altri disturbi mentali.

I criteri del DSM-5  per diagnosticare il disturbo dissociativo dell’identità sono i seguenti:

  • Devono essere presenti due o più identità distinte, o stati di personalità, ognuno con il proprio modello durevole di percepire, relazionarsi e pensare all’ambiente e al sé.
  • Deve esserci amnesia, definita come incapacità nel ricordare eventi quotidiani, importanti informazioni personali e / o eventi traumatici.
  • La persona deve essere afflitta dal disturbo o avere problemi di funzionamento in una o più aree di vita importanti.
  • Il disturbo non deve derivare da pratiche culturali o religiose.
  • I sintomi non devono essere collegabili agli effetti fisiologici di una sostanza (es. alcol) o a una condizione medica generale (come le crisi parziali complesse).

Come si cura questo disturbo?

Il trattamento del DID è impegnativo e richiede un approccio integrato. Le terapie più efficaci includono:

– Psicoterapia: In questo caso l’obiettivo principale è l’integrazione delle diverse identità in un’unica personalità coesa e la gestione dei sintomi associati, come l’ansia, la depressione e l’elaborazione dei ricordi traumatici.
– Terapia farmacologica Non esistono farmaci specifici per il DID, ma i farmaci possono essere usati per trattare sintomi concomitanti come ansia e depressione.
– Terapie aggiuntive: In alcuni casi possono essere aggiunte anche tecniche di mindfulness, la terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) e la terapia dell’esposizione per il trattamento del trauma.

Psicolinea for open minded people

Il DID viene sempre riconosciuto dalla comunità scientifica?

No. Il DID è stato oggetto di molte controversie nella comunità scientifica.

La comprensione di questo disturbo e dello sviluppo di più personalità è difficile, anche per gli addetti ai lavori. La diagnosi stessa rimane controversa, perché molti ritengono che questi disturbi siano semplicemente parte del disturbo  di personalità borderline.

Uno studio di Lilienfeld e Lynn (2003) ha evidenziato che alcuni pazienti con DID possono sviluppare personalità multiple in risposta a domande suggestive da parte dei terapeuti, alimentando il dibattito sull’origine del disturbo.

Tuttavia, la maggior parte degli esperti concorda sul fatto che il DID esista come condizione reale, anche se rara, e che sia legato a meccanismi di coping estremi per affrontare esperienze traumatiche.

In altre parole, il disturbo viene riconosciuto, ma si ritiene che non sia affatto frequente e pertanto non meriti una categoria diagnostica specifica: molti ritengono che si tratti di sintomi che possono essere inclusi in altre categorie diagnostiche e che questi stati dissociati della mente non possano essere considerati personalità pienamente mature, ma piuttosto rappresentino un senso di identità disgiunto.  Ecco perché in alcuni paesi questo disturbo non viene quasi mai diagnosticato, mentre in altri è abbastanza frequente: è solo un problema di definizioni.


Visita il canale YOUTUBE clinicadellacoppia

Quali sono i meccanismi che portano al DID nella visione psicoanalitica?

Secondo la psicoanalisi il DID rappresenta un meccanismo di difesa psicologico, per cui la persona dissocia, cioè separa la propria coscienza, per far fronte all’esperienza traumatica. Questa dissociazione permette di “scindere” l’esperienza dolorosa, creando personalità distinte che si fanno carico di diversi aspetti del trauma.

Lo scopo della dissociazione è quello di creare una barriera fra quello che si vuole conservare e quello che si vuole escludere dalla propria coscienza: il trasferimento avviene in questo caso in senso verticale, con lo stesso principio dei vasi comunicanti, per cui si creano più coscienze parallele.

La personalità multipla dunque potrebbe essere definita, in una visione psicodinamica, come la conseguenza di una dissociazione di una parte dei contenuti della mente, a scopo adattivo, per gestire situazioni particolarmente traumatiche e stressanti, (ad esempio un incidente, un abuso sessuale o fisico vissuto nell’infanzia, il fallimento delle relazioni familiari ecc), verso le quali il soggetto non sarebbe stato in grado di far fronte con i suoi consueti modi di affrontare la realtà, specie se il trauma è avvenuto nei primi anni di vita.

La creazione di personalità multiple è la conseguenza di una forma elaborata di rifiuto di certi contenuti psichici, per consentire la salvaguardia di un nucleo sano del Sé, riferendo tutto il vissuto negativo ad altre persone diverse da Sé.

Questi meccanismi si attiverebbero in particolare nell’infanzia, perché in questo periodo della vita è abbastanza comune abbandonarsi a ricche produzioni fantastiche, che includono la presenza di amici o nemici immaginari.

Clinica della Timidezza
Dal 2002 parole che curano, orientano e fanno pensare.

Come si cura questo disturbo in psicoanalisi?

Il trattamento si orienta verso l’integrazione graduale dei vissuti traumatici del soggetto, così che l’immagine di Sé precostituita possa lentamente assimilare il Sé traumatizzato, imparando a rievocare il proprio passato e a vivere la propria identità personale in maniera meno confusa.

Per risolvere la dissociazione, il trauma deve essere guardato apertamente, anche nei suoi eventuali risvolti di colpa o di vergogna, avendo l’accortezza di non esporre troppo precocemente il paziente a ricordi per lui intollerabili. La terapia deve essere graduale e per questo l’ipnosi si presta molto bene, per le sue caratteristiche di accendere e spegnere i ricordi con una certa facilità.

Terapia di Coppia

Quanto è comune il disturbo dissociativo dell’identità ?

Molte persone possono temere di avere una personalità dissociata, o multipla, perché sentono in se stesse dei cambiamenti repentini nel modo di pensare o di reagire.  In realtà il disturbo dell’identità dissociativa è una forma piuttosto grave di psicopatologia: un processo mentale che produce una mancanza di connessione nei pensieri, nei ricordi, nei sentimenti, nelle azioni o nel senso di identità di una persona.

In particolare, il DID ha la caratteristica di essere rarissimo.

Qual è la differenza tra Disturbo dissociativo dell’identità (DID) e schizofrenia?

Il Disturbo Dissociativo dell’Identità (DID) e la schizofrenia sono due condizioni psichiatriche diverse, sebbene spesso confuse a causa di alcune somiglianze superficiali, come la frammentazione della realtà percepita. Tuttavia, queste condizioni differiscono per sintomi, cause e trattamenti. Ecco una panoramica delle principali differenze tra DID e schizofrenia:

  • La schizofrenia è una grave malattia mentale caratterizzata principalmente dall’ascoltare o vedere cose che non sono reali e pensare o credere cose che non hanno evidenza nella realtà. 
    Gli episodi psicotici, in particolare, sono caratterizzati da allucinazioni (vedere o sentire cose che non esistono) e deliri (credenze false e distorte).

  • Il Disturbo Dissociativo dell’Identità (DID) è caratterizzato dalla presenza di due o più identità o personalità distinte che controllano il comportamento di una persona in momenti diversi. Le persone con DID possono avere lacune nella memoria riguardo ad avvenimenti quotidiani, informazioni personali o eventi traumatici, come se non ricordassero ciò che è accaduto mentre un’altra identità era attiva. 
  • Similitudini e Differenze: sia il Disturbo Dissociativo dell’Identità che la schizofrenia sono disturbi mentali gravi, ma essi differiscono notevolmente in termini di sintomi, cause e trattamenti. Il DID è caratterizzato da identità multiple e dissociazione ed è spesso legato a traumi infantili, mentre la schizofrenia coinvolge principalmente episodi psicotici, allucinazioni e deliri, ed ha cause neurobiologiche. 

Quale è la prognosi del DID?

La prognosi del DID varia in base alla gravità dei traumi e alla risposta alla terapia. Alcune persone possono raggiungere un’integrazione completa delle loro identità e vivere una vita stabile, mentre altre potrebbero continuare a sperimentare episodi dissociativi nel tempo.

Dr. Walter La Gatta

Immagine
Pexels 



Leggi anche Doppia personalità e casi giudiziari

Dr. Walter La Gatta

Dr. Walter La Gatta

Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
Libero professionista, svolge terapie individuali e di coppia
ONLINE E IN PRESENZA (Ancona, Terni, Fabriano, Civitanova Marche)

Il Dr. Walter La Gatta si occupa di:

Psicoterapie individuali e di coppia
Terapie Sessuali
Tecniche di Rilassamento e Ipnosi
Disturbi d’ansia, Timidezza e Fobie sociali.

Per appuntamenti telefonare direttamente al:
348 – 331 4908
(anche whatsapp)
email: w.lagatta@psicolinea.it

Visita la pagina Facebook e il profilo Twitter

Visita anche www.walterlagatta.it

www.clinicadellatimidezza.it
I Social
  • 20 Ott 2024
  • Dr. Walter La Gatta
  • 0 Comments

Paginazione degli articoli

1 … 27 28 29 … 81
Scrivici

psicolinea@psicolinea.it

Terapie Online

Lun-Ven: 08.00 - 20.00

Hai domande?

Contattaci

Ultimi Articoli
  • Antoine de Saint-Exupery: una biografia
  • Riconosci i tuoi desideri sessuali? Test
  • Le posizioni dell’amore: dal Kamasutra a oggi
  • La scala Kinsey: la sessualità oltre il binarismo
  • Ortoressia, l’ossessione per i cibi sani
Categorie
Archivi
Su Psicolinea si parla di
Ansia e Stress Arte Libri e Opere creative Coppie e Relazioni di coppia Depressione Donne Emozioni e Sentimenti Famiglie e Relazioni Familiari Gravidanza e Parto Infanzia e Adolescenza Intelligenza Lavoro LGBT Politiche e Politiche Sociali Psichiatria Psicoanalisi Psicoterapie Relazioni Sociali Religioni Rete e Nuove Tecnologie Terapie e Tecniche Uomini
Clinica della Coppia
Clinica della Coppia
Clinica della Timidezza
Copyright © 2025. Psicolinea.it
Cookies
Anche Psicolinea usa i cookies di terze parti (Facebook e altri social). Se non sei d’accordo all’utilizzo dei cookie, non premere il pulsante "accetta": in questo modo i cookie presenti sul nostro sito non vengono installati nel tuo dispositivo elettronico (PC, tablet,ecc.). Si precisa tuttavia che in caso di disattivazione dei cookie non sono garantite tutte le funzionalità del sistema. Cookie settingsAccetta
Privacy & Cookies Policy

Privacy Overview

This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these cookies, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities...
Necessary
Sempre abilitato
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Non-necessary
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
ACCETTA E SALVA