Freud e la sua debolezza: i sigari

Freud e la sua debolezza: i sigari

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Quando il nipote di Sigmund Freud, Harry (17 anni), rifiutò l’offerta di un sigaro da parte dello zio, da questi si sentì dire:

“Ragazzo mio, fumare è una delle più grandi e più economiche soddisfazioni della vita, e se decidi di non fumare, non posso che essere dispiaciuto per te”.

I sigari: una dipendenza, più che un’abitudine

Freud fumava infatti venti sigari al giorno e lo faceva continuamente, anche mentre ascoltava i suoi pazienti, o prendeva appunti. Ernest Jones, amico, collega e biografo dello psicoanalista, riteneva che il fumo, nel caso di Freud, fosse sicuramente più una dipendenza che un’abitudine. [1]

Basta vedere i suoi ritratti fotografici: è ben raro che lo si possa scorgere senza un sigaro in mano, o in bocca.

Iniziò a  fumare a 24 anni, come racconta egli stesso in una lettera che scrisse all’età di 72 anni:

“Cominciai a fumare a 24 anni, all’inizio sigarette, ma subito dopo esclusivamente sigari, fumo ancora oggi è sono molto riluttante a togliermi questo piacere”.

Essendo Freud un medico, non si può pensare che non fosse consapevole dei problemi causati dal fumo, che però sottovalutò per tutta la vita.

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Qualche testimonianza

  • Raymond De Saussure, uno psicoanalista che fu a sua volta analizzato da Freud, ricordava che lo studio del Maestro era una stanza piuttosto scura, che si apriva su un cortile. Il contatto con lo psicoanalista si stabiliva attraverso la sua voce e l’odore dei sigari, che fumava incessantemente.
  • Il figlio primogenito di Freud, Martin ricordò invece che la madre, nel preparare il tavolo per i famosi incontri settimanali del mercoledì, piazzava un posacenere davanti ad ogni sedia. Martin disse che, entrando nella stanza dove si era tenuta la conferenza, la si trovava “così piena di fumo che sembrava impossibile che un essere umano avesse potuto resistervi per ore”.
  • Hans Sachs, uno dei suoi primi seguaci, ricorda che Freud era chiaramente irritato se alcuni uomini intorno a lui rifiutavano di fumare. I sigari sembravano conferire alla persona l’appartenenza simbolica ad una certa comunità e permettevano la messa in atto di un rituale, anche di iniziazione.
  • L’amico e biografo Ernest Jones notò che, nonostante fosse di solito molto educato, Freud aveva l’abitudine di “espettorare e sputare a causa del suo catarro cronico e dell’eccesso di fumo”, anche durante le sessioni analitiche. “I pazienti che non erano abituati a un simile comportamento”, continua Jones, “potevano mostrare di esserne disturbati, dopodiché Freud li rimproverava per la loro schizzinosità.” [3]

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Vita in casa Freud

Agli albori della psicoanalisi, Freud riuniva i primi psicoanalisti a casa sua, nelle riunioni del mercoledì. Gli ospiti sedevano intorno ad un grande tavolo collocato nella sala d’attesa della stanza in cui Freud riceveva i pazienti: la sua era una stanza piena di libri, che andavano dal pavimento al soffitto ed in essa si potevano ammirare reperti dell’antica Grecia e dell’Egitto.

La moglie serviva caffè scuro e sigari agli ospiti, dopo di che entrava Freud, il Maestro. L’atmosfera, ricca di fumo, divenne un elemento quasi inscindibile dalle prime formulazioni psicoanalitiche.

Dopo il pasto di mezzogiorno, consumato insieme alla sua famiglia, Freud andava dal vicino tabaccaio (nel suo diario personale si può leggere la dettagliata descrizione delle visite e degli acquisti di sigari).

Acquistare dei buoni sigari a quel tempo non era cosa facile. Il governo austriaco infatti, manteneva uno stretto controllo sull’industria del tabacco e dunque le scelte che si potevano fare in quel tempo erano piuttosto limitate.

Tra le antiche figure egizie e statuette romane, la sua scrivania era disseminata di posacenere, scatole di sigari e fiammiferi. Un posacenere era sempre posizionato sul lato destro della scrivania, a portata di mano.

Forse però il più lussuoso oggetto da fumo che aveva sulla scrivania era una scatola di sigari, donatagli dalla sua amica e collega Marie Bonaparte. Il coperchio è inciso con una mappa dell’Europa, con la Francia intarsiata in rilievo di rame. L’interno è rivestito in legno. Freud usò questa scatola da sigari per molti anni e se la portò anche a Londra, nel 1938.

I sigari preferiti

La sua passione era il trabucco, un piccolo sigaro, relativamente leggero, considerato il migliore fra quelli prodotti dal monopolio austriaco del tabacco. Se poteva, si permetteva i Don Pedros ed i Reina Cubanas, che poteva acquistare nella città bavarese di Berchtesgaden. Provò anche i Liliputanos olandesi.

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Il fumo di sigari e la salute

Nel 1889 Freud ebbe qualche problema di aritmia cardiaca, per cui l’amico e medico personale Wilhelm Fliess gli disse che questa sintomatologia potesse dipendere da una ipersensibilità alla nicotina e gli consigliò di smettere di fumare.

Freud gli rispose:

“Non sto obbedendo alle tue prescrizioni di non fumare; ma come si fa a vivere miseramente per anni, privandosi di un tale dono?”

Nel 1923 gli fu diagnosticato un cancro al palato. Seguirono sedici anni di terapie e trentatré operazioni, accompagnati da un terribile disagio fisico. Nel 1929 Freud subì la sua seconda operazione in cui gli fu rimossa la maggior parte del palato. Poiché la sua cavità nasale, con la rimozione del palato, era stata lasciata aperta sul cavo orale, questo richiese una protesi, che Freud soprannominò “il mostro”.

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La protesi era stata progettata per consentirgli di parlare e mangiare, ma non si adattava bene alla sua anatomia e doveva essere continuamente risistemata. Oltre tutto, questo corpo estraneo nella bocca gli causava irritazioni e ulcerazioni persistenti ai tessuti molli della bocca.

Come risultato di un’altra operazione mal condotta, la capacità di Freud di aprire la bocca era limitata ed era in grado di fumare i suoi sigari solo forzando i denti con una molletta. La protesi e la molletta sono ancora conservate nei cassetti della scrivania di Freud.

Freud non smise per questo di fumare e continuò a farlo fino alla sua morte, nel 1939. Come spiegò a un amico, il dottore di Vienna riteneva che i sigari gli erano serviti, per cinquant’anni, come protezione personale durante le battaglie della vita. [2]


Tentativi di astinenza e tono dell’umore

Il suo primo medico (e amico) Fliess, prescrisse a Freud un periodo di astinenza dal fumo.  Dopo sette settimane senza fumo, lo psicoanalista confidò all’amico di essersi sentito depresso, incapace di lavorare, un uomo distrutto. Dopo aver ricominciato però, sin dai primi sigari, la sua capacità di lavorare era tornata come  prima, come per incanto. Freud disse di essere tornato ‘padrone della sua mente’ dopo che era finita quella ‘vita insopportabile’.

Un’altra volta smise di fumare e scrisse a Ferenczi:

“Ieri ho fumato il mio ultimo sigaro e da allora mi sento stanco e di cattivo umore… Poi un paziente mi ha regalato cinquanta sigari, ne ho acceso uno e sono tornato allegro. Anche l’infiammazione al palato è diminuita”

Un’altra frase che Freud ripeteva spesso è:

“Il fumo ha reso un servizio veramente prezioso alla mia vita, tanto che posso solo ringraziarlo. Senza il fumo non avrei mai potuto lavorare così tanto e così a lungo come ho fatto.”

L’analisi della sua dipendenza

Freud comprendeva certamente le ragioni della sua dipendenza: ne parlò infatti come un un ‘comportamento di ritiro’ dalla masturbazione infantile.

È chiaro che fumare sigari era per Freud una fonte di piacere. Del resto, le sue teorie psicoanalitiche associano questo piacere ad altri piaceri orali, come succhiare il pollice e baciare, a loro volta riconducibili alla prima esperienza sensuale del lattante, che è quella della suzione.

Freud, tuttavia, non volle mai parlare della psicologia di questa dipendenza, se riferita al suo caso personale.

Testamento

Poco prima della sua morte, Freud lasciò a suo fratello Alexander la sua collezione di sigari :

‘un piacere che tu potrai ancora permetterti, ma purtroppo non io’.[4]

Dr. Giuliana Proietti

I Test di Psicolinea

A cura di:
Dr. Giuliana Proietti - Dr. Walter La Gatta

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[1] Jones, Ernest. Sigmund Freud: Life and Work, Vol II . (Londra: Hogarth Press, 1967) p.430

[2] Gay, Peter. Freud: A Life for Our Time (New York: Doubleday, 1989) p.573

[3] Jones, Ernest. Sigmund Freud: Life and Work, Vol II . (Londra: Hogarth Press, 1967) fn p.457

[4] Jones, Ernest. Sigmund Freud: Vita e lavoro, vol. III. (Londra: Hogarth Press, 1957) p. 9

Fonte :
Cigar Aficionado
Museo Freud
Sigmund Freud: Psychoanalysis, cigars, and oral cancer

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