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Category Archives: Persone e Personaggi

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Edward Bernays l'inventore delle pubbliche relazioni

Edward Bernays: l’inventore delle pubbliche relazioni

Edward Bernays: l’inventore delle pubbliche relazioni


Edward Bernays è un personaggio conosciuto in Italia solo fra gli addetti ai lavori, ma la biografia ed il lavoro di quest’uomo, che è stato considerato dal giornale Life come uno dei cento americani più influenti del ventesimo secolo, è di sicuro interesse anche per chi volesse capire come funziona il mondo della pubblicità e della persuasione occulta.

Bernays si autodefiniva “consulente in pubbliche relazioni”; oggi il suo lavoro si chiama “Spin doctor” (termine inglese la cui traduzione è: dottore del raggiro, manipolatore di opinioni. Lo Spin è infatti un effetto particolare che si dà alla palla da baseball e il termine allude alla manipolazione delle notizie da divulgare). Lo Spin Doctor è dunque un esperto di comunicazione, colui che scrive discorsi per i personaggi pubblici, elabora strategie per le campagne elettorali, è portavoce di partiti, esperto di sondaggi, ecc.

Una Conferenza su Edward Bernays e l'invenzione della Propaganda

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Insieme ad Ivy Lee (soprannominato Poison Ivy per la spiccata capacità di “avvelenare” l’informazione), Edward Bernays fu un precursore nel comprendere quanta importanza potevano avere i mezzi di comunicazione di massa, le mode, i pettegolezzi, ecc. per manipolare l’opinione pubblica.

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Edward Bernays non era un self made-man: le sue origini familiari la dicono lunga sulle conoscenze e le intuizioni che il nostro poteva avere sulla psiche umana e sulla psicologia sociale: era infatti figlio di Anna Freud Bernays (1859-1955) e dunque nipote di Sigmund Freud. (n.b. Anna, la sorella di Freud, non la figlia!)

Anna Freud fu la più fortunata delle sorelle Freud, dal momento che poté morire di morte naturale, in America, anziché sotto la ‘doccia’ di un campo di sterminio in Germania, come accadde invece alle quattro sorelle.

Nata anche lei a Freiberg, terza figlia di Jacob e Amalia Freud, Anna era era la più grande fra le sorelle Freud. Con Sigmund ebbe rapporti difficili. Del resto la mamma, Amalia, privilegiava apertamente il figlio maschio e questo non poteva che suscitare la gelosia di questa sorella che aveva solamente tre anni meno di lui, ma alla quale tutto era negato. Ad esempio Sigmund poteva avere una stanza tutta per sé, mentre le sorelle dovevano stare tutte nella stessa stanza.

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Quando Anna decise di prendere lezioni di piano, Sigmund si oppose perché il rumore lo disturbava e minacciò di andarsene di casa. Nei suoi 16 anni, Anna amava leggere Balzac (1799-1850) e Dumas (1802-1870)ma il fratello Sigmund glielo proibì, perché non era roba per signorine. Freud inoltre sentiva Anna come un’usurpatrice, perché le toglieva parte delle attenzioni paterne.

Nell’ottobre del 1883, Anna Freud si sposò con Eli Bernays, fratello di Martha Bernays, fidanzata e futura moglie di Sigmund. I rapporti fra Anna, Eli e Sigmund per un certo periodo non furono buoni a causa di una questione di denaro: per questo Sigmund non partecipò al loro matrimonio.

La querelle familiare terminò quando Freud aiutò i Bernays ad emigrare in America, dove Eli diventò un ricchissimo uomo di affari. La coppia ebbe cinque figli ed Anna Freud Bernays morì quasi centenaria.

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Edward Bernays era nato il 22 Novembre del 1891 a Vienna, ma crebbe, come si è detto, negli Stati Uniti, anche se trascorse molte delle sue estati in Austria, per conoscere la sua famiglia e il famosissimo zio.

Nel 1912 si laureò presso la Cornell University in agricoltura, ma scelse il giornalismo come sua prima occupazione. Nel 1913 cominciò a lavorare come consulente per organizzare concerti, spettacoli teatrali, ecc. fino a che, nel 1917, il Presidente americano Woodrow Wilson assunse George Creel e fondò il “Committee on Public Information.” al quale parteciparono anche Bernays, Carl Byoir e John Price. Questo team doveva riuscire a convincere gli americani a partecipare alla Prima Guerra Mondiale, alla quale l’opinione pubblica fortemente si opponeva.

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Come la storia ci insegna l’America poté entrare in guerra, dopo che gli americani furono convinti dallo slogan “Fare il Mondo Sicuro per la Democrazia”. Nel 1919 Bernays era un uomo di successo, con molti appoggi politici: aprì dunque in quell’anno il suo primo ufficio come Consulente di Pubbliche Relazioni, a New York. Nel 1922 si sposò con Doris E. Fleischman e l’anno successivo pubblicò il libro Crystallizing Public Opinion, in cui cominciava a delineare le sue strategie di intervento nelle Pubbliche Relazioni.

L’dea di Bernays era fondamentalmente questa: sarebbe stato sicuramente più comodo se un comitato di saggi avesse potuto scegliere i dirigenti politici, dettare il comportamento pubblico e privato, decidere dell’abbigliamento e degli alimenti che la gente deve mangiare, ecc. Poiché però l’America era un Paese democratico, occorreva trovare altre strade per manipolare le opinioni e le abitudini delle masse e queste strade erano la propaganda e le pubbliche relazioni. Chi padroneggiava questi strumenti di intervento sociale costituiva il “governo invisibile”, quello che dirigeva veramente il Paese.

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Bernays osservava che, dei 120 milioni di abitanti che vi erano allora in America, solo pochissime persone erano veramente capaci di comprendere i processi mentali e i modelli sociali delle masse: questo piccolo gruppo di persone tirava le fila, controllava l’opinione pubblica, sfruttava le vecchie forze sociali esistenti, inventando altri modi per organizzare il mondo e di guidarlo.

Per organizzare la società democratica dunque, secondo Bernays, era necessario costituire questa struttura invisibile che, legando inestricabilmente innumerevoli gruppi e associazioni, costituiva lo strumento attraverso il quale il regime democratico poteva organizzare il proprio pensiero collettivo.

Relazione fra sesso e cibo

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Nella sua analisi storica, Bernays osservava che la Rivoluzione Industriale ottocentesca era riuscita a trasferire il potere dalla aristocrazia alla borghesia: il rischio che al tempo si correva era dunque che il popolo minuto, le masse, potessero giungere al potere. Occorreva, secondo Bernays, profilare una reazione, plasmando l’opinione delle masse, in modo da convincerle ad orientare la forza acquisita nella direzione voluta.

La propaganda, sosteneva Bernays, doveva essere l’organo esecutivo del governo invisibile: dirigenti invisibili dovevano controllare il destino di milioni di esseri umani. Questo in ogni caso non era solo un problema delle democrazie: qualsiasi tipo di ordinamento sociale, monarchico, repubblicano, democratico o comunista; tutti hanno bisogno del consenso dell’opinione pubblica per realizzare i loro progetti.

Il consulente di PR così come lo intendeva Bernays era dunque colui che, servendosi dei mezzi di comunicazione, si incaricava di far conoscere una determinata idea al grande pubblico. Nel farlo, studiava i gruppi che il suo cliente voleva raggiungere ed individuava dei leader che potessero facilitare l’approccio. Influenzando il leader infatti, automaticamente si influenzava anche il suo gruppo di riferimento. I colleghi meno influenti del leader avrebbero con il tempo imitato gli atteggiamenti del leader, contribuendo così alla diffusione dell’idea.

Le idee dell’opinione pubblica, ammoniva Bernays, non dovevano essere attaccate frontalmente, ma occorreva trovare un comune denominatore fra gli interessi del venditore e quello degli acquirenti. Clienti di Bernays furono gruppi cone Procter & Gamble, CBS, the United Fruit Company, the American Tobacco Company, General Electric, Dodge Motors, il Public Health Service.

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Raccontiamo dunque alcune delle sue famose campagne di persuasione, a cominciare da quella del bacon (pancetta) per la Beechnut Packing. Per promuovere le vendite di questo taglio di carne, Bernays condusse una ricerca, intervistando un campione di medici per chiedere loro che tipo di prima colazione ritenessero migliore per la salute: meglio una prima colazione leggera o sostanziosa? La maggior parte dei medici riferì che riteneva più indicata una prima colazione sostanziosa. Queste conclusioni furono inviate a 5.000 medici, insieme ad una pubblicità che suggeriva di mangiare eggs and bacon (uova e pancetta) per rendere la colazione più sostanziosa. Ebbe successo questa campagna? Per rispondere, basti dire che eggs and bacon è ancora oggi considerata la colazione tipica degli americani.

Bernays capì che per rendere credibile un’idea o vendere un prodotto doveva esserci una «terza parte indipendente» che se ne rendesse garante. Creò quindi numerosissimi Enti e Organizzazioni “indipendenti”, che sfornavano studi «scientifici» e comunicati stampa, i quali venivano così a mescolarsi e a sovrapporsi con quelli emessi da Istituzioni veramente serie e indipendenti.

La più famosa campagna di Bernays rimane comunque quella elaborata per l’American Tobacco Company. A metà degli anni Venti, alle donne era vietato di fumare in pubblico. Consultandosi con lo psicoanalista A.A. Brill, Bernays capì che ciò che le donne desideravano a quei tempi era comportarsi pubblicamente allo stesso modo degli uomini. Così, durante la parata di Pasqua di New York del 1929 Bernays pagò delle ragazze per partecipare alla sfilata, come se fossero suffragette. Al suo segnale, queste donne accesero delle sigarette. Naturalmente non mancava una nutrita schiera di fotografi, assoldati per immortalare l”evento”, che la stampa definì un’accensione di “torce di libertà”. Fu un fatto di cui si parlò in tutto il mondo e, da allora, il fumo fra le donne divenne un segno di emancipazione.

Nel 1928 Bernays pubblicò il libro “Propaganda” (recentemente pubblicato in Italia per la prima volta per la Fausto Lupetti editore), un libro sintetico ma perfino troppo eloquente sulle tecniche messe a punto da Bernays. Del resto, come dice lo storico Scott Cutlip, Bernays era un uomo molto brillante, ma anche molto “fanfarone” (braggart).

Secondo un altro scrittore, Irwin Ross, il nostro si vantava spesso, come è ovvio, di essere il nipote di Sigmund Freud e poi in qualche modo si proponeva alle aziende in difficoltà come psicoanalista per il management e per la scelta degli investimenti. Il suo interesse per la psicoanalisi lo portò anche, negli anni Venti, ad occuparsi personalmente della traduzione in inglese del libro dello zio, Introduzione alla psicoanalisi. I suoi riferimenti teorici, oltre quelli psicoanalitici, furono Ivan Pavlov. Gustave Le Bon e Wilfred Trotter.

Nel 1923 Bernays cominciò ad insegnare anche Pubbliche Relazioni presso la New York University e si interessò della campagna politica del futuro presidente Calvin Coolidge, nel 1924.

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La più estrema propaganda politica di Bernays fu invece condotta per conto della United Fruit Company (oggi Chiquita Brands International) situata negli Stati Uniti, che controllava gran parte del terreno agricolo del Guatemala. Il governo americano aveva allora interesse a rimuovere il presidente democraticamente eletto (1951) Jacobo Arbenz Guzman (Operation PBSUCCESS). Arbenz Guzmán infatti aveva tentato di nazionalizzare la United Fruit Company (UFC), offrendo alla compagnia il compenso di 600.000 dollari, il valore dichiarato dalla Compagnia: molto inferiore alla realtà, per evitare la tassazione.

Nel 1952 il Partito Comunista dei Lavoratori Guatemalteco venne legalizzato; l’UFC e le banche che la sostenevano, collaborarono dunque con la CIA per persuadere l’amministrazione statunitense che Arbenz era un comunista e che stava aprendo la strada a una presa del potere da parte dei comunisti. L’amministrazione americana ordinò alla CIA di sponsorizzare un colpo di stato, rovesciando il governo e costringendo alla fuga Arbenz Guzmán. Bernays si occupò specificamente di far circolare le informazioni su Arbenz fra i maggiori giornali americani. Per il suo lavoro alla United Fruit, sembra sia stato pagato 100.000 dollari all’anno, un guadagno enorme negli anni cinquanta.

Per la Aluminum Company of America (Alcoa), convinse invece il pubblico americano che la fluoridificazione dell’acqua era utile per la salute. Questo obiettivo fu raggiunto grazie alla collaborazione dell’American Dental Association.

Nel 1965 uscì una sua biografia, Biography of an Idea: Memoirs of Public Relations Counsel Edward L. Bernays. Bernays cercava disperatamente il suo posto nella storia e con questo libro creò le basi per essere ricordato come il creatore della sua professione, il consulente di Pubbliche Relazioni. Spesso fu anche deriso dai suoi colleghi per queste sue chiarissime auto-promozioni.

Morì a 104 anni, nel Marzo del 1995, lasciandoci indubbiamente una significativa eredità, che è stata raccolta in varie parti del mondo.

Ironia della sorte, suo ammiratore della prima ora fu il nazista Goebbels, che conservava il libro Propaganda, di Bernays, nella sua biblioteca e che, ispirandosi a queste teorie, costruì la campagna nazista contro gli ebrei. Chiaramente quella campagna non fu frutto di improvvisazione; fu pensata, pianificata.e realizzata attraverso l’attuazione delle idee dell’ebreo Bernays. Basterebbe forse questo particolare per dimostrare che il lavoro di Bernays non serviva a risolvere i conflitti della società democratica e a creare ordine sociale, come diceva l’autore, ma poteva servire anche a sovvertire la democrazia.

Dr. Giuliana Proietti

Relazione sull'Innamoramento - Festival della Coppia 2023

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Per chi non l’avesse ancora letto:

Edward Bernays
PROPAGANDA
della manipolazione dell’opinione pubblica in democrazia
Fausto Lupetti Editore

Immagine
Wikimedia

Su Psicolinea puoi leggere anche:

Edward Bernays e l’ingegneria del consenso
L’ingegneria del consenso nelle parole di Bernays

Giuliana Proietti
Dr. Giuliana Proietti

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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

Per appuntamenti:
347 0375949 (anche whatsapp)

mail: g.proietti@psicolinea.it

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  • 1 Feb 2009
  • Dr. Giuliana Proietti
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Martin Luther King l'uomo che aveva un sogno

Martin Luther King, l’uomo che aveva un sogno

Martin Luther King, l’uomo che aveva un sogno


Michael King, conosciuto più tardi con il nome di Martin Luther King, nacque ad Atlanta il 15 gennaio 1929, da famiglia di tradizione battista. Suo padre Michael Sr era pastore Battista e così suo nonno materno, tal Rev. Williams che riuscì a rendere la sua chiesa una delle più importanti ad Atlanta e si impegnò attivamente contro la segregazione razziale.

Dopo la morte del nonno, avvenuta nel 1931, fu il padre a raccoglierne l’eredità e nel 1934 King Sr., forse inspirato da una visita alla culla del protestantesimo in Germania, cambiò il suo nome e quello di suo figlio in Martin Luther King.[

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Malgrado l’ammirazione verso il padre, Martin Luther jr. fu inizialmente riluttante a seguirne le orme perché, come molti giovani, aveva avuto dubbi esistenziali-religiosi e cercava l’impegno più nel sociale, contro il razzismo praticato dai bianchi.

Durante gli studi compiuti nel collegio di Morehouse ebbe modo di conoscere le opere di Gandhi, le cui idee divennero il nucleo fondamentale della sua filosofia e capì inoltre che il Cristianesimo si adattava bene ad assurgere come forza per un cambiamento sociale.

Fu ordinato quindi pastore nel 1947 e per qualche anno approfondì gli studi teologici fino a che nel 1954 accettò la nomina presso una chiesa battista a Montgomery. Nel frattempo si era sposato con Coretta Scott, dalla quale ebbe quattro figli.

Fu a Montgomery che nel 1955 MLK guidò il boicottaggio dei mezzi pubblici per protestare contro l’arresto di Rosa Parks, una donna di colore rea di essersi rifiutata di cedere il proprio posto in autobus ad un passeggero bianco.

Nel corso della protesta, durata più di un anno, il nostro fu arrestato e minacciato più volte di morte, ma nel 1956 ottenne giustizia con la sentenza della Corte che dichiarava illegale la segregazione razziale sui trasporti pubblici.

Nel 1959 si recò in India, dove rimase un mese per approfondire le idee di Gandhi, deciso ad utilizzare il principio della persuasione non violenta quale principale strumento di protesta sociale.

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Rinunciò al suo incarico a Montgomery per ritornare ad Atlanta e fondare un movimento per i diritti civili che si oppose a quello più radicale fondato da Malcom X.

Nell’ottobre del 1960 il suo arresto durante una protesta studentesca diede un contributo alla campagna elettorale democratica in quanto il candidato John Kennedy intervenne per assicurare il suo rilascio dalla prigione e il gesto fu apprezzato da tutte le minoranze.

Nel 1963 MLK organizzò una marcia su Wasghinton cui parteciparono oltre 200.000 persone e dove pronunciò il famoso discorso passato alla storia con il nome di “I have a dream” (Ho un sogno).

Premio Nobel per la pace nel 1964, fu assassinato quattro anni dopo, il 4 aprile, da un razzista bianco, ma le circostanze della sua morte permangono ancora oscure.

Il desiderio sessuale nella donna infertile
Relazione presentata al Congresso Nazionale Aige/Fiss del 7-8 Marzo 2025 a Firenze. 

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HO UN SOGNO…

“… E’ ovvio oggi che l’America è venuta meno alla promessa per quanto riguarda i suoi cittadini di colore. Invece di onorare questo obbligo sacro, l’America ha dato alla gente nera un assegno a vuoto, un assegno che è tornato indietro con il timbro ‘fondi insufficienti’. Però ci rifiutiamo di credere che la Banca della Giustizia sia fallita; ci rifiutiamo di credere che non ci siano fondi sufficienti nelle grandi casseforti dell’opportunità di questo paese. E allora siamo venuti a incassare questo assegno, l’assegno che ci darà a richiesta le ricchezze della libertà e la sicurezza della giustizia.

… però c’è qualcosa che io debbo dire alla mia gente, che sta sulla soglia che conduce al palazzo di giustizia. Nel processo di conquista del posto che ci spetta, non dobbiamo essere colpevoli di azioni inique, non cerchiamo di soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla tazza del rancore e dell’odio. … Per cui vi dico, amici miei che anche se affronteremo le difficoltà di oggi e di domani, io ho un sogno oggi. E un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si solleverà e vivrà nel vero significato del suo credo, che tutti gli uomini sono creati uguali. Io sogno che i miei quattro figli piccoli un giorno vivranno in una nazione dove non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per il contenuto della loro personalità.

Oggi ho un sogno! Che un giorno, là in Alabama , piccoli neri, bambini e bambine, potranno unire le loro mani con piccoli bianchi, bambini e bambine, come fratelli e sorelle.

Oggi ho un sogno! Lasciamo risuonare le campane della libertà da ogni villaggio e da ogni casale, da ogni stato e da ogni città e saremo capaci di anticipare il giorno in cui noi tutti figli di Dio,uomo Nero e uomo Bianco, Ebreo e Cristiano, Protestante e Cattolico, potremo unire le nostre mani e cantare le parole del vecchio spiritual Nero: liberi finalmente, liberi finalmente, grazie Dio Onnipotente, siamo finalmente liberi.”

Nel 1984 il gruppo pop più famoso degli anni ottanta e novanta, gli U2, dedicò due canzoni in un album a MLK : “E’ il 4 di aprile, presto di mattina uno sparo echeggia nel cielo di Memphis,alla fine si sono sbarazzati di te, ti han carpito la vita perché non erano riusciti a toglierti l’orgoglio” “Dormi, dormi stanotte, e possano i tuoi sogni divenire realtà”.

Lanfranco Bruzzesi

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Dr. Lanfranco Bruzzesi
Dr. Lanfranco Bruzzesi

Appassionato di musica, collabora con psicolinea per la stesura di biografie di personaggi famosi, in particolare nel mondo della musica. Lanfranco Bruzzesi è inoltre il principale ispiratore dell’Associazione Culturale Ankon Cultura, che ha sede ad Ancona e che organizza conferenze, viaggi ed altri eventi culturali.

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  • 2 Ago 2018
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Fausto Coppi: una biografia

Fausto Coppi: una biografia

Fausto Coppi: una biografia


Fausto Coppi, soprannominato *Il Campionissimo*, è stato uno dei più grandi ciclisti di tutti i tempi, icona dello sport italiano e simbolo di un’epoca. Nato a Castellania, un piccolo borgo del Piemonte, Coppi divenne celebre non solo per le sue eccezionali vittorie su strada e in pista, ma anche per la sua personalità complessa e affascinante, che lo rese uno degli sportivi più amati e discussi del suo tempo.

La sua carriera, segnata da straordinarie prestazioni al Giro d’Italia e al Tour de France, fu accompagnata da eventi drammatici, come la Seconda guerra mondiale, le rivalità sportive – su tutte quella con Gino Bartali – e vicende personali che lo resero un personaggio discusso anche al di fuori dell’ambito sportivo. Coppi incarnava l’immagine dell’atleta moderno: forte, elegante, dotato di un’incredibile resistenza fisica e capace di superare le sfide più ardue, sia sulle strade tortuose delle Alpi, sia nella vita quotidiana.

Conosciamo meglio la sua vita.

Origini

Fausto Angelo Coppi era di Castellania, un paese in provincia di Alessandria, dove era nato il 15 settembre del 1919. L’aspetto fisico appariva fragile: molto alto (mt. 1,87) magro (peso forma 76 kg), il volto malinconico segnato da un grande naso.

Come atleta però, ed in particolare come ciclista, era molto dotato, grazie alle sue due gambe lunghe e magre da fenicottero, il battito cardiaco rallentato ed un torace carenato. Da ragazzo aveva lavorato in una salumeria, anche se il suo grande sogno era il ciclismo, che cominciò a dargli delle soddisfazioni nel 1940, a 21 anni, quando vinse il suo primo Giro d’Italia.

La guerra

Con lo scoppio della guerra Coppi fu fatto prigioniero dagli inglesi a Capo Bon in Africa; nel maggio del 1943 venne internato a Megez el Bab e poi trasferito al campo di concentramento di Blida, presso Algeri. Tornò in Italia, a Napoli, il 1° febbraio del 1945.

Nello stesso anno, il 22 novembre, a Sestri Ponente, sposò Bruna Ciampolini, dalla quale ebbe una figlia, Marina, nel 1947, lo stesso anno in cui potè riprovare l’ebbrezza della vittoria, al Giro d’Italia, dopo ben sette anni.

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Autori: Dr. Giuliana Proietti - Dr. Walter La Gatta
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L’attività professionale

Il Giro d’Italia divenne il suo grande palcoscenico, dove rappresentò le sue opere migliori, vincendo la gara anche nel 1949, 1952 e 1953. Negli stessi anni diede spettacolo anche sulle strade di Francia, vincendo il Tour de France nel 1949 e nel 1952, stabilendo un primato, la vittoria nello stesso anno nel Giro e nel Tour, che sarebbe stato eguagliato soltanto molti anni più tardi da altri pochi campioni: Merckx,, Hinault e Indurain. Altre vittorie importanti furono per tre volte la Milano-Sanremo (1946, 1948, 1949), cinque volte il Giro di Lombardia (1946-1949, 1954), per due volte il Gran premio delle Nazioni (1946, 1947), una sola volta la Parigi-Roubaix (1950) e la Freccia Vallone (1950)… In tutto 110 corse, di cui 53 vinte distaccando tutti gli avversari.

Nascita del mito e Italia degli anni 40-50

Per Fausto Coppi fu coniato il titolo di ‘campionissimo’ e, quando, da solo, arrivava ai grandi traguardi era in genere annunciato con la famosa frase: “Un uomo solo al comando, la sua maglia è biancoceleste, il suo nome Fausto Coppi!”

Una leggenda vivente insomma, in un’Italia ancora agricola, appena uscita dalla guerra, dove il successo come ciclista rappresentava un modo di uscire dalla miseria, un Italia senza automobili, dove tutti andavano ancora in bicicletta, che era già un lusso, da acquistare a rate e dove si disputavano corse su strade polverose, senza assistenza meccanica, con la gomma di ricambio portata a tracolla: si correva con la neve, il fango, la pioggia e si facevano tappe anche di 470 km.

Per capire l’importanza del ciclismo in quegli anni basti pensare che il 14 luglio del 1948 il segretario del Partito Comunista, Palmiro Togliatti, detto ‘il migliore’, subì un attentato e fu ferito: in Italia ci furono momenti di grandissima tensione e fu solo grazie alla vittoria di Bartali al Tour de France che in Italia non scoppiò la rivoluzione ed i cortei politici si trasformarono in manifestazioni sportive.

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Gino Bartali

Gino Bartali, toscano, soprannominato ‘Ginettaccio’, la cui espressione particolare era, nei suoi piuttosto consueti momenti di contestazione: “Gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare”. L’Italia impazziva per questi due campioni, simboli della rinascita dopo gli orrori della guerra, ma anche simboli di un’Italia divisa.

A questo si prestavano bene le differenze caratteriali e valoriali dei due campioni : uno considerato un ‘bonaccione’, che correva con grinta, senza arrendersi mai e che dedicava le sue vittorie alla Madonna; l’altro più elegante, riservato, laico e dalla vita privata non irreprensibile, almeno in quegli anni.

Gli anni della rivalità con Bartali

Nell’Italia dei ‘Peppone’ e dei ‘Don Camillo’ Gino Bartali era sostenuto soprattutto dagli sportivi di credo cattolico e dalle autorità ecclesiali, quale paladino dell’anticomunismo; Fausto Coppi dal popolo della sinistra.

Separati da milioni di tifosi, i due campioni restavano solidali, seppure rivali, tanto che, malgrado la tensione della gara, non mancavano di scambiarsi la borraccia dell’acqua, come documenta una famosa foto.

Una Videoconferenza su Salute e Benessere

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La Dama Bianca

Anche le vicende private di Fausto Coppi ben rappresentano l’Italia degli anni 50. Lui, 34 anni, sposato e con una figlia, intrecciò una relazione sentimentale con Giulia Occhini, moglie ventisettenne di un facoltoso medico più vecchio di lei di venti anni e da questo amore scoppiò uno scandalo che fece parlare l’Italia e la divise ulteriormente fra ‘innocentisti’ e ‘colpevolisti’.

La loro storia cominciò quando, nell’estate del 1948, si incontrarono in un albergo durante il Giro d’Italia e Giulia, spinta dal marito Enrico Locatelli, andò a chiedere un autografo al campionissimo.

I due, dopo questa breve conoscenza, si incontrarono casualmente qualche altra volta, si scambiarono qualche biglietto d’auguri, fino a che i coniugi Locatelli non decisero di invitare il campionissimo a trascorrere una vacanza nella loro villa, insieme ai loro due figli, Lolli e Maurizio.

Fu una breve visita, ma Giulia Occhini si innamorò perdutamente del campione sportivo e lo cercò, lo inseguì ovunque, fino a che nell’estate del 1953, a Capri, divenne la sua amante. La storia rimase segreta, fino a che a Lugano, durante i campionati del mondo, un giornalista raccontò pubblicamente di una misteriosa donna, sempre vestita di bianco, che si trovava ovunque fosse Coppi.

La reazione dei rispettivi coniugi fu violenta. Quando Giulia decise di lasciare suo marito, questo ebbe una crisi violenta e Giulia scappò di casa, per andare a vivere in albergo con Coppi. Acquistarono poi una casa a Novi Ligure, ma Locatelli la denunciò per adulterio, abbandono del tetto coniugale e concubinaggio.

Giulia fu raggiunta dai carabinieri in quella nuova casa ed arrestata, poi rinchiusa per tre giorni nel carcere di Alessandria ed in seguito obbligata al domicilio coatto ad Ancona.

Rimasta incinta, per poter dare il cognome di Coppi a suo figlio, Giulia andò a partorire a Buenos Aires: il 13 maggio 1955 nacque Angelo Fausto, detto Faustino.

Lo scandalo era di pubblico dominio, a Coppi non veniva più permesso di visitare sua figlia Marina ed in quelle condizioni era difficile ritrovare la motivazione che occorreva per gareggiare, vincere, guadagnare.

Le spese che aveva dovuto affrontare in quel periodo infatti erano enormi: per il processo, gli avvocati, le due famiglie da mantenere ecc. Coppi decise allora di cercare un po’ di relax in una battuta di caccia in Africa, dove invece si ammalò di malaria.

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Fine di un campione

Coppi morì il 2 gennaio 1960 per la malaria contratta in Africa e non diagnosticata in tempo. E’ sepolto a Castellania (AL). Ad oltre 40 anni dalla morte Fausto è ancora considerato un campionissimo, sicuramente il più grande ciclista del secolo.

Giuliana Proietti

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Giuliana Proietti
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

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  • 1 Gen 2005
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Thomas Mann: una biografia

Thomas Mann: una biografia

Thomas Mann: una biografia


Thomas Mann (1875-1955) è stato uno degli scrittori tedeschi più importanti del XX secolo, premio Nobel per la letteratura nel 1929, noto per la sua prosa raffinata, le sue opere dense di simbolismi e per l’approfondita analisi dell’animo umano e della società borghese.

I suoi grandi romanzi, I Buddenbrook, La montagna incantata, Doctor Faustus e alcuni dei suoi racconti, come Tonio Kröger e La morte a Venezia sono diventati dei riferimenti universali. Conosciamone allora la biografia.

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Anni giovanili

Nato il 6 giugno 1875 a Lubecca, una città della Germania del Nord, Thomas Mann crebbe in una famiglia borghese di commercianti benestanti.

Suo padre, Thomas Johann Heinrich Mann, era un senatore e ricco imprenditore; inoltre, per due volte era stato sindaco della sua città. Sua madre, Júlia da Silva Bruhns, era d’ascendenza tedesca ma di nascita brasiliana: era tornata in Germania all’età di sette anni, mantenendo una particolare predilezione per la musica portoghese.

Il padre di Thomas era protestante, la madre cattolica; Thomas venne educato secondo la confessione luterana del padre e gli furono inculcati i valori allora dominanti della borghesia e dell’ordine sociale. Dalla madre Thomas ereditò invece l’amore per l’arte. In famiglia vi erano in tutto cinque figli, fra cui due sorelle, che si suicidarono, ed Heinrich (1871-1950), che come Thomas sarebbe diventato romanziere.

Nel 1891 gli morì il padre, per cui l’azienda di famiglia venne liquidata e la famiglia Mann si trasferì a Monaco, nel sud della Germania. In questo periodo Thomas Mann si innamorò di un coetaneo, Paul Ehrenberg, violinista. Questo innamoramento omosessuale fu il secondo, dopo quello provato al liceo, per un compagno di scuola che non lo amava, ma al quale Thomas ebbe il coraggio di confessare i suoi sentimenti.

Nonostante fosse destinato a una carriera mercantile come suo padre, Mann abbandonò gli studi commerciali e si dedicò alla scrittura.

Studiò letteratura, storia e scienze presso l’Università Ludwig Maximilian di Monaco e l’Università tecnica di Dresda. Durante questo periodo, frequentò circoli intellettuali e artistici, entrando in contatto con le idee del modernismo e con le teorie di Schopenhauer e Nietzsche, che avrebbero segnato in modo indelebile la sua visione del mondo.

Dopo un breve periodo trascorso in Italia (Roma e Palestrina) insieme al fratello Heinrich, nel 1896, Thomas tornò a Monaco, dove cominciò a scrivere per il giornale satirico Simplicissimus e scrisse anche la sua prima novella, Il piccolo signor Friedmann.

Le letture dei filosofi Nietzsche e Schopenhauer tuttavia, non contribuivano a migliorare il tono dell’umore del giovane scrittore, il quale a causa della depressione arrivò in quel periodo ‘vicino al suicidio’, come ebbe a dire in seguito. 

Il servizio militare, iniziato nel 1900, finì dopo soli tre mesi in quanto Mann fu riformato per ‘problemi psicosomatici’: soffriva infatti di ipocondria e non riusciva a tenere sotto controllo la sua forte emotività. Inoltre, sebbene fosse di bell’aspetto, con occhi azzurri e capelli neri, era sempre pallidissimo.

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I Buddendbrook e altre novelle

La sua prima opera importante fu il romanzo I Buddenbrook: Decadenza di una famiglia (1901), un ritratto della sua stessa famiglia e della borghesia tedesca. Il romanzo, che esplora il declino di una famiglia di commercianti nel corso di diverse generazioni, fu accolto con entusiasmo dalla critica e divenne il suo primo grande successo. L’opera rivela già le caratteristiche tipiche della prosa di Mann: uno stile colto e introspettivo, una profonda analisi psicologica e un’attenzione ai dettagli simbolici.

Coi Buddenbrook, Mann metteva in scena i pericoli che minacciano il sistema dei valori borghesi tradizionali, ai quali al tempo credeva fermamente, ma soprattutto si chiedeva se sono compatibili arte e vita: da un lato l’ethos borghese, basato sulla produzione ed il commercio e dall’altro il mondo dell’arte, con le sue incognite, le sue inquietudini spirituali, le imprevedibilità, i rischi e talvolta l’abisso.

Thomas aveva solo 25 anni quando fu pubblicato il romanzo: questo libro gli dette subito fama e successo.  

Nel 1903 pubblicò ‘Tonio Kröger’, la storia di un’amicizia, al confine con l’amore, del giovane Tonio per il giovane e biondo Hans e la bella Ingeborg.

Dello stesso periodo è “Tristano” (1903), un’opera che esplora la dicotomia tra amore romantico e malattia. Questi temi rimarranno centrali nella sua successiva produzione letteraria.

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Il matrimonio

Nel 1905 si sposò con Katia Pringsheim, nata il 24 luglio 1883 a Feldafing presso Monaco. Era una ragazza di famiglia molto benestante: studiava matematica e fisica all’Università e suo padre era docente universitario.

Si erano conosciuti nel febbraio del 1904, quando Thomas vide Katia nel tram su cui la ragazza viaggiava per andare all’università. Lo scrittore rimase colpito da una risposta impertinente che la ragazza diede al bigliettaio, quando questi volle impedirle di scendere.

Thomas chiese ad amici comuni di essere presentato ai Pringsheim, per conoscere Katia, la quale in un primo momento non sembrò particolarmente attratta dal giovane pretendente.

L’episodio fu narrato in “Altezza reale” (1909), il suo secondo romanzo, incentrato sulla figura del principe Klaus Heinrich, regnante in un piccolo Stato immaginario, e sulla sua vita di corte fatta di regole e di fastose apparenze. Alla fine della storia il principe sposerà la figlia di un miliardario americano.

Con Katia, Thomas mise al mondo sei figli : Erika (che fu attrice e scrittrice, dichiaratamente bisessuale), Klaus (autore di Mefisto e Il Vulcano, con il quale il padre ebbe rapporti difficili perché non accettava la dichiarata e troppo evidente omosessualità del figlio) Golo (Angelus Gottfried Thomas, scrittore e storico) e inoltre Monika, Elisabeth e Michael.

Katia era al corrente della bisessualità del marito, ma la accettò, senza problemi.

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Il pensiero conservatore e l’incontro con la psicoanalisi

Negli anni precedenti la prima guerra mondiale, Mann fu un fervente sostenitore dei valori della borghesia e della tradizione, vedendo con diffidenza il modernismo politico e culturale.

Tuttavia, questa posizione cambiò radicalmente nel corso degli anni successivi.

“Morte a Venezia” e inizio de “La montagna incantata”

Nel 1912 Mann passò tre settimane insieme alla moglie, malata, presso il sanatorio di Davos e cominciò lì a scrivere il romanzo “La Montagna Incantata”, pensando di scrivere una breve novella. In realtà ne venne fuori un romanzo molto corposo, che molti considerano il suo capolavoro.

Nel 1912 pubblicò “La morte a Venezia”, un romanzo breve, destinato a suscitare grande scalpore in quanto incentrato sull’amore omosessuale di un uomo maturo per un giovane. E’ una storia d’amore e di morte, metafora di una società europea che si andava disfacendo, con l’avvicinarsi della prima guerra mondiale.

”La Morte a Venezia”, come scrisse Mann sul suo diario, non è frutto di fantasia, ma del suo reale innamoramento per un giovane polacco. Personaggio principale del romanzo è Gustav Von Aschenbach (il personaggio sembra ispirato a Gustav Mahler), celebre poeta in vacanza a Venezia, che viene attratto dal bellissimo ragazzo Tadzio. Per lui resterà nella città colta da un’epidemia di colera, per lui si avvierà alla morte.  Il romanzo riflette la sensibilità psicoanalitica dello scrittore e il tema della repressione.

La prima guerra mondiale

Nel 1914 scoppiò la prima Guerra mondiale: Mann aveva allora delle idee molto conservatrici ed a favore della Germania. Con il saggio “Pensieri di guerra”, sostenne la causa tedesca, in aperto contrasto con il fratello Heinrich, pacifista convinto e uomo ‘di sinistra’.

In quest’ottica, Mann scrisse “Considerazioni di un impolitico” (pubblicato nel 1918), un saggio in cui difendeva l’idea di una Germania tradizionalista e critica nei confronti della modernità democratica.

Le riflessioni raccolte in questo libro lo portarono a una grave lite con il fratello Heinrich.

Durante la prima guerra mondiale, il romanzo La montagna incantata fu momentaneamente accantonato, perché l’autore non riusciva più a dedicarsi alla scrittura, visti i tragici accadimenti che portava con sé la guerra.

Incontro con la psicoanalisi

Le idee di Sigmund Freud e della psicoanalisi giocarono un ruolo fondamentale nell’evoluzione del pensiero di Mann. Freud offrì a Mann una lente attraverso la quale esplorare la complessità della psiche umana, e la dicotomia tra desiderio e repressione divenne uno dei suoi temi centrali. Anche il nichilismo di Nietzsche lasciò un segno indelebile nella sua opera, soprattutto nel modo in cui Mann trattò la decadenza della società e della morale.

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La Montagna Incantata

Dopo la Prima guerra mondiale, Mann era ormai divenuto un fiero oppositore del fascismo e del nazismo. La sua scelta, forse più filosofica ed umanitaria che prettamente politica, era decisamente a favore della ragione, contro la barbarie. Cominciò a fare cicli di conferenze e riprese a lavorare su La montagna incantata (pubblicato nel 1924), considerato uno dei suoi capolavori.

Il libro, ambientato in un sanatorio per malati di tubercolosi sulle Alpi svizzere, è una meditazione sulla vita, la morte, il tempo, l’amore e la malattia.

E’ la storia, quasi del tutto priva di intreccio, del giovane Hans Castorp nel sanatorio di Davos, nei Grigioni, dove doveva rimanere tre settimane, per fare compagnia al cugino Joachim, e dove invece rimase sette anni, in una sorta di microcosmo sospeso tra la vita e la morte, riflettendo sulle grandi questioni esistenziali del suo tempo.

Sulla montagna ‘incantata’ si vive il tempo in modo diverso da quello che accade in ‘pianura’ e diverse sono le esperienze, le abitudini, le aspettative di queste persone che sono ammalate e pertanto più a contatto con la morte.

Nel libro emergono chiaramente i nuovi interessi di Mann, come la psicoanalisi, lo spiritismo, i dibattiti filosofici e le nuove idee politiche. Il romanzo cattura inoltre lo spirito dell’epoca e il senso di crisi che attraversava l’Europa dopo il conflitto mondiale.

Il Nobel

Nel 1929, Thomas Mann vinse il Premio Nobel per la letteratura, principalmente per il suo primo romanzo I Buddenbrook. L’assegnazione del premio confermò la sua statura internazionale come uno dei principali scrittori del suo tempo. In quel tempo aveva da poco iniziato la tetralogia biblica Giuseppe e i suoi fratelli, cui lavorò per 15 anni. Essa comprende: Le storie di Giacobbe, Il giovane Giuseppe, Giuseppe in Egitto e Giuseppe il nutritore. Per molti critici questo è il vero capolavoro di Thomas Mann.

Corrispondenza con Freud

E’ di questo periodo una breve corrispondenza con Sigmund Freud del quale lo scrittore leggeva con attenzione le opere e condivideva, anche per motivi personali, la teoria della bisessualità.

Il nazismo e l’esilio

Con l’ascesa al potere di Adolf Hitler e del regime nazista, Mann, che si era ormai allontanato dalle sue precedenti posizioni conservatrici, si schierò apertamente contro il fascismo. La sua opposizione al regime lo costrinse all’esilio nel 1933, quando lasciò la Germania con la sua famiglia e si trasferì prima in Svizzera, poi negli Stati Uniti nel 1938.

Nel 1936 scrisse una lettera aperta, pubblicata sul quotidiano svizzero “Neue Zurcher Zeitung” che viene citata come uno dei testi base della Resistenza europea e che gli costò la perdita della cittadinanza tedesca, per lui e per i suoi familiari. Lo stesso anno Klaus, figlio dello scrittore, pubblicò Mephisto, un romanzo basato su arte, politica e i pericoli del compromesso. Questo libro prefigura Doktor Faustus, che poi scriverà Mann-padre: pubblicato nel 1947, è un altro capolavoro, in cui il protagonista, Adrian Leverkühn, è un compositore che vende la propria anima al diavolo. Il romanzo è una potente allegoria della Germania sotto il nazismo.

Negli Stati Uniti, Mann visse principalmente a Pacific Palisades, in California, e insegnò per un periodo all’Università di Princeton. Qui frequentò altri esuli illustri, come Bertolt Brecht, Arnold Schoenberg, Walter Adorno, Bruno Walter, e Igor Stravinski. Nonostante la sua vita da esule, non perse mai il contatto con le questioni europee, partecipando attivamente al dibattito politico e culturale internazionale.

Nel 1949, a Cannes, morì il figlio Klaus, per overdose da droga: fu suicidio.

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Gli ultimi anni e la morte

Nel 1952 Mann tornò in Europa, stabilendosi in Svizzera, a Zurigo. Continuò a scrivere fino agli ultimi anni della sua vita, mantenendo la sua posizione di intellettuale di spicco.

Nel 1953 uscì il racconto “L’inganno”, e l’anno successivo “Le confessioni del cavaliere d’industria Felix Krull”, l’ultimo suo grande successo.

Il 12 Agosto 1955 morì a Kilchberg, nei pressi di Zurigo, lasciando incompiuto il suo ultimo romanzo.

Trasposizioni cinematografiche

Diverse opere di Thomas Mann ebbero una trasposizione cinematografica. Tra queste ricordiamo le versioni de I Buddenbrook di Alfred Weidemann (1959) e poi di Franz Peter Wirth (1978), di Morte a Venezia di Luchino Visconti (1971), di Lotte in Weimar di Egon Günther e de La montagna incantata di Hans W. Geißendörfer (1982).

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  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

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Enrico VIII, il dolore fisico e gli effetti sulla personalità

Enrico VIII, il dolore fisico e gli effetti sulla personalità

Enrico VIII, il dolore fisico e gli effetti sulla personalità


Nel 1509, all’età di 18 anni, Enrico VIII salì al trono d’Inghilterra: era un personaggio affascinante, dotato di bell’aspetto, alta statura e abilità sportive.

Nel corso del suo regno, durato 38 anni, subì una drammatica metamorfosi personale diventando un sovrano dispotico, crudele e tirannico.

I cambiamenti nel suo carattere rispecchiavano senza dubbio le pressioni e le macchinazioni politiche dell’epoca, ma è interessante riflettere sull’impatto che l’ulcerazione persistente alle gambe avrebbe avuto sulla sua vita, sulla sua personalità e sull’amministrazione politica.

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Il re Enrico VIII era profondamente interessato alla medicina. Fondò il Royal College of Physicians nel 1518 e unì la Barbers Company of London e la Guild (o Fellowship) of Surgeons per formare la Company of Barber-Surgeons nel 1540.

La sua amministrazione approvò sette distinti Atti del Parlamento volti a regolamentare e concedere licenze ai medici, una legislatura che non richiese ulteriori emendamenti per 300 anni. 

Guidato da Sir Thomas More, il vice-sceriffo di Londra, Enrico presiedette a grandi miglioramenti nella salute pubblica; installando reti idriche pubbliche e fognature e implementando la segregazione e la disinfezione durante le epidemie del sudore, che imperversavano all’epoca e che producevano molti morti.

Enrico preparò anche personalmente alcune medicine sotto forma di unguenti e pomate da composti come ad esempio le perle macinate, per togliere le infiammazioni e per curare le ulcere, chiamati “gesso grigio.”

La storia medica di Enrico è documentata non dai suoi medici o chirurghi personali (in particolare Sir William Butts, Thomas Vicary, il dottor Chambre, il dottor Owen e il dottor Clement, che non tenevano registri, probabilmente per la loro sicurezza, o le cui note cliniche sono andate perse o distrutte), ma all’interno di documenti di stato e lettere contemporanee dell’epoca, in particolare i dispacci inviati dalla corte inglese da ambasciatori stranieri che riferivano lo stato di salute del re ai loro governi. 

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Molte di queste informazioni si basavano su dichiarazioni dei medici e dei chirurghi del re. Enrico godette di buona salute durante i suoi primi anni, soffrendo solo di un attacco di vaiolo (1514) e occasionalmente di malaria, che era endemica nelle paludi inglesi a quel tempo (dal 1521 in poi).

Giustinian, l’ambasciatore veneziano alla corte inglese lo descrive come: ‘… il più bel potente che abbia mai visto; sopra l’altezza normale, con un polpaccio estremamente fine alla gamba, la carnagione molto chiara e luminosa con capelli castani pettinati lisci e corti alla francese, e un viso rotondo così bello che sarebbe diventato quello di una bella donna, con la gola piuttosto lunga e spessa’. 

L’abilità di Enrico nel giostrare, nel tiro a segno, nella caccia e nel tennis era leggendaria, tuttavia, la sua propensione per lo sport lo portò a una serie di infortuni di diversa gravità.

Nel 1527 Enrico si ferì al piede sinistro giocando a tennis, e il gonfiore risultante lo portò ad adottare una singola pantofola di velluto nero, dando rapidamente inizio a una nuova moda tra i suoi cortigiani.

Nello stesso anno Enrico fu ricoverato a Canterbury per una ferita che si pensava fosse un’ulcera, forse sulla coscia. Thomas Vicary fu chiamato in suo aiuto e l’ulcera guarì, e la gratitudine del re fece guadagnare a Vicary il posto di sergente chirurgo e uno stipendio annuale di 20 scellini. 

Enrico rimase relativamente in salute per tutto il decennio successivo (1527-1536), nonostante i tumultuosi sconvolgimenti religiosi e politici.

L’assenza di un erede maschio e la presenza di Anna Bolena, una graziosa giovane di cui si era innamorato, lo spinsero a rompere con la Chiesa cattolica a Roma, a divorziare da Caterina d’Aragona e a chiudere i monasteri.

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Enrico, autoproclamatosi capo sia della Chiesa che dello Stato, si liberò così da qualsiasi vincolo al suo comportamento. 

Bon-viveur rinomato per il suo appetito, il peso di Enrico aumentò gradualmente nonostante la sua giovanile prestanza fisica.

Nel 1526 Enrico redasse le Ordinanze di Eltham, una raccolta di istruzioni su cosa voleva gli fosse servito ogni giorno, che documenta chiaramente un enorme appetito per carne, dolci e vino.

L’appetito di Enrico e la ridotta capacità di fare esercizio fisico influirono negativamente sulla sua linea. 

All’età di 44 anni, Enrico era già notevolmente obeso, tanto che, a quanto si dice, aveva bisogno di un paranco per salire a cavallo, ma era in condizioni di salute sufficientemente buone per continuare con le sue attività sportive preferite.

Tuttavia, nel gennaio 1536, durante una giostra a Greenwich, il re fu disarcionato dal suo cavallo; precipitò a terra con il cavallo completamente corazzato che gli atterrò sopra.

C’era una tale preoccupazione per la potenziale gravità delle sue ferite che si dice che la regina (Anna Bolena) abbia abortito un figlio maschio poco dopo aver saputo dell’incidente.


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Diversi autori attribuiscono un ulteriore acuto peggioramento dell’umore e del comportamento di Enrico alle lesioni alla testa subite in questa caduta.

Soffriva inoltre di mal di testa e, sebbene le ferite riportate da Enrico alle gambe inizialmente sembravano essere guarite, poco dopo ricomparvero delle ulcerazioni, particolarmente spiacevoli e difficili da gestire nel periodo 1536-1538.

L’anno 1536 è stato descritto come un “annus horribilis” per il re: le sue ferite, la perdita del suo potenziale erede, la morte del figlio illegittimo (il duca di Richmond) e le accuse di adulterio di Anna lo resero sempre più imprevedibile, irascibile e crudele e lo spinsero a liberarsi brutalmente di un’altra moglie.

Ormai le sue ulcere sembrano essere bilaterali, purulente e trasudanti, e lo stesso Enrico scrisse al Duca di Norfolk, scusandosi per non essere andato a trovarlo: “per essere sincero con te, cosa che devi tenere per te, un siero si è venuto a formare nelle nostre gambe e i nostri medici ci consigliano di non andare lontano nel caldo della giornata”.

Questa situazione portò inevitabilmente a episodi di sepsi e attacchi di febbre: “e per dieci o dodici giorni gli “umori” che non avevano sbocco erano sul punto di soffocarlo, tanto che a volte era senza parola, nero in faccia e in grande pericolo” (Castillon a Montmorency, dalla corte inglese).

I medici di Enrico tentarono di tenere aperte queste fistole per consentire il drenaggio degli “umori”, spesso incidendo le ulcere con attizzatoi roventi, cosa che certo non migliorava l’umore psicologico del re.

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Nell’ultima parte del suo regno molte persone furono condannate per tradimento e condannate a morte in modo crudele (per impiccagione, eviscerazione, decapitazione, rogo o bollitura). Questo re, del resto, fu responsabile di più morti di qualsiasi monarca prima o dopo di lui. In un’epoca già di per sé brutale, Enrico era noto e temuto per la sua crudeltà.

Infatti, nel 1558, un medico francese commentando la sorte riservata a coloro che avevano suscitato l’ira del re scrisse: “in questo paese non incontrerete nessun grande nobile i cui parenti non abbiano avuto la testa tagliata…”.

Le gambe di Enrico rimasero persistentemente e gravemente ulcerate, ma il suo desiderio irrefrenabile era di salvaguardare la successione della dinastia Tudor e il tanfo emanato dalle sue gambe non limitò la sua ricerca di un erede.

Il suo umore fu infine sollevato dalla nascita di suo figlio, Edoardo VI, e poi distrutto dalla morte di sua moglie, Jane Seymour, 12 giorni dopo, per sepsi puerperale.

Seguirono altri due matrimoni in rapida successione; un matrimonio politico con la semplice Anna di Clèves e una fatale relazione con la bella e giovane Katherine Howard.

Entrambi si risolsero in fretta: con Anna divorziò, facendola diventare “sorella del re” mentre Katherine fu decapitata alla Torre di Londra.

Nonostante le sue gambe ulcerate e ignorando il consiglio dei suoi medici di riposare, timoroso di una presunta alleanza tra Roma, Francia e Spagna con la minaccia di invasione, Enrico viaggiò personalmente sulla costa per supervisionare la fortificazione dei porti, spesso trascorrendo molte ore a cavallo.

Le sue ulcere non guarirono e nel marzo del 1541 fu nuovamente colpito dalla febbre: Marillac, ambasciatore francese dalla corte inglese ne parla in questo modo: “una delle sue gambe, precedentemente aperta e tenuta aperta per preservare la sua salute, si chiuse improvvisamente con suo grande allarme, perché, cinque o sei anni prima, in un caso simile, pensava di essere morto. Questa volta gli fu applicato un rimedio tempestivo e ora sta bene e la febbre è passata”.

Impossibilitato a fare attività fisica e incapace di frenare la sua assunzione giornaliera di cibo, il peso di Enrico salì costantemente: “il re è molto corpulento e meravigliosamente esagerato nel mangiare e nel bere, così che le persone degne di fede dicono che spesso ha un’opinione diversa al mattino rispetto a dopo cena”.

Il suo matrimonio nel 1543 con la gentile Katherine Parr è stato interpretato da alcuni come l’acquisizione di una comoda badante per gli ultimi anni della sua vita. Le sue gambe peggioravano infatti ulteriormente e il fetore delle sue ulcere infette poteva essere identificato a tre stanze di distanza.


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Soffriva di dolori costanti, ma Enrico, sempre consapevole delle minacce che l’Inghilterra correva da parte della Francia, si rifiutò di riposare, visitando ampiamente porti e città intorno al suo regno e persino viaggiando personalmente per combattere oltremare nella battaglia di Boulogne.

Nel 1546, le sue attività erano seriamente limitate, sebbene continuasse a viaggiare nelle sue tenute nel sud dell’Inghilterra e persino a cacciare, rifiutandosi di riposare nonostante il consiglio dei suoi medici. Verso la fine dell’anno Enrico fu costretto a tornare a Westminster e, incapace di camminare a causa delle sue gambe gravemente gonfie e della sua obesità patologica, fu portato in giro per il suo palazzo su una sedia. Seguirono ulteriori attacchi di febbre e le sue condizioni peggiorarono rapidamente: morì nelle prime ore del 28 gennaio 1547.

Da giovane, Enrico era straordinariamente orgoglioso dei suoi bei polpacci, che metteva in mostra con una giarrettiera legata attorno alla gamba appena sotto il ginocchio. Le stesse gambe lo avrebbero torturato per gli ultimi due decenni della sua vita, descritte da Chapuys, l’ambasciatore spagnolo, come: “… le peggiori gambe del mondo”. 

I primi resoconti dell’ulcera del re si riferiscono a un’area sulla coscia quando Henry era ancora un uomo relativamente giovane. Molti autori hanno attribuito ciò al cancro della sifilide primaria, ma ci sono poche prove a sostegno di questa diagnosi. I medici Tudor avevano familiarità con la sifilide, “il grande vaiolo”, e curavano l’ infezione da Treponema pallidum con mercurio finché “le gengive non erano doloranti e la saliva (uno dei quattro “umori” descritti da Galeno, le cui opere furono tradotte dal medico di Enrico, Thomas Linacre, e sul cui insegnamento la medicina Tudor era ancora saldamente ancorata) scorreva liberamente”.

Non ci sono prove che Enrico sia mai stato curato per la sifilide e i conti dei suoi speziali non registrano alcun acquisto di mercurio.

Né Enrico né le sue mogli hanno sviluppato altre manifestazioni di sifilide secondaria o terziaria non curata. 

L’ulcerazione successiva che colpì le gambe di Enrico da entrambi i lati sotto il ginocchio potrebbe essere stata dovuta a malattia venosa. L’uso di una giarrettiera e i riferimenti al polpaccio ben tornito del re rendono improbabile che Enrico avesse vene varicose primarie prominenti.

Le ferite più gravi furono riportate durante la caduta da cavallo che lo rese incosciente e gli fracassò le gambe nel 1536. Le lesioni da schiacciamento con o senza frattura associata di una o più ossa lunghe con obesità e relativa immobilità potrebbero aver causato danni al sistema venoso profondo e a una successiva insufficienza venosa.

Una grave ipertensione venosa potrebbe quindi aver causato un’ulcerazione. Anche una frattura composta non trattata poteva causare un’infezione diffusa rendendo il re incapace di camminare.

Man mano che il peso di Enrico aumentava e diventava gravemente obeso, anche il suo rischio di ipertensione e diabete di tipo II doveva essere alto. I suoi dottori lo esortarono ripetutamente a ridurre il suo enorme consumo di carne e vino, e la sua inclinazione per i cibi ad alto contenuto di colesterolo era chiaramente documentata nelle Ordinanze di Eltham.

È noto che l’ipertensione, l’ipercolesterolemia e il diabete di tipo II accelerano la malattia vascolare periferica e, più di recente, l’obesità addominale è stata identificata come un marcatore di insufficienza arteriosa. 

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Inoltre, le gambe gravemente gonfie di cui Henry soffriva verso la fine della sua vita potrebbero rappresentare un’insufficienza cardiaca congestizia in un arteriopatico. Chiaramente, è improbabile che sapremo mai la verità.

Le ulcere croniche persistenti alle gambe influiscono negativamente sulla qualità della vita anche nell’era dei moderni trattamenti medici e analgesici. Per Enrico, tormentato dal dolore e dalle infezioni ripetute, con le ulcere regolarmente cauterizzate con ferri roventi, la situazione doveva essere intollerabile.

L’effetto del dolore cronico sul temperamento è ben noto e le azioni di molti personaggi storici sono state collegate al dolore fisico provato.

Il giudice Jeffries (1645-1689), ampiamente noto come il “giudice impiccatore” per la sua punizione spietata dei nemici di re Giacomo II dopo la ribellione di Monmouth, era ritenuto di cattivo umore a causa dei calcoli alla vescica che rimbalzavano su e giù sul suo trigono mentre viaggiava verso le Assise sanguinarie in una carrozza malamente ammortizzata su strade piene di buche; le dolorose emorroidi di Napoleone Bonaparte lo lasciarono cupo e facilmente irritabile, incapace di sorvegliare le sue truppe a cavallo nella battaglia di Waterloo.

Il temperamento vile di Enrico VIII era senza dubbio influenzato dalla sua situazione clinica. Sebbene i suoi ultimi anni siano stati caratterizzati da frequenti furori tempestosi e crudeltà, rivoltandosi ferocemente contro coloro che un tempo aveva protetto, fu coraggioso nel suo rifiuto di restare a letto, lasciando intravedere in quell’uomo obeso e sofferente il principe valoroso che era stato.

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Fonte:
Chalmers CR, Chaloner EJ. 500 years later: Henry VIII, leg ulcers and the course of history. J R Soc Med. 2009 Dec;102(12):514-7. doi: 10.1258/jrsm.2009.090286. PMID: 19966126; PMCID: PMC2789029.

Immagine
Enrico VIII e i barbieri-chirurghi. Questa grande opera fu commissionata a Hans Holbein il Giovane per commemorare la concessione di una carta reale alla Compagnia dei barbieri e alla Corporazione dei chirurghi in occasione della loro fusione nel 1540

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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

Per appuntamenti:
347 0375949 (anche whatsapp)

mail: g.proietti@psicolinea.it

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  • 13 Ott 2024
  • Dr. Giuliana Proietti
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