
Geronimo, capo spirituale Apache
Geronimo è una delle figure più iconiche della resistenza dei popoli nativi americani contro l’espansione degli Stati Uniti nel XIX secolo. Conosciuto come capo spirituale degli Apache, non fu mai formalmente un capo militare nel senso stretto, ma fu guida carismatica, guerriero temuto e sciamano rispettato. Il suo vero nome era Goyaałé (che significa “Colui che sbadiglia”).
Quando e dove nacque Geronimo?
Geronimo nacque nel 1829 nei pressi del fiume Gila, nell’attuale stato dell’Arizona, allora territorio messicano. Apparteneva alla tribù dei Bedonkohe, uno dei gruppi del popolo Apache.
Chi erano gli Apache?
Erano un popolo nomade che viveva di caccia e di raccolta di frutti selvatici nei vasti territori semidesertici fra l’odierno confine del Messico con gli Stati Uniti d’America. Questa popolazione indigena si definiva “IN-DE” ovvero “antico popolo” ma i primi conquistatori spagnoli li chiamarono “Apaches”, come facevano alcune popolazioni che vivevano in territori confinanti: nella loro lingua, Apache significava “nemico”. Gli spagnoli prima ed i messicani poi non si limitarono ad occupare le terre degli Apaches, ma vi costruirono missioni e fortini, per difendersi dagli attacchi e convertire gli indigeni al cristianesimo. Nel Nuovo Mondo gli spagnoli avevano introdotto i cavalli e le armi da fuoco; in un primo momento questo li fece vincere sugli indigeni, che venivano catturati e fatti schiavi, ma gli Apaches, un popolo guerriero, impararono presto anch’essi a cavalcare e ad utilizzare i fucili, per potersi difendere. Dopo gli spagnoli arrivarono i messicani e furono proprio loro a sterminare la famiglia di Geronimo, facendo nascere in lui un indomabile odio verso l’uomo bianco.
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Perché è famoso Geronimo?
Geronimo era un uomo piuttosto basso, con un viso triangolare, una folta capigliatura nera divisa in due da una scriminatura centrale, occhi brillanti e penetranti, sopracciglia costantemente aggrottate, naso piatto, zigomi sporgenti, bocca sottile. Era rimasto orfano molto giovane e presto era entrato a far parte del consiglio dei guerrieri della sua tribù e si era sposato con Alopé. Aveva poi vissuto tranquillamente nel suo villaggio con la moglie e i tre figli. Divenne famoso per aver guidato, tra il 1850 e il 1886, numerose rivolte e campagne di guerriglia contro gli eserciti messicani e statunitensi, in difesa delle terre ancestrali apache. La sua resistenza prolungata, il coraggio in battaglia e la capacità di sfuggire più volte alla cattura lo resero leggendario.
Cosa accadde alla sua famiglia?
Un evento chiave nella vita di Geronimo fu l’attacco di soldati messicani nel 1851. Lui si era recato al mercato per scambiare i prodotti della caccia con armi e oggetti di prima necessità e quando era tornato, aveva trovato il villaggio indiano devastato dal passaggio di truppe messicane: Alopé e i tre bambini, la sua famiglia, erano stati sgozzati e le ragioni del massacro erano davvero incomprensibili, poiché gli Apaches vivevano tranquilli da molto tempo. Questo trauma profondo cambiò il corso della sua vita, e lui stesso raccontò di aver ricevuto una visione spirituale che lo rese invulnerabile alle pallottole nemiche. Da quel momento, intensificò la sua lotta come vendetta e difesa del suo popolo.
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Geronimo era un capo militare o un leader spirituale?
Tecnicamente, Geronimo non era un “capo” riconosciuto nel senso formale come lo erano altri leader Apache, ma era uno sciamano e una guida spirituale. Aveva profonde conoscenze della religione, delle piante medicinali e dei riti tradizionali. La sua influenza derivava più dal carisma e dall’autorità spirituale che da una carica politica o militare. Tuttavia, in tempi di guerra, il suo prestigio lo portava a guidare piccoli gruppi di guerrieri, spesso in campagne di guerriglia contro le forze militari superiori.
Quando Geronimo vinceva una battaglia non occupava il territorio conquistato, si limitava a saccheggiarlo, per procurarsi cibo. Proibiva inoltre ai suoi uomini l’uso dell’alcool, di cui facevano provvista in qualche razzia contro i bianchi. Per sette volte Geronimo venne ferito seriamente, ma quando aveva la vittoria in pugno nessun soldato riusciva a sfuggire alla sua ascia. Gli Apaches, insieme alle tribù dei Sioux, dei Cheyenne, degli Arapaho, opposero una fiera resistenza anche all’esercito statunitense, che dopo gli spagnoli ed i messicani, arrivò nelle loro terre, per colonizzarle.
Nel 1874 circa 4000 Apaches furono obbligati dalle autorità statunitensi a stabilirsi nella riserva di San Carlos, un luogo semidesertico nell’Arizona del centro-est. Questo forzato trasferimento venne chiamato ‘cammino delle lacrime’ perché durante il tragitto, di oltre duecento chilometri a piedi, morirono di stenti vecchi, donne e bambini. Gli indiani furono confinati nelle Riserve di San Carlos, White Mountain, Fort Apache. In questa riserva gli Apaches furono costretti ad americanizzarsi, dimenticando la guerra e la caccia, vivendo di agricoltura. Cominciò anche l’oppressione di questo popolo anche per quanto riguardava l’osservanza delle loro leggi, tradizioni e religioni.
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Come finì la resistenza di Geronimo?
Dopo anni di conflitti e fughe spettacolari, Geronimo si arrese per l’ultima volta nel 1886 al generale statunitense Nelson Miles, nei pressi di Skeleton Canyon, in Arizona. Geronimo dovette accettare per se stesso e per i suoi uomini la deportazione a St. Auguste, Florida, con la promessa dei generali dell’esercito americano di poter fare ritorno nelle loro terre dell’Arizona dopo breve tempo. Furono invece messi ai lavori forzati, poi trasferiti in Alabama ed infine in Oklahoma, da cui uscirono liberi solamente nel 1913.
Che tipo di vita condusse dopo la resa?
Anche da prigioniero, Geronimo divenne una figura popolare, un personaggio epico, anche grazie ai racconti che si facevano delle sue battaglie, spesso esagerati dai cronisti dell’epoca. Gli ultimi anni di Geronimo non sono quelli di un Capo guerriero, ma quelli di un prigioniero che cerca di sopravvivere adattandosi agli usi ed ai costumi dei suoi carcerieri. Si convertì infatti alla Chiesa protestante olandese, dalla quale fu poi espulso perché non riusciva a trattenersi dal gioco d’azzardo. Partecipò a fiere e mostre, tra cui la tournée con lo show di Pawnee Bill, nel 1901, l’Esposizione Universale di St. Louis del 1904, la grande parata organizzata per l’ingresso alla Casa Bianca del presidente Theodore Roosevelt. Geronimo conobbe infatti anche il presidente Roosevelt, al quale chiese invano di poter tornare nella sua terra natale. Gli ultimi anni della sua vita, grazie ad uno speciale permesso governativo, vendeva le sue foto, per 2$ l’una, ed alcuni lavori artigianali.
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Quando e come morì Geronimo?
Geronimo morì il 17 febbraio 1909 a Fort Sill, Oklahoma, a circa 80 anni, dopo una caduta da cavallo che gli causò una polmonite. Secondo alcuni resoconti, sul letto di morte si disse pentito di essersi arreso. Chiese anche ai suoi familiari di legare ad un palo vicino alla sua tomba il suo cavallo e tutte le sue cose, perché tre giorni dopo la morte sarebbe tornato a riprenderle. Lo aspettarono invano e per questo c’è ancora chi aspetta il suo ritorno. Morì da prigioniero, senza aver mai potuto rivedere la sua terra. Una piccola località del Nuovo Messico porta oggi il suo nome.
Perché viene ricordato?
Geronimo è diventato simbolo della resistenza indigena e della lotta per la libertà. Per il popolo apache, è una figura spirituale e storica, ma anche controversa: rispettato per il coraggio e criticato per alcune decisioni che portarono sofferenze al suo stesso popolo. Per l’opinione pubblica americana, è spesso stato romanticizzato come ribelle eroico. Il suo nome è oggi usato come grido di battaglia (soprattutto tra i paracadutisti statunitensi), ma molti attivisti indigeni ricordano che dietro quel nome c’è, soprattutto, la tragedia di un popolo.
Walter La Gatta
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Dr. Walter La Gatta
Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
Libero professionista, svolge terapie individuali e di coppia
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