
Interventi psicologici sui soccorritori in eventi traumatici
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Quando si verifica un evento traumatico, come un disastro naturale, un incidente grave, un attentato, l’attenzione si concentra spesso sulle vittime dirette. Tuttavia, anche i soccorritori psicologici, cioè coloro che prestano aiuto nei momenti di massima emergenza, possono sperimentare forme di disagio psicologico significative, talvolta persistenti.
Sostenere psicologicamente i soccorritori non è un lusso, ma una necessità. L’intervento in emergenza richiede, infatti, lucidità, empatia e resistenza emotiva: qualità che si possono mantenere solo se si è inseriti in un sistema che promuove la salute mentale come parte integrante della prassi professionale. Occuparsi di chi si prende cura degli altri è un atto di responsabilità collettiva e di lungimiranza organizzativa.
Lo stress del soccorritore: un rischio professionale concreto
Psicologi, psicoterapeuti e operatori psicosociali impiegati nei contesti emergenziali sono esposti a una serie di fattori stressanti: esposizione al dolore umano, identificazione con le vittime, senso di impotenza, turni prolungati, decisioni etiche difficili. Questo può sfociare in condizioni come il “Secondary Traumatic Stress” (STS), il “compassion fatigue” o il “burnout”. In alcuni casi, si possono manifestare anche sintomi di tipo post-traumatico, in assenza di un trauma diretto.
Quali interventi adottare?
Numerosi approcci sono stati studiati e applicati per sostenere i soccorritori psicologici prima, durante e dopo l’intervento in emergenza:
- Formazione pre-evento: è essenziale che i professionisti siano formati non solo nelle tecniche di intervento psicologico in emergenza, ma anche nella gestione dello stress, nell’autoconsapevolezza e nelle strategie di coping. Vengono spesso proposte simulazioni, role-play e protocolli di sicurezza emotiva.
- Debriefing psicologico strutturato: sebbene il debriefing immediato sia oggetto di discussione, esistono protocolli (come il “Critical Incident Stress Debriefing” – CISD) che, se condotti da esperti, possono facilitare l’elaborazione dell’esperienza e ridurre il rischio di interiorizzazione del trauma.
- Supervisione clinica e gruppi di intervisione: momenti strutturati di riflessione tra pari, con o senza la guida di un supervisore esperto, aiutano a contenere l’ansia, normalizzare le reazioni emotive e sostenere il senso di appartenenza professionale.
- Interventi individuali di supporto: quando emergono segnali di disagio rilevante (insonnia, irritabilità, distacco emotivo, somatizzazioni), è importante offrire tempestivamente colloqui psicologici individuali o psicoterapia breve focalizzata.
- Piani di cura e follow-up post-evento: gli effetti dello stress possono manifestarsi anche settimane o mesi dopo. È quindi utile prevedere check-up psicologici periodici, eventualmente integrati con strumenti di screening.
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Fattori protettivi e buone pratiche organizzative
Oltre agli interventi psicologici, anche il contesto lavorativo e organizzativo gioca un ruolo cruciale nella tutela della salute mentale dei soccorritori. Tra i fattori protettivi si evidenziano:
- la presenza di una leadership empatica e competente;
- la turnazione equa e il rispetto dei tempi di riposo;
- la valorizzazione del lavoro svolto e il riconoscimento delle competenze;
- l’accessibilità a momenti di decompressione e spazi dedicati al benessere (stanze relax, supporto tra colleghi, pause adeguate);
- la possibilità di scegliere se e quando rientrare in servizio dopo eventi particolarmente impattanti.
Crescita personale
Alcune meta-analisi hanno indicato che gli interventi psicosociali influenzano in maniera significativa la crescita personale post-traumatica tra i sopravvissuti al trauma (Roepke, 2015). Basandosi sul costrutto della crescita personale post-traumatica, Arnold et al. (2005) hanno coniato il concetto di ‘crescita personale da stress post-traumatico secondario‘ (SPTG) per indicare i cambiamenti positivi circa il rapporto con il proprio sé e con il mondo, a seguito della crescita psicologica percepita.
La crescita personale post-traumatica secondaria è uno dei risultati principali di esposizione indiretta al trauma vissuto da professionisti della salute e dei servizi umani (Cohen e Collens, 2013). È il risultato di essere esposti a materiali scioccanti dati dalle esperienze traumatiche da loro vissute (Cohen e Collens, 2013).
Secondo il modello SPTG proposto da Cohen e Collens (2013), le aree della crescita personale riguardano cambiamenti sugli atteggiamenti verso la vita (ad esempio, l’apprezzamento della vita e della resilienza umana), i valori (importanza del sostegno da parte della famiglia), l’autoefficacia (migliorando la consapevolezza di sé e le credenze in merito al proprio valore e alle proprie capacità), e lo stile di vita (per esempio, imparando a reagire attivamente ai problemi sociali degli altri).
L’auto-efficacia si riferisce alle credenze di un individuo sulla propria capacità di far fronte alle richieste stressanti, da parte dell’ambiente o del proprio lavoro. Le credenze positive permettono agli individui di affrontare in modo più efficace i fattori di stress (compresi gli eventi traumatici) e di promuovere la salute e il benessere (Bandura, 1997).
In origine, il concetto di auto-efficacia è stato sviluppato per descrivere la reazione a vari eventi stressanti, barriere e ostacoli che impediscono agli individui di influenzare positivamente i propri stati interni e l’ambiente (Bandura, 1997). Tuttavia, queste teorie vengono ora adottate anche nei processi di adattamento agli eventi traumatici (Benight e Bandura, 2004).
L’auto-efficacia è una cognizione modificabile, che può essere arricchita e rinforzata (Bandura, 1997). Pertanto, gli interventi di promozione della salute mentale e fisica spesso utilizzano queste tecniche (Luszczynska e Schwarzer, 2015), anche se troppo raramente rispetto all’effettivo bisogno.
Precedenti ricerche hanno dimostrato che gli interventi di auto-efficacia con procedure attive che richiedono il ricordare e il riferire le proprie esperienze sono risultate più efficaci rispetto a procedure passive di controllo (sola lettura) che si concentrano sulla sola formazione teorica (Steinmetz et al, 2012;. Luszczynska et al, 2016).
In conclusione, una maggiore attenzione dovrebbe essere rivolta non solo a chi sperimenta il trauma, per gli ovvi motivi che tutti possono immaginare, ma anche a chi aiuta i traumatizzati, in particolare fornendo ai soccorritori le tecniche per rafforzare la loro sensazione di auto-efficacia.
Dr. Giuliana Proietti
Fonte principale:
Cieslak R, Benight CC, Rogala A, et al. Effects of Internet-Based Self-Efficacy Intervention on Secondary Traumatic Stress and Secondary Posttraumatic Growth among Health and Human Services Professionals Exposed to Indirect Trauma. Frontiers in Psychology. 2016;7:1009. doi:10.3389/fpsyg.2016.01009.
Immagine:
Foto di Mikhail Nilov
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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.
- Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
- Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.
Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.
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