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Che cos'è la femminilità?

Che cos’è la femminilità?

Che cos’è la femminilità?

Psicolinea

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Dr. Walter La Gatta  -   Tel. 348 3314908

Ci sono Paesi in cui le donne non hanno il diritto di circolare a cavallo di una moto, in quanto devono rimanere “donne”. Ci sono altri Paesi che incoraggiano le atlete a ridurre il loro clitoride in modo da rimanere nella categoria “femminile”. Cosa è peggio?

Il 2 gennaio 2013, Suaidi Yahya,  Sindaco di Lhokseumawe (la seconda città della provincia indonesiana di Aceh), ha annunciato che vieterà alle donne di sedersi a cavalcioni su veicoli a due ruote, “per seguire i precetti della Sharia” (?). “Non è accettabile per una donna sedersi a cavalcioni. Applichiamo la legge islamica qui” ha detto. Con il pretesto che questa postura darebbe alle donne un aspetto troppo maschile o troppo provocatorio, è ora vietato sedersi nel posto posteriore di una moto a cavalcioni. Devono sedersi all’amazzone, precariamente arroccate dietro al pilota. Che importa se così si mettono in pericolo le loro vite. E’ più femminile, ha detto il sindaco, che commenta: “Vogliamo onorare le donne attraverso questa legge, perché sono creature fragili”.

La donna è una creatura da fragilizzare

Può sembrare contraddittorio esporre le donne al rischio di una caduta rovinosa per il fatto che esse sono più fragili. Ma le contraddizioni rivelano spesso una logica inarrestabile: l’opera di addestramento mentale passa attraverso il corpo. Poiché le donne sembrano essere “naturalmente” fragili, dobbiamo indebolirle e questo può passare attraverso tutti i tipi di espedienti. Siamo in grado di costringerle a camminare sui tacchi alti, per esempio. A coltivare un look famelico. A ridurre le dimensioni del loro sesso (chiediamo agli uomini di ridurre le dimensioni del pene?). O di sedersi all’amazzone. Perché sarebbe inutile contestare Suaidi Yahya. Perché il suo ragionamento, anche se assurdo, è lo stesso che abbiamo tra le giovani occidentali quando si impongono loro regimi che minano la loro vita: il 90-97% delle anoressiche sono ragazze. Tutte soffrono di carenze ossee irreversibili. Ecco come produrre l’immagine della femminilità.

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“Se corri troppo veloce, il tuo utero cadrà”

Nella maggior parte delle società umane, la femminilità è artificialmente costruita sulla base di un discorso che impone il dovere di essere più piccole, più sottili, più leggere, più vulnerabili, più instabili, più tenere e deperibili. Questi discorsi servono per evitare che la donna impari a rinforzare i propri muscoli, di nutrirsi, di istruirsi o di difendersi come gli uomini. Queste misure assumono la forma di penalizzazioni. In Occidente, le donne non avevano il diritto di correre la maratona fino a tempi molto recenti. “Dicevano alle donne: se ti affatichi troppo, il tuo utero cadrà”. Come ricorda l’americana Kathrine Switzer, la prima donna a completare una maratona con un pettorale registrato, anche i medici sono coinvolti nella disinformazione. Quarantadue chilometri di gara? Impossibile per il corpo di una donna, dicono. Bisogna vedere il film “Free to run” (uscito nelle sale a febbraio 2016) per capire.

“Certificato di femminilità” obbligatorio ai giochi olimpici

Nel 1967, l’americana Kathrine Switzer ha illegalmente partecipato alla maratona di Boston registrandosi con il nome di un uomo per passare inosservata. Il direttore della maratona la notò e cominciò a correrle dietro per strapparle il suo pettorale ed espellerla dalla gara. Difesa dal fidanzato, riuscì a terminare la gara. Fu uno shock. La Switzer è diventata il simbolo del diritto femminile all’uguaglianza nello sport. Negli anni ’60, le donne non potevano percorrere più di 800 metri nelle competizioni ufficiali. Esse non ci riescono fino al 1984, durante la maratona olimpica di Boston: qui finalmente viene loro consentito di partecipare. E ancora. Viene loro imposto il “test di genere” per allontanare coloro che appaiono troppo virili. Questa storia inizia negli anni Trenta, come la racconta Anaïs Bohuon in un affascinante libro sulla storia delle competizioni sportive. Le straordinarie conquiste sportive di alcune atlete di sesso femminile seminano scompiglio nelle menti. Questa cosa è contro le regole.

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Campionesse con le ali tarpate

Nei decenni successivi (1940-1960), molte atlete sono accusate di non
essere ” donne autentiche”, tra cui le campionesse del blocco sovietico, dai corpi inquietanti. I loro organi sessuali vengono esaminati. Il primo controllo sistematico sulla sessualità viene introdotto nel 1966. Si tratta all’inizio di un test ginecologico. Poi si aggiunge il test di Barr per verificare che le atlete abbiano i due cromosomi X. Tra il 1972 e il 1991, su circa 6561 atlete sottoposte a test, circa 13 sono escluse dalle competizioni perché presentano cromosomi atipici (XXY, Xo , ecc). Ma i medici non sono d’accordo su questo. Si può essere donne con una bizzarra costituzione genetica. Nel 1992 viene introdotto un altro esame genetico, sempre controverso. Verrà eliminato nel 2005.

Le sportive di alto livello sono, per definizione, fuori dagli standard

“In assenza di criteri standard, che si cerca di stabilire, ma che appaiono ogni volta arbitrari e fallibili, la definizione della femminilità resta quindi quella dei canoni culturali che provocano dubbio quando una qualsiasi donna non sia loro conforme. […] Le attuali norme del CIO, in ogni caso, prevedono un’indagine sul sesso delle atlete denunciate come ‘di genere sospetto’. Tuttavia questi criteri estetici che definiscono il genere sono in realtà paradossali, perché nello sport i requisiti e gli effetti fisici di alcune attività favoriscono le donne che, per definizione, trasgrediscono gli standard della femminilità” (fonte: Michael Raz).

Molto significativamente, le atlete che vengono stigmatizzate per mancanza di femminilità, sono fisicamente “ricondotte alla normalità” attraverso la rimozione parziale del clitoride: in un articolo pubblicato nel 2013 (proprio nel periodo dal quale le donne residenti a Lhokseumawe, Indonesia, non hanno più il diritto di andare in moto a cavalcioni come passeggere), due endocrinologi francesi denunciano pratiche abusive delle federazioni che impongono vaginoplastiche o, peggio ancora, ablazioni parziali del clitoride nelle loro atlete.

Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e l’Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica (IAAF), che si occupano di rilevare il doping da ormoni maschili, eliminano dalle gare le donne che superano il tasso di 10 nanomoli per litro (nmol / L), il limite minimo per gli uomini. Avere un grande clitoride non ha alcuna influenza sulla produzione di ormoni maschili.

Perché imporre alle atlete questa mutilazione sessuale? Le cosiddette “prove” della femminilità sono, qui come altrove, modi travestiti di penalizzare le donne, di creare loro handicap artificiali, per indebolirle, in modo che rimangano, ancora, degli esseri in posizione di inferiorità. Nella loro testa e nei loro corpi.
…
Saluto Aurore, nata tre settimane fa all’aurora,  con organi potenzialmente doppi.

DA LEGGERE  : «Comprendre les relations entre sexe et genre à partir de l’intersexuation : la nature et la médicalisation en question», par Eric Macé, in Médecine, santé et sciences humaines, diretto da Jean-Marc Mouillie, Céline Lefève et Laurent Visier, Paris, Les Belles Lettres, 2011, (612-619). Ed anche : Le Test de féminité dans les compétitions sportives Une histoire classée X ?, di Anais Bohuon, éd. IXe, 2012.

PER APPROFONDIRE : «Mâle, femelle et sexe douteux» ; «Il n’existe pas 2 sexes (mâle et femelle) mais 48» ; «Intersexe : un corps peut en cacher une paire»

NOTE

(1) Le Test de féminité dans les compétitions sportives. Une histoire classée X ?, Anaïs Bohuon, éditions iXe, 2012.

(2) “Ci sono cento volte più casi [di donne con alti livelli di testosterone] nelle sportive rispetto alla popolazione generale, il che ci obbliga ad occuparcene per evitare distorsioni nella concorrenza ” , sostiene Richard Budgett nella sua risposta pur ammettendo che “non vi sono statistiche”.

Fonte: Liberation.

Agnès Giard

Articolo in francese, traduzione autorizzata dall’autrice, eseguita da psicolinea.it

Pubblicato anche su Sessuologia News

Leggi la versione in francese

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Maratona di Boston del 2016, Wikimedia

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Agnes Giard
Dr. Agnes Giard

Agnès Giard autrice di libri, giornalista e dottore in antropologia, ha lavorato in passato su nuove tecnologie, artisti underground e cultura popolare giapponese, prima di dedicarsi alla sessualità. Nel 2000, è diventata corrispondente per la rivista giapponese SM Sniper con cui lavora da più di dieci anni. Nel 2003 ha pubblicato un libro d’arte in Giappone: Fetish Fashion poi ha iniziato una serie di ricerche che saranno pubblicate in collaborazione con artisti contemporanei giapponesi come Tadanori Yokoo, Makoto Aida, Toshio Saeki, etc. Il suo primo libro, L’Imaginaire érotique au Japon, tradotto in giapponese, è classificato 4 ° tra i libri stranieri più venduti. La sua biografia completa è disponibile qui:
http://sexes.blogs.liberation.fr

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  • 18 Giu 2016
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Isterectomia ed orgasmo – Consulenza on Line

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Ho 33 anni e a fine febbraio ho dovuto subire un’isterectomia totale con annessiectomia bilaterale a causa di un cistoadenocarcinoma ovarico. Da marzo sto assumendo la terapia sostitutiva e daaprile ho iniziato una chemioterapia adiuvante che sto quasi per finire (6cicli a distanza di 21 giorni). Il mio problema è che non riesco più ad avere un orgasmo. Non completo, almeno. La questione non è tanto data da una mancanza di eccitazione, quanto proprio dal cambiamento fisico che sento dopo l’intervento. Ho letto che l’utero gioca un ruolo importante nell’ambito dell’orgasmo, soprattutto per alcune donne, e che la mancanza di contrazioni uterine può indebolire e penalizzare le sensazioni date dall’orgasmo. Al di là dei blocchi psicologici dovuti all’intervento e agli effetti collaterali della chemio (mi sto facendo seguire da una psicologa) che potrebbero essere una causa di questo disagio, la mancanza dell’utero è una motivazione fisica effettiva per questa incapacità di riprovare orgasmi e risentire le contrazioni come prima? E, nel caso, c’è una possibilità per sopperire a questa mancanza e tornare a provare queste sensazioni?La ringrazio infinitamente,Perplessa.

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Gentilissima,

Credo che, dopo un’operazione così invasiva, la frequentazione di ospedali, medici e reparti di oncologia, la cosa più importante da provare in questo momento non dovrebbe essere l’orgasmo, quanto il piacere di aver finalmente risolto un grande problema, che poteva mettere a rischio la sua stessa vita.

Infatti, se risolto un problema, lei se ne crea subito un altro, quando sarà veramente felice? Molto meglio sarebbe godersi questo momento di gioia e di rilassamento, dopo tante tensioni e tanta sofferenza.

Detto questo, lei deve certamente aspettarsi dei cambiamenti, non solo nelle capacità orgasmiche, ma anche nel relativo calo del desiderio, nella lubrificazione vaginale, nelle dimensioni degli organi esterni (clitoride), ecc.

Esistono però dei prodotti in commercio (ne deve assolutamente parlare con un medico, perché non so dirle se nel suo caso sono indicati), appositamente studiati per il trattamento del Disturbo da Desiderio Sessuale Ipoattivo (HSDD) nelle donne sottoposte ad isterectomia ed ovariectomia bilaterale, in terapia estrogenica concomitante.

Dunque, c’è speranza di ristabilire le condizioni precedenti, anche se con l’aiuto di qualche medicinale. Inoltre, prenda anche in considerazione l’idea di cambiare modo di fare sesso: è possibile provare orgasmi e stare bene insieme anche limitando l’atto penetrativo a qualche occasione particolare: ne parli con il suo partner.

Tanti auguri e… Provi, più spesso, a pensare positivo!

Dott.ssa Giuliana Proietti

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Giuliana Proietti
Dr. Giuliana Proietti

Dr. Giuliana Proietti
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

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  • 3 Lug 2007
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I poveri fumano di più

I poveri fumano di più

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Dr. Walter La Gatta

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Un rapporto del 2016 sull’economia del tabacco del National Cancer Institute e dell’Organizzazione mondiale della sanità afferma che “l’uso del tabacco rappresenta una quota significativa delle disparità di salute tra ricchi e poveri” a livello mondiale.

Stati Uniti

La percentuale di adulti fumatori negli Stati Uniti d’America si è ridotta della metà tra il 1965 e il 2006 passando dal 42% al 20,8%, con una ulteriore discesa al 18% nel 2012.

Sempre negli USA, i dati dimostrano come siano presenti grandi differenze tra i vari stati: il maggior tasso di fumatori si registra in Kentucky, West Virginia, Oklahoma e Mississippi.

E’ però estremamente interessante notare che 3 su 4 fumatori americani provengono da comunità a basso reddito. Uno studio condotto da Julie Hotchkiss e Melinda Pitts, economista della Federal Reserve Bank of Atlanta (Stati Uniti), ha dimostrato che lo stipendio dei fumatori è in media del 20% inferiore rispetto a quello dei non fumatori.

Secondo alcune teorie, le aziende produttrici di tabacco avrebbero preso di mira le popolazioni a basso reddito, in molti modi e per molti anni, creando disparità nel consumo di sigarette, che in precedenza non esistevano.

Dr. Walter La Gatta

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Infatti, il tasso di fumo nel 1940 era perfino più alto fra le persone più istruite, cioè prima che gli effetti del fumo sulla salute diventassero noti a tutti.

Negli ultimi 60 anni, le compagnie del tabacco in America hanno cominciato a distrubuire sigarette gratuite ai ragazzi residenti nelle case popolari, emesso buoni per il tabacco da consegnare insieme ai buoni pasto e cercato di distribuire prodotti finanziari, come carte di credito prepagate.

Quanto alle rivendite di tabacco, negli Stati Uniti ci sono circa 375.000 rivenditori  (circa 27 volte più della diffusione dei McDonald’s e 28 volte di più degli Starbucks): essi si trovano in misura maggiore nelle comunità a basso reddito. I quartieri poveri hanno inoltre maggiori probabilità di avere rivenditori di tabacco vicino alle scuole, rispetto ad altri quartieri.

In America si è visto che un terzo della sperimentazione adolescenziale di fumo di sigaretta può essere direttamente attribuito alla pubblicità del tabacco e alle attività promozionali svolte negli ambienti di vendita al dettaglio (attività per fortuna proibite in Italia).

Aumentare il costo delle sigarette è in genere considerato uno dei modi più efficaci per impedire alle persone di continuare a fumare: questo è il motivo per cui l’industria del tabacco investe una quantità enorme di risorse per mantenere bassi i prezzi delle sigarette, per il suo target demografico di persone a basso reddito.

Nel 2015, l’industria del tabacco ha speso oltre l’80% del suo budget di marketing, ovvero $ 7 miliardi, per la riduzione del costo delle sigarette. Big Tobacco ha raccolto oltre $ 71 milioni nel 2016 per finanziare una campagna capace di sconfiggere l’iniziativa del governo californiano di aumentare il costo dei pacchetti di sigarette di $ 2, su un prezzo medio di $ 5,53.

Non è una coincidenza dunque che gli stati americani con i prezzi più bassi delle sigarette abbiano anche i più alti tassi di fumo. Nella Virginia dell’Ovest, dove fumano quasi un quarto degli adulti, si registra un tasso di consumo di tabacco molto più alto rispetto a New York, dove un pacchetto di sigarette costa circa il doppio (circa 13 dollari).

Un’analisi del 2017 ha rilevato che un aumento delle tasse sulle sigarette da 0,71 a 4,63 dollari per pacchetto potrebbe produrre una riduzione dell’8-46 per cento nel consumo di sigarette.

Peraltro, il fumo di sigaretta attuale secondo alcuni rappresenta un rischio maggiore di morte e malattie – in particolare di cancro ai polmoni – rispetto alle sigarette vendute nel 1964, quando fu pubblicato il primo rapporto sul fumo, a causa delle maggiori dosi di nicotina presenti nelle sigarette, al fine di creare maggiore dipendenza.

In Italia (dati 2016)

In Italia i divieti legislativi hanno avuto un impatto significativo sul consumo di sigarette. Per fare un esempio, soltanto un italiano su 10 consente ai propri ospiti fumatori di accendersi una sigaretta in casa.

I fumatori in Italia sono 11,5 milioni, il 22,0% della popolazione: 6,9 milioni di uomini (il 27,3%) e 4,6 milioni di donne (17,2%). Gli ex fumatori rappresentano il 13,5% della popolazione (7,1 milioni) i non fumatori sono invece 33,8 milioni (il 64,4% della popolazione).

Secondo le indagini DOXA condotte tra il 2002 e il 2016, dopo una diminuzione dei consumi, specialmente fra gli uomini, il dato si riporta sui valori registrati nel 2008: gli uomini passano dal 25,1% del 2015 al 27,3% del 2016, le donne dal 16,9% del 2015 al 17,2% del 2016.

Nella fascia di età compresa tra i 25 e 44 anni si registra la prevalenza maggiore di fumatori di entrambi i sessi (24,1% delle donne e 31,9% degli uomini). Fumano di meno gli ultrasessantacinquenni: il 6,9% delle donne e il 18,2% degli uomini.

La distribuzione dei fumatori rispetto alle varie aree geografiche mostra che la prevalenza di fumatori di sesso maschile si registra nelle regioni del Centro Italia (30.4%), mentre la prevalenza di fumatrici è nelle regioni del Nord (19.9%).

Il consumo medio di sigarette al giorno in Italia si conferma intorno alle 13 sigarette.

Il motivo per cui si accende la prima sigaretta è legato all’influenza dei pari: il 60,7% dei fumatori, infatti, ha iniziato perché influenzato dagli amici o dai compagni di scuola.

Anche l’Italia si unisce al trend generale per quanto riguarda il fatto che il maggior consumo di sigarette avviene tra una popolazione relativamente giovane (fascia 25-44 anni) e in fasce meno economicamente sviluppate.

Infine, per quanto riguarda la classifica generale relativa al consumo annuale pro capite di sigarette di tabacco, l’Italia si trova al 34° posto su 132.

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Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
Libero professionista, svolge terapie individuali e di coppia
ONLINE E IN PRESENZA (Ancona, Terni, Fabriano, Civitanova Marche)

Il Dr. Walter La Gatta si occupa di:

Psicoterapie individuali e di coppia
Terapie Sessuali
Tecniche di Rilassamento e Ipnosi
Disturbi d’ansia, Timidezza e Fobie sociali.

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  • 10 Gen 2019
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L'orgasmo femminile e i suoi misteri

L’orgasmo femminile e i suoi misteri

L’orgasmo femminile e i suoi misteri

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Nonostante i progressi della scienza, l’orgasmo femminile rimane ancora in parte un mistero, suscettibile di numerose teorie e oggetto di ricerche continue. Conosciamo allora, per farci un’idea, le teorie principali che sono state fin qui formulate, i risultati degli studi e le ricerche recenti sull’orgasmo femminile.

Cosa è l’orgasmo?

L’orgasmo rappresenta il culmine dell’eccitazione sessuale, cioè la motivazione principale che spinge le persone ad impegnarsi in un rapporto sessuale.

Si può provare piacere anche senza raggiungere l’orgasmo?

Si, anche l’eccitazione sessuale è di per sé abbastanza gratificante, per cui le persone possono provare piacere anche senza il raggiungimento dell’orgasmo.

Le donne hanno maggiori difficoltà degli uomini a raggiungere l’orgasmo?

Si. Si pensi, ad esempio, alla frequentazione degli spettacoli a luci rosse. Nei mammiferi maschi anche la sola eccitazione sessuale può portare all’eiaculazione e all’orgasmo.

Per le donne le cose sono molto più complicate e, anche nei primati, l’orgasmo femminile non è affatto universale, anzi, vi sono poche prove della sua presenza, se non si considerano gli esseri umani.

Una intervista sull'anorgasmia femminile

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Le donne provano l’orgasmo durante il rapporto sessuale penetrativo?

Si. Ci sono donne che, nel rapporto sessuale, raggiungono l’orgasmo con la stessa facilità degli uomini, anche diverse volte in successione, ma questo non accade certamente a tutte le donne e questo dunque non può essere considerato il modo “tipico” in cui le donne raggiungono l’orgasmo (anche se è l’unico che si osserva nella pornografia).

Durante il rapporto sessuale, infatti, circa il 90% delle donne afferma di raggiungere l’orgasmo a seguito di una qualche forma di stimolazione sessuale, ma la maggior parte di loro non lo prova spesso (e alcune donne non lo provano mai)  (Lloyd, 2005).

Al contrario, quasi il 100% degli uomini sperimenta l’orgasmo durante il rapporto sessuale.

Questa disparità di genere nel raggiungimento dell’orgasmo durante il rapporto sessuale ha sicuramente influito sui processi evolutivi della razza umana (Lloyd, 2005), anche per quello che riguarda l’organizzazione sociale (Hite, 1976).

Quante donne non hanno mai raggiunto l’orgasmo?

Tra le donne almeno il 10% dichiara di non aver mai provato questa esperienza.  A complicare ulteriormente le cose, la definizione stessa dell’orgasmo femminile è poco chiara (Meston, et al, 2004;. Komisaruk, Beyer-Flores, e Whipple 2006) e la stimolazione sessuale specifica che fa scattare il piacere varia notevolmente tra donna e donna.

Quali sono le aree femminili che normalmente portano all’orgasmo, se stimolate?

Le donne possono raggiungere l’orgasmo attraverso la stimolazione diretta o indiretta del clitoride, la stimolazione vaginale, o la stimolazione di aree interne che circondano la vagina.

Alcune donne sperimentano l’orgasmo esclusivamente nei rapporti sessuali: fra esse però ve ne sono alcune che richiedono la stimolazione simultanea delle parti esterne del clitoride, al fine di raggiungere l’orgasmo durante il rapporto penetrativo. Altre donne non provano l’orgasmo nel rapporto sessuale, a prescindere dalla condizione in cui esso viene ricercato.


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Le Teorie Storiche sull’Orgasmo Femminile

Storicamente, l’orgasmo femminile è stato spesso frainteso e sottovalutato. Nel corso dei secoli, molte teorie sono emerse per spiegare questo fenomeno:

  • Teoria della Riproduzione: Una delle teorie più antiche suggeriva che l’orgasmo femminile fosse necessario per il concepimento. Questa idea è stata ampiamente smentita, poiché le donne possono concepire  anche senza raggiungere l’orgasmo.
  • Teoria della Evoluzione: Alcuni ricercatori, come Elisabeth Lloyd nel suo libro “The Case of the Female Orgasm”, propongono che l’orgasmo femminile sia un sottoprodotto dell’evoluzione del sistema riproduttivo maschile, simile ai capezzoli maschili, che non hanno una funzione evolutiva diretta.
  • Teoria del Legame di Coppia: Un’altra teoria suggerisce che l’orgasmo femminile abbia un ruolo nel rafforzare il legame tra partner, promuovendo la monogamia e la stabilità familiare, vantaggi evolutivi indiretti per la prole.
  • Teoria Freudiana: Freud aveva postulato che la capacità delle donne di provare l’orgasmo durante il rapporto variasse in base al loro sviluppo psicosessuale. A suo avviso, le ragazze inizialmente sperimentavano l’erotismo grazie al clitoride, analogamente a quanto succedeva nei maschi con la stimolazione del pene.Con la maturazione psicosessuale però vi era nella donna una sorta di transizione, dall’erotismo clitorideo all’erotismo vaginale. Questo passaggio permetteva alle donne “mature” di provare il piacere vaginale durante il rapporto penetrativo (Freud, 1905).A partire dalla pubblicazione della teoria della sessualità femminile e dei due tipi di orgasmi si è arrivati a considerare la donna che non provava l’orgasmo vaginale come una donna “nevrotica”, in quanto non aveva alle spalle uno sviluppo psicologico adeguato.

    Dal momento che la maggior parte delle donne non prova l’orgasmo nei rapporti penetrativi (Lloyd, 2005), gli argomenti psicoanalitici di Freud sembrano oggi assolutamente superati, ma essi hanno creato molti problemi al genere femminile, che ha vissuto in questi cento anni inutili sentimenti di inadeguatezza sessuale, per il fatto di non riuscire a provare piacere dalla sola stimolazione vaginale.

  • Teoria anatomica. Tra le spiegazioni anatomiche proposte per capire questa disparità c’è quella di Marie Bonaparte, allieva di Freud e poi psicoanalista, la quale sotto falso nome pubblicò uno studio in cui spiegava che tutto dipendeva dalla distanza tra il glande del clitoride e la vagina della donna (Narjani, 1924).In particolare la Bonaparte, in base a delle osservazioni condotte su un campione di donne, aveva riscontrato che quando la distanza fra queste due parti dei genitali femminili era minore di 2,5 centimetri, questo permetteva alle donne di provare l’orgasmo durante i rapporti sessuali. Successivamente vi è stato un altro studio che ha fornito dati a sostegno di tale ipotesi (Landis, Landis, e Bowles, 1940).Tornando alle questioni anatomiche, la distanza fra clitoride e vagina può variare notevolmente tra le donne: da 1,6 a 4,5 centimetri  (Lloyd, Crouch, Minto, e Creighton, 2005). Negli studi della Bonaparte veniva misurata la distanza tra il lato inferiore del glande del clitoride e il centro del meato urinario (CUMD) e si concludeva che più breve era il CUMD, maggiore era l’incidenza di orgasmo nel rapporto sessuale (Narjani, 1924).

    La Bonaparte (Narjani, 1924) sosteneva che c’erano due tipi di mancata risposta sessuale femminile, o ”frigidità“, come lei la chiamava. La prima rifletteva l’incapacità di raggiungere l’orgasmo con qualsiasi tipo di stimolazione, “interna o esterna”. Il secondo tipo di  ‘frigidità’ riguardava invece donne sessualmente molto reattive, ma incapaci di raggiungere l’orgasmo solo con il coito: “Implacablement insensibles pendant le coit, et le coit seul”. (Narjani, 1924).

    Secondo la Bonaparte, il primo tipo di ‘frigidità’ derivava da cause psicogene ed era possibile trattarlo con la psicoanalisi, mentre il secondo tipo non rispondeva alla psicoanalisi in quanto era di origine biologica, causato dalla eccessiva distanza fra clitoride e vagina.

    La Bonaparte credeva così fortemente in questa influenza anatomica sulla risposta sessuale femminile che propose il trattamento di questo secondo tipo di “frigidità” in modo chirurgico, spostando il glande del clitoride più vicino all’ apertura vaginale. (Narjani, 1924).

    Con il chirurgo austriaco, Josef Halban, la Bonaparte mise a punto la procedura Halban-Narjani (Bonaparte, 1933) in cui veniva sezionato il legamento sospensorio del clitoride, permettendo il riposizionamento del glande del clitoride più vicino alla vagina. La Bonaparte stessa, donna “frigida” del secondo tipo, si sottopose a questo trattamento ben tre volte, ma tutti gli interventi fallirono (Thompson, 2003).

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    Come per la Bonaparte, la procedura chirurgica non è risultata efficace neanche in altre cinque donne che si sono sottoposte all’intervento (di cui una era probabilmente la stessa Bonaparte). Delle cinque, due non dettero più notizie di sé, due non erano certe di aver visto dei cambiamenti nella loro risposta sessuale, e una era leggermente migliorata, dopo aver superato l’infezione provocata dall’operazione ma, una volta guarita, la paziente non ha più sperimentato l’orgasmo nei rapporti sessuali penetrativi (Bonaparte, 1933).

    Vari studi hanno poi tentato di valutare la relazione fra la distanza di vagina e clitoride e orgasmo femminile: teorie del genere sono state riproposte in varie pubblicazioni nel corso degli ultimi 80 anni.

    Ad esempio, van de Velde (1930; 1965), autore del più popolare manuale sul sesso coniugale fra il 1930 e il 1950, pensava che:

    “… La stimolazione coitale dipende molto dalla struttura individuale: per esempio, dalle dimensioni del clitoride, dallo sviluppo del frenulo, dalla posizione del clitoride (vi è una notevole diversità in questi aspetti, in particolare nella posizione, vale a dire, se il piccolo organo si trova più in alto sulla parte anteriore della sinfisi pubica, o quasi sotto di esso) “. (van de Velde, 1930).

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    Nello stesso capitolo van de Velde (1930) affermava inoltre che il clitoride fosse “sottosviluppato” nelle donne che vivono in Europa e in America e concludeva che “le piccole dimensioni e la posizione alta del clitoride, impedivano la piena stimolazione nel coito”, con conseguente anorgasmia.

    Van de Velde era inoltre dell’opinione che la stimolazione regolare del clitoride potesse produrre un suo ingrandimento permanente, perché “… la pratica rende perfetti” (van de Velde, 1930). Il chiaro messaggio trasmesso in questi passaggi è che la configurazione dei genitali femminili possa influenzare in modo significativo la probabilità che le donne possano provare l’orgasmo nei rapporti penetrativi.

    Una conclusione simile è stata quella di Hannah e Abraham Stone (1935) autori di un altro manuale best-seller sul matrimonio, in cui si dichiarava:

    “È probabile che la distanza tra il clitoride e l’apertura della vagina nella donna possa avere qualche relazione con la capacità di raggiungere l’orgasmo durante il rapporto. Più in alto  e più lontano dall’ingresso vaginale si trova il clitoride, minore è il contatto e maggiore la difficoltà ad ottenere un orgasmo soddisfacente. “ (Stone e Stone, 1935).

    Le idee della Bonaparte penetrarono dunque profondamente in ambito sessuologico; ne ha poi parlato Judd Marmor (1954), psicoanalista e sessuologo e perfino Shere Hite nel “Rapporto Hite”, (Hite, 1976). Entrambi questi autori arrivano alla stessa conclusione di Van de Velde e degli Stone, ma sempre senza citare alcun dato a supporto.

    In un recente studio (Wallen K, Lloyd EA., 2011)  gli autori hanno analizzato i dati grezzi del lavoro della Bonaparte del 1924  e quelli di Landis e Bowles, questi ultimi archiviati nella biblioteca dell’Istituto Kinsey per la ricerca su Sesso, Genere e Riproduzione. Questi dati non erano mai stati analizzati statisticamente dagli autori (Narjani, 1924) o solo minimamente analizzati (Landis, Landis, e Bowles, 1940).

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    Risultato: le analisi condotte con metodi statistici moderni supportano la tesi originale della Bonaparte e confermano la probabilità che la differente configurazione genitale possa contribuire a spiegare la differenza fra i due diversi tipi di donne.

    Non si è del tutto capito se questo aumento della probabilità di orgasmo quando clitoride e vagina sono più vicini sia effetto di un maggiore contatto pene-clitoride durante i rapporti sessuali o se questa vicinanza produca un aumento della stimolazione del pene nelle parti interne del clitoride.

    Il CUMD, si è detto, riflette probabilmente a sua volta l’esposizione agli androgeni nel periodo prenatale, dove elevati livelli di androgeni producono grandi distanze fra queste due parti dei genitali femminili. Le donne esposte a bassi livelli di androgeni nel periodo prenatale avrebbero dunque maggiori probabilità di provare l’orgasmo durante il rapporto sessuale.

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Cosa si pensa oggi della distinzione fra orgasmo clitorideo e orgasmo vaginale?

Oggi si ritiene che, a prescindere dai nomi con i quali viene definito l’orgasmo (clitorideo o vaginale), l’esperienza di cui si parla sia in realtà unica e che le differenze fra clitorideo e vaginale vadano intese per spiegare quale tipo di stimolazione genitale faccia scattare l’esperienza orgasmica, e non l’orgasmo stesso.

Quali studi sono stati condotti in tempi recenti sull’orgasmo femminile?

La scienza moderna ha fatto passi da gigante nella comprensione dell’orgasmo femminile, utilizzando tecniche avanzate e approcci interdisciplinari:

  • La Neurobiologia ha giocato un ruolo cruciale nella comprensione dell’orgasmo femminile: le risonanze magnetiche funzionali (fMRI) hanno mostrato che durante l’orgasmo, numerose aree del cervello vengono attivate, inclusi i centri del piacere, le aree limbiche e le regioni prefrontali.
  • Ricerca Anatomica: Studi approfonditi hanno svelato la complessa anatomia del clitoride. Il clitoride, spesso trascurato, è ora riconosciuto come una struttura vasta e intricata, che si estende internamente e gioca un ruolo chiave nell’orgasmo femminile. A partire dagli anni sessanta del secolo scorso si è fatta strada l’idea che la stimolazione vaginale sia dovuta in realtà alla stimolazione clitoridea, diretta o indiretta (Masters e Johnson, 1966; Sherfey, 1972; Hite 1976). Come ha detto a questo proposito lo psicoanalista Sherfey, “Il termine ‘orgasmo vaginale’ è perfettamente ammissibile, purché si capisca che le spinte del pene sono efficaci in quanto stimolano il clitoride” (Sherfey 1972).Uno studio del 2020 pubblicato sul Journal of Sexual Medicine (Herbenick et al.) ha evidenziato che la stimolazione clitoridea è il metodo più efficace per raggiungere l’orgasmo: molte donne riportano una maggiore facilità e intensità degli orgasmi quando il clitoride è coinvolto.
  • Variabilità: Le ricerche più recenti hanno messo in luce l’enorme variabilità nelle esperienze orgasmiche delle donne. Uno studio condotto dalla Indiana University nel 2020 (Debby Herbenick, Tsung-chieh (Jane) Fu, et al.) ha scoperto che mentre alcune donne possono raggiungere facilmente l’orgasmo attraverso la penetrazione vaginale, altre trovano che la combinazione di stimolazione vaginale e clitoridea sia più efficace. Inoltre, alcune donne sono capaci di raggiungere orgasmi multipli in una singola sessione, mentre altre trovano che un singolo orgasmo sia il massimo che possono sperimentare.Questa variabilità è stata ulteriormente esplorata in uno studio del 2021 pubblicato su PLOS ONE (Herbenick et al.), che ha analizzato le differenze individuali nella risposta orgasmica. I risultati hanno mostrato che fattori come l’età, l’orientamento sessuale, l’esperienza sessuale e la salute mentale possono influenzare significativamente la capacità di raggiungere l’orgasmo.
  • Fattori Psicologici: Ricerche recenti hanno evidenziato quanto i fattori psicologici, come il benessere emotivo, la qualità della relazione e l’assenza di stress, siano cruciali per il raggiungimento dell’orgasmo.Un articolo del 2022 su Archives of Sexual Behavior (Barry Komisaruk, Nan Wise, et al.)  ha mostrato che le donne che si sentono emotivamente connesse con i loro partner hanno maggiori probabilità di sperimentare orgasmi durante il rapporto sessuale.Inoltre, la gestione dello stress e l’ansia giocano un ruolo significativo. Uno studio del 2021 della University of Texas (Andrea Meltzer, Lisa Neff, et al.) ha rilevato che le tecniche di riduzione dello stress, come la mindfulness e la meditazione, possono migliorare la qualità degli orgasmi e aumentare la frequenza degli stessi.
  • Consapevolezza Corporea Recenti ricerche hanno dimostrato che una migliore conoscenza della propria anatomia sessuale e delle tecniche di stimolazione può migliorare significativamente la qualità della vita sessuale delle donne. Uno studio del 2021 pubblicato su Sex Education (Lisa Wade, et al.) ha rilevato che le donne che partecipano a programmi di educazione sessuale completa hanno una maggiore probabilità di raggiungere l’orgasmo rispetto a quelle che non hanno ricevuto un’educazione simile.

Terapie Sessuali

Concludendo…

Le teorie storiche hanno lasciato il posto a studi neurobiologici, ricerche anatomiche e analisi psicologiche, ognuna delle quali contribuisce a una comprensione più completa e sfumata di questo complesso fenomeno. Purtroppo, ancora non vi sono stime precise sulla proporzione di donne che abitualmente sperimentano l’orgasmo dal solo rapporto vaginale, senza concomitante stimolazione diretta del clitoride. Resta irrisolta la domanda sul perché una minoranza di donne provi regolarmente l’orgasmo nei rapporti penetrativi, mentre la maggior parte delle donne richiede altri tipi di stimolazione…

Concludendo, dunque, l’orgasmo femminile è ancora in gran parte un mistero.

Dr. Giuliana Proietti

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Fonte:
Wallen K, Lloyd EA. Female Sexual Arousal: Genital Anatomy and Orgasm in Intercourse. Hormones and behavior. 2011;59(5):780-792. doi:10.1016/j.yhbeh.2010.12.004.

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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

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Le donne devono lavorare il doppio degli uomini

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Nella società contemporanea, il tema della parità di genere nel mondo del lavoro rimane una questione irrisolta. Nonostante i progressi significativi fatti negli ultimi decenni, molte donne continuano a dover lavorare il doppio degli uomini per ottenere lo stesso riconoscimento e le stesse opportunità.

Ancora oggi, se vediamo la firma di una donna su uno studio o su un’opera d’arte, essa deve essere molto valida perché venga apprezzata tanto quanto quella di un uomo. E quando un uomo ed una donna lavorano insieme su uno stesso progetto, si pensa subito che l’uomo vi abbia contribuito molto più della collega donna.

Se il lavoro di una donna viene apprezzato più di quello di un uomo, si tende invece a pensare che la donna sia stata fortunata, o si sia avvalsa delle sue capacità seduttive per arrivare a quel livello.

Sentirsi sempre meno apprezzate dei colleghi uomini può produrre nelle lavoratrici problemi fisici e psichici, che possono poi ripercuotersi sulla loro vita familiare, oltre che nella loro carriera. Cerchiamo di capire meglio la situazione.

La Doppia Carriera

Uno dei principali motivi per cui le donne devono lavorare il doppio è la “doppia carriera” che molte di loro si trovano a gestire. Questo termine si riferisce alla necessità per le donne di equilibrare il lavoro remunerato con il lavoro domestico e di cura, non retribuito. Nonostante il crescente numero di donne nel mondo del lavoro, le responsabilità domestiche e di cura dei figli continuano a ricadere in gran parte sulle spalle femminili. Secondo uno studio dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), le donne dedicano in media il doppio del tempo degli uomini alle faccende domestiche e alla cura della famiglia.

Stereotipi di Genere

Le donne spesso affrontano pregiudizi e discriminazioni sul posto di lavoro, che possono manifestarsi, ad esempio, nella disparità salariale: le donne guadagnano, infatti, meno degli uomini per svolgere lo stesso lavoro.

Secondo il Global Gender Gap Report 2020 del World Economic Forum, il divario retributivo di genere globale si attesta intorno al 16%: in pratica, le donne guadagnano in media 84 centesimi per ogni dollaro guadagnato dagli uomini.

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Il soffitto di cristallo

Questo termine descrive le barriere invisibili ma reali che impediscono alle donne di raggiungere posizioni di vertice. Sono ancora poche le donne CEO rispetto agli uomini.

La Necessità di Prove Costanti

Un altro fattore che contribuisce al bisogno delle donne di lavorare il doppio è la necessità di dimostrare costantemente le proprie capacità e competenze. Le donne, soprattutto in posizioni di leadership, spesso devono superare lo scetticismo riguardo alla loro competenza e autorità. Questa necessità di prova costante può portare a un carico di lavoro maggiore e a un maggiore stress.

Le faccende domestiche

Il carico mentale, o la “gestione invisibile” delle responsabilità domestiche e familiari, rappresenta un ulteriore strato di lavoro non riconosciuto. Anche quando gli uomini partecipano alle faccende domestiche, la pianificazione e l’organizzazione di queste attività ricadono spesso sulle donne. Questo carico mentale aggiuntivo può portare a stress e burnout, richiedendo alle donne un ulteriore sforzo per mantenere un equilibrio tra lavoro e vita personale.

Per affrontare queste disuguaglianze, è necessario un impegno concertato da parte di governi, aziende e società civile: riconoscere che le donne spesso devono lavorare il doppio degli uomini per raggiungere gli stessi obiettivi è il primo passo per affrontare e superare queste disuguaglianze.

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