Vai al contenuto
Psicolinea.it

Sito di psicologia, online dal 2001

  • About – Tutte le Info
  • Articoli
  • Terapia online
  • Contatti
  • Privacy
  • Disclaimer
  • Credits
  • Psicolinea Sitemap Page
  • Contatti
Psicolinea.it

Sito di psicologia, online dal 2001

  • Contatti
  • About – Tutte le Info
  • Articoli
  • Terapia online
  • Contatti
  • Privacy
  • Disclaimer
  • Credits
  • Psicolinea Sitemap Page

Tag Archives: Uomini

  1. Home
  2.  :: 
  3. Posts tagged "Uomini"
  4. ( Page15 )
Infertilità e Sterilità: Intervista al Prof. Carlo Flamigni

Infertilità e Sterilità: Intervista al Prof. Carlo Flamigni

Infertilità e Sterilità: Intervista al Prof. Carlo Flamigni

Le interviste

 

GP Che differenza c’è fra infertilità e sterilità?

CF Questa domanda è interessante, perché io sto protestando per questo uso dell’antilingua che mi dà un po’ fastidio perché d’ abitudine vengono utilizzati termini che non sono corretti. Ad esempio, se lei va a guardare nel dizionario la parola ‘eterologo’, trova: ‘incontro fra gameti di specie diversa’, diversa come ad esempio quella di un ornitorinco… Si tratta ovviamente di un uso improprio. Si usano allo stesso modo anche ‘infertilità’ e ‘sterilità’ perché gli anglosassoni chiamano ‘infertility’ la sterilità. Noi, d’abitudine, diciamo che è ‘sterile’ una persona che non inizia la gravidanza se è una donna e non la fa iniziare se è un uomo; ‘infertile’ è una coppia che non riesce ad avere figli vivi o che non riescono a sopravvivere. C’è una differenza anche nelle terapie: quelle dell’infertilità non sono così importanti, complesse… Moralmente criticate, come quelle della sterilità.

GP Quale è la percentuale di coppie sterili?

La percentuale è del 15% al primo figlio, con un ulteriore 5% per il secondo figlio. Questo dato vale per l’Italia e, più o meno, per tutti gli altri Paesi europei. Nel mondo i dati cambiano a seconda dei luoghi. Ad esempio in tutti i Paesi poveri, dove c’è un’igiene difficile ed un’assistenza medica più complessa, le infertilità secondarie sono molto più numerose. Infatti, se il parto determina grandi guai, poi lei non ne fa più di figli e se il parto è senza assistenza… Uno dei problemi più gravi è quello dell’infezione puerperale, che è il più grande dramma che sia mai passato su questa terra: molto più della peste, perché ha colpito sempre, fino al 1800, senza fermarsi mai. Le pestilenze invece comparivano e scomparivano. Solo con la scoperta dell’igiene è stato possibile arginare il fenomeno.

GP Per quale motivo la sanità privata, nel settore della riproduzione assistita si è affermata più di quella pubblica?

CF Non credo che sia un merito della sanità privata, ma piuttosto un demerito della sanità pubblica. Gli Ospedali non amano la cura della sterilità, perché costa, d° pochi vantaggi, è impegnativa, per cui sono gli Ospedali che si sono tirati indietro.

Una intervista sull'anorgasmia femminile

YouTube player

ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE

GP La sterilità non viene considerata una malattia come le altre?

CF Per i medici lo è, perché i medici sono abituati a considerare malattia la sofferenza e quindi credo che per loro non esistano dubbi. Ci sono altre persone che ritengono che la sterilità sia un disagio, ma è una cosa molto difficile da sostenere, perché il disagio è un problema che la medicina non dovrebbe neppure trattare… Gli Ospedali non se ne dovrebbero occupare. Noi siamo abituati, come medici, a gestire la sofferenza come malattia. Del resto, non è che se lei fa l’autopsia ad un depresso gli trova dei tumori: però è un malato, perché è sofferente. Così la sterilità: per noi ha queste caratteristiche di malattia, così come le terapie che usiamo hanno caratteristiche di terapia vera. Lei sa che qui c’è un po’ di confusione, perché ci dicono: ‘si, però voi lasciate la sterilità che trovate…’ Certo, ma anche se curo il diabete lascio il diabete che c’è… Non lo guarisco mica…

GP Da sempre le caratteristiche umane si adattano all’ambiente e agli stili di vita: come mai, malgrado l’attesa di vita si sia dilatata enormemente negli ultimi anni, la fertilità femminile è ancora così tanto legata alla giovane età?

CF Qui c’è un duplice problema. C’è un sistema di controllo della fertilità che si basa sull’acquisizione di caratteristiche utili per avere una gravidanza tranquilla. C’è una certa quantità di tessuto adiposo, ossa ormai pienamente formate; insomma, il conseguimento di una piena maturità del corpo. A questo punto comincia la produzione di ovociti e nei primi periodo questi ovociti sono al meglio delle loro capacità. Ora, noi abbiamo sovrapposto la cultura alla biologia e quindi questi ovociti li facciamo aspettare moltissimo tempo… Il tempo perché ognuno di loro possa avere dei guai: a uno si stacca un pezzo di DNA, ad un altro un cromosoma si divide e non si ‘riappiccica’ più. Via via che passa il tempo quindi le uova invecchiano, per cui siamo in grado di migliorare la qualità della vita delle donne, che sembrano giovanissime anche quando giovanissime non lo sono più. L’invecchiamento della donna non dipende da noi: è un fatto biologico, c’è poco da fare. Occorre trovare il modo semmai, di metterli via, di metterli da parte…

GP La banca degli ovociti intende?

CF Non lo so, questa potrebbe essere un’idea, ma sa che oggi ci sono molti laboratori che oggi stanno costruendo uova?

Terapie Sessuali

GP Addirittura! Tornando alla psicologia, volevo chiederle se secondo lei lo stato psicologico incide sulle capacità riproduttive degli individui.

CF E’ un problema complesso. Può incidere moltissimo. Generalmente però, attraverso strade molto precise. Per esempio nell’uomo un problema psicologico severo impedisce di avere un rapporto sessuale tranquillo, crea problemi sessuali. Nella donna moltissime amenorree ipotalamiche sono create da stress, stanchezza psicologica ecc. e diminuiscono la fertilità. Ecco, in questo senso.

GP Molto spesso chi si sottopone a trattamenti per la riproduzione assistita deve affrontare delusioni molto forti, che inducono uno stato depressivo. Questo fa ulteriormente scendere le possibilità di successo?

CF Questa è una domanda molto difficile. Io credo intanto che questo stato depressivo sia in misura modesta, quasi inevitabile, visto il grande investimento che le persone fanno in queste tecniche, in questa fiducia magari esagerata nei mezzi della medicina. Ci sono molte cose da temere. Credo che qua siamo di fronte ad un difetto che riguarda la medicina in genere. Nei confronti della sofferenza è piuttosto grossolana. I modelli più frequenti nella medicina sono modelli basati sul contratto : tu vieni, io ti faccio e così… In realtà, se c’è una persona che ha bisogno di grandissima attenzione e di moltissimo tempo, questa è certamente una donna che fa una fecondazione assistita. Se un medico è frettoloso, è meglio che cambi mestiere. Perché dipende molto da questo la possibilità di accettare la delusione, che è la vera complicazione di queste tecniche e purtroppo accade troppo frequentemente.

GP Le persone più rilassate e tranquille insomma, hanno maggiore possibilità di riuscita, come diciamo noi psicologi?

CF Credo che sia quasi impossibile da determinare. Sono delle ricerche che empiricamente non si riescono a fare. Gli psicologi vedono molto spesso la frangia di maggiore sofferenza, la più patologica e questo crea queste convinzioni che magari a noi medici non risultano vere.

GP Quand’è che una coppia in cerca di figli deve cominciare ad allarmarsi?

CF Deve essere lasciato al buon senso, perché dipende molto dall’età delle donne. Io posso essere molto paziente e prudente quando la ragazza ha venti anni. E’ difficile che un anno di ricerca mi possa soddisfare se c’è una sterilità idiopatica: aspetta, aspetta, aspetta … Perché molti casi si risolvono da soli. E’ diverso se la coppia non è più giovanissima, se ci sono delle malattie… La stessa condizione dell’età dipende dalla presenza di fibromi, anche operati, perché possono tornare e di endometriosi, che è una malattia che recidiva sempre. In questi casi la prudenza dovrebbe insegnare ad essere un pochino più frettolosi. In questi casi ad esempio la legge chiede la gradualità: io non vedo proprio come si possa essere graduali.

GP Nel mondo cattolico si preferisce parlare di congelazione degli ovociti, piuttosto che dell’embrione. Ci sono difficoltà tecniche che impediscono ciò?

CF E’ per mia iniziativa che in Italia è iniziata la congelazione degli ovociti. Io sono sempre stato molto attento alla possibilità di congelare uova, non solo per togliere la sofferenza che il mondo cattolico sicuramente prova. Non vedo per quale ragione, se non vi sono problemi, questa sofferenza non possa essergli risparmiata…Io sono sempre stato di questa opinione. E’ una cosa interessante, molto utile da studiare, perché potrebbe risolvere il problema della conservazione della fertilità ad esempio per le ragazze che vengono trattate con una terapia antiplastica. Sono cose che hanno sempre più peso. Le ragazze guariscono, ma hanno il problema della sterilità.

Dr. Giuliana Proietti - Videopresentazione

YouTube player

Tariffe Psicoterapia

GP In America si combatte per la vita del feto, ma poi c’è la pena di morte e si mandano i soldati in guerra senza tanti scrupoli. In Italia c’è tutta questa polemica per salvare la vita dell’embrione, ma siamo in guerra anche noi. La vita umana dunque conta meno di quella dell’embrione?

CF In Italia vale certamente di più la vita del feto, perché viene protetta ai limiti del terrorismo, mente si può abortire … Fino a quando si potrà abortire, perché i pare che si stiano ponendo le basi per togliere la legge sull’aborto. Quindi, certamente questo è vero. I fondamentalismi, di tutti i tipi, perdono una cosa che è preziosa per l’uomo: il buon senso. E perdono la capacità di dialogare, di comprendere le ragioni dell’altro.

GP Cosa pensa dell’omosessualità ed in particolare delle coppie gay?

CF Io non ho problemi, per carità di Dio…Anche perché vedo dati che vengono soprattutto dagli Stati Uniti, che sono stati più attenti su questo problema e mi sembra che mostrino con grande tranquillità che i bambini che nascono da queste coppie son bambini che vengono cresciuti molto bene e non hanno alcun problema, nessuna diversità importante nei confronti di bambini che vengono allevati dalle coppie così dette ‘normali’. Certamente sono stati fatti degli errori, perché la gente è stata un po’ spaventata dall’omosessualità : in natura essa esiste anche nella specie animale, ma di questo non ci scandalizziamo.

GP La fecondazione eterologa non è accettata da coloro che pensano che il padre debba essere ‘naturale’. Mi sembra una convinzione strana, in contro tendenza, se pensiamo che sempre più spesso, a causa dei divorzi, gli uomini si trovano ad allevare figli non loro…

CF Siamo al massimo dell’ipocrisia perché c’è il 10-15% dei bambini che vive con un padre diverso dal genitore biologico e lo sa e un altro 10-12% che vive con un padre diverso e non lo sa. Quanti padri sanno infatti che il figlio non è il loro, è nato in un momento particolare della vita della coppia? Il figlio non è il loro, ma lo sanno, lo accettano, gli vogliono bene. E’ importante chi ha voluto che tu venga al mondo, non chi ha dato il patrimonio genetico, che può averlo fatto in un attimo di sbadatezza, per violenza… Lei pensi a quante fertilità vergognose ci sono… Esistono tantissimi modelli di genitorialità e quello che noi consideriamo buono è solo uno dei tanti: non so se è il più vantaggioso. Ora sto scrivendo un libro, una storia del controllo della fertilità ed ho trovato modelli di genitorialità davvero molto dissimili, ma molto interessanti. Il concetto di genitorialità insomma, non è biologico: è simbolico.

Giuliana Proietti

PSICOTERAPIA SESSUOLOGIA ONLINE
Anche su Instagram!


ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE

Chi è CARLO FLAMIGNI ?

Il Prof. Carlo Flamigni, (1933), ginecologo, Professore Ordinario di Ginecologia e Ostetricia a Bologna; dal 1° novembre 1975 al 31 ottobre 1994 ha diretto il Servizio di Fisiopatologia della Riproduzione (attualmente Servizio di Endocrinologia Ginecologica) dell’Ospedale Policlinico S.Orsola-Malpighi. E’ Relatore ufficiale di numerosi congressi nazionali ed internazionali, è stato chiamato a tenere conferenze in molte Università, fa parte del Comitato di Redazione di numerose riviste scientifiche, ha tenuto seminari e organizzato esercitazioni relativi a temi di fisiopatologia ostetrica e ginecologica. Dal 1994 al 2001 è stato Direttore dell’Istituto di Clinica Ostetrica e Ginecologica “P. Sfameni” dell’Università degli Studi di Bologna. E’ stato membro della Commissione “Assistenza Gravidanza e Parto nonché Organizzazione Servizi Ostetrici” istituita dal Ministero della Sanità e della Commissione per le Fecondazioni Assistite istituita dal Ministero di Grazia e Giustizia.

E’ stato Presidente della Società Italiana di Fertilità e Sterilità dal 90-94 e dal 1999 al 2004. E’ membro del Comitato Nazionale di Bioetica. Attualmente è coordinatore scientifico del Dottorato di Ricerca in Bioetica dell’Università di Bologna. La sua ricerca si è sviluppata particolarmente sulle tecniche di fecondazione assistita, sulla endocrinologia della donna nelle fasi di pubertà e di post-menopausa e sui tumori endocrino-dipendenti. Tra i risultati di maggior rilievo della sua ricerca, va segnalata la complessa indagine, prima sperimentale e poi clinica, relativa al congelamento degli ovociti.

Ha contribuito, con articoli di ginecologia e di ostetricia alla preparazione di numerosi libri di testo, per studenti e specializzandi. Ha pubblicato oltre 900 memorie scientifiche originali, 12 monografie e alcuni libri di divulgazione: “I Laboratori della Felicità”, “Storie di bambini piccolissimi”, Figli dell’acqua figli del fuoco”, “Il Libro della Procreazione”, “Avere un Bambino”, “Curare la sterilità”, “La Procreazione Assistita”, “Giallo uovo Un mystery romagnolo”, La reproduccion asistida, Il Grande Tabù delle donne, Come affrontare senza timori la menopausa, La compagnia di Ramazzotto.

Ha pubblicato numerosi articoli su vari problemi di bioetica. E’ stato inoltre editore di 28 volumi scientifici e di atti congressuali.
Sito internet: carloflamigni.com

Il Prof. Flamigni è morto il 05-07-2020

Psicolinea.it © Maggio 2005

Una intervista sulla violenza domestica

YouTube player

ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE

Giuliana Proietti
Dr. Giuliana Proietti

Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
TERAPIE INDIVIDUALI E DI COPPIA
ONLINE

La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

Per appuntamenti:
347 0375949 (anche whatsapp)

mail: g.proietti@psicolinea.it

Visita anche:
www.giulianaproietti.it

Pagina Facebook
Profilo Facebook
Instagram

www.clinicadellacoppia.it/
I Social
  • 1 Mag 2005
  • Dr. Giuliana Proietti
  • 0 Comments
Carl Gustav Jung

Carl Gustav Jung: una biografia

Carl Gustav Jung: una biografia


Carl Gustav Jung: “La mia vita è la storia di un’autorealizzazione dell’ inconscio”

Carl Gustav Jung (26 luglio 1875 – 6 giugno 1961) è stato uno psichiatra, psicoanalista e fondatore della psicologia analitica, noto per i suoi contributi significativi alla comprensione della psiche umana. Cerchiamo di conoscerlo meglio.

Infanzia e Adolescenza 

Jung nacque a Kesswil, in Svizzera, in una famiglia di religiosi. Suo padre, Paul Achilles Jung, era un pastore protestante, e sua madre, Emilie Preiswerk, proveniva da una famiglia di teologi. La sua famiglia era piuttosto conosciuta, dal momento che il nonno materno era stato un famoso medico, poi rettore dell’università di Basilea; il nonno paterno era stato invece un insigne ebraicista.

A causa dei numerosi figli e di diverse situazioni negative tuttavia, queste due famiglie si impoverirono e, quando nacque il futuro psicoanalista, la famiglia Jung non godeva più di alcun privilegio, né sul piano economico, né sul piano sociale.

La famiglia si spostò, per motivi di lavoro del padre, dapprima a Laufen, presso le cascate del Reno e poi in una zona periferica di Basilea, Kleinhüningen, dove divenne cappellano dell’ospedale psichiatrico Friedmatt.

Il padre era infatti pastore protestante della Chiesa svizzera riformata e aveva una visione della religione piuttosto dogmatica. Agli occhi del figlio, tuttavia, esprimeva anche una certa fragilità e una totale mancanza di fiducia nei confronti della religione che officiava:  Carl cercò sin da ragazzo, per aiutarlo, di comunicargli la propria esperienza di Dio, un Dio quasi personale, completamente diverso da quello delle sacre scritture, ma senza riuscirci.

La madre era una persona accogliente, cordiale, una brava cuoca, ma nello stesso tempo aveva alcuni aspetti della sua personalità che la rendevano inquietante agli occhi del figlio: era intuitiva e si interessava di parapsicologia, come se fosse in contatto con forze oscure.

L’infanzia del piccolo Jung fu segnata dunque da un profondo interesse per il mondo spirituale e religioso, che in seguito influenzò la sua opera.

Carl fu un bambino introverso, diffidente, pensoso, con molte fobie e incubi notturni, che rimasero indelebili nella sua memoria. Nella sua prima giovinezza passava molte ore da solo, impegnato in complessi rituali o nell’osservazione dei ritratti dei suoi nonni, avendo spesso perfino la sensazione di vederli accanto a sé nella realtà.

Terapia di coppia onlineINIZIA SUBITO UNA TERAPIA DI COPPIA ONLINE
CON LA DOTT.SSA GIULIANA PROIETTI
Terapia online, Individuale e di Coppia
 Tel. 347 0375949
Telefona o usa whatsapp
ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE

Formazione

Andando a scuola, non stabilì delle buone relazioni con i compagni, che definì nel suo libro autobiografico come dei “rustici”, diversi da lui quanto a cultura e educazione, per cui rimase senza amici e continuò da solo a coltivare i suoi rituali e la sua vita segreta.

Al liceo i compagni erano diversi: non più rustici, ma appartenenti a famiglie altolocate e benestanti, per cui Jung si sentì nuovamente diverso da loro, anche se questa volta era lui ad essere in una posizione di inferiorità, il che gli suscitava una notevole invidia sociale. Questo acuì le sue insicurezze, tanto da portarlo ad assentarsi da scuola per un periodo di sei mesi, per una fobia scolastica, che superò solo quando vide i suoi genitori realmente preoccupati per lui.

Gli interessi del giovane Jung spaziavano nei diversi campi della biologia, zoologia, paleontologia, archeologia, parapsicologia e spiritismo, con il quale nella famiglia della madre si aveva una certa familiarità. Naturalmente, visto l’ambiente in cui viveva, si interessava anche di religione, ma non quella che gli aveva insegnato il padre: la sua era una vera e propria ricerca del «mistero» relativo alla divinità, all’uomo, alle cose.

Il libro che lo colpì di più fu Così parlò Zarathustra di Nietzsche. Come per il Faust di Goethe, scrisse Jung nei suoi Ricordi, ‘si trattò di un’esperienza terribile’ probabilmente per  il timore del maleficio, generato dalla follia sovvertitrice, di cui si parla in questi libri. 

Frequentò l’Università di Basilea, dove studiò medicina. L’anno successivo alla sua iscrizione a medicina morì il padre, lasciando una misera eredità. Jung diventò il capofamiglia e cominciò nello stesso tempo a frequentare assiduamente degli amici presso la società di Zofingia, dove ebbe scambi culturali e amicali con altri universitari. Fu un periodo di eccessi, tanto che gli amici lo chiamavano “la botte”, alludendo alle quantità di alcol ingurgitate.

Nel 1900 si laureò in medicina con una tesi sui fenomeni medianici accaduti alla cugina Helene Preiswerk; in seguito alla lettura di un libro di Krafft –Ebing decise di specializzarsi in psichiatria, per cui si trasferì a Zurigo e al Burghölzli, celebre clinica psichiatrica, dove divenne assistente e allievo di Eugen Bleuler, un pioniere nello studio della schizofrenia.

Psicolinea 20+anni di attività

Carriera Professionale

A Burghölzli, Jung iniziò, con eccezionale successo, ad applicare i test di associazione verbale avviati da precedenti ricercatori (in particolare Francis Galton, cugino di Darwin). Jung studiò in particolare, le risposte peculiari e illogiche date dai pazienti alle parole-stimolo, scoprendo che esse erano causate da gruppi di associazioni emotivamente cariche trattenute dalla coscienza a causa del loro contenuto sgradevole, immorale  frequentemente sessuale. Per descriverle usò l’ormai famoso termine “complessi“.

Per il giovane Jung questa prima esperienza professionale fu sorprendente: si stupiva in modo particolare che gli insegnanti di psichiatria non s’interessassero affatto della vita interiore dei loro pazienti, ma solamente a sintomi, statistiche, osservazioni comportamentali, per cui ‘la psicologia del malato mentale non aveva nessuna parte da adempiere’.

Le sue ricerche lo avevano ben presto reso uno psichiatra di fama internazionale. I risultati delle sue esperienze professionali furono pubblicati, fra il 1904 ed il 1907 in libri che gli dettero una discreta fama a livello scientifico: si trattava degli Studi sulla associazione diagnostica, La psicologia della dementia praecox e Il contenuto delle psicosi.

Vita Personale

Nel 1903 Jung sposò una ricca ereditiera, Emma Rauschenbach, che rimase sua moglie fino alla morte di lei, nel 1955. Questo matrimonio rese Jung una persona molto benestante e appartenente ad una famiglia con ottime relazioni sociali. Da Emma ebbe cinque figli, quattro femmine e un maschio.

Nel 1905 conseguì la libera docenza in psichiatria e nello stesso anno fu nominato primario della clinica psichiatrica dell’Università di Zurigo. Aveva solo 30 anni.

Psicolinea sempre con te
Dr. Giuliana Proietti - Tel. 347 0375949
Dr. Walter La Gatta  - Tel. 348 3314908

L’incontro con Freud

Sul piano lavorativo, Jung si accorse che le sue scoperte confermavano molte delle idee di Freud, che nel 1900 aveva pubblicato L’interpretazione dei sogni. Anche Freud aveva letto un libro di Jung, quello sulla demenza precoce, per cui nel 1907 i due studiosi decisero di conoscersi. Freud invitò a Vienna il giovane collega. Di questo primo incontro fra i due grandi della psicoanalisi si sa che durò circa 13 ore consecutive. Freud fece molta impressione a Jung: lo trovò “il primo uomo veramente notevole che avesse mai incontrato. In lui non c’era nulla che fosse banale, la sua intelligenza era fuori del comune, acuto, notevole sotto ogni aspetto”. Anche Freud rimase colpito da Jung, tanto da considerarlo quasi immediatamente come suo “successore” in ambito psicoanalitico.

Gli anni di collaborazione con Freud

Jung entrò a far parte dell’Associazione Psicoanalitica Internazionale, fondata da Freud, e cominciò il suo profondo studio della psicoanalisi. In seguito divenne presidente dell’Associazione e redattore dello «Jahrbuch fiir Psychologische und Psychopathologische Forschungen».

Nel 1909 Jung, assieme a Freud e Ferenczi, si recò alla Clark University di Worcester, nel Massachusetts, dove ricevette la laurea «honoris causa» in legge e Freud tenne un ciclo di conferenze. Nello stesso anno rinunciò al posto al Burghólzli, per dedicarsi alla libera professione di psicoanalista e ai suoi studi.

Nel 1910 fu eletto presidente della Associazione psicoanalitica internazionale e direttore dello “Jahrbuch“, la rivista ufficiale della società psicoanalitica.

L’allontanamento da Freud

Nel 1912 Jung pubblicò il libro Trasformazioni e simboli della libido. In questo libro lo psicoanalista svizzero prese una posizione divergente rispetto alla psicoanalisi freudiana, introducendo nuovi concetti e dissentendo su alcuni aspetti relativi alla concezione della sessualità (in particolare l’energia libidica).

Jung pensava alla libido come al corrispondente psichico dell’energia fisica, e quindi, più o meno, come un concetto quantitativo, che perciò non avrebbe dovuto essere definito in termini qualitativi, come faceva Freud. La libido in questa nuova concezione non era più un istinto sessuale, come lo aveva definito Freud, ma una manifestazione dell’energia psichica che riguardava tutti gli istinti umani.

Questi primi disaccordi teorici con il fondatore della psicoanalisi, cresciuti nelle conferenze tenute a New York, nella relazione letta al congresso dell’associazione psicoanalitica svoltosi a Monaco nel mese di agosto del 1914 lo portarono nel mese di ottobre dello stesso anno a separarsi da Freud, dal movimento psicoanalitico, di cui era presidente e dalla carica di direttore dello “Jahrbuch” .


Terapie online, ovunque tu sia
Dr. Giuliana Proietti - Tel. 347 0375949

Contributi Teorici

Negli anni seguenti Jung si dedicò all’attività psicoterapeutica privata, a lunghi viaggi (Nord America, Nuovo Messico, Kenya, Egitto e India), all’ elaborazione delle sue teorie e alla stesura di numerosi saggi e libri. Tra il 1913 e il 1919 Jung si sottopose inoltre ad una profonda autoanalisi, rivelata nei suoi appunti autobiografici pubblicati tra il 1962 e il 1963 e raccolti poi nel libro Ricordi, sogni, riflessioni.

Da ragazzo Jung aveva sogni straordinariamente sorprendenti e fantasie potenti che si erano sviluppate con un’insolita intensità. Dopo la sua rottura con Freud, Jung deliberatamente permise a questo aspetto di se stesso di attivarsi di nuovo, dando libera espressione al lato irrazionale della sua natura.  Allo stesso tempo, Jung scriveva note dettagliate delle sue strane esperienze.

In seguito sviluppò la teoria secondo cui queste esperienze provenivano da un’area della mente che egli chiamava inconscio collettivo, che egli considerava universalmente condiviso. Questa concezione, molto contestata dai freudiani, si combinava con la teoria degli archetipi, cioè schemi istintivi, che hanno un carattere universale e sono espressi nel comportamento e nelle immagini.

Jung denominò la propria dottrina «psicologia analitica» o «dei complessi», distinguendola dalla psicoanalisi.

Nel 1917 pubblicò La psicologia dei processi inconsci e nel 1921 la sua opera più importante, i Tipi psicologici, cui seguì, nel 1928, L’io e l’inconscio.

La psicologia analitica

Jung dedicò il resto della sua vita a sviluppare le sue idee, specialmente quelle sulla relazione tra psicologia e religione. Dal suo punto di vista, alcuni testi ,oscuri e spesso trascurati, di scrittori del passato possono spiegare sogni e fantasie, per cui Jung riteneva che i terapeuti dovessero prendere confidenza con gli scritti dei vecchi maestri.

Oltre allo sviluppo di nuovi metodi psicoterapeutici derivati ​​dalla sua esperienza, Jung dette nuova importanza alla cosiddetta tradizione ermetica. Concepì la religione cristiana come facente parte di un processo storico necessario per lo sviluppo della coscienza.

Pensò inoltre che i movimenti eretici, a partire dallo gnosticismo fino all’alchimia, fossero manifestazioni di elementi archetipici inconsci non adeguatamente espressi nelle forme principali del cristianesimo. Jung era particolarmente colpito da come i simboli si potevano trovare frequentemente nei sogni e nelle fantasie moderne, e pensava che gli alchimisti avessero costruito una sorta di libro di testo dell’inconscio collettivo. Espose questi concetti in 4 dei 18 volumi che compongono la sua opera omnia.

Jung consigliava ai suoi pazienti di dedicarsi allo studio dei miti espressi nei sogni e nell’immaginazione: facendo questo essi avrebbero potuto diventare personalità più complete. Chiamò questo processo Individuazione.

Dr. Giuliana Proietti - Videopresentazione

YouTube player

Tariffe Psicoterapia

Il Nazismo

Jung pensava che la Germania occupasse una posizione speciale in Europa; la rivoluzione nazista ebbe, quindi un valore altamente significativo per lui, tanto che fu considerato un simpatizzante nazista. Nel 1930 Jung fu nominato presidente onorario della Associazione tedesca di psicoterapia. Nel 1933, con l’avvento del nazismo, questa Associazione, cui aderivano parecchi psicoterapeuti ebrei, fu sciolta e ne fu creata un’altra, la Società Internazionale di Psicoterapia di cui Jung fu ancora presidente, seppure si trattasse di una istituzione nazista.

Nel 1934 Jung fu criticato per la sua adesione a questa organizzazione di origine nazista ed anche per la sua funzione di redattore capo della rivista “Zentralblatt fur Psychotherapie”, un periodico di analoga matrice nazista. Il terapeuta svizzero replicò sostenendo che la sua presenza in questi organismi avrebbe permesso di salvaguardare l’attività degli psicoterapeuti tedeschi ebrei, suoi amici e colleghi. La relazione tra Jung e il nazismo continuò, anche dopo la guerra, ad essere oggetto di numerose polemiche e dibattiti.

L’insegnamento

Negli anni successivi divenne professore di psicologia presso l’Università Politecnica Federale di Zurigo (1933-1941) e professore di psicologia medica presso l’Università di Basilea (1943).

Ultimi anni

Negli ultimi tempi Jung si concentrò sempre più su temi di storia delle religioni, sulla cultura orientale, sulla mitologia, sull’alchimia. I risultati più salienti di questi suoi studi si trovano in Psicologia e Religione (1940), Psicologia e alchimia (1944), La psicologia del transfert (1946), Aiòn (1950). Numerose anche le sue collaborazioni : con Richard Wilhelm, esperto di filosofia e religione cinesi, traduttore dell’antico libro cinese di saggezza e oracoli I King; in seguito collaborò con l’indianista tedesco Heinrich Zimmer, poi col filologo e mitologo ungherese Karl Kerényi.

Nel 1948 fu fondato a Zurigo, su iniziativa di varie associazioni nazionali e straniere, il «C.G. Jung Institut», istituto di ricerca e d’insegnamento sulla base della psicologia analitica, sotto la presidenza dello stesso Jung.

Negli ultimi anni della sua vita, Jung si ritirò per lunghi periodi a Bollingen con la sua amante, dove costruì una torre che divenne il suo rifugio spirituale. Continuò a scrivere e a sviluppare le sue idee fino alla sua morte nel 1961, nella sua casa coniugale di Küsnacht, sulle rive del lago vicino a Zurigo, la famosa casa da lui acquistata nel 1908 e da allora divenuta meta di pellegrinaggi. 

PER APPUNTAMENTI
Telefona o usa Whatsapp
347 0375949

Curiosità

Il Libro Rosso

Nel 2009 è stato pubblicato il “Red Book”, un manoscritto che Jung ha scritto negli anni 1914-30. Era, secondo il racconto di Jung, un resoconto del suo “confronto con l’inconscio”. Esso contiene il suo resoconto delle sue immaginazioni, delle sue fantasie, delle sue allucinazioni con bellissime illustrazioni a colori.

Le donne

Jung ebbe una lunga e importante relazione sentimentale con la sua paziente Sabina Spielrein, di dieci anni più giovane, che in seguito divenne lei stessa una brillante psicoanalista. ‘Le donne – raccontò una volta Emma, la moglie di Jung – erano tutte innamorate di lui’, e lui non era certamente insensibile al loro fascino. Sabina Spielrein fu sua amante fino al 1913, ma Jung aveva negli ultimi tempi perfino paura di lei e del suo amore travolgente: credeva che fosse il diavolo, che volesse impossessarsi di lui e distruggerlo. Per questo la allontanò.

Successivamente ebbe una relazione importante, sempre parallela a quella coniugale, che durò fino alla morte di lei: stiamo parlando di Toni Wolff, anche lei divenuta psicoanalista, come del resto Emma, la moglie di Jung.

Toni aveva ventidue anni quando entrò in analisi, nella metà del 1910, con il professor Jung, allora trentacinquenne.  La morte del padre amatissimo le aveva provocato una profonda depressione. Era una ragazza ricca, colta, cresciuta in una casa piena di opere d’arte e orientaleggiante perché suo padre, che era stato console in Giappone, amava tutto ciò che veniva da quel paese. Aveva studiato in Inghilterra, ed i suoi interessi riguardavano la filosofia, la religione e la mitologia. Furono questi comuni interessi a stabilire un legame fortissimo fra i due.

Oltre a queste storie importanti, ve ne furono molte altre con delle studentesse, delle allieve, delle collaboratrici, ecc., ma nonostante questo Jung non volle mai lasciare la moglie, cui sopravvisse per pochi anni.

Le case

Nel 1910 Jung si trasferì nella casa di Küsnacht, un paesino a 8 km da Zurigo, al numero 228 della SeeStrasse. Sull’architrave del portone è scritta la famosa frase Vocatus atque non vocatus deus aderit (invocato o non invocato, il dio verrà), una frase che risale all’oracolo di Delfi, dove la parola “dio” va intesa come «domanda ultima».

“Misi quell’iscrizione per ricordare ai miei pazienti e a me stesso che il timore di Dio è l’inizio della sapienza, come dice il Salmo. E perché tutti i fenomeni religiosi, che non siano meri rituali della Chiesa, sono strettamente intrecciati con le emozioni”.

Küsnacht fu lo specchio della personalità numero 1 di Jung, quella del famoso psichiatra, dell’uomo di successo, mentre la casa della personalità numero 2, quella dell’Ombra e dell’introversione, sarebbe diventata diversi anni dopo quella di Bollingen, trenta chilomentri più a sud, sempre sul lago di Zurigo.

La casa di Bollingen nacque dall’esigenza di Jung di “dare una qualche rappresentazione in pietra dei miei più interni pensieri e del mio sapere“. Inizialmente aveva progettato per quel luogo, acquistato con l’eredità della madre, una capanna di forma rotonda, stile africano, ossia uno spazio condiviso fra uomini e animali insieme, in modo primitivo. Jung contribuì a costruirla con le sue stesse mani, nei fine settimana.

Dice Jung: «Fin dal principio in questa torre provai un intenso senso di riposo e di ristoro…Ho rinunciato alla corrente elettrica: io stesso accendo il fuoco e la stufa, e a sera le vecchie lampade. Non vi è acqua corrente e pompo l’acqua da un pozzo: spacco la legna e cucino il cibo. Questi atti semplici rendono l’uomo semplice».

Quattro anni aggiunse una struttura orizzontale e ancora quattro anni dopo una seconda torre e, infine, nel ’55, dopo la morte di Emma, vi costruì sopra un’altra stanza, che teneva chiusa a chiave, dalla quale non si separava mai. Bollingen era un luogo quasi magico, dove si aggiravano i fantasmi e le pietre si mettevano a cantare e suonare «come un’intera orchestra». Le torri rappresentavano le sue due donne: la donna madre di famiglia e l’amante, la compagna di interessi e fantasie. Una donna per ciascuna delle due personalità che sentiva di avere.

I concetti fondamentali di Jung

. Inconscio personale –> costituito da sentimenti e pensieri individuali, accumulatisi nel corso della vita dell’individuo;

. Inconscio collettivo –> Risorsa universale, accessibile a tutti gli appartenenti all’umanità, contenente gli archetipi, ossia immagini collettive ereditate dai tempi passati, sepolte nell’inconscio dell’intera umanità.

. Archetipi –> Sono immagini primordiali e corrispondono a esperienze condivise da tutti gli individui;

. Approccio terapeutico di Jung –>riconciliare le forze opposte all’interno della personalità. Non solo estroversione e introversione, ma anche sensibilità e intuizione, emozioni e pensiero razionale. Attraverso la comprensione dell’integrazione tra inconscio personale e inconscio collettivo, la terapia permette di arrivare a uno stato di individuazione o interezza: il Sé.

Giuliana Proietti

Una Conferenza sulla Paura

YouTube player

A10

Audrey Hepburn: talento, grazia e impegno umanitario
Audrey Hepburn: talento, grazia e impegno umanitario
Antoine de Saint-Exupery: una biografia
Antoine de Saint-Exupery: una biografia

Dr. Giuliana Proietti Tel 347 0375949
Dr. Walter La Gatta   Tel 348 3314908

 

Giuliana Proietti
Dr. Giuliana Proietti

Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
TERAPIE INDIVIDUALI E DI COPPIA
ONLINE

La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

Per appuntamenti:
347 0375949 (anche whatsapp)

mail: g.proietti@psicolinea.it

Visita anche:
www.giulianaproietti.it

Pagina Facebook
Profilo Facebook
Instagram

www.clinicadellacoppia.it/
I Social
  • 1 Ago 2018
  • Dr. Giuliana Proietti
  • 0 Comments
Van Gogh: arte e follia

Vincent Van Gogh: arte e follia

Vincent Van Gogh: arte e follia



Vincent Willem van Gogh
nacque a Zundert il 30 marzo 1853, primogenito di Theodorus, pastore protestante, e di Anna Cornelia Carbentus. Suo fratello Theo nacque quattro anni dopo. La famiglia divenne presto numerosa, cosicché Vincent, compiuti gli studi fondamentali, dovette mettersi a lavorare.

Nel 1869 fu assunto come apprendista dalla ditta Groupil, in cui era socio un suo zio che operava sul mercato artistico internazionale. I primi tre anni, fino al 1872, lavorò all’Aia, poi fu trasferito a Londra dove rimase fino al maggio 1875 per essere trasferito di nuovo, e questa volta contro la sua volontà, a Parigi.

In questi anni ebbe modo di mostrare un interesse per la pittura, non altrettanto per il suo commercio. Fu questa sua avversione per il mercato dell’arte che lo portò ad abbandonare tutto e a ritornare a casa dai genitori nel 1876.

Psicolinea Facebook

A 23 anni Vincent non sa ancora quello che vuole, si dedica completamente allo studio della Bibbia per cercare forse delle risposte alle sue latenti inquietudini e alla sua ansia di rendersi utile.

Lavorò dapprima a Ramsgate come insegnante in un collegio, poi si trasferì a Isleworth, nella periferia di Londra, dove gli fu permesso anche di predicare. Poi nello stesso anno, 1876, ritornò in Olanda dove trovò un breve impiego come libraio a Dordrecht, quindi si recò all’Aia per continuare gli studi teologici, che interruppe allorché venne chiamato come predicatore evangelista nella regione belga del Borinage. Qui vive gli stenti e le privazioni dei minatori, fino a dividere con loro ogni suo avere. Fu questa esperienza a segnare il destino di quello che diventerà uno dei più grandi artisti al mondo.

Infatti qui ebbe il suo primo esaurimento, che forse non lo abbandonò più, ma nel contempo gli nacque l’idea di dedicarsi all’arte del disegno e della pittura prendendo spunto proprio dai minatori e dal loro ambiente di vita, come se in qualche modo, attraverso la sua opera, potesse testimoniare una condizione di vita infame.

Cominciò la carriera artistica come disegnatore e non come pittore per una scelta precisa e voluta perché sapeva che doveva procedere per gradi esercitandosi prima con la matita, il gessetto nero, il carboncino, l’inchiostro con l’intenzione di scoprirne le segrete azioni specifiche e tutte le loro caratteristiche.

Lasciato il Borinage, dove aveva riempito i suoi taccuini di disegni, Vincent andò a Bruxelles per studiare l’anatomia e la prospettiva, poi, assillato sempre più dalle difficoltà economiche, ritornò a casa dei suoi. Dopo l’ennesima violenta lite con i genitori, nel 1881 li lasciò e se ne andò a l’Aia dal cugino Mauve che si offerse anche per delle lezioni di disegno. Qui divise la sua esistenza con la prostituta Christine, che accolse per curarla e aiutarla e che poi divenne la sua modella e compagna per un po’ di tempo.

Psicolinea consulenza online
...E' gratis!

La mancanza di soldi costituiva un vero “tormento” per il giovane che se ne ritornò dai suoi con i quali aveva migliorato i rapporti. Nel 1885 morì improvvisamente il padre e allora Vincent se ne andò prima ad Anversa dove si dedicò all’approfondimento dell’arte giapponese e poi nel 1886 a Parigi chiamato dal fratello Theo, con il quale era rimasto sempre in contatto, che dirigeva una galleria d’arte a Montmartre e che gli parlò di nuovi artisti, gli “Impressionisti”, che lo avevano colpito favorevolmente.

Aveva nel frattempo terminato “I mangiatori di patate”, uno dei suoi capolavori in cui esprime pienamente la sua volontà di denuncia sociale e la sua visione morale dell’arte con delle pennellate aggressive e vibranti che rivelano crudelmente le mani deformate dal lavoro, i volti ossuti e rugosi della povera gente:

“lavorando ho voluto fare in modo che si capisse che quei popolani che, alla luce della lampada, mangiano le loro patate prendendole dal piatto con le mani, hanno personalmente zappato la terra in cui le patate sono cresciute…”

Nel marzo 1886 era, come abbiamo già detto, a Parigi, ospite dell’amato fratello Theo e forse passò i due anni più felici della sua vita. Poté confrontarsi con i pittori emergenti, avere scambi di idee; alcuni li conobbe personalmente nella bottega di colori di Père Tanguy come Pissarro, Monet, Renoir, Cezanne. Dedicò poi un ritratto a questo negoziante che aveva già intravisto nel pittore olandese un grande artista e che ne condivideva anche le idee utopico-socialiste.

Nel quadro dietro al soggetto lo sfondo è tutto tappezzato di stampe giapponesi oggetto degli studi da parte dell’artista ad Anversa e che lo influenzarono soprattutto per l’uso del colore. Nel 1887 passò molto tempo a dipingere in compagnia di Paul Signac; dipinse ritratti, vedute di città e paesaggi nello stile Impressionista e Neo-Impressionista. In Novembre organizzò una mostra di artisti che chiamava gli “Impressionistes du petit boulevard” e conobbe Seurat, Gauguin e Guillaumin.

Relazione La sessualità femminile fra sapere e potere

YouTube player

Convegno Diventare Donne
18 Marzo 2023, Castelferretti Ancona
ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE

La vita frenetica che aveva condotto a Parigi lo aveva indebolito sia fisicamente che mentalmente e il suo lavoro cominciò a risentirne. Nel febbraio 1888 partì per Arles nel sud, alla ricerca di pace e di un clima più caldo e si sistemò in una casa dalla facciata dipinta di giallo che decorò al suo interno con una serie di tele che rappresentano i girasoli.

È il giallo il colore fondamentale dell’opera arlesiana di Van Gogh che abbandona il tratto divisionista per esprimersi con l’uso di colori molti accesi. In Provenza non trovò, a dire la verità, il clima migliore che sperava: la temperatura era sotto zero come a Parigi e c’era la neve. In marzo ed aprile dipinse molte versioni de “il ponte di Langlois”, in cui cercò di rappresentare il paesaggio provenzale al modo delle incisioni su legno giapponesi.

“Il paese mi sembra altrettanto bello del Giappone, per la limpidezza dell’atmosfera e gli effetti di vivacità del colore”.

Su insistenza del fratello Theo si decise a mandare tre tele al Salon des Indépendants.

Seguici su YouTube Psicolinea Channel

Cominciò un’attività frenetica che lo portò a dipingere quadri ormai celebri oggigiorno come “Il caffè di notte-interno” e “Il caffè di notte-esterno” in cui, come disse in una lettera a suo fratello Theo, cercava di far capire che il caffè notturno non era solo il paradiso degli ubriachi e dei vagabondi ma anche un rifugio necessario, anche se pericoloso, per gli artisti di scarso successo come lui , era un posto dove ci si poteva rovinare, diventare pazzi e commettere crimini. Il compito di comunicare sensazioni ed emozioni è affidato esclusivamente al colore e più che ai contrasti di colori puri, agli accostamenti di colori complementari (rosso-verde, blu-arancio).

Ad Arles lo raggiunse nell’ottobre 1888 Paul Gauguin e per Vincent fu come rinascere, tanto era l’entusiasmo di poter dividere delle idee e delle esperienze pittoriche con un’artista che aveva sempre stimato: la sua salute migliorò subito ed in due mesi dipinse altri capolavori come “Les Alyscamps”,”Camera da letto”, “L’Arlésienne”. Poi, le incompatibilità di carattere tra van Gogh e Gauguin divennero insostenibili durante il mese di dicembre e culminarono in una violentissima lite durante la quale Vincent si tagliò un orecchio inducendo il pittore francese a tornarsene a Parigi.

Rimasto solo, il nostro decise spontaneamente di farsi ricoverare nell’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy dove si sottomise alle cure del dott. Peyron. Gli fu permesso di lavorare all’interno dell’ospedale e Vincent trovò molti soggetti nel giardino dell’ospedale stesso e li dipinse come gli “Iris”e i “Lillà”.

A proposito della “natura morta con iris” si può dire che, mentre “i girasoli” erano stati dipinti con sfumature di colore apparentate strettamente fra loro, qui lo schema è quello dei colori complementari: il blu violaceo degli iris contrasta con l’arancio ocra del vaso e della superficie di appoggio e con il giallo dello sfondo.

Psicolinea for open minded people

Quando gli fu permesso di lavorare fuori dell’ospedale, con un accompagnatore, si dedicò a dipingere soggetti tipici della Provenza, ulivi e soprattutto cipressi. Malgrado però l’ottimismo del dott.Peyron, le condizioni di salute di Vincent van Gogh peggiorarono a metà luglio e lo costrinsero al riposo assoluto fino a settembre.

Riprese quindi a lavorare dedicandosi a dipingere parecchie copie in grande formato da lavori di Millet e di Delacroix ma l’instabilità mentale aveva ormai il sopravvento sull’artista portandolo ad una debilitazione fisica notevole.

Nell’aprile 1890 fu preso dall’irresistibile voglia di andarsene da Saint Rémy e, dopo una breve tappa a Parigi per conoscere la donna con la quale il fratello Theo si era da poco sposato, si rifugiò ad Auvers-sur-Oise, dove il dott.Gachet aveva accettato di accoglierlo e di curarlo.

Oltre a dipingere paesaggi si dedicò con una certa regolarità ai ritratti che considerava un genere particolarmente commerciabile, che gli poteva permettere una certa indipendenza economica dal fratello che adesso aveva una famiglia. Il suo primo modello ad Auvers fu proprio il dottor Gachet, appassionato collezionista di pittura, che rimase entusiasta della tela.

Il dottore è ritratto con un berretto da marinaio bianco; era un medico omeopatico un po’ eccentrico e van Gogh alluse alla sua professione introducendo nel dipinto i fiori medicinali di digitale. In questi ritratti, che riecheggiano il sintetismo di Gauguin, l’artista olandese non voleva ottenere una somiglianza fotografica ma piuttosto trasferire un’espressione e nel ritratto di Gachet in particolare cercò di cogliere l’espressione triste della nostra epoca.

Vicino ad Auvers van Gogh scoprì le grandi distese ondulate della pianura che al tempo della mietitura attiravano grandi stormi di corvi e ne fu attirato per una loro rappresentazione. Il suo stato d’animo, che in quel momento era profondamente alterato, lo portò ad usare non il pennello ma una spatola per stendere il colore a grandi colpi, come animato da una furia distruttrice: il cielo è tempestoso, il campo di grano agitato dal vento e su tutto dominano i tratti neri e drammatici delle ali dei corvi quasi a costituire una funerea premonizione di sventura e di morte.

E per questi campi, il 27 luglio, si avvierà senza i suoi colori ed il cavalletto, per sparare ai corvi ma rivolgerà l’arma contro se stesso arrivando all’atto estremo. Il proiettile non colpì il cuore, così Van Gogh ebbe la forza di ripercorrere il tragitto fino alla sua camera. Soltanto la sera i coniugi Ravoux , insospettiti dalla sua assenza, salirono in camera e scoprirono tutto. Chiamarono il dottor Gachet il quale dopo aver ritenuto impossibile estrarre la pallottola contattò il fratello Théo.

L’indomani Théo trovò Vincent disteso sul letto, come se nulla fosse, che fumava la pipa. I due parlarono per tutto il giorno. Théo si stese sul letto accanto a Vincent, che morì alcune ore dopo.

Il pittore Emile Bernard, da lungo tempo amico di Vincent, raccontò nei dettagli il funerale a Gustave-Albert Aurier:

La bara era già chiusa.Sulle pareti della stanza dove il suo corpo giaceva, quasi a fargli da alone, erano appesi tutti i suoi dipinti, e la brillantezza del genio che si irradiava da loro rendeva la sua morte ancor più dolorosa per noi artisti che eravamo là. La bara era rivestita di un semplice drappo bianco e circondata da mazzi di fiori, i girasoli che amava tanto, dalie gialle, fiori gialli ovunque. Era questo, se ben ricordo, il suo colore preferito, il simbolo della luce che egli sognava albergasse nel cuore delle persone così come nelle opere d’arte. Accanto a lui sul pavimento di fronte alla sua bara c’erano anche il suo cavalletto, il suo seggiolino pieghevole e i suoi pennelli.

Molta gente arrivò, soprattutto artisti, tra i quali riconobbi Lucien Pissarro e Lauzet. Non conoscevo gli altri, anche gente del luogo che lo aveva conosciuto un poco, lo aveva visto una volta o due e ai quali era piaciuto perché era così di buon cuore, così umano . . . .
Eravamo là, completamente silenziosi, tutti assieme attorno a questa bara che conteneva il nostro amico. Alle tre in punto la salma venne rimossa e caricata dagli amici sul carro funebre, numerose persone erano in lacrime. Theodore van Gogh che si era dedicato a suo fratello, che lo aveva sempre sostenuto nel suo sforzo di mantenersi per mezzo della sua arte, singhiozzò in modo pietoso per tutto il tempo . . . .

Il sole fuori era terribilmente caldo. Salimmo la collina fuori Auvers parlando di lui, dell’impulso audace che aveva dato all’arte, dei grandiosi progetti ai quali pensava in continuazione, e di tutto il bene che aveva fatto a tutti noi. Raggiungemmo il cimitero, un piccolo cimitero nuovo disseminato di nuove tombe. Si trova sulla collinetta sopra i campi maturi per il raccolto sotto l’ampio cielo blu che egli avrebbe ancora amato . . . forse.

Quindi fu adagiato nella fossa . . . . Chiunque avrebbe cominciato a piangere in quel momento . . . il giorno sembrava così fatto apposta per lui perché uno potesse fare a meno di immaginare che egli era ancora vivo e ne stava godendo . . . .

Il dottor Gachet (che è un grande amante delle arti e possiede una delle migliori collezioni di dipinti impressionisti al giorno d’oggi) volle pronunciare poche parole di omaggio per Vincent e la sua vita, ma egli pure piangeva così forte che potè solo balbettare un addio molto confuso . . . (forse fu questo il modo migliore di farlo).

Egli diede una breve descrizione delle lotte e dei successi di Vincent, affermando quanto sublime fosse il suo intendimento e quale grande ammirazione provasse per lui (sebbene lo avesse conosciuto solo molto poco). Egli era, disse Gachet, un uomo onesto e un grande artista, aveva solo due obiettivi, l’umanità e l’arte. Era l’arte ciò che egli stimava sopra qualsiasi altra cosa e che avrebbe mantenuto vivo il suo nome.

Poi ce ne tornammo via. Theodore van Gogh era affranto dal dolore; tutti eravamo molto commossi, alcuni se ne andarono verso l’aperta campagna mentre altri tornavano verso la stazione.”

Vincent van Gogh non aveva venduto un quadro in vita, se non al fratello Theo e al dottor Gachet che lo aveva ospitato gli ultimi giorni di vita. Theo morì sei mesi dopo lasciando alla moglie tutta l’opera del fratello.

Lanfranco Bruzzesi

Imm. Wikimedia

A12

Audrey Hepburn: talento, grazia e impegno umanitario
Audrey Hepburn: talento, grazia e impegno umanitario
Antoine de Saint-Exupery: una biografia
Antoine de Saint-Exupery: una biografia

Dr. Lanfranco Bruzzesi
Dr. Lanfranco Bruzzesi

Appassionato di musica, collabora con psicolinea per la stesura di biografie di personaggi famosi, in particolare nel mondo della musica. Lanfranco Bruzzesi è inoltre il principale ispiratore dell’Associazione Culturale Ankon Cultura, che ha sede ad Ancona e che organizza conferenze, viaggi ed altri eventi culturali.

I Social
  • 21 Apr 2018
  • Dr. Lanfranco Bruzzesi
  • 0 Comments
Freud, il caso del presidente Schreber, la paranoia

Freud, il caso del presidente Schreber, la paranoia

Freud, il caso del presidente Schreber, la paranoia

Freudiana

GUARDA I VIDEO DI FREUDIANA SUL NOSTRO CANALE YOUTUBE

Il caso del Presidente Schreber rappresenta uno dei contributi più significativi di Sigmund Freud alla psicoanalisi: è un saggio del 1910, “Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia descritto autobiograficamente”. L’interesse di Freud al caso Schreber non era quello di approfondire la biografia dell’autore del libro, ma di leggere queste memorie in chiave psicoanalitica, per illustrare le sue teorie. In questo senso si è parlato di “patografie” freudiane. Cerchiamo di saperne di più.

  • Chi era Schreber

Daniel Paul Schreber (1842-1911) era un eminente giurista tedesco e presidente della Corte d’Appello di Dresda, diventato famoso non tanto per la sua carriera giuridica, quanto per il suo struggente racconto autobiografico della sua battaglia contro la malattia mentale, intitolato “Memorie di un malato di nervi” (1903).

Schreber era nato a Lipsia, in Germania, nel 1842, secondo dei cinque figli di Pauline e Daniel Gottlieb Moritz Schreber (1808-1861). Il padre era un famoso educatore, dalle idee molto rigide. Daniel aveva studiato legge ed era diventato un magistrato molto stimato alla Corte d’Appello di Dresda.

Nel 1893, quando aveva cinquantun anni, lo colpì una grave malattia mentale che lo costrinse a circa dieci anni di internamento in una clinica psichiatrica di Lipsia, seguito dallo stesso direttore dell’Istituto, l’anatomista P.E. Flechsig.

Dopo le dimissioni dalla clinica di Lipsia pubblicò le sue memorie, con il racconto dettagliato dei propri deliri ed il testo dei rapporti legali scritti su di lui dagli esperti.

Intervento del 14-09-2024 su Sessualità e Terza Età
Dr. Giuliana Proietti

YouTube player

 

  • Il libro

Con queste Memorie, Schreber voleva dimostrare di non essere pazzo, a seguito di un suo ricorso in appello contro la sentenza di interdizione. Il ricorso venne sorprendentemente accolto, grazie a questo libro, e Schreber poté riprendere il suo posto.

Il libro era sicuramente interessante per la descrizione della malattia mentale, anche se mancava di dettagli importanti : non venivano infatti rivelati alcuni dati circa la famiglia del magistrato, la sua infanzia, la storia della sua vita prima del ricovero.

Anche la malattia non veniva descritta nel libro nella sua evoluzione cronologica, giorno dopo giorno, ma veniva rappresentata solo nella sua forma finale, quella che aveva provocato la necessità del ricovero.

Una Conferenza su Edward Bernays e l'invenzione della Propaganda

YouTube player

ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE

  • Schreber e le sue allucinazioni

La crisi aveva avuto inizio quando un giorno, nel dormiveglia, il presidente Schreber si era trovato a pensare che dovesse essere «davvero molto bello essere una donna che soggiace alla copula». Da questo momento si sviluppò in lui un lungo delirio, nel quale erano implicati dèi, astri, demiurghi, complotti, catastrofi cosmiche, rivolgimenti politici. Al centro di tutto questo sconvolgimento era la convinzione del magistrato che un Dio doppio e persecutore lo stesse trasformando in una donna.

Schreber racconta dei suoi dialoghi col sole, gli alberi, gli uccelli, immaginandoli come frammenti di anime di persone decedute ed anche dei suoi dialoghi con Dio, il quale si rivolgeva a lui in un tedesco nobile e gli chiedeva di ristabilire l’Ordine del Mondo.

Ogni essere umano era, secondo la mente disturbata del magistrato, attraversato da sottilissimi nervi, posti nel corpo da Dio al momento della nascita. Questi nervi erano destinati a ricongiungersi alla divinità dopo la morte della persona e dunque erano il principio costitutivo dell’intelletto umano e delle sue facoltà spirituali, nonché la sede dell’anima. Le anime erano in comunicazione tra loro: parlavano in una lingua simile al tedesco arcaico, mentre Dio subiva la forza attrattiva di alcuni uomini, tanto da rischiare in questi casi di perdere la sua sopravvivenza.

Schreber descrisse con minuzia queste esperienze, che includevano conversazioni con Dio, angeli e altre entità soprannaturali.

  • L’Analisi di Freud

Freud non incontrò mai Schreber di persona; tuttavia, la sua analisi si basò sul testo autobiografico di Schreber, che gli venne proposto da Jung nel 1910. Freud ne fu subito molto impressionato, e scrisse a Jung che Schreber «avrebbe dovuto essere fatto professore di psichiatria». Così nacque il  famoso saggio freudiano universalmente noto come «il caso Schreber»

Tra tutti i deliri presenti nel libro, Freud si concentrò su due in particolare:

  1. il fatto che il magistrato fosse convinto di essere coinvolto in un processo di trasformazione da uomo in donna
  2. l’aver subito molestie sessuali da parte del suo medico, il Dr. Flechsig, definito
    l’ “assassino di anime”.

Freud affermò che le sue fantasie religiose e la convinzione di dover demascolinizzarsi per salvare il mondo facevano parte di una illusione, in base alla quale il magistrato assumeva il ruolo religioso di “redentore”.

Il desiderio di trasformarsi in una donna veniva interpretato come una “fantasia di demascolinizzazione” che soddisfaceva gli innati “impulsi omosessuali” di Schreber. (Per Freud era l’omosessualità rimossa la vera causa della malattia paranoide di Schreber).

Freud propose che la sfiducia di Schreber verso il professore che lo aveva in cura fosse il risultato di un transfert, cioè che i sentimenti provati verso un membro della propria famiglia si erano trasferiti verso la persona di Flechsig. Secondo la sua interpretazione, infatti, primo oggetto d’amore del magistrato era stato il padre, poi lo psichiatra, in seguito Dio. Flechsig poteva infatti rappresentare, per il suo paziente, la figura di Gustav, il fratello maggiore, verso il quale Freud ipotizza che Schreber avrebbe potuto provare sentimenti omosessuali repressi. La sua accusa a Flechsig di essere un “assassino dell’anima” non era quindi diretta verso il professore stesso, ma piuttosto verso suo fratello.

Dato che Schreber avrebbe ritenuto inaccettabile esprimere esplicitamente i suoi sentimenti repressi nei confronti di Flechsig, questo desiderio trovava appagamento in una fantasia: quella di copulare con un terzo, Dio.

Tuttavia, Freud nota che le caratteristiche insolite con cui Schreber descrive Dio somigliavano piuttosto a quelle di una figura paterna, per cui fece una seconda ipotesi: quella dell’attrazione omosessuale del magistrato nei confronti del padre.

In sintesi, Freud riteneva che la psicosi di Schreber fosse il risultato di un conflitto inconscio e di una difesa psicologica contro desideri omosessuali repressi e il delirio di Schreber rappresentava una forma di compromesso tra questi desideri e le sue difese contro di essi.

  • La Teoria della Paranoia

Freud utilizzò il caso di Schreber per sviluppare ulteriormente la sua teoria sulla paranoia e sulla psicosi. Egli suggerì che la paranoia fosse una difesa contro desideri omosessuali e che i deliri paranoidi riflettevano temi di persecuzione come risultato della proiezione di questi desideri su altre persone. Nel caso di Schreber, l’idea di essere perseguitato da forze divine o demoniache rappresentava un tentativo di gestire e difendersi contro i suoi desideri inaccettabili.

Terapia di coppia onlineINIZIA SUBITO UNA TERAPIA DI COPPIA ONLINE
CON LA DOTT.SSA GIULIANA PROIETTI
Terapia online, Individuale e di Coppia
 Tel. 347 0375949
Telefona o usa whatsapp
ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE

  • Implicazioni e Critiche

Questa audace incursione freudiana nel campo degli oscuri processi della follia fu poi molto discussa nella letteratura psichiatrica posteriore. Tuttavia, essa non è stata esente da critiche. In particolare, è stata contestata la riduzione dei complessi sintomi di Schreber a un’unica causa psicodinamica: la psicosi, è stato detto, è un fenomeno troppo complesso per essere spiegato interamente da una teoria della sessualità repressa. Nonostante le critiche, il lavoro di Freud su Schreber continua ancora ad essere studiato e discusso.

  • Come è andata a finire per Schreber

Dopo la morte di sua madre, avvenuta nel 1907, il Presidente Schreber fu nuovamente confinato in manicomio, dove rimase fino alla sua morte, avvenuta nel 1911.

Dr. Giuliana Proietti

A2

Audrey Hepburn: talento, grazia e impegno umanitario
Audrey Hepburn: talento, grazia e impegno umanitario
Antoine de Saint-Exupery: una biografia
Antoine de Saint-Exupery: una biografia

Giuliana Proietti
Dr. Giuliana Proietti

Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
TERAPIE INDIVIDUALI E DI COPPIA
ONLINE

La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

Per appuntamenti:
347 0375949 (anche whatsapp)

mail: g.proietti@psicolinea.it

Visita anche:
www.giulianaproietti.it

Pagina Facebook
Profilo Facebook
Instagram

www.clinicadellacoppia.it/
I Social
  • 29 Mag 2024
  • Dr. Giuliana Proietti
  • 0 Comments
Charles Brenner, l'uomo che spiegò Freud

Charles Brenner, l’uomo che spiegò Freud

Charles Brenner, l’uomo che spiegò Freud


Charles Brenner è ricordato come un grande interprete e divulgatore del pensiero freudiano. Il suo impegno nel rendere la psicoanalisi accessibile e comprensibile ha avuto un impatto significativo sulla diffusione di questa disciplina. Il suo lavoro continua a essere un punto di riferimento essenziale per studenti, ricercatori e clinici nel campo della psicoanalisi. Questa è la sua biografia.

Infanzia e Formazione

Charles Brenner nacque il 18 novembre 1913 a Boston, Massachusetts, in una famiglia di immigrati ebrei provenienti dall’Europa orientale. Suo padre era un medico, il che probabilmente influenzò la sua scelta di intraprendere una carriera nel campo della medicina e della psicoanalisi. Dopo aver frequentato le scuole locali, presso la Boston Latin School, Brenner proseguì gli studi universitari, laureandosi in chimica presso l’Harvard College nel 1934. Successivamente, conseguì la laurea in medicina presso la Harvard Medical School nel 1938.

Incontro con la Psicoanalisi

Brenner sviluppò un interesse per la psicoanalisi durante il suo internato al Mount Sinai Hospital di New York. Qui, ebbe l’opportunità di entrare in contatto con psicoanalisti di fama, il che lo portò a decidere di specializzarsi in questo campo. Cominciò la sua formazione psicoanalitica presso l’Istituto Psicoanalitico di New York, dove ebbe come mentori personaggi influenti come Heinz Hartmann e Rudolph Loewenstein, figure di spicco della scuola psicoanalitica americana.

Il Dr. Brenner si specializzò presso la Boston Psychoanalytic Society e da allora fu protagonista del dibattito sulle teorie freudiane e membro della New York Psychoanalytic Society, oltre che della American Psychoanalytic Association e del New York Psychoanalytic Institute, dove fu docente e supervisore di specializzandi in psicoanalisi.

Terapia di coppia onlineINIZIA SUBITO UNA TERAPIA DI COPPIA ONLINE
CON LA DOTT.SSA GIULIANA PROIETTI
Terapia online, Individuale e di Coppia
 Tel. 347 0375949
Telefona o usa whatsapp
ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE

Personalità

In pubblico ha sempre mostrato una presenza austera: è stato meticoloso nell’uso del linguaggio e nelle scelte relative alla sua immagine, impersonando il prototipo dello Yankee più formale, come può farlo solo il figlio di un immigrato. Al di là dei suoi atteggiamenti formali, Brenner è stato considerato da chi lo conosceva una persona disponibile verso gli altri e leale.

Sul piano professionale Charles Brenner non è stato considerato un uomo molto disposto al dialogo con chi la pensava in modo diverso dal suo e questo è stato un suo limite, che del resto ha investito la psicoanalisi stessa, la quale per anni ha rifiutato di confrontarsi con la psicologia cognitiva, la farmacologia, le neuroscienze e che per questo, malgrado il valore delle osservazioni freudiane sul comportamento umano, ha perso molta della sua autorevolezza sia nel mondo accademico sia fra il pubblico.

Vi sono stati però anche molti estimatori,  come il Dr. George J. Makari, psichiatra presso la Columbia University ed autore del libro “Revolution in Mind: The Creation of Psychoanalysis”, il quale scrive di Brenner:

“Si potrebbe dire che Brenner sia stato un pensatore creativo ed elegante, che è riuscito a restare nella tradizione freudiana, ma mai in modo gregario, avendo proposto delle riforme radicali al metodo psicoanalitico anche nella sua età anziana”.

Ultimi anni

Negli ultimi anni della sua vita ebbe due lutti importanti: sua moglie Erma, maestra elementare, morta nel 2001 a 66 anni e sua figlia, Elsa Brenner Cohen, morta nel 2005. Brenner morì il 20 maggio 2008 nella sua residenza di Manhattan, a 94 anni di età. Viene giustamente ricordato come uno dei principali psicoanalisti americani.

Carriera e Contributi alla Psicoanalisi

Charles Brenner è noto principalmente per i suoi sforzi nel rendere la teoria freudiana più accessibile e comprensibile. La sua opera più celebre, “An Elementary Textbook of Psychoanalysis” (1955), rappresenta un tentativo di semplificare e chiarire le complesse idee di Sigmund Freud. Questo testo è stato ampiamente utilizzato come introduzione alla psicoanalisi e ha aiutato generazioni di studenti e professionisti a comprendere le basi della teoria psicoanalitica. Non a caso, questo è il libro più venduto sulla psicoanalisi scritto da un autore diverso da Sigmund Freud.

Nel libro vengono prese in esame le due ipotesi fondamentali della psicoanalisi, che sono il determinismo psichico e la presenza dell’inconscio. Vengono poi esaminate le pulsioni sessuali, l’apparato psichico, le paraprassie e i motti di spirito, i sogni, la psicopatologia.

In un altro importante suo libro, del 1964, scritto con il Dr. Jacob A. Arlow: “Psychoanalytic Concepts and Structural Theory,” Brenner ampliò il pensiero freudiano, affermando che i pazienti dovrebbero comprendere non solo le barriere mentali che sottostanno alla loro angoscia, ma anche quali sono esattamente i pensieri che sono stati rimossi o bloccati, come risposta al senso di colpa provocato dal successo personale o dai vissuti di piacere.

Soprattutto, in questo libro, i due autori hanno cercato di dimostrare che le due teorie freudiane dell’apparato psichico, la topica (conscio, preconscio, inconscio, enunciata da Freud nel 1889) e la strutturale (modello teorico fondato sui concetti di Io, Es e Super-io, che fu introdotto nel 1922 con l’opera “L’Io e l’Es“) sono reciprocamente incompatibili e che l’uso promiscuo che spesso se ne fa è scientificamente dannoso. Per gli Autori, i concetti strutturali, i primi proposti da Freud, sono più validi e più aderenti ai dati clinicamente osservabili che non quelli del modello strutturale, proposto in un secondo periodo ma che, di fatto, non spiega nulla di più.

Relazione fra sesso e cibo

YouTube player

ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE

Approccio Teorico

Brenner è spesso associato alla psicologia dell’Io, una corrente della psicoanalisi che pone l’accento sul ruolo dell’Io e dei meccanismi di difesa nel funzionamento psicologico. Egli ha cercato di costruire ponti tra le varie scuole di pensiero psicoanalitico, sostenendo un approccio integrativo che rispettasse la complessità della mente umana.

Uno dei suoi contributi significativi è stato l’approfondimento del concetto di conflitto psichico. Brenner ha esplorato come i conflitti tra le diverse parti della mente (l’Io, l’Es e il Super-Io) influenzino il comportamento e l’esperienza umana. Ha anche enfatizzato l’importanza delle esperienze infantili e delle relazioni precoci nello sviluppo della personalità.

In una pausa dalla stretta ortodossia freudiana, Brenner sostenne che i concetti di Es, Io e SuperIo sono niente altro che ‘concetti’, mentre il motore della motivazione umana è più simile ad una sorta di computer psicologico, impegnato nel continuo confronto fra piacere e dolore: la gratificazione proveniente da una storia d’amore, ad esempio, contro la sofferenza prodotta dal senso di colpa.

Freudiana

GUARDA I VIDEO DI FREUDIANA SUL NOSTRO CANALE YOUTUBE

Per Brenner, durante la terapia, i pazienti dovevano raggiungere un compromesso con i loro desideri, inaccettabili alla coscienza, il che poteva essere utile per risolvere parte dei problemi che avevano generato l’angoscia.

Alla fine della sua carriera gli fu chiesto che tipo di futuro vedeva per la psicoanalisi e lui rispose che essa sarebbe rimasta una “promessa” per tutte le persone interessate al funzionamento della mente. “Ha funzionato su di me” ebbe a dire, “Penso dunque che possa funzionare anche con altre persone. Forse mi sbaglio, non si sa mai. Ma questa è stata la mia esperienza nel campo generale della scienza”.

Dr. Giuliana Proietti

Dr. Giuliana Proietti - Videopresentazione

YouTube player

Tariffe Psicoterapia

Fonte principale New York Times

Giuliana Proietti
Dr. Giuliana Proietti

Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
TERAPIE INDIVIDUALI E DI COPPIA
ONLINE

La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

Per appuntamenti:
347 0375949 (anche whatsapp)

mail: g.proietti@psicolinea.it

Visita anche:
www.giulianaproietti.it

Pagina Facebook
Profilo Facebook
Instagram

www.clinicadellacoppia.it/
I Social
  • 31 Mag 2023
  • Dr. Giuliana Proietti
  • 0 Comments

Paginazione degli articoli

1 … 14 15 16 … 46
Scrivici

psicolinea@psicolinea.it

Terapie Online

Lun-Ven: 08.00 - 20.00

Hai domande?

Contattaci

Ultimi Articoli
  • Audrey Hepburn: talento, grazia e impegno umanitario
  • Antoine de Saint-Exupery: una biografia
  • Riconosci i tuoi desideri sessuali? Test
  • Le posizioni dell’amore: dal Kamasutra a oggi
  • La scala Kinsey: la sessualità oltre il binarismo
Categorie
Archivi
Su Psicolinea si parla di
Ansia e Stress Arte Libri e Opere creative Coppie e Relazioni di coppia Depressione Donne Emozioni e Sentimenti Famiglie e Relazioni Familiari Gravidanza e Parto Infanzia e Adolescenza Intelligenza Lavoro LGBT Politiche e Politiche Sociali Psichiatria Psicoanalisi Psicoterapie Relazioni Sociali Religioni Rete e Nuove Tecnologie Terapie e Tecniche Uomini
Clinica della Coppia
Clinica della Coppia
Clinica della Timidezza
Copyright © 2025. Psicolinea.it
Cookies
Anche Psicolinea usa i cookies di terze parti (Facebook e altri social). Se non sei d’accordo all’utilizzo dei cookie, non premere il pulsante "accetta": in questo modo i cookie presenti sul nostro sito non vengono installati nel tuo dispositivo elettronico (PC, tablet,ecc.). Si precisa tuttavia che in caso di disattivazione dei cookie non sono garantite tutte le funzionalità del sistema. Cookie settingsAccetta
Privacy & Cookies Policy

Privacy Overview

This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these cookies, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities...
Necessary
Sempre abilitato
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Non-necessary
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
ACCETTA E SALVA