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pornodipendenza

Test sulla pornodipendenza

Test sulla Pornodipendenza

I Test di Psicolinea

A cura di:
Dr. Giuliana Proietti - Dr. Walter La Gatta

Altri test sono disponibili su:
Clinica della Coppia  |   Clinica della Timidezza

La pornodipendenza è un problema complesso e diffuso che può avere gravi conseguenze sulla vita di chi usa la pornografia in modo compulsivo. È importante riconoscere i segni e i sintomi precoci e cercare aiuto professionale, se necessario.

Nota: Questo test è solo indicativo, ma può servirti a capire se il tuo uso del porno è ancora un passatempo e una curiosità, o se è diventato ormai una compulsione, una dipendenza. Leggi il Disclaimer.

Test 

Spunta la casella Vero o Falso, per ogni affermazione:

1. Cerchi attivamente il materiale porno che consumi;

Vero   Falso

2. Ripensi spesso alle immagini visionate e ti chiedi dove poterne trovare di nuove;

Vero   Falso

3. Ti vergogni di questi tuoi comportamenti, al punto di mentire su tutto, pur di non farti scoprire;

Vero   Falso

4. Il sesso ‘normale’ non ti soddisfa più;

Vero   Falso

5. Preferisci il sesso virtuale a quello reale;

Vero   Falso

6. Quando sei a contatto con materiale porno ti sembra di perdere il controllo di te;

Vero   Falso

7. E’ diminuito il tuo rendimento sul lavoro;

Vero   Falso

8. Ti masturbi in modo compulsivo;

Vero   Falso

9. Ti senti particolarmente stressato/a fisicamente;

Vero  Falso

10. Senti un senso di isolamento;

Vero   Falso

Terapia di coppia onlineINIZIA SUBITO UNA TERAPIA DI COPPIA ONLINE
CON LA DOTT.SSA GIULIANA PROIETTI
Terapia online, Individuale e di Coppia
 Tel. 347 0375949
Telefona o usa whatsapp
ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE

11. C’è un calo delle tue prestazioni fisiche e sportive;

Vero   Falso

12. Le tue relazioni sociali si sono deteriorate;

Vero   Falso

13. Hai disturbi del sonno;

Vero   Falso

14. In questi ultimi tempi ti annoi facilmente;

Vero   Falso

15.  Non hai più progetti da realizzare (non riesci a concentrarti);

Vero   Falso

16. Hai un giudizio negativo su di te;

Vero   Falso

17. Ti senti spesso triste e pessimista;

Vero   Falso

18. Non provi più amore per il/la partner /Non riesci più ad innamorarti di una nuova persona;

Vero   Falso

19. Quando fai sesso cerchi di ricreare le scene porno;

Vero   Falso

20. Hai problemi di eiaculazione precoce/calo del desiderio/anorgasmia.

Vero   Falso


Visita il canale YOUTUBE clinicadellacoppia

Soluzione

Le risposte che potrebbero denotare una pornodipendenza sono le risposte VERO.

     Assegnati 1 punto per ogni risposta Vero e poi guarda qui in basso:

PSICOLOGIA - SESSUOLOGIA
Come vivere bene anche se in coppiaCome vivere bene, anche se in coppia
Autori: Dr. Giuliana Proietti - Dr. Walter La Gatta
Terapie Individuali e di Coppia

RISULTATO

Leggi il profilo…

0-5    Nessun rischio di pornodipendenza

6-10  Lieve rischio di pornodipendenza

11-15 Discreta pornodipendenza

16-20 Elevata pornodipendenza

Dr. Giuliana Proietti

psicolinea© E’ vietata la riproduzione, anche parziale, di questo test

Immagine Pixabay

CURARE LA PORNODIPENDENZA
con i Terapeuti di Psicolinea
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I giovani e la Pornografia
Le pornostar: chi sono e perché lo fanno
Storia della pornografia
Test sulla pornodipendenza
Erotismo e pornografia

 

Giuliana Proietti
Dr. Giuliana Proietti

Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
TERAPIE INDIVIDUALI E DI COPPIA
ONLINE

La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

Per appuntamenti:
347 0375949 (anche whatsapp)

mail: g.proietti@psicolinea.it

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Conosci il corpo maschile

Conosci il corpo maschile? Test

Conosci il corpo maschile? Test

I Test di Psicolinea

A cura di:
Dr. Giuliana Proietti - Dr. Walter La Gatta

Altri test sono disponibili su:
Clinica della Coppia  |   Clinica della Timidezza

Molti sono gli stereotipi ed i pregiudizi relativi alla costituzione ed alle prestazioni del corpo maschile: vuoi provare a vedere se le tue conoscenze sono corrette?
Fallo con questo test.

TEST

1. C’è relazione fra le dimensioni del naso di un uomo ed il suo pene

VERO
FALSO

2. Un pene di grosse dimensioni indica maggiore potenza sessuale.

VERO
FALSO

3. La struttura ossea del corpo maschile è, in genere, più resistente di quella femminile.

VERO
FALSO

4. Possono esservi emissioni di liquido seminale anche al di fuori della masturbazione e del rapporto sessuale.

VERO
FALSO

5. Una eiaculazione contiene meno di mille spermatozoi.

VERO
FALSO

6. E’ possibile una fuoriuscita di urina quando il pene è in erezione.

VERO
FALSO

7. La prostata ha un’importante funzione nella produzione del liquido seminale.

VERO
FALSO

8. Il pomo di Adamo regola la sessualità maschile.

VERO
FALSO

9. La voce femminile è particolarmente stancante per il cervello maschile.

VERO
FALSO

Dr. Walter La Gatta

ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE

Tariffe Psicoterapia

SOLUZIONE DEL TEST

Ed ora guarda le risposte corrette.

Assegnati un punto per ogni risposta corretta.

Hai superato il test se hai dato almeno 5 risposte corrette.

Relazione sulle Coppie Non Monogamiche

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Per Approfondire:

1. Falso, non c’è alcuna relazione: si tratta di una diceria.

2. Falso. Un pene piuttosto piccolo in stato di riposo può diventare molto grande in erezione. Un pene troppo grande non migliora la relazione sessuale perché può urtare contro il collo dell’utero e procurare dolore. In ogni caso le pareti della vagina in genere sono molto elastiche e si adattano bene a qualsiasi dimensione del pene.

3. Vero. Nell’uomo infatti, nel corso della vita, non ci sono modificazioni ormonali come nella donna, che possono produrre osteoporosi.

4. Vero. Si tratta delle polluzioni.

5. Falso. L’eiaculazione contiene milioni di spermatozoi.

6. Falso. Quando il pene è eretto, l’emissione di urina nell’uretra non è possibile a causa della chiusura del sistema muscolare posto tra vescica e uretra.

7. Vero. (produce circa il 20-30% del totale dell’eiaculato)

8. Falso. Il pomo d’Adamo non ha una funzione specifica. È presente anche nelle donne ma si nota maggiormente negli uomini perché, durante la pubertà, la laringe maschile cresce di più di quella femminile e ciò è responsabile del cambiamento nel tono della voce.

9. Vero. Il motivo di questa incomprensione acustica è da ricercarsi nel fatto che le voci femminili e maschili stimolino parti differenti del cervello, in particolare le sonorità femminili sollecitano l’intera area uditiva, mentre quelle maschili si limitano ad agire sull’area sub-talamica, detta volgarmente “occhio del cervello”

(notizia tratta dalla rivista “Neuroimage” che riporta una ricerca fatta a Sheffield).

Dr. Walter La Gatta

Dr. Walter La Gatta

ANCONA FABRIANO CIVITANOVA MARCHE TERNI E ONLINE

E’ vietata la riproduzione, anche parziale, di questo test

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Dr. Walter La Gatta

Dr. Walter La Gatta

Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
Libero professionista, svolge terapie individuali e di coppia
ONLINE E IN PRESENZA (Ancona, Terni, Fabriano, Civitanova Marche)

Il Dr. Walter La Gatta si occupa di:

Psicoterapie individuali e di coppia
Terapie Sessuali
Tecniche di Rilassamento e Ipnosi
Disturbi d’ansia, Timidezza e Fobie sociali.

Per appuntamenti telefonare direttamente al:
348 – 331 4908
(anche whatsapp)
email: w.lagatta@psicolinea.it

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Visita anche www.walterlagatta.it

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Fabrizio de André: una biografia

Fabrizio de André: una biografia

Fabrizio de André: una biografia


Fabrizio De André, celebre cantautore italiano, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della musica italiana. Le sue canzoni, spesso cariche di temi sociali e politici, sono ammirate per la loro profondità poetica e la loro capacità di toccare il cuore degli ascoltatori. De André è considerato una delle figure più influenti della canzone d’autore italiana. Ecco una sua biografia:

Fabrizio De André può essere considerato, senza ombra di dubbio, come il massimo rappresentante della musica d’autore in Italia e, volendo fare un paragone per niente ardito con Bob Dylan, possiamo constatare che l’arte e la vita del nostro è stata contraddistinta da una medesima, se non addirittura maggiore, coerenza, che lo ha portato lontano dallo show business, dalla spettacolarità, per cantare le solitudini e le inquietudini della piccola gente e per questo entrambi sono stati sottoposti spesso a feroci critiche da parte della stampa ufficiale.

Il cantautore nasce il 18 febbraio 1940 a Genova e precisamente a Pegli, la zona occidentale della città. Scoppiata la guerra, la sua famiglia, madre e fratello maggiore di tre anni e otto mesi, si rifugia nella campagna di Revignano d’Asti, mentre il padre, antifascista, si dà alla macchia.

Il ritorno a Genova avviene solo nel 1945 e qui Fabrizio comincia a frequentare le elementari poi le medie e quindi, per sua precisa scelta, il liceo comunale Cristoforo Colombo, per non incorrere a confronti con il fratello iscritto invece all’Andrea Doria che “prendeva 10 anche in educazione fisica oltre che in filosofia e in italiano”.

Poi frequenta per un po’ Medicina, quindi Lettere per poi iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza, dove dà 18 esami ma, la passione e l’interesse per la musica lo portano a impegnarsi poco allo studio e quindi ad abbandonare tutto. Intanto nel 1962 si sposa con Enrica, “Puny”, dalla quale ha il suo primo figlio, Cristiano, e per campare accetta di lavorare negli istituti privati di indirizzo professionale per ragionieri e geometri del padre.

Fabrizio de Andre'

Suona la chitarra e il violino e scrive le prime ballate ispirandosi a George Brassens, “La guerra di Piero”, “Carlo Martello”, “La ballata del Michè”, “Il testamento” tutte canzoni che vengono più o meno censurate dalla burocrazia radiotelevisiva. Poi…

…poi nel 1965 gli capita di scrivere “La canzone di Marinella”:

Questa di Marinella è la storia vera/ che scivolò nel fiume a primavera/ ma il vento che la vide così bella/ dal fiume la portò sopra una stella – Sola senza il ricordo di un dolore/ vivevi senza il sogno di un amore/ ma un re senza corona e senza scorta/ bussò tre volte un giorno alla tua porta…

Grazie all’interpretazione di Mina arrivano “un sacco di soldi”, seicentomila lire in un semestre, e allora si licenzia dal lavoro e con la moglie si trasferisce in Corso Italia, quartiere chic di Genova e si dedica a quella che ha capito essere forse la sua arte: la poesia in musica.

Nello stesso anno viene pubblicato in un album la prima raccolta di ballate. Nel 1967 è la volta di “Volume 1” dove il brano “Preghiera in gennaio” si ispira alla tragica vicenda di Luigi Tenco: …signori benpensanti/ spero non vi dispiaccia/ se in cielo, in mezzo ai Santi/ Dio, fra le sue braccia/ soffocherà il singhiozzo/ di quelle labbra smorte/ che all’odio e all’ignoranza/ preferiscono la morte…

Comincia a ricevere già qualche critica dai “benpensanti” che non vedono di buon occhio la presenza nei suoi testi di riferimenti biblici, di Gesù e della Madonna trattati in maniera “pasoliniana”. Nel brano “Si chiamava Gesù” canta: E morì come tutti si muore/ come tutti cambiando colore/ non si può dire che sia servito a molto/ perché il male dalla terra non fu tolto/ Ebbe forse un po’ troppe virtù/ ebbe un volto ed un nome: Gesù./ Di Maria dicono fosse il figlio/ sulla croce sbiancò come un giglio.

Nel 1967 è la volta di “Tutti morimmo a stento” dove i brani si susseguono senza pause di silenzio. Cambia la struttura ma non il contenuto sempre riguardante gli eroi al contrario: drogati, prostitute, criminali e possiamo dire che fino alla morte saranno questi i temi che prevarranno nelle canzoni di De André, gli emarginati dalla società, cioè quelli appartenenti a minoranze etniche, sessuali etc.

Terapie Sessuali

Dopo il “Volume III”, che è una sorta di antologia con alcuni brani nuovi, veniamo all’album che il cantautore considera forse il migliore della sua produzione, “La Buona Novella” basato sui testi dei vangeli apocrifi, cioè quegli scritti non riconosciuti dalla Chiesa come veritieri e in cui sono privilegiati più gli aspetti umani che quelli divini di Gesù e della Madonna. Ci mette sei mesi per finirlo e musicalmente contiene in nuce l’interesse verso sonorità orientaleggianti che poi saranno il punto di forza dell’ album “Creuza de Ma”. Ne “Il testamento di Tito” il cantautore, per bocca di uno dei due ladroni crocifissi con Gesù, per l’appunto Tito, dice: “ Non avrai altro Dio all’infuori di me – spesso mi ha fatto pensare:/ genti diverse venute dall’est/ dicevan che in fondo era uguale./ Credevano a un altro diverso da Te/ e non mi hanno fatto del male/ …Il quinto (comandamento) dice: – Non devi rubare – / e forse io l’ho rispettato/ vuotando, in silenzio, le tasche già gonfie/ di quelli che avevan rubato:/ ma io, senza legge, rubai in nome mio,/ quegli altri, nel nome di Dio…

A questo album ne segue un altro per certi versi simile, nel senso che si tratta di un concept album tratto liberamente dallo “Spoon river Anthology” di Edgar Lee Masters i cui pezzi hanno tutti un comune filo conduttore: sono alcuni personaggi di questo paese che, morti, si esprimono con estrema sincerità perché non hanno più da aspettarsi niente e quindi parlano come da vivi non sono stati mai capaci di fare. Due i sentimenti sottesi ai racconti che fanno questi personaggi: l’invidia e la scienza. Bellissimo è il pezzo “Un malato di cuore”, vera poesia in musica. Del 1973 è l’album “Storia di un impiegato” in cui forse non viene raggiunto un equilibrio armonioso fra parole e musica per il fatto che è troppo evidente la smania di prendere un posizione assai critica nei confronti di certa contestazione dell’epoca, ma gli avvenimenti degli anni successivi gli daranno ragione su tante considerazioni.

L’anno successivo De André pubblica “Canzoni” in cui rende omaggio ai suoi guru musicali di sempre: Brassens, Dylan, Cohen interpretando in maniera del tutto personale i loro pezzi. Nel 1975, dalla collaborazione con Francesco De Gregori, nasce l’album “Volume VIII” i cui pezzi sono eseguiti con poca strumentazione e rivelano un ermetismo  che caratterizza più la poesia del cantautore romano che non quella del nostro.

In un pezzo da lui molto amato che è “Amico fragile”, sembra usare la tecnica del flusso di coscienza (stream of consciousness) di certa letteratura anglosassone, come Virgina Woolf o James Joyce.

Intanto per quanto riguarda la vita privata, per la quale il cantautore ha sempre preteso una certa privacy, decide di trasferirsi, con la nuova compagna Dori Ghezzi, in Sardegna e precisamente nella tenuta dell’Agnata vicino a Tempio Pausania dove vuole dedicarsi al lavoro della terra.

Nel 1977 nasce Luisa Vittoria detta “Luvi” e nel 1978 esce l’album “Rimini”, ricco di nuove sonorità e contenente notevoli canzoni come “Sally”, “Andrea”, la stessa “Rimini”. Del resto ogni album sembra un gioiellino, tanta è la cura che ne fa il cantautore anche dal punto di vista musicale avvalendosi di musicisti di alto spessore.

Nell’agosto del 1979 Fabrizio De André e Dori Ghezzi vengono sequestrati da una banda di “Cherokee” come li definisce più tardi lo stesso cantautore, “ che prima ancora di volere i soldi volevano dimostrare di avere il coraggio di rapire una persona”. La prigionia dura quattro mesi e alla fine della vicenda i suoi rapitori vengono tutti catturati. Il sequestro ispira l’album senza titolo denominato “L’indiano” che vede la luce nel 1981 e per il quale si avvale della collaborazione di Massimo Bubola, grande cantautore rocker, che meriterebbe maggiore fortuna in questo panorama musicale italiano odierno veramente scarso di valide alternative ai cantautori “classici”.

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Ma è nel 1984 che De André mette d’accordo tutti, critici musicali e non, realizzando l’album “Creuza de Mà” con l’aiuto di Mauro Pagani, ex Pfm. I pezzi sono cantati in genovese, incomprensibili al grande pubblico, che deve ricorrere alle traduzioni riportate nell’album; ma la voce è musica e quando si ascolta non si può non rimanere affascinati dalla magia che essa emana. Gli arrangiamenti musicali evocano suoni ed emozioni “mediterranei” con l’utilizzo di strumenti quali l’oud arabo, il bouzouki greco, lo shannaj turco. Significativo il pezzo “Sidun” in cui viene raccontata la tragedia palestinese attraverso la morte di un bambino nel Libano.

Nel 1989 Fabrizio De André sposa la compagna Dori Grezzi. Nel 1990 pubblica “Le nuvole” avvalendosi anche in questo lavoro del prezioso aiuto di Mauro Pagani. L’album viene accolto con un consenso inusuale sia dalla critica che dal pubblico malgrado in esso si privilegi maggiormente il contenuto, le parole, di carattere prettamente satirico, piuttosto che la musica.

Arriviamo alla ultima sua opera datata 1996 “Anime salve”. L’album è un capolavoro di bellezza e rappresenta senza dubbio la “summa” di tutta l’opera del cantautore genovese. La musica e le parole sono un tutt’uno ben amalgamato. Ci partecipa Ivano Fossati che canta anche in due pezzi.

All’album segue un tour che porta il cantautore in diversi palasport d’Italia dove fa sempre il tutto esaurito.

Ormai è un mito, una leggenda, ma lui è sempre sé stesso, come agli esordi ed è lì a ribadire, ad ogni suo concerto, la poca attenzione che rivolgiamo noi tutti a queste “anime salve” cioè agli zingari rom, alle prostitute, ai travestiti, ai poveracci, in generale agli emarginati.

La società ci ha anzi insegnato a provare fastidio, sdegno nei loro confronti perché sono genti che non si sono fatte sottomettere che hanno conosciuto, come i rom, anche un olocausto silenzioso (perché nessuno se ne è curato) fatto di mezzo milione di vittime durante la II guerra mondiale; vivono la loro diversità in maniera dignitosa, quasi con orgoglio e ciò paradossalmente consente loro di sentirsi più liberi. In questi concerti vengono impiegati anche dei mimi che con una scenografia curata nei minimi particolari introducono alcuni pezzi e sono presenti il figlio Cristiano che si esibisce con diversi strumenti​ e l’altra figlia, Luvi​ che fa da terza corista​.

L’ 11 gennaio 1999 Fabrizio De André, malato già da diverso tempo, muore all’Istituto dei Tumori di Milano e ai suoi funerali, che si svolgono a Genova, partecipano oltre 10.000 persone.

(n.d.a.) De André non voleva raccontarsi tanto, non amava il pettegolezzo ed è questo il motivo per cui non mi sono soffermato tanto su certi particolari della sua vita che non avrebbero aiutato a capire l’artista. Meglio senza dubbio i testi delle canzoni che stanno lì a spiegarci tante cose.

LibriAutori:
Dr. Giuliana Proietti - Dr. Walter La Gatta

SIDONE ( trad.di Sidun da “Creuza De Ma)
Il mio bambino il mio / il mio / labbra grasse al sole / di miele di miele /Tumore dolce benigno / di tua madre / spremuto nell’afa umida / dell’ estate dell’ estate /E ora grumo di sangue orecchie / e denti di latte / e gli occhi dei soldati cani arrabbiati /Con la schiuma alla bocca / cacciatori di agnelli / a inseguire la gente come selvaggina /Finché il sangue selvatico / non gli ha spento la voglia / e dopo il ferro in gola i ferri della prigione /E nelle ferite il seme velenoso della deportazione / perché di nostro dalla pianura al modo /Non possa più crescere albero né spiga né figlio / ciao bambino mio l’eredità / è nascosta /In questa città / che brucia che brucia / nella sera che scende /E in questa grande luce di fuoco / per la tua piccola morte.

UN MALATO DI CUORE ( da “Non al denaro non all’amore né al cielo”)

Cominciai a sognare anch’io insieme a loro / poi l’anima d’improvviso prese il volo-Da ragazzo spiare i ragazzi giocare / al ritmo del tuo cuore malato /E ti viene la voglia di uscire e provare / che cosa ti manca per correre al prato, /E ti tieni la voglia, e rimani a pensare / come diavolo fanno a riprendere il fiato. /Da uomo avvertire il tempo sprecato / a farti narrare la vita dagli occhi /E mai poter bere alla coppa d’un fiato / ma a piccoli sorsi interrotti, /E mai poter bere alla coppa d’un fiato / ma a piccoli sorsi interrotti.Eppure un sorriso io l’ho regalato / e ancora ritorna in ogni sua estate /Quando io la guidai o forse fui guidato / a contarle i capelli con le mani sudate. /Non credo che chiesi promesse al suo sguardo, / non mi sembra che scelsi il silenzio o la voce, /Quando il cuore stordì e ora no, non ricordo / se fu troppo sgomento o troppo felice, /E il cuore impazzì e ora no, non ricordo, / da quale orizzonte sfumasse la luce /E fra lo spettacolo dolce dell’erba, / fra lunghe carezze finite sul volto, /Quelle sue cosce color madreperla / rimasero forse un fiore non colto. /Ma che la baciai, questo sì, lo ricordo, /col cuore ormai sulle labbra, /Ma che la baciai, per dio sì, lo ricordo, / e il mio cuore le restò sulle labbra /E l’anima d’improvviso prese il volo / ma non mi sento di sognare con loro, /No non mi riesce di sognare con loro.

Lanfranco Bruzzesi

Imm. Wikimedia

Dr. Lanfranco Bruzzesi
Dr. Lanfranco Bruzzesi

Appassionato di musica, collabora con psicolinea per la stesura di biografie di personaggi famosi, in particolare nel mondo della musica. Lanfranco Bruzzesi è inoltre il principale ispiratore dell’Associazione Culturale Ankon Cultura, che ha sede ad Ancona e che organizza conferenze, viaggi ed altri eventi culturali.

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Uomini, muscoli e disturbi alimentari

Uomini, muscoli e disturbi alimentari

Uomini, muscoli e disturbi alimentari

Relazione sulle Coppie Non Monogamiche

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L’immagine ideale del corpo maschile può dipendere dall’orientamento sessuale? Ad esempio, la classica ricerca di un corpo con muscoli sviluppati è tipica di uomini eterosessuali, che vogliono così esaltare la loro virilità, oppure i maschi, sia gay, sia etero, hanno le stesse aspirazioni rispetto al corpo ideale? Quale è la incidenza dei disturbi alimentari negli uomini? Di seguito  ecco una serie di ricerche sull’argomento.

Storicamente, la ricerca sull’insoddisfazione per la propria immagine corporea si è concentrata sull’esperienza femminile (Murray & Touyz, 2012).

Studi recenti, tuttavia, hanno scoperto che anche gli uomini possono provare insoddisfazione verso il proprio corpo, in misura quasi uguale a quella delle donne (Grieve, 2007; McCreary & Sasse, 2000). Infatti, le stime suggeriscono che fino al 95% degli uomini americani provano una certa insoddisfazione verso il proprio corpo (Mishkind, Rodin, Silberstein, & Striegel-Moore, 1986).

Le ricerche ci mostrano che molti uomini esprimono una preferenza verso un corpo molto muscoloso e forte (Pope, Phillips, Olivardia, 2000), che fanno molto esercizio fisico per aumentare la massa muscolare, indipendentemente dalla percentuale di grasso corporeo, e che vorrebbero diminuire la massa corporea, perdere peso, o comunque non aumentarlo (Olivardia, Pope, Borowieckie, & Cohane, 2004).

Quando questi desideri si presentano in modo molto intenso ed ossessivo, possono presentarsi in forma psicopatologica. Si parla allora di dismorfia muscolare, quando la propria immagine non è gradita e il pensiero  è volto all’accrescimento di muscoli (Grieve, 2007) o anoressia, quando la preoccupazione è tutta volta al dimagrimento e alla magrezza (Waller et al., 2007).

Questi possono essere definiti i due poli opposti ed estremi della psicopatologia maschile riguardo alla relazione con il proprio corpo. (Murray, Rieger, Touyz, & de Garza Garcia, 2010).

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Le ricerche hanno finora dimostrato che gli uomini omosessuali sono molto più interessati degli eterosessuali ai disturbi alimentari (Anderson, 1990), in particolare per quanto riguarda l’anoressia e la bulimia. (Carper, Negy, Tantleff, 2010; Strong Williamson, Netemeyer, & Greer, 2001; Williamson & Hartley, 1998; Yean et al., 2013).

Alcuni studi hanno dimostrato tuttavia che gli uomini omosessuali mostrano un forte desiderio sia per il dimagrimento, sia per il corpo forte e muscoloso (Kaminski, Chapman, Haynes & Own, 2005; Yean et al., 2013; Yelland & Tiggemann, 2003) ed altri hanno addirittura suggerito che gli uomini omosessuali abbiano un desiderio ancora più forte per la muscolosità, rispetto agli uomini eterosessuali (Tiggemann, Martins, & Kirkbride, 2007).

Alcune ricerche suggeriscono che, negli uomini,  la conformazione alle norme di genere (mascolinità / femminilità) sono più significative, per quanto riguarda le preoccupazioni per la propria immagine del corpo, rispetto al proprio orientamento sessuale (Lakkis, Ricciardelli, & Williams, 1999).

Per norme di genere si intende l’insieme di atteggiamenti, comportamenti e pensieri considerati a livello sociale come tipicamente rappresentativi del genere maschile o femminile (Connell, 1995); esse ovviamente influiscono su molti comportamenti che hanno a che fare con lo stile di vita e la salute (Helgeson, 1994; Huselid & Cooper, 1994).

Le norme di genere tradizionali per quanto riguarda gli uomini includono dominanza, potere, successo sessuale e autocontrollo, fisico ed emotivo (Connell, 1995), mentre le norme di genere femminili tradizionali ti guardano la gradevolezza fisica, la passività del carattere e la dipendenza interpersonale (Lakkis et al., 1999). Per “femminilità” si intende sostanzialmente l’approvazione delle norme di genere che portano alla ricerca di approvazione sociale in particolare per le proprie doti estetiche, la passività, la dipendenza interpersonale (Lakkis et al., 1999).

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Dal 2002 parole che curano, orientano e fanno pensare.

L’approvazione delle norme di genere maschili è associata con il desiderio di avere una forte muscolatura (Mishkind et al., 1986; Pope et al., 2000), tanto che maggiore è l’approvazione per le norme di genere maschili, maggiore è l’impulso ad avere una forte muscolatura (McCreary, Saucier, & Courtenay, 2005; Smolak & Murnem, 2008).

La forma molto mascolina del corpo rispecchia la conformità al classico ruolo di genere maschile e questo può essere visto come un fattore di rischio per chi si fa prendere dall’ossessione per i muscoli (Blashill, 2011), ma può anche proteggere contro lo sviluppo di una patologia alimentare orientata alla magrezza  (Murray & Touyz, 2012). Del resto i disturbi alimentari riguardano anche gli uomini e non sono pochi quelli che si ammalano di anoressia o bulimia.

Una statistica comunemente citata afferma che gli uomini rappresentano dal 5% al ​​10% delle persone che soffrono di anoressia e dal 10% al 15% di quelli che soffrono di bulimia (Boerner, Spillane, Andersen, & Smith, 2004);  uno studio più recente ha scoperto che i maschi rappresentano
il 25% di tutti i casi di disturbo alimentare (Hudson, Hiripi, Pope, & Kessler, 2007).

Concludendo, anche gli uomini possono soffrire di disturbi alimentari, seppure in misura assai inferiore delle donne; gli uomini omosessuali hanno maggiori probabilità di soffrirne, maggiore è la concordanza con le norme sociali sulla virilità, maggiore è il desiderio per un corpo virile, ma in questo campo si è osservato che anche le persone omosessuali  aspirano ad avere corpi scolpiti, per cui si può dire che le norme sociali sulla virilità del corpo maschile possono essere gradite sia a soggetti etero, sia a soggetti gay.

Dr. Walter La Gatta



Fonte:
6-28-2017, The Effects of Sexuality and Gender Norm Conformation on the Male Drive for Thinness and Drive for Muscularity, Merry Krueger

Immagine:
Pexels

Una intervista sulla Eiaculazione Precoce

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Disturbi alimentari e minoranze sessuali Sebbene gli individui che si identificano in una minoranza sessuale siano percentualmente pochi, rispetto alla ...
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Dr. Walter La Gatta

Dr. Walter La Gatta

Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Delegato Regionale del Centro Italiano di Sessuologia per le Regioni Marche Abruzzo e Molise.
Libero professionista, svolge terapie individuali e di coppia
ONLINE E IN PRESENZA (Ancona, Terni, Fabriano, Civitanova Marche)

Il Dr. Walter La Gatta si occupa di:

Psicoterapie individuali e di coppia
Terapie Sessuali
Tecniche di Rilassamento e Ipnosi
Disturbi d’ansia, Timidezza e Fobie sociali.

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Carlo Urbani: il ricordo di un amico

Carlo Urbani: il ricordo di un amico

Carlo Urbani: un ricordo


Il dott. Carlo Urbani non era un missionario né un eroe, ma un medico esperto di malattie tropicali che svolgeva la sua professione seriamente e con passione nei paesi dove ce n’è più bisogno.

La sua vicenda è emblematica di una scelta di vita che molti, medici e non, affrontano lottando con coraggio e generosità per l’accesso alla salute. Nell’Africa sub sahariana come nelle vaste regioni del delta del Mekong ci si trova alle prese con parassiti e malattie in grado di colpire a morte decine di milioni di persone.

Qui la povertà e l’assenza di adeguate strutture sanitarie costituiscono un continuo pericolo e una sfida quotidiana. Questi Paesi devono fare i conti con una minima attesa di vita ma, grazie ai colori e alla vitalità della loro gente, hanno fatto innamorare fino a morirne Carlo Urbani, il quale aveva scelto di viverci esercitando il suo impegno.

Scrivo questa breve biografia di Carlo, per spiegare perché Aicu è interessata a far conoscere il problema delle malattie dimenticate.

Con l’Oms, nel dicembre 1994 Carlo effettua una missione in Mauritania per pianificare il progetto di controllo delle malattie parassitarie, quindi nel marzo 1995 nelle Maldive, dove forma il personale tecnico indispensabile per la diagnosi delle elmintiasi intestinali; scherzando diceva:

“Nessuno a Ginevra crederà che trascorriamo i nostri giorni alle Maldive esaminando campioni di feci dall’alba al tramonto”.

Dopo quell’esperienza, Carlo comincia a lavorare a stretto contatto con l’Oms, per lo più come consulente tecnico nei paesi in via di sviluppo: Mauritania, Nepal e Guinea.

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In Mauritania, Carlo documenta per primo la trasmissione dello Schistosoma mansoni; la Schistosomiasi colpisce circa duecento milioni di persone nel mondo e lo Schistosoma mansoni, responsabile della grave forma intestinale, infetta 54 milioni di persone solo in Africa. Carlo viene premiato dal ministero della Sanità mauritano per il suo impegno e la dedizione.

Nel settembre 1996 si reca in Cambogia inviato da Msf, dove il suo lavoro pionieristico genera un approccio innovativo nel controllo dello Schistosoma mekongi che causa una fibrosi epatica irreversibile nei giovani adulti portando a massive e fatali emorragie esofagee.

Se curata in età scolare con un farmaco (praziquantel) dal costo di pochi centesimi di dollaro, è tuttavia completamente reversibile. Sul fiume Mekong le zone rocciose sono l’habitat naturale per le piccolissime chiocciole anfibie, ospiti intermedi di questa infezione.

Scriveva Carlo:

“…sulla riva qualche bambino più piccolo fa la cacca nel fiume. Una scena normale lungo un fiume tropicale ma è questo il ritratto della trasmissione della schistosomiasi.

Bambini infetti fanno la cacca, nella quale probabilmente ci sono uova di schistosoma. Poco lontano le rocce ospitano la conchiglia che fa diventare infettante la larva, e nella stessa zona altri che nuotano, ed il cerchio si chiude…”

Carlo, con tipica intuizione innovativa, sviluppa un semplice questionario per i bambini delle scuole cui chiede di descrivere la presenza di rocce nelle aree del fiume dove si bagnano, identificando così gli istituti in cui i bambini devono essere curati regolarmente con il praziquantel.

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Questa sua intuizione ha ridotto il bisogno di una diagnosi parassitologica costosa, per la lotta contro la schistosomiasi mekongi; oggi i bambini cambogiani ricevono periodicamente le medicine necessarie per prevenire le sequele irreversibili di questa grave malattia.

Nel mese di luglio 1997 Carlo e famiglia vengono evacuati in Thailandia in seguito al colpo di stato successivo alla morte di Pol Pot; rientrano in Cambogia due settimane dopo e vi rimangono fino al settembre 1997.

Rientrato in Italia, diventa il coordinatore italiano di Medici Senza Frontiere (Msf) e, a nome di questa organizzazione, ritira ad Oslo il premio Nobel per la pace, nel 1999; in tale occasione afferma:

“Questo riconoscimento premia la convinzione che salute e dignità umana non sono scindibili e che è un dovere stare vicino alle vittime e garantire i loro diritti”;

rientrato in Italia, alla presenza delle maggiori autorità istituzionali dice:

“…Le prime cause di morte nei paesi in via di sviluppo sono banalissime infezioni, altro che misteriosi morbi esotici! E per queste infezioni, spesso, troppo spesso, le cure non sono disponibili, farmaci ritenuti essenziali dall’Oms sono introvabili e inaccessibili, per viziose regole di un’economia globalizzata che fissa le priorità nel profitto più che nei bisogni.

E cosi i farmaci per l’Aids sono indisponibili per il 95% dei pazienti di Aids nel mondo, molecole con prezzi iperstimati sono al di fuori della portata per proteggere i bambini da mamme sieropositive in paesi che pure avrebbero le tecnologie per prodursi quei farmaci, protetti però da brevetti impietosi della salute umana…”;

di seguito una presa di posizione attualissima:

“…E quali altre possibili le responsabilità, sempre dal nostro punto di vista? Beh, quanto mai attuale la politica di accoglienza dei rifugiati, che prima di complessa emergenza sociale che mina la sicurezza-benessere del paese che li accoglie dovrebbero essere considerati come individui, famiglie, madri con i loro bambini, strappati dalla loro terra, dalla loro cultura, erranti alla ricerca di sicurezza e di quel benessere minimo compatibile con la vita.

Certo, stabilizzare la situazione nei loro paesi di origine per prevenirne la fuga è imperativo, ma per quanti già in cammino il diritto di asilo deve trovare una adeguata risposta politica, tradotta in adeguate misure di accoglienza… ci sentiamo, con l’autorità che il Nobel ci affida, di poter costituire una sorta di piccola spina, un sassolino nella scarpa, che continuerà a ricordare e a diffondere in questo paese le implorazioni di aiuto delle milioni di vittime dalle nostre sale di attesa.

Troppi volti ricordiamo, ognuno di noi, troppi corpi emaciati, mutilati, troppi sorrisi che ci tornano alla mente, per non chiedere con insistenza che le guerre dimenticate, o le epidemie di colera o di peste o la mancanza di farmaci essenziali per la malattia del sonno o per la diarrea, trovino di tanto in tanto qualche spazio in più nelle discussioni politiche nel nostro paese, nelle pagine dei giornali, nelle televisioni.

Forse una pura illusione che la nostra pressione sia utile, ma siamo convinti che, come ripetuto ad Oslo, anche se è vero che le parole non salvano vite umane, il silenzio le uccide”.

Clinica della Timidezza
Dal 2002 parole che curano, orientano e fanno pensare.

Nel 2000 lascia definitivamente l’Ospedale di Macerata, dove lavorava nel Reparto di Malattie Infettive essenzialmente sui malati di Aids, che alla fine degli anni 80 ed anni 90 era considerata la nuova lebbra, una sorta di “castigo di Dio”; i malati erano molto emarginati ed evitati da tutti: l’Aids colpiva a quei tempi essenzialmente tossicodipendenti ed omosessuali e non esistevano terapie, se non un lento “accompagnamento” verso la morte… mi chiama a Macerata per parlarmene e chiede il mio parere su una decisione (che in realtà aveva preso)…forse voleva una conferma; gli ricordo che, da quando eravamo studenti di Medicina, nelle lunghe notti insonni a parlare, mi diceva che voleva fare il medico come il leggendario dott. Schewitzer; era giunto il momento di partire definitivamente; viene dunque assunto dall’Oms come esperto di malattie infettive parassitarie in Cambogia, Cina, Laos e Vietnam e quindi sceglie poi di stabilirsi definitivamente ad Hanoi (Vietnam).

In questo ruolo si adopera e promuove nuove strategie per effettuare il controllo globale delle malattie parassitarie in regioni dove infezioni quali i trematodi del fegato, che colpiscono 17 milioni di persone in Asia, e la cisticercosi sono endemiche. Promuove l’accesso a farmaci antielmintici per la prevenzione delle conseguenze irreversibili, nell’età adulta, dei trematodi intestinali tra cui una grave forma di tumore maligno del fegato.

Carlo Urbani muore il 29 marzo 2003 a Bangkok in seguito alla malattia che lui stesso ha contribuito ad identificare, la Sars (Sindrome acuta respiratoria severa). Nel mese di febbraio era stata richiesta la sua consulenza sul caso clinico di una sospetta polmonite atipica in un uomo di affari americano che era stato ricoverato presso l’ospedale di Hanoi.

Carlo intuisce immediatamente la gravità della malattia ed è consapevole del pericolo dell’infezione. Consiglia allo staff dell’ospedale di adottare misure preventive, quali l’isolamento dei pazienti, maschere con filtro e camici protettivi che non erano presidi di routine in Vietnam; incontra alte cariche del ministero della Sanità, alle quali illustra il pericolo del contagio, il bisogno di isolare i pazienti e controllare i viaggiatori, nonostante il possibile danno all’immagine e all’economia del paese.

Carlo informa anche la task force di sorveglianza globale delle epidemie dell’OMS, lanciando l’allerta mondiale sulla Sars che permetterà la risposta coordinata e globale contro questa nuova malattia.

Grazie a questa azione tempestiva, in Vietnam l’epidemia rimane sotto controllo. Tuttavia, a causa del contatto quotidiano con i pazienti infetti, Carlo contrae la Sars. L’11 marzo a Bangkok viene ricoverato in ospedale e posto in isolamento. Muore tre settimane dopo.

Come detto, Carlo non era un missionario, ma un medico esperto di malattie tropicali che svolgeva la sua professione seriamente e con passione. Un mestiere che porta in certi casi ad esporsi in prima linea.

Carlo era coscienzioso e prudente: certamente non un eroe. Amava la vita, volare in cielo col suo deltaplano sui verdi colli delle Marche, fotografare istanti di vita ed emozioni della gente che incontrava.

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Secondo l’OMS, le malattie neglette (dimenticate) sono

“condizioni che infliggono gravi oneri sanitari sulle persone più povere del mondo”;

attualmente sono un miliardo le persone affette da malattie neglette, per la maggior parte bambini in Paesi dell’Africa dove non vi è accesso all’acqua potabile e condizioni igieniche adeguate; tutto questo è aggravato dal concetto dei “farmaci orfani”, ovvero quelli che a causa della infrequenza e frammentazioni di tali patologie, faticano ad incontrare l’impegno nella ricerca e l’interesse economico delle industrie farmaceutiche; questa scarsa domanda ostacola il diritto all’accesso alle cure per tutti.

Scriveva Carlo Urbani:

“Ricordo la prima volta che misi piede in Africa, fresco di studi di medicina tropicale. Aspettavo con ansia di vedere malati affetti da quei misteriosi e affascinanti morbi esotici. Rimasi quasi deluso quando, nella prima giornata di consultazioni mediche, vidi solo bambini gravemente malati o prossimi al decesso per banali infezioni. Diarrea, infezioni delle vie respiratorie: sono queste le prime cause di morte nei paesi in via di sviluppo. Il 95% dei decessi sono dovuti a malattie infettive, per le quali esistono efficaci trattamenti. Ma un terzo della popolazione mondiale non ha accesso ai farmaci essenziali. Gran parte di queste malattie sarebbero facilmente curabili; però, proprio là dove più servono, i farmaci relativi non sono disponibili, spesso perché troppo costosi…mancano nuovi farmaci utili in medicina tropicale, che siano poco tossici, a basso costo ed efficaci per debellare le malattie (parassitarie, per esempio), causa di sofferenza e morte. Basta un dato: negli ultimi 20 anni, tra i 1233 nuovi farmaci offerti dal mercato internazionale, solo 11 avevano come indicazione malattie tropicali, e di questi 7 venivano dalla ricerca veterinaria. Per cui appena lo 0,3% della ricerca farmaceutica contemporanea è indirizzata alle malattie ai vertici di ogni classifica mondiale di morbosità e mortalità. Perché? Semplice, poiché queste malattie imperversano in mercati poco remunerativi. Le priorità sono, quindi, più di ordine economico-commerciale che medico. Se poi talvolta (e c’è l’evidenza) una multinazionale farmaceutica giunge a sintetizzare un farmaco attivo su una malattia tropicale, spesso il fabbricante decide di non commercializzarlo, poiché la sua vendita sarebbe poco remunerativa nei paesi dove i pazienti interessati sono concentrati…”.

E’ doveroso e necessario quindi sensibilizzare quante più persone possibili a tale problematica; questa è la missione di AICU, l’associazione nata per ricordare Carlo Urbani.

Dr. Emilio Amodio

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