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Isteria: dagli egizi a Freud

Storia dell’isteria: dagli Egizi a Freud

Storia dell’isteria: dagli Egizi a Freud

Una intervista sull'anorgasmia femminile

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Molto prima che la cultura egizia diventasse nota in Occidente in testi di prima mano, si sapeva già da fonti antiche, soprattutto greche, di quale alta considerazione godesse in passato l’antica medicina egizia. Omero definiva i medici egizi “più esperti di tutti gli altri uomini” (Odissea).

Il Papiro di Kahun (1800 A. C., conservato presso lo University College di Londra) è il più antico trattato di medicina. Esso parla di ginecologia e ostetricia e sostiene che l’utero sia la causa di molti disturbi che si manifestano in altre parti del corpo, per le quali è raccomandata la fumigazione, o con oli e incenso, o con odore di arrosto.

Il Papiro Ebers (ca. 1550 a.C.), è un rotolo di papiro lungo 20 metri ed alto 20 centimetri, suddiviso da 108 pagine e databile alla XVIII dinastia egizia, più precisamente al regno di Amenhotep I, anche se il testo potrebbe essere notevolmente più antico. Attualmente è conservato presso la biblioteca dell’Università di Lipsia, in Germania. Esso conteneva riferimenti a disturbi femminili che si pensava fossero causati dai movimenti anormali dell’utero.

L’idea dominante era che ogni tipo di alterazione psichica e fisica nella donna derivasse dallo spostamento dell’utero nel corpo. Compito del medico, quasi sempre appartenente alla casta sacerdotale, era dunque quello di far tornare l’utero nella sua posizione originaria, cercando di attrarre o di respingere l’utero tramite fumigazioni, o con l’applicazione di oli benefici e pozioni. In ogni caso, si pensava all’utero come un’entità distinta e indipendente, talvolta maligna, altre benefica.

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Medicina greca

Nel V secolo A.C. Ippocrate fu il primo a coniare il termine “isteria” (il termine deriva dal greco ὑστέρα, hystera, cioè utero). Il termine appare per la prima volta nel trentacinquesimo aforisma del Corpus Hippocraticum: “Se una donna soffre di isteria, sternutire è di beneficio”. Fra le manifestazioni più comuni sono riportati casi di donne affette da alcune difficoltà respiratorie, senso di soffocamento o attacchi epilettici, tutti attribuibili alla posizione dell’utero e, indirettamente, all’astinenza sessuale. Dalla sua posizione originaria, si credeva che l’utero potesse raggiungere il cuore e, nei casi più gravi, la testa. Il medico doveva dapprima capire la posizione dell’utero e poi applicare delle fumigazioni aromatiche o maleodoranti sul basso ventre e sulla testa per attrarre o respingere l’utero. Il rimedio migliore rimaneva comunque il matrimonio.

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Medicina greco-romana

Celso ( 14 a.C. circa – 37 d.C. circa) fu un medico e enciclopedissta romano. Scrisse un trattato  (De Artibusi) n cui parlava di varie scienze antiche, fra cui la medicina. In questo trattato l’isteria viene definita “la malattia dell’utero” per eccellenza e, alle tradizionali modalità di cura aggiunge solo il consiglio di prolungare la terapia per un anno al fine di evitare ricadute.

Galeno (nato a Pergamo, in Asia minore nel 129 e morto a Roma nel 201 circa) portò a Roma la medicina greca. Le sue convinzioni hanno dominato la medicina fino al Rinascimento. Egli rigettò fermamente l’idea di una migrazione dell’utero: l’isteria era per lui dovuta a una ritenzione delle secrezioni dell’utero che, corrompendo il sangue, portavano all’irritazione dei nervi. La sintomatologia isterica consisteva in: attacchi con perdita di conoscenza e con pulsazioni molto basse; attacchi con problemi respiratori, casi di contrazione delle membra. In tutti e tre i casi comunque la causa era dovuta a affezioni uterine. La terapia? Galeno prescriveva una di queste due cose: il sesso all’interno del matrimonio o il massaggio pelvico, eseguito da medici o, meglio ancora, da ostetriche.

Con l’affermarsi del Cristianesimo, e la sempre maggiore importanza data alla castità come virtù, l’isteria iniziò a essere trattata come manifestazione demoniaca, il risultato della alleanza dell’isterica con le forze maligne. Si passò così dalle afflizioni mediche causate dalla mancanza di soddisfazione dell’utero attraverso i rapporti sessuali o la gravidanza, al possesso spirituale dei demoni, che induceva la donna ad agire in modo irregolare.

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XIX secolo

Solo nell’800, con Charcot, l’isteria venne completamente pensata come una malattia mentale, non necessariamente associata al benessere sessuale e riproduttivo di una donna.

Jean-Martin Charcot sostenne che l’isteria non aveva nulla a che fare con l’utero e, negli anni ottanta dell’Ottocento, in Francia, all’ospedale Sâlpetrière, tenne lezioni utilizzando soggetti ricoverati nell’ospedale e pubblicando articoli e immagini della sua attività.  Come disse Freud in un articolo scritto per commemorare Charcot, l’isteria fu scorporata dall’analisi “superstiziosa” fino a quel momento dedicata a questa patologia e fu trattava come un qualsiasi altro argomento di neuropatologia, dandone una descrizione completa, descrivendone i sintomi e i criteri diagnostici.

L’isteria veniva considerata come una lesione interna di origine sconosciuta che colpiva il sistema nervoso, probabilmente in seguito a un trauma. La “verità” dei sintomi, secondo Charcot, poteva essere provata dalla sua capacità di indurli nei suoi pazienti attraverso l’ipnosi. Nella forma descritta da Charcot i sintomi isterici consistevano in una fase epilettoide con convulsioni generalizzate (isteroepilessia), una fase delle contorsioni (o del clownismo), una fase degli atteggiamenti passionali, una fase delirante spesso con allucinazioni. Sono più frequenti crisi meno complete di quella descritta, diverse dagli attacchi epilettici, oltre che per la motivazione emozionale, per la mancanza di una vera perdita di coscienza, per la maggior durata e per l’atteggiamento del malato a crisi superata, caratterizzato da normalità o, spesso, da pianto dirotto. Altro elemento caratteristico era l’effetto dovuto all’attenzione delle persone circostanti, che ne prolungavano la manifestazione.

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Dopo aver seguito un corso a Parigi con Charcot, Freud rivolse la sua attenzione allo studio dell’isteria, lavorando con Joseph Breuer in Austria nel 1890. Freud e Breuer pubblicarono i loro studi sull’isteria nel 1895.

Le prime teorie di Freud vedevano nell’isteria non una lesione organica, ma una specie di cicatrice psichica interna, prodotta da eventi traumatici o da una repressione (nei pazienti isterici non ci sono altro che reminiscenze, le quali producono comportamenti paradossali, o sintomi isterici).

Più tardi Freud fu portato a ritenere che la condizione isterica fosse  “tipicamente femminile”, come effetto dell’incapacità femminile di raggiungere
una identità attraverso la risoluzione del complesso edipico:  le donne nascono già segnate dal riconoscimento della loro “castrazione”, per cui la “lesione” è nella psiche, dal momento che i genitali femminili vengono sentiti come perdita e assenza.

L’isteria dunque veniva narrata, attraverso la psicoanalisi, attraverso concetti nuovi e mistificanti, che però si ispiravano ancora all’ideologia patriarcale e non facevano altro che aumentare la pressione sulle donne, per fare ciò che la condizione stessa della femminilità le aveva chiamate a fare e che le rendevano “normali”: le mogli sottomesse e le madri.

La cura era sempre la stessa: sposarsi e avere rapporti sessuali. In precedenza ciò veniva consigliato per consentire la liberazione dai liquidi sessuali infettanti, mentre ora l’idea era che una donna potesse riguadagnare il suo pene perduto sposandone uno e potenzialmente dando la vita a un altro.

XX secolo

Il termine “isteria” rimase nel lessico medico fino agli anni ’50,  quando l’American Psychiatric Association lo rimosse dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, la bibbia della psichiatria moderna, chiamandola “conversione isterica”; negli anni 1968/1974 l’isteria veniva chiamata nel DSM “nevrosi isterica”.

Nella terza edizione del manuale dell’American Psychiatric Association, DSM III, apparso nel Febbraio 1980, ,l’isteria non veniva più considerata un disturbo clinico specifico e identificabile. Molti furono  i cambiamenti: alla voce “ninfomania” si chiedeva ai lettori di ai lettori fu chiesto di “Vedere il disturbo psicosessuale non altrove classificato” per “frigidità” “Vedere inibizione dell’eccitazione sessuale”, per “isteria” si chiedeva di “Vedere il disturbo di conversione”,  oltre che i “disturbi dissociativi” e i “disturbi fittizi”. Per la prima volta si rompeva il legame fra instabilità mentale femminile e funzione sociale delle donne in relazione alla loro capacità riproduttiva. 

Una Conferenza sulla Paura

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Concludendo…

La malattia isterica è stata il tentativo di spiegare in termini medici “tutto ciò che gli uomini trovavano di misterioso o ingestibile nelle donne”. L’isteria rappresentava ciò che era considerato “eccessivamente emotivo” o “squilibrato” nei soggetti femminili. Val la pena notare che questi stessi sintomi non erano considerati problemi, o comunque non erano gravissimi, quando si presentavano in pazienti di sesso maschile. L’isteria ha contribuito a diffonfere gli stereotipi di genere, specialmente con l’idea secondo la quale le donne sane erano quelle sottomesse al marito, che facevano sesso solo nel matrimonio, avevano numerose gravidanze e parti.

Nel DSM-IV-TR si parlava di disturbo di conversione indicando sintomi o deficit riguardanti funzioni motorie volontarie o sensitive, riconducibili a una condizione neurologica o medica generale. Oggi il disturbo di conversione è considerato un disturbo complesso che si interfaccia fra neurologia e psichiatria. I sintomi si verificano in assenza di una malattia neurologica identificabile, probabilmente di origine psicologica, anche se questo dato è sempre più messo in discussione.

I disturbi che una volta appartenevano all’area dell’isteria vengono oggi descritti nel DSM-5, oltre che nel disturbo di conversione (deficit motori, paralisi, astenia), anche nei disturbi somatoformi o di personalità.

Finalmente, sistema nervoso e vita sessuale della donna non sono più messi direttamente in relazione, almeno sui testi medici. I pregiudizi e gli stereotipi di genere sono un’altra cosa e purtroppo sopravvivono all’evoluzione della scienza.

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Freud: Studi sull’isteria (1905)
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
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Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

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  • 19 Nov 2020
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Freud: primi amici e nemici

Freud, Meynert e gli anni della neurologia

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Sopra: Theodor Meynert

Negli anni di formazione neurologica con Theodor Meynert, Freud approfondì lo studio del cervello e delle malattie nervose, lavorando nel celebre laboratorio di neuroanatomia dell’Università di Vienna. Questi studi fornirono a Freud solide basi scientifiche che avrebbero influenzato la sua futura ricerca psicoanalitica. Cerchiamo di capire meglio come andò.

Lasciato il laboratorio di von Brücke su stesso consiglio del suo maestro, Freud cominciò a cercare di farsi una posizione, lasciando l’Università ed entrando nella clinica medica dell’Ospedale Generale di Vienna.

Questo significava, in termini pratici, che Freud si trovava, rispetto ai colleghi che avevano scelto di specializzarsi in medicina clinica sin dall’inizio, quattro anni indietro. Lo stipendio era scarso, ma in compenso le prospettive di carriera erano luminose, anche se lontane nel tempo.

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L’Ospedale Generale di Vienna ospitava all’epoca circa 4.500 pazienti ed ogni Direttore di reparto era una celebrità: tra colleghi vi era molta competizione.

Il primo lavoro di Freud fu, per due mesi, nel reparto di chirurgia, poi nel reparto dello specialista di medicina interna Nothangel, dall’ottobre 1882 all’aprile 1883. Il primo maggio 1883 fu assunto come “sekundararzt” (assistente ospedaliero) nella clinica psichiatrica di Theodor Meynert.

Meynert era una figura di rilievo a Vienna. Era un tipo abbastanza singolare nell’aspetto, con una testa enorme su un corpo piccolo, con tanti riccioli arruffati che gli cadevano continuamente sulla fronte.

Ma Meynert era anche, insieme a Flechsig, il più grande anatomista del cervello in Europa: aveva una personalità difficile, violente inimicizie, pochi contatti con i suoi studenti.

Era un conferenziere noioso, ma poeta e conoscitore di musica ed arte. Qualcuno lo accusava di essersi inventato di sana pianta alcune parti del cervello, che non avevano corrispondenza oggettiva nell’osservazione. In questa clinica però Freud poté avvicinare per la prima volta dei pazienti psicotici e studiare le loro allucinazioni.

Dopo i primi cinque mesi nel reparto di Meynert, Freud si trasferì nella quarta divisione medica, dedicata in particolare alle malattie nervose e diretta dal Dr. Scholtz.

Qui acquisì esperienza con pazienti neurologici, sia attraverso l’osservazione clinica, sia attraverso gli studi di anatomia cerebrale.

Ma l’anatomia cerebrale non gli interessava: “dal punto di vista pratico l’anatomia cerebrale non rappresentava certo un progresso rispetto alla fisiologia” scrisse poi Freud, il quale aveva ormai ventisette anni, non si era ancora fatto una posizione e viveva ancora nella casa paterna: fu in questo periodo che decise di trasferirsi in alcuni locali messi a disposizione dallo stesso Ospedale Generale.

Fonte: Ellenberger, La scoperta dell’inconscio

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  • 29 Mag 2006
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Freud: avere Fliess per amico

Sigmund Freud: avere Fliess per amico

Freud: avere Fliess per amico

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Sopra: Wilhelm Fliess

Wilhelm Fliess, un otorinolaringoiatra di Berlino, fu uno dei primi e più stretti collaboratori e confidenti di Freud durante il periodo cruciale dello sviluppo delle teorie psicoanalitiche. La loro corrispondenza, iniziata alla fine del XIX secolo e durata fino al 1904, offre uno sguardo intimo sul processo creativo e sulle influenze reciproche che contribuirono a plasmare le idee di Freud. Conosciamolo meglio.

Quando si conobbero

Freud conobbe Wilhelm Fliess, uno specialista berlinese di malattie del naso e delle orecchie, tramite Josef Breuer, nel 1887. Fliess, due anni più giovane di Freud, fu sollecitato da Breuer a frequentare le lezioni che Freud teneva sull’anatomia e la fisiologia del sistema nervoso. Il medico berlinese era a Vienna per la specializzazione ed era una persona colta e di origine ebrea. Non sorprende dunque che sia entrato presto nelle grazie di Freud.

Sin dal principio della loro conoscenza, tuttavia, Freud mantenne qualche riserva sulle idee dell’amico, che pure apprezzava.

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Epistolario

La prima lettera di Freud a Fliess è del 14 Novembre 1887 e riguarda la diagnosi di una paziente. Fin da questa prima lettera è possibile scorgere in Freud un atteggiamento in cui si intrecciano la sopravvalutazione dell’altro, l’ammirazione, il desiderio di essere accettato e stimato, la dipendenza intellettuale, che oggi potremmo considerare un ‘transfert positivo’.

Scrive Freud:

“Egregio amico e collega, la mia lettera odierna è dettata da un motivo professionale; devo però iniziare confessando che spero di poter proseguire il rapporto con Lei, e che Lei mi ha lasciato una profonda impressione, la quale potrebbe facilmente indurmi a comunicarLe schiettamente in quale categoria di uomini sento di doverLa collocare.”

lettera di Freud a FliessA sinistra: lettera di Freud a Fliess

Nel giugno 1892 i due medici passarono al ‘tu’ e strinsero ulteriormente la loro amicizia. Per Freud, Fliess era un corrispondente scientifico, un medico che curava lo stato del suo naso, un confidente prezioso, oltre che una persona stimolante, nella quale riponeva illimitata fiducia. I due amici si confrontavano su nuove idee, intuizioni, scoperte, problemi culturali omogenei.

Dal loro epistolario, durato dal 1887 al 1904, si rileva che da un rapporto d’amicizia alla pari esso si trasformò nel tempo in un rapporto di subordinazione intellettuale di Freud a Fliess.
Questa amicizia del resto coincise con il periodo di depressione e di auto-analisi di Freud, in cui Fliess aveva assunto un ruolo quasi sciamanico, nell’aiutare Freud ad interpretare i sogni e le sue fantasie.

Purtroppo ci sono rimaste solo le lettere di Freud. Infatti, mentre Freud distrusse le lettere inviategli da Fliess, questi le conservò, e qualche tempo dopo la sua morte, la vedova le vendette ad un libraio di Berlino, un certo Reinhold Stahl. Il pacchetto era costituito da 284 lettere. Esse furono avventurosamente recuperate da Marie Bonaparte, psicoanalista ed allieva di Freud, che rifiutò di distruggerle, contravvenendo ad un invito dello stesso maestro.

Attraverso questo epistolario, è oggi possibile ricostruire, sul versante dell’elaborazione intellettuale, la genesi delle più importanti scoperte psicoanalitiche, come quelle sul complesso edipico, sull’interpretazione dei sogni, sulla teoria esplicativa della nevrosi, sulla sessualità infantile.

Incontri

Nell’ottobre del 1892 Fliess sposò una paziente di Breuer, Ida Bondy, donna proveniente da una famiglia facoltosa di Vienna, dalla quale ebbe tre figli. In ragione della provenienza della moglie, Fliess si recava spesso a Vienna dove incontrava regolarmente Freud. Quando era loro possibile si incontravano anche in altri luoghi (Salisburgo, Monaco, Dresda, Norimberga, Breslavia, Achensee nel Tirolo).

Una lezione divulgativa su Freud e il suo libro "Totem e Tabù"

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Le teorie di Fliess

Fliess era un medico con interessi scientifici che spaziavano oltre il suo campo specialistico, e il suo lavoro sulle connessioni tra il naso e l’apparato genitale suscitò l’interesse di Freud. I due condivisero idee radicali per l’epoca, esplorando i legami tra la biologia e la psicologia.

Fliess aveva delle teorie personali, i cui punti principali erano:

1. La corrispondenza tra la mucosa nasale e gli organi genitali,
2. La bisessualità degli esseri umani,
3. L’esistenza in ogni individuo di una doppia periodicità, una femminile con un ciclo di 28 giorni ed una maschile, con un ciclo di 23 giorni.

La nascita della psicoanalisi nelle lettere a Fliess

Freud trovò in Fliess un interlocutore stimolante per discutere le sue idee nascenti sulla psicoanalisi. Attraverso una serie di lettere, Freud confidò all’amico le sue osservazioni cliniche, le sue teorie sul ruolo della sessualità nell’inconscio, e le sue riflessioni sui sogni. Le lettere a Fliess sono, dunque, particolarmente importanti perché mostrano l’evoluzione delle teorie di Freud sulla nevrosi e la formazione delle sue idee fondamentali sul complesso di Edipo e la teoria della seduzione.

Il Ruolo di Fliess nelle Teorie Freudiane

Fliess influenzò profondamente Freud, in particolare nella formulazione della teoria delle nevrosi. Ad esempio, Freud accettò e adattò la teoria di Fliess che collegava la rinite a disturbi nevrotici. Tuttavia, col tempo, Freud iniziò a distanziarsi da alcune delle idee più speculative di Fliess, riconoscendo la necessità di fondare la psicoanalisi su basi più empiriche e meno speculative.

Il Deterioramento della Relazione

Nonostante la fruttuosa collaborazione iniziale, la relazione tra Freud e Fliess iniziò a deteriorarsi all’inizio del XX secolo. La rottura fu accelerata da divergenze scientifiche e personali. Una delle cause principali del conflitto fu il caso di Emma Eckstein, una paziente di Freud che subì un’operazione chirurgica nasale eseguita da Fliess per curare presunti disturbi nervosi. L’operazione risultò in complicazioni gravi, e Freud in seguito riconobbe che le teorie di Fliess erano in gran parte infondate.

Freud non rinunciò facilmente a questa amicizia e per circa due anni tentò di ricostituirla, anche se gli scambi scientifici non erano ormai più possibili. Giunse anche a proporre all’amico di scrivere un libro sulla bisessualità dove lui si sarebbe occupato della parte clinica, mentre Fliess di quella anatomica e biologica. Fliess, ormai diffidente, non accettò l’offerta anche perché si era convinto che le reali intenzioni di Freud mirassero ad impadronirsi della primogenitura della sua scoperta.

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Fine dell’amicizia con Fliess

La situazione precipitò definitivamente quando il 20 luglio 1904, quando Fliess scrisse, chiedendo chiarimenti, a Freud, avendo appreso che un giovane viennese, Otto Weininger , psicologo e filosofo, rivendicava la primogenitura della teoria della bisessualità ed accusando esplicitamente Freud di aver fatto importanti rivelazioni al suo allievo Swoboda, intimo amico di Weininger.

Da ciò prese corpo uno scambio di corrispondenza, con Fliess, che scriverà a Freud il 20 luglio 1904 da Vienna come segue:

“ Caro Sigmund, ho preso visione di un libro di Weininger nella cui prima parte, quella biologica, trovo esposte, con mio sommo stupore, le mie idee sulla bisessualità… Noto da una citazione che Weininger conosceva Swoboda, il tuo allievo, prima della pubblicazione del libro di quest’ultimo e apprendo qui che i due erano intimi amici. Non ho dubbi che Weiniger abbia conosciuto le mie idee attraverso di te e abbia fatto un uso indebito di cose non sue. Ne sai qualcosa? Mi potrai dare una risposta franca (al mio indirizzo berlinese, dato che partirò da qui già il 23 sera)? Un cordiale saluto tuo Wilh”

Seguirono due lettere di chiarimento, una di Freud del 23 luglio 1904 e l’altra di Fliess, ma la conclusiva di Freud é del 27 luglio 1904:

” Caro Wilhelm, vedo che devo darti ragione più di quanto contassi in origine di fare, poiché mi domando io stesso come abbia potuto dimenticare di essermi molto lamentato del mio discepolo Swoboda e di aver sorvolato sulla visita resami da Weininger, che peraltro non ho scordata. Quest’ultima si svolse proprio come ti ha detto Rie; il manoscritto che mi presentò aveva tutt’altro tenore del libro oggi stampato; mi spaventò soprattutto il capitolo sull’isteria, scritto ad captanam benevolentiam meam e tuttavia tutto pervaso dall’idea della bisessualità che naturalmente era ben riconoscibile; non poté allora non dispiacermi di avergli passato – tramite Swoboda, come già sapevo – la tua idea. Se penso poi al mio tentativo di sottrarti la tua originalità, capisco il comportamento che tenni con Weininger e la successiva dimenticanza. Non credo, nondimeno, che a quell’epoca avrei dovuto gridare al ladro. Prima di tutto non sarebbe servito a nulla, dato che il ladro può sempre affermare che era una sua idea, e le idee non si brevettano. Chi le ha, può trattenerle, e fa benissimo, se tiene alla sua priorità. Ma se le lasci fluire liberamente, queste vanno per la loro strada. Inoltre a quell’epoca mi erano già noti i testi scientifici dove l’idea della bisessualità è usata per spiegare l’inversione. Ammetterai che una mente futile può facilmente compiere da sé il passo successivo, estendendo la disposizione bisessuale da alcuni individui a tutti; anche se il fare questo passo costituisce la tua novità. Per me personalmente tu fosti sempre (dal 1901) l’autore dell’idea della bisessualità, ma temo che, percorrendo la letteratura, troverai che molti si sono almeno avvicinati… Permettimi di supporre che il danno che hai ricevuto da Weininger sia ben piccolo, giacché nessuno prenderà sul serio la sua abborracciatura e tu potrai, se ritieni che ne valga la pena, mettere la cosa in chiaro. Rubare non è così facile come si è immaginato Weininger, e con questo mi consolo e ti vorrei veder consolato. Il fatto che la nostra corrispondenza, che languiva ormai da tempo, sia stata ripresa proprio a causa di questo incidente di cui tu mi rimproveri, è cosa che non affligge te solo, ma anche me. Non è colpa mia, comunque, se trovi il tempo e la voglia di scrivermi per ragioni così futili…”.


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Questo fu l’ultimo tentativo di Freud di rispondere all’amico di un tempo, ma non fu sufficiente a placare le idee di persecuzione (non del tutto sbagliate) di Fliess. Quando, nel 1905, Fliess fece pubblicare da un suo amico un opuscolo, nel quale attaccava apertamente Weininger, Swoboda e lo stesso Freud, questi abbandonò ogni remora e con una lettera del gennaio 1906 diretta a Karl Krauss editore di Die Fackel scrisse:

”Il dr Fliess di Berlino ha ispirato un opuscolo contro Otto Weininger e H. Swoboda, nel quale i due giovani autori sono accusati del plagio più grossolano e vengono trattati nel modo più duro. Si può giudicare dell’attendibilità di questa infelice pubblicazione dal fatto che io stesso, amico di Fliess per molti anni, sono accusato di essere colui che ha fornito a Weininger e a Swoboda le informazioni che han loro servito di base per la loro supposta illegalità … Spero, caro Signore, che Ella vorrà considerare questa lettera solo come segno della mia stima e come prova del Suo interesse per una questione di cultura. Ciò che importa, qui, è la difesa contro l’arrogante presunzione di una personalità brutale e l’eliminazione di ogni meschina ambizione personale dal tempio della scienza. “

Freud scrisse infine a Magnus Hirschfeld di Berlino, editore dello Jahrbuch für sexuelle Zwischenstufen ( “Annuario dei casi di sessualità intermedia “):

“ Desidero attirare la Sua attenzione su un opuscolo intitolato Wilhelm Fliess und seine Nachentdecker … E’ uno scritto disgustoso che getta tra l’altro assurde calunnie sulla mia persona… In realtà abbiamo a che fare con la fantasia di un uomo ambizioso che nella sua solitudine ha perso la capacità di giudicare ciò che è giusto e ciò che è lecito… Non è piacevole per me parlare con durezza di un uomo al quale sono stato legato per dodici anni dalla più intima amicizia, e provocarlo con questo ed ulteriori insulti.”

Fonti:

Donn, Freud e Jung, Leonardo
Ellenberger, La scoperta dell’inconscio, Boringhieri
Ernest Jones, Vita e opere di Freud, il Saggiatore, Milano
Sigmund Freud, Lettere a Wilhelm Fliess 1887-1904, Edizione Boringhieri, Torino
Vegetti-Finzi, Storia della psicoanalisi, Mondadori

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Dott.ssa Giuliana Proietti

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  • 21 Giu 2024
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La relazione fra Sabina Spielrein e Carl Gustav Jung

La relazione fra Sabina Spielrein e Carl Gustav Jung

La relazione fra Sabina Spielrein e Carl Gustav Jung


La Sabina Spielrein che quasi tutti conoscono è quella interpretata dall’attrice Keira Knightley, nel film di Cronenberg A dangerous method. Nel film Sabina è l’isterica che si presenta a Jung e viene da lui deflorata e sculacciata: non è la giovane dottoressa che presentò “La distruzione come causa della nascita” alla Società Psicoanalitica di Vienna nel 1911, né la matura ricercatrice che pubblicò “Le origini delle parole papà e mamma” nella rivista Imago nel 1923, né l’autrice di altre 35 pubblicazioni in tre lingue, che coprono una vasta gamma di argomenti, né è la psichiatra, la psicoanalista, la storica dell’arte, la chirurga, la moglie, la madre, la pianista, la compositrice, la scrittrice, la linguista, l’insegnante, la femminista che fu nella sua vita reale.

Allo stesso modo, pochi sanno che Sabina, ritiratasi nel 1941 a Rostov in Russia fu, insieme alle sue figlie, tra le 27.000 vittime del massacro di ebrei e prigionieri di guerra sovietici perpetrato dai nazisti nell’agosto del 1942.

La vera Sabina Spielrein

Sabina Spielrein nacque nel 1885 in una ricca famiglia ebrea russa. Il matrimonio fra i suoi genitori fu piuttosto turbolento e Sabina subì aggressioni fisiche da parte loro, oltre che  probabili abusi sessuali.

Sabina da bambina era già intellettualmente molto dotata, ma aveva sintomi psicosomatici, fantasie sessuali inquietanti e altri problemi psicologici. Nell’agosto del 1904, fu portata all’ospedale Burghölzli, un dipartimento dell’Università di Zurigo, per essere curata da un disturbo isterico che le produceva dei tic e altri movimenti incontrollati del corpo.

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All’epoca il direttore dell’ospedale era Eugen Bleuler, uno psichiatra illuminato che aveva aperto la strada all’idea che un manicomio dovesse essere una comunità terapeutica. Jung era al tempo un assistente medico, anche se poco tempo dopo fu promosso a vicedirettore.

Jung lavorava come psichiatra generico, con un interesse speciale per la schizofrenia, e aveva sviluppato la propria tecnica diagnostica di associazione di parole, che aveva iniziato ad applicare a livello terapeutico.  Aveva anche cominciato a leggere Freud ed era interessato al suo approccio, anche se con delle riserve (Jung, 1901).

Tuttavia, quando conobbe Sabina, Jung non aveva ancora preso contatto con Freud e non lo aveva ancora conosciuto personalmente. Il primo resoconto che Jung fece del suo uso delle tecniche psicoanalitiche fu nel ‘Diagnostic Association Studies’, un lavoro da lui pubblicato nel 1906, due anni dopo l’ammissione della Spielrein all’ospedale psichiatrico.

In quella raccolta di saggi, Jung descrisse come aveva iniziato a integrare la sua tecnica di associazione delle parole con l’approccio freudiano sulla libera associazione (Jung, 1906). Non ci sono casi clinici simili a quelli della Spielrein nel libro, e Jung non parla affatto della Spielrein come sua prima paziente psicoanalitica, mentre afferma che la sua prima paziente psicoanalitica fosse stata una governante, le cui idee ossessive erano scomparse dopo tre sessioni di tale trattamento, nell’arco di tre settimane (Jung, 1906).

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Più tardi, nello stesso anno, in una conferenza ad Amsterdam, Jung fornì un ulteriore resoconto del suo approccio con la tecnica delle associazioni mentali. In quell’occasione descrisse i sintomi della Spielrein, che aveva trattato un paio di anni prima, ma lo fece nel contesto dell’illustrazione dell’idea freudiana dell’Edipo complesso. Non incluse i dettagli del suo trattamento. Ci sono altri due resoconti negli scritti pubblicati di Jung relativi alla Spielrein, ma anche qui non viene fornito alcun dettaglio sul trattamento (Jung, 1905).

Quasi cinquanta anni dopo,  in Memorie, Sogni, Riflessioni (1963), Jung parlò della storia di una donna ebrea molto intelligente e ricca, che era la nipote di un rabbino visionario. L’unico trattamento che descrisse in questo contesto, consistito in due soli incontri, fu quando l’aveva aiutata a riscoprire la sua fede religiosa. Nello stesso libro, Jung parla di nuovo del suo “primo caso analitico”, anche se questa volta non fa riferimento né della Spielrein, né alla governante che aveva precedentemente descritto, ma a una donna che soffriva di paralisi da 17 anni.

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Durante l’agosto e il settembre 1904 Sabina migliorò rapidamente, tanto che a Ottobre decise di iscriversi alla facoltà di medicina di Zurigo, con il pieno supporto di Bleuler. Aveva anche iniziato ad assistere Jung con i suoi test nell’associazione di parole, nel laboratorio dell’ospedale. Da ottobre in poi, Sabina continuò ad avere periodi intermittenti di agitazione e alcuni sintomi isterici, inclusi dolori ai piedi; tutto si risolse però entro la fine di gennaio. Da allora, fino alla sua dimissione, all’inizio di giugno, Sabina fu residente in ospedale, per sua scelta, per lavorare come assistente di ricerca di Jung e come stagista presso Bleuler.

Lo scarno dattiloscritto dell’ospedale sulla paziente Spielrein vede note di Jung, Bleuler e di un altro dottore senza firma. Sette note sono inerenti alla prima settimana, e sono tutte di Jung. Da queste apprendiamo che il giorno dopo il suo ricovero, Spielrein spiegò che i suoi tic e le sue smorfie erano collegati a pensieri sessuali. Jung  registrò  che Sabina non poteva osservare qualcuno che veniva umiliato senza eccitarsi e ricorrere alla masturbazione (Minder, 2006). Inoltre, Sabina aveva rivelato a Jung che suo padre l’aveva “colpita più volte sulle sue natiche nude … di tanto in tanto”.


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Il giorno seguente, Spielrein spiegò che il suo senso di vergogna, presente fin dall’infanzia, era sorto dall’eccitazione sessuale provocata dalle percosse del padre.  Quattro giorni dopo, Spielrein ricordò che una volta aveva avuto un “grande spavento” quando aveva sentito che qualcosa (o qualcuno) stava strisciando nel suo letto. Jung, tuttavia, sembra non aver voluto approfondire questo dettaglio ma, da quanto si legge, preferì concentrarsi sulla morte della sorella di Sabina, solo un anno prima, che aveva lasciato “un segno terribile su di lei”. Scrisse poi qualcosa sulle sue credenze religiose.

Due cose sono evidenti;  la prima è che Jung seguì con Sabina uno stile convenzionale di anamnesi psichiatrica, evidentemente spostandosi da una domanda all’altra, piuttosto che invitarla ad approfondire gli argomenti che sembravano avere maggiore portata emotiva per lei (Aaslestad, 2009). L’altra è la disattenzione di Jung sulle suggestioni relative all’abuso sessuale. Nel suo commento a queste note, Bernard Minder ha osservato: “Mi sembra molto sorprendente che l’incesto non sia mai stato introdotto nella discussione» (Minder, 2001). Questa disattenzione è continuata per tutto il ricovero. Alla fine di gennaio, Jung aggiunse circa nove annotazioni in cartella clinica.

In seguito si allontanò dall’ospedale, per prestare servizio militare e per altri motivi, tra cui la nascita della sua prima figlia. Gran parte del trattamento della Spielrein presso l’ospedale psichiatrico consisteva in cure infermieristiche, coinvolgimento nelle attività sociali dell’ospedale e separazione dalla sua famiglia.

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Nella cartella clinica a volte ci sono intervalli di due o tre settimane tra le annotazioni. Diversi appunti di Jung registrano episodi di agitazione o notano il suo miglioramento crescente. Altre voci sembrano riassumere conversazioni più lunghe; ma queste non iniziarono fino a metà ottobre, quando la Spielrein era già molto migliorata, aveva deciso di frequentare la facoltà di medicina e stava assistendo Jung nel suo lavoro di laboratorio.

Poiché Jung era al tempo un medico senior, responsabile di 400 pazienti ricoverati,  è improbabile che possa aver scritto molto di più di quello che è stato trovato su Sabina.  Inoltre (con un’eccezione) non c’è traccia di quanto tempo  Jung dedicasse a ogni incontro con Sabina (Minder, 2006). Un riferimento, a settembre, sul fatto che la presenza di Jung potesse calmare la Spielrein “per ore” è stato interpretato nel senso che lui si intrattenesse con lei per diverse ore. Tuttavia, il tedesco è ambiguo ed è anche probabile che una sola visita di lui potesse farla rimanere calma per ore.

In una nota dell’8 gennaio, Jung  descrisse una “analisi di tre ore”, quando Spielrein aveva parlato ancora una volta delle sue percosse e di come l’avessero eccitata.  È probabile che Jung avesse iniziato la sessione con i test di associazione delle parole, per poi continuare la seduta vera e propria. Esiste un rapporto indipendente sul trattamento della Spielrein, da parte di uno studente di medicina russo che lavorava nell’ospedale, Feiga Berg, che racconta come Jung eseguiva in effetti i test di associazione delle parole, prima di “persuadere” la Spielrein a parlare delle associazioni che queste rivelavano (Berg, 1909)

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Jung non registrò nella cartella clinica che Bleuler aveva scritto al padre di Sabina, insistendo sul fatto che non avrebbe dovuto avere contatti con la figlia, neanche per lettera. La lettera di Bleuler, insieme all’altra sua corrispondenza con la famiglia Spielrein, suggeriscono che lo psichiatra ben comprendesse la probabile natura degli abusi subiti dalla ragazza, e la sua determinazione a prevenirne il loro ripetersi. I suoi interventi, ad esempio, includevano la richiesta che le misure per un vestito nuovo dovessero essere prese da una sarta e non dal padre, e la richiesta che i suoi fratelli e suo padre stessero alla larga da Zurigo. Probabilmente queste misure furono alla base del miglioramento di Sabina.

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Quando Sabina confidò alla madre di essersi invaghita di Jung, la signora Eva Spielrein chiese a Jung di indirizzarla a un altro medico, per curare anche questo “sintomo”. In sua presenza, Jung scrisse una lettera a Freud (che non aveva ancora conosciuto) e che poi diede alla madre di Sabina, da consegnare a mano a Freud. Sulla busta scrisse “Da usare se si presenta l’occasione”. Nella lettera Jung descrisse molti dettagli dei sintomi di Sabina, compresa la sua tecnica di masturbazione (strofinarsi le cosce), la sua eccitazione sessuale nel vedere le mani di suo padre e le sue fantasie di essere frustata pubblicamente. I motivi per cui Jung abbia voluto consegnare una lettera di questo tipo a Eva Spielrein sono inspiegabili. Non si capisce se volesse impressionare Freud o la signora Spielrein, o entrambi. Eva Spielrein, in ogni caso, non consegnò la lettera a Freud.

Dai diari della Spielrein, la sua infatuazione sembra essere diventata meno “delirante” durante i suoi primi tre anni alla facoltà di medicina. In questo periodo studiò e strinse molte amicizie. Frequentò anche le lezioni di Jung e probabilmente lo assistette ancora nel suo laboratorio. Jung e la Spielrein avevano sicuramente sviluppato un’amicizia, anche se non è chiaro quante volte si siano incontrati durante questo periodo.

Jung e la Spielrein avevano molti interessi in comune: parlavano ad esempio del loro comune amore per Wagner, e Sabina formulò un giorno la fantasia di concepire con Jung un figlio che avrebbero potuto chiamato Siegfried, e che sarebbe stato “il più grande genio”. Lei gli scriveva lunghe lettere, a volte adoranti, a volte molto intellettuali. Lui sembra che le rispondesse, anche se le sue risposte non esistono più.

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I diversi resoconti di Jung sul “caso” di Spielrein sono contraddittori. Nella lettera che consegnò a Eva Spielrein e nelle due pubblicazioni in cui descrisse i sintomi della Spielrein affermò che il trattamento era finito. Tuttavia, Sabina fu menzionata di nuovo nelle lettere a Freud nel 1906 e nel 1907, e in questi casi scrisse come se lei fosse una paziente con un trattamento in corso.

La Spielrein disse con chiarezza che frequentava Jung come amica e non come paziente, una volta dimessa dall’ospedale. (Carotenuto, 1986). Deidre Bair nella biografia di Jung afferma che Jung era solito offrire “discorsi confidenziali, più volte alla settimana” alla Spielrein (Bair, 2003).

All’inizio del 1906, Jung prese finalmente contatto con Freud, inviandogli il suo recente libro sulle associazioni. La loro amicizia e collaborazione professionale decollò rapidamente. Tra la sua prima lettera a Freud e la crisi con la Spielrein nel 1909, Jung scrisse 65 lettere a Freud:  ci sono allusioni alla Spielrein solo in tre di queste, anche se lo scrivente cercò di confondere un po’ le acque.

Nell’ottobre 1906, descrisse i sintomi di una “studentessa russa” che stava “attualmente curando” e che era chiaramente la Spielrein (McGuire, 1974). Più tardi si corresse, insistendo con Freud e con la madre che era stata una sua amica e non una sua paziente. Nel luglio successivo, fornì un resoconto scherzoso di una “giovane donna russa isterica” che voleva avere un figlio con lui. Tre mesi dopo, Jung scrisse per chiedere consiglio a Freud su una signora che era stata “guarita da una nevrosi ossessiva”, ma che ora lo aveva reso oggetto delle sue fantasie sessuali. Jung voleva sapere se doveva continuare a curarla o no. La risposta di Freud non esiste più, ma si pensa che Freud gli abbia offerto qualche consiglio, perché Jung gli rispose per ringraziarlo. È probabile che la signora in questione fosse la Spielrein, ancora una volta mascherata da paziente.

Nei diari di Sabina si legge come Jung avesse iniziato a cercare di analizzare il suo desiderio di avere un figlio. La sua descrizione chiarisce che lui stava ora sperimentando sul serio le interpretazioni freudiane, anche se in ambito formativo, più che in un contesto terapeutico formale (Carotenuto, 1986).

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Nel giugno 1908 Jung e Spielrein iniziarono la loro relazione. La Spielrein racconta che per due volte di seguito Jung si era emozionato così tanto in sua presenza che le lacrime gli avevano rigato il viso. (Lothane, 1999). Confidò a sua madre che stavano avendo rapporti sessuali, sebbene questi rimanessero a un livello tale che non erano “pericolosi”. Forse non c’era penetrazione, per evitare una possibile gravidanza.

Poco dopo, riprendendosi dal parto, la moglie di Jung, Emma, ​​scrisse a Eva Spielrein per denunciare la relazione clandestina della figlia con suo marito. La signora Spielrein scrisse allora a Jung, implorandolo di non rovinare sua figlia. In preda al panico, Jung si rifiutò di vedere Sabina, tranne che negli incontri prenotati al Burghölzli. Sabina frequentò queste sedute per tre volte, prima di perdere il controllo e aggredirlo con un tagliacarte. Jung inviò quindi una serie di lettere offensive a Eva Spielrein. All’inizio ammise di avere avuto una relazione con Sabina, sostenendo che ne aveva tutto il diritto, visto che non aveva mai chiesto un compenso agli Spielrein e che se volevano che il rapporto con Sabina diventasse solo professionale, gli Spielrein dovevano iniziare a pagare la sua parcella. In seguio negò del tutto la relazione. La Sig.ra Spielrein andò a Zurigo per affrontarlo, minacciando di parlarne con il suo capo, Bleuler. Jung si dimise dunque dal suo incarico in ospedale e iniziò la libera professione. In questo periodo scrisse molte lettere a Freud per difendersi contro la possibilità del disonore.

La corrispondenza tra Freud e Jung sull’affare Spielrein nel 1909 è ben conosciuta. Jung inizialmente riferì a Freud che si trattava di una ex paziente che stava cercando di calunniarlo, ma negò che ci fosse stata una relazione. Ben presto si rese conto che questo inganno non era più possibile, dal momento che la Spielrein aveva cominciato a scrivere lei stessa a Freud. Jung spiegava che la Spielrein era stata il suo banco di prova con la psicoanalisi, che si era sentito obbligato a diventare suo amico, che non aveva capito sin dall’inizio che la Spielrein stava pianificando spietatamente di sedurlo. Jung disse inoltre a Freud, per giustificarsi, che era stato incoraggiato a provare la ‘poligamia’ dal suo collega anticonformista Otto Gross (e dunque non era una sua idea).

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Nelle settimane successive, Freud ricevette altre lettere dalla Spielrein, con allegate alcune lettere d’amore di Jung, il quale insisteva per fissare un incontro personale. Freud cercò dapprima di coprire l’amico e collega nascondendo alla Spielrein quanto sapeva da Jung sulla relazione, ma evitò anche di dire a Jung quanto aveva saputo dalla Spielrein. Fu solo anni dopo che Freud confessò alla Spielrein che le sue rivelazioni erano state per lui un punto di svolta nella sua valutazione di Jung:  “Il suo comportamento era troppo cattivo. La mia opinione è cambiata molto da quando ho ricevuto quella prima lettera da lei» (Carotenuto, 1986).

Nello stesso anno, lei e Jung ripresero ancora una volta la relazione sessuale, anche se Jung si altalenava tra appassionate dichiarazioni d’amore e momenti  di freddezza. Il loro ultimo incontro fu nel dicembre 1910; il mese dopo Sabina si laureò in medicina. Decise di lasciare immediatamente Zurigo e trascorse i mesi successivi a studiare storia dell’arte a Monaco e a scrivere il suo primo saggio. Sappiamo che incontrò ancora Jung una sola volta, ma non si sa in quale contesto.

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A Vienna, la Spielrein strinse una calda amicizia con Freud. In seguito si sposò e si trasferì a Berlino, dove ebbe la sua prima figlia. Prese le parti di Freud nella rottura con Jung, anche se cercò di convincere Freud a evitare quella rottura. Ammise nelle sue lettere a Freud di essere ancora innamorata di Jung, il che generò crescente impazienza in Freud, che tentò di persuaderla a “scoprire l’odio” che giaceva in realtà dietro i suoi desideri (Carotenuto, 1986).

Per convincerla ad allontanarsi da lui, fece anche fatto appello al suo senso di identità: “Ebrei siamo ed ebrei rimaniamo. Gli altri ci sfrutteranno solamente, e mai riusciranno a comprenderci o apprezzarci” (1986). Spielrein continuò la corrispondenza con Freud per molti anni. Decise di tornare in Russia nel 1923, per promuovere la psicoanalisi.

La Spielrein corrispondeva anche con Jung riguardo alle sue teorie. In uno scambio di lettere con lui dal 1917 al 1919, cercò di persuaderlo a riconoscere la grandezza di Freud e accettare che le idee di Freud, così come le sue e quelle di Adler, potessero essere viste come prospettive diverse sulla stessa cosa: la spinta evolutiva alla riproduzione.

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L’affermazione che la Spielrein sia stata la fonte junghiana del concetto di “anima” è stata tramandata da Carotenuto, che lo suggerì per primo e da John Kerr, il quale successivamente affermò di aver trovato prove che lo confermavano. Le prove di Kerr sono in realtà estremamente scarse (Kerr, 1993).

Basò infatti la sua argomentazione sul racconto di Jung in Ricordi, sogni, riflessioni, sulla ricerca di una personalità femminile separata dentro di sé, che parlava con “la voce di una paziente”. Descrisse questa paziente come “una psicopatica di talento che aveva un forte transfert verso di me» (Jung, 1963). Questa voce continuava a criticare le sue teorie, dicendogli “È arte” (e dunque non scienza).

La Spielrein potrebbe aver dato a Jung l’idea al centro della sua filosofia: quella dell’individuazione. Durante la sua infanzia, adolescenza e fino ai 30 anni, Spielrein era stata infatti ossessionata  dall’idea di avere una “vocazione più alta” e che la sua vita sarebbe stata soddisfacente solo se avesse scoperto di cosa si trattava. È un’idea che appare in tutti i suoi diari.

Durante i suoi anni alla facoltà di medicina, questo sogno era collegato alla speranza che lei e Jung avessero potuto concepire un figlio di nome Siegfried. Più tardi, attraverso una formidabile autoanalisi registrata nel suo diario, preferì applicarsi alla creazione di una teoria che avesse potuto cambiare il mondo, collegando il sesso con la morte, cosa che tentò nel suo articolo ‘Distruzione come causa della nascita’. Freud fu ispirato da questo scritto per formulare la sua teoria sulla pulsione di morte.

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In conclusione, ci sono poche o nessuna prova che Jung abbia intrapreso la psicoanalisi della Spielrein durante il suo ricovero in ospedale nel 1904-1905. È molto probabile che abbia invece usato i test di associazione di parole, cui seguiva la richiesta di parlare dei complessi scoperti.

Probabilmente il regista di Jung fu Eugen Bleuler, il cui intervento fu determinante nel rapido miglioramento durante il ricovero di Sabina in ospedale. Come Bleuler aveva capito, la Spielrein era stata vittima di abusi sessuali all’interno della sua famiglia, qualcosa che Jung invece non capì o volle ignorare. Jung non ebbe mai in terapia la Spielrein dopo che lei fu dimessa dall’ospedale, anche se divenne suo amico.

La loro relazione iniziò a causa dei tentativi di Jung di analizzare il desiderio di Sabina di avere un figlio da lui (Jung in realtà aveva già altre relazioni e continuò a farlo). L’intensa relazione di Jung con la Spielrein fu breve e durò circa cinque mesi.  Su circa 40 lettere che le scrisse, solo in  quattro lettere, durante l’estate del 1908, Jung le espresse sentimenti di amore.

L’intervento di Freud non aiutò Spielrein e Jung a porre fine alla loro relazione. Jung decise di interromperla a causa della sua paura del disonore e del biasimo pubblico che questa storia avrebbe potuto procurargli,  ma dopo la crisi i due ebbero ancora incontri sessuali intermittenti per un po’ di tempo.

Tuttavia, Sabina si era stancata dei suoi sbalzi d’umore e della sua promiscuità. Quando si laureò in medicina, all’inizio del 1911, lasciò Jung e Zurigo di sua iniziativa. Incontrò Jung una sola volta dopo questo addio. Ci sono dubbi sul fatto che Jung si sia ispirato effettivamente a lei nel formulare il suo concetto di “anima” mentre è più sicuro che Freud prese il concetto della pulsione di morte da lei, anche se lo applicò a qualcosa di assolutamente
diverso. Tuttavia, Sabina probabilmente influenzò Jung sull’idea dell’individuazione.

La Spielrein andrebbe ricordata per l’amplissimo ventaglio di contributi innovativi che dette alla teoria psicoanalitica e per il suo lavoro nell’integrazione del pensiero psicoanalitico con studi di sviluppo infantile, linguistica e psicologia dell’educazione,  e non solo per questa breve quanto intensa relazione con Jung.

Dr. Giuliana Proietti

Fonte principale:

John Launer (2015) Carl Jung’s relationship with Sabina Spielrein: a reassessment, International Journal of Jungian Studies, 7:3, 179-193, DOI:
10.1080/19409052.2015.1050597

Giuliana Proietti
Dr. Giuliana Proietti

Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

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  • 12 Apr 2023
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Il caso Freud, Fliess, Weininger, Swoboda del 1906

Fliess, Weininger, Swoboda, Freud e la disputa sul plagio del 1906

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Sigmund Freud e Wilhelm Fliess ebbero una stretta amicizia e una collaborazione intellettuale fondamentale per le teorie psicoanalitiche nascenti. Tuttavia, il loro rapporto finì bruscamente e con esiti inaspettati, come raccontiamo in questo articolo.

1904

Nel 1904, quando la sua relazione con Freud si era da tempo raffreddata, Fliess scoprì nel libro di Otto Weininger, Sesso e Carattere (1903) delle dichiarazioni sulla bisessualità in cui riconosceva idee proprie, che non erano ancora state pubblicate.

Fliess sapeva che c’era un legame tra Weininger e Freud attraverso un allievo-paziente di Freud,  H. Swoboda, e pertanto scrisse a Freud chiedendo spiegazioni del fatto. Lettera del 20 luglio 1904:

“ Caro Sigmund,
ho preso visione di un libro di Weininger nella cui prima parte, quella biologica, trovo esposte, con mio sommo stupore, le mie idee sulla bisessualità… Noto da una citazione che Weininger conosceva Swoboda, il tuo allievo, prima della pubblicazione del libro di quest’ultimo e apprendo qui che i due erano intimi amici. Non ho dubbi che Weiniger abbia conosciuto le mie idee attraverso di te e abbia fatto un uso indebito di cose non sue. Ne sai qualcosa? Mi potrai dare una risposta franca (al mio indirizzo berlinese, dato che partirò da qui già il 23 sera)?
Un cordiale saluto
tuo Wilh”

Freud confermò, nella sostanza, la cosa e ammise di aver avuto anche contatti personali con il giovane autore e di aver persino letto una bozza del suo libro.

Lettera del 27 luglio 1904:

” Caro Wilhelm,
vedo che devo darti ragione più di quanto contassi in origine di fare, poiché mi domando io stesso come abbia potuto dimenticare di essermi molto lamentato del mio discepolo Swoboda e di aver sorvolato sulla visita resami da Weininger, che peraltro non ho scordata. Quest’ultima si svolse proprio come ti ha detto Rie; il manoscritto che mi presentò aveva tutt’altro tenore del libro oggi stampato; mi spaventò soprattutto il capitolo sull’isteria, scritto ad captanam benevolentiam meam e tuttavia tutto pervaso dall’idea della bisessualità che naturalmente era ben riconoscibile; non poté allora non dispiacermi di avergli passato – tramite Swoboda, come già sapevo – la tua idea. Se penso poi al mio tentativo di sottrarti la tua originalità, capisco il comportamento che tenni con Weininger e la successiva dimenticanza. Non credo, nondimeno, che a quell’epoca avrei dovuto gridare al ladro. Prima di tutto non sarebbe servito a nulla, dato che il ladro può sempre affermare che era una sua idea, e le idee non si brevettano. Chi le ha, può trattenerle, e fa benissimo, se tiene alla sua priorità. Ma se le lasci fluire liberamente, queste vanno per la loro strada. Inoltre a quell’epoca mi erano già noti i testi scientifici dove l’idea della bisessualità è usata per spiegare l’inversione. Ammetterai che una mente futile può facilmente compiere da sé il passo successivo, estendendo la disposizione bisessuale da alcuni individui a tutti; anche se il fare questo passo costituisce la tua novità. Per me personalmente tu fosti sempre (dal 1901) l’autore dell’idea della bisessualità, ma temo che, percorrendo la letteratura, troverai che molti si sono almeno avvicinati…Permettimi di supporre che il danno che hai ricevuto da Weininger sia ben piccolo, giacché nessuno prenderà sul serio la sua abborracciatura e tu potrai, se ritieni che ne valga la pena, mettere la cosa in chiaro. Rubare non è così facile come si è immaginato Weininger, e con questo mi consolo e ti vorrei veder consolato. Il fatto che la nostra corrispondenza, che languiva ormai da tempo, sia stata ripresa proprio a causa di questo incidente di cui tu mi rimproveri, è cosa che non affligge te solo, ma anche me. Non è colpa mia, comunque, se trovi il tempo e la voglia di scrivermi per ragioni così futili…”

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1906

All’inizio del 1906 Richard Pfennig, bibliotecario a Berlino e amico di Fliess, pubblicò un opuscolo in cui denunciava il presunto plagio di Weininger sulla bisessualità, oltre che un ulteriore plagio di Swoboda (1904) sulla periodicità nella vita umana (che oggi chiameremmo “bioritmo”); in entrambi i casi, l’intermediario del furto di idee era stato, secondo l’accusatore, Sigmund Freud.

Fliess fece le stesse accuse in una postfazione al suo lavoro, Il corso della vita (1906). La pubblicazione di questo libro, al quale aveva lavorato a lungo e che lui stesso considerava il “fondamento” di una nuova biologia, lo spinse ad attaccare le due pubblicazioni concorrenti, risalenti a diversi anni prima. Swoboda si difese in una replica (1906) alla quale replicò a sua volta Fliess (1906) e presentò una denuncia per diffamazione, rimasta inevasa.

Hannelore Rodlauer (1990) ha avuto accesso a una prima bozza del libro di Weininger, intitolato Eros e Psiche, che l’autore aveva depositato sigillato il 4 giugno 1901 presso l’Accademia austriaca delle scienze – per salvaguardarne la proprietà intellettuale.

Grazie al lavoro della Rodlauer, è possibile rilevare il contatto, diretto o indiretto , tra Freud e Weininger nella genesi del libro di quest’ultimo.

Pfennig e Fliess condussero il loro attacco contro Otto Weininger e Hermann Swoboda accusandoli di “plagio”, senza fare fra loro alcuna differenza (Fliess, 1906). Avrebbero “condiviso il bene di un terzo”, appropriandosi ciascuno di una delle due idee fondamentali legate tra loro di Fliess, e cioè quella della bisessualità e della periodicità.

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L’oggetto della lite: il concetto di bisessualità

Al momento della concezione del libro di Weininger (che doveva essere la sua tesi di dottorato in filosofia), l’idea della bisessualità era nell’aria.

Pudor, ad esempio, nel 1900 aveva scritto:

Ultimamente, abbiamo riscontrato in varie occasioni nelle riviste letterarie l’osservazione che, fondamentalmente, c’è in ogni essere umano un elemento omosessuale, salvo che, nella quasi totalità dei casi, non ne siamo consapevoli. E fisiologicamente questo fenomeno non stupisce, visto che la differenziazione sessuale durante la genesi fisica dell’essere umano non è data fin dall’inizio e che noi, gli uomini, possediamo ancora oggi, a ricordo di questo tempo della nostra esistenza, dei resti della formazione degli organi femminili. 

L’autore di queste righe, Heinrich Pudor, pubblicò egli stesso nel 1906 un pamphlet Contro Wilhelm Fliess, in cui cercava di dimostrare di aver descritto lui stesso la bisessualità, non certo per primo, ma comunque prima di Fliess.

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Lite Fliess – Weininger

Nella lite tra Fliess e Weininger, Fliess rivendicava un concetto specifico di bisessualità che definiva così: “Nel corso della vita è costantemente presente e attivo un elemento femminile negli uomini e un elemento maschile nelle donne”:  questi due elementi sarebbero determinati da due “sostanze” di cui ogni organismo è composto (1906).

È proprio su questo pensiero, che considerava di sua proprietà, che Fliess si è imbattuto in Weininger, in particolare nella frase: “Notiamo bene: qui non si tratta solo di disposizione alla bisessualità, ma di costante bisessualità”.

Quasi sicuramente Weininger doveva la sua idea centrale, de facto, a Fliess,  anche se l’aveva poi sviluppata in modo personale.

Sia Freud (1906) che Swoboda (1906) obiettarono che l’accusa di Fliess era irrilevante, semplicemente perché aveva già pubblicato lo schema della sua tesi in un libro precedente (1897), in particolare nella prefazione.

Fliess replicò che la bisessualità costantemente presente e attiva non era identica alla precedente scoperta di una “disposizione” bisessuale (nota da molto tempo). Su questo punto Fliess aveva ragione. Anche i tentativi dei suoi oppositori, di trovare negli autori formulazioni più antiche della tesi della bisessualità costante si sono rivelati inconcludenti.

Le interviste

 

Procedura e dimensione del “plagio”

Dal punto di vista dello sviluppo storico, è lecito pensare che Weininger doveva indirettamente a Fliess l’idea della bisessualità, che costituisce un punto centrale del suo libro. Il collegamento con Freud era dovuto al suo amico Swoboda che era  stato, nell’autunno del 1900, in analisi con Freud. Durante una seduta, Freud aveva parlato al paziente della disposizione bisessuale di ogni essere umano.

“La stessa sera”, raccontò Swoboda, ne aveva parlato a Weininger, «quando lo aveva trovato alle prese con problemi sessuali». Avendo così conosciuto il “fatto della bisessualità”, l’altro aveva, secondo lui, iniziato “pieno di ardore”, a raccogliere materiale su questo tema (Swoboda, 1923).

Freud riferisce, basandosi sulle informazioni del suo ex paziente (1986), che Swoboda si era limitato a pronunciare “la parola bisessualità” quando Weininger si era dato uno schiaffo in fronte ed era corso a casa per scrivere il suo libro.

Questa descrizione, consapevolmente esagerata, ignora il fatto che Weininger aveva già letto i primi volumi delllo Jahrbuch für Sexual Zwischenstufen (1899) in cui si parlava dell’argomento e aveva anche scoperto da solo il libro di Fliess del 1897. È difficile dire fino a che punto questa comunicazione dell’amico sia stata per lui il punto di partenza dei suoi studi o, viceversa, in che misura questi ultimi abbiano preparato il suo interesse per le sue osservazioni.

Nel manoscritto di “Eros e Psiche”, tuttavia, in cui Weininger esponeva ciò che considerava di sua proprietà nella fase iniziale, l’idea di “bisessualità costante ‘ non ne faceva parte.

La tesi centrale era che non esistevano uomini puramente uomini e donne puramente donne.   “Sono come due sostanze distribuite in quantità diverse in tutti gli individui viventi”. Questo principio acquisiva, secondo l’autore, una “enorme importanza”, quando si passava alle “qualità intellettuali” e doveva essere considerato come il vero principio fondamentale della scienza del carattere o della psicologia differenziale.

In altre parole, l’importante per Weininger era sfruttare la frase sulla bisessualità di tutti gli esseri umani dal punto di vista della psicologia dei sessi e delle relazioni tra i sessi. L’osservazione generale di Freud sul “fatto della bisessualità” era stata sufficiente a stimolarlo. Il particolare elemento chiave, della “costanza”, la cui “novità” più tardi Weininger evidenziò e che Fliess considerava di sua proprietà intellettuale, non giocava ancora un ruolo evidente per il giovane autore dell’epoca.

Una seconda accusa di plagio riguardava la tesi di Fliess secondo cui “uomini con una marcata tendenza femminile e donne con una marcata tendenza maschile” provavano una particolare attrazione reciproca (Fließ, 1906). Questa accusa non era molto fondata.

La legge dell’attrazione sessuale, come la intendeva Weininger, dice che uomini e donne che sono, in proporzione variabile, una miscela di elementi maschili e femminili, cercano ciascuno dei partner, in cui la proporzione degli elementi bisessuali sia complementare, in modo che quando formano una coppia, si abbia “un uomo totale” e “una donna totale” (Rodlauer, 1990).

Questa formula quasi aritmetica non ha nulla a che vedere con la tesi di Fliess  citata. Ogni paragone è del resto superfluo se si pensa che, come riporta lo stesso Weininger (1903) che dopo aver formulato la sua tesi (“inizio 1901”), si era imbattuto in un’osservazione molto simile leggendo Schopenhauer. Secondo Swoboda (1906), la gioia per la “scoperta” da parte di Fliess era dunque   fuori luogo e Paul Julius Möbius osservò sarcasticamente che l’autore aveva indubbiamente “preso pensieri che erano ricordi per ispirazioni personali” (1904).

Secondo Swoboda, Freud non gli aveva subito parlato di Fliess nell’autunno del 1900, ma in una conversazione successiva, “intorno al Natale 1901”, trattando tutti i tipi di ipotesi riguardanti la questione della periodicità. All’epoca, Freud gli avrebbe detto: “Dovresti leggere il libro del mio amico Fliess […] ti interesserà sicuramente” (1906).

Weininger aveva, invece, preso conoscenza del libro di Fliess o delle tesi in esso contenute, già nel giugno del 1901. Ciò è confermato da un passo di “Eros e Psiche” che si riferisce alle “zone genitali del naso” (Rodlauer, 1990) – espressione di tale stranezza che sicuramente si riferisce a Fliess.

Sicuramente Weininger non ha rispettato le regole del mondo scientifico, trascurando di indicare «l’origine dell’idea che gli era servita da base», ma del resto non si può dire che il giovane viennese avesse espresso l’idea della bisessualità nella forma e nei dettagli che Fliess rivendicava. La sua accusa di plagio era quindi era giustificata, ma solo in parte.

Il rapporto tra Freud e Weininger era in parte diretto, in parte indiretto. In due lettere, Freud ne riassunse ancora una volta la natura (Le Rider, 1982, Freud, 1960): “W. [eininger] non fu mai mio paziente, ma lo era un suo amico. È stato attraverso di lui che Weininger ha sentito parlare del punto di vista della bisessualità che, sotto l’impulso di Fliess, ho usato nell’analisi da quel momento in poi. Aveva basato il suo libro su questa idea che gli era stata comunicata e sono stato il primo a leggere il suo manoscritto e a condannarlo”.

Il manoscritto, ampiamente rivisto e ampliato, portava ancora il titolo “Eros e Psiche” nell’estate del 1901 quando, su consiglio di Swoboda, l’autore lo inviò a Freud per avere la sua opinione e possibilmente raccomandarlo al suo editore, Deuticke (Rodlauer, 1990). A metà ottobre, Weininger andò personalmente da Freud per parlare del manoscritto.

Così Freud descrisse il suo visitatore, dopo la morte di quest’ultimo: “Un giovane snello dai lineamenti seri, dall’aspetto leggermente velato, quasi bello; Non potevo fare a meno di sentire di avere davanti a me una personalità al limite del genio” (Probst, 1904)

Secondo il racconto di Weininger (vedi anche Swoboda, 1906), Freud gli aveva detto del manoscritto “molte cose belle, anche lodevoli”, ma aveva aggiunto:

“Il mondo non vuole idee, vuole prove! E un po’ più in dettaglio. Freud mi disse che non poteva raccomandare il mio libro in questa forma; neanche questo è quello che avrei voluto. Secondo lui, dovevo prendermi il mio tempo, dieci anni, e limitarmi a dimostrare tutto esattamente attraverso indagini molto specifiche” (Rodlauer, 1990).

Senza lasciarsi fermare da considerazioni di cortesia e benevolenza, Freud  scrisse invece a Swoboda, nel novembre 1901, che l’opera esprimeva le sfrenate invettive di un giovane e non poteva assolutamente essere stampata.

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Il vero giudizio di Freud tuttavia viene espresso a Stekel (1904) quando gli disse che si trattava di “un genio che voleva imporsi con la forza per divenire celebre a tutti i costi”.

Freud sapeva già, da informazioni di Swoboda, che il suo visitatore si era adornato con le piume di un altro, cioè di Fliess. Quando lo interrogò, Weininger insistette nel rivendicare la sua originalità, cosa che dispiacque a Freud. L’autore non rivelò dove aveva attinto la sua conoscenza (e quindi non tradì il suo informatore Swoboda).

Fliess in seguito si risentì con Freud per non aver attirato l’attenzione di Weininger sul plagio. Probabilmente nessuno all’epoca avrebbe potuto immaginare che il libro di Weininger sarebbe diventato un bestseller… Questo accadde un po’ perché le idee del libro erano di moda e un po’ perché il suicidio dell’autore gli aveva dato una spinta sensazionale.

Freud però aveva negato in un primo momento a Fliess la visita di Weininger.

Durante l’estate del 1904 Freud cercò di giustificare il fatto che non avesse gridato “Al Ladro!”. Dopo aver letto il manoscritto di Weininger, sembra che abbia segretamente aiutato a smascherare il “ladro”. Nell’autunno dello stesso anno, infatti, Wilhelm Stekel pubblicò un articolo su uno “Studio Psichiatrico” appena apparso, riguardante il caso Weininger (Probst, 1904). Si legge (Stekel, 1904):

“Sappiamo anche molto bene che la teoria della disposizione bisessuale dell’essere umano […] non viene da Weininger […], ma è una verità molto più antica che il Dr.Wilhelm Fliess di Berlino ha rivelato e formulato molto finemente, dimostrando con estrema chiarezza nella sua ricerca sui fenomeni periodici della vita umana, l’esistenza di serie maschili e femminili nello stesso individuo – ricerca che, successivamente, Freud e lo psicologo viennese Swoboda hanno in parte confermato, in parte esteso in numerosi studi”.

Parlando dalla priorità di Fliess nella vicenda della bisessualità, Stekel potrebbe aver seguito il suggerimento di Freud. Non dimentichiamo che nella Società del mercoledì di Vienna, prima del 1906, quando c’era il “dibattito sui processi periodici nell’organismo umano”, Freud metteva sul tavolo una foto di Fliess.

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L’accusa di plagio contro Swoboda

Pfennig e Fliess attaccarono, contemporaneamente Weininger per il libro citato e Swoboda,  che avrebbe plagiato la dottrina di Fliess nel suo scritto su I periodi dell’organismo umano del 1904.

Due punti segnano tuttavia la differenza fra questi due presunti plagi: nel secondo non c’era nessuna conoscenza inedita che avrebbe potuto essere rivelata da un informatore privilegiato (Freud); si poteva leggere la dottrina in questione di Fliess nel suo libro del 1897. E Swoboda non nascose l’origine della sua scienza, anzi rese omaggio al suo predecessore dedicandogli un capitolo (1904) . Fu lo stesso Freud, a quanto pare, ad attirare la sua attenzione sul tema della periodicità – in un primo momento senza menzionare il nome di Fliess. Ma quando Freud vide che Swoboda si era troppo entusiasmato, citò subito il nome e il libro del suo vecchio amico.

Pfennig  e Fliess criticano tuttavia la vaghezza con cui Swoboda indicava le date delle sue scoperte, come per dare l’impressione di una ricerca molto lunga, quando la sua ricerca era iniziata non prima del 1901. La lettera di Freud a Swoboda del novembre di quest’anno che si riferisce all’inizio degli studi di quest’ultimo sulla periodicità, conferma e precisa questa data. Dimostra inoltre che gli studi di Swoboda furono realmente spinti ab ovo dalle idee di Fliess.

Forse possiamo ricostruire ciò che è realmente accaduto, come segue: Swoboda aveva le sue osservazioni dell’intervallo misurato in ore tra certi eventi e la loro ricorrenza nella memoria. Influenzato dalle idee di Fliess di cui aveva sentito parlare da Freud, concepì le sue scoperte come casi di periodicità e cominciò a considerare, accanto agli intervalli di ore, gli intervalli di giorni, nonché ad adottare una doppia periodicità. Nel suo libro, ha minimizzato e nascosto questa dipendenza iniziale; in questo senso si può parlare di plagio, ma poi nel libro ha fornito un resoconto abbondante del lavoro di Fliess. Considerato con l’indulgenza richiesta, il processo rimane nel quadro dell’umano, troppo umano.

Quando, nel 1904, Swoboda volle difendere la sua tesi a Vienna, a Josef Breuer fu chiesto di presentare una sorta di perizia informale sul libro (Hirschmüller, 1978). Breuer conosceva bene le teorie di Fliess e teneva in grande considerazione il loro autore.  Breuer disse di essere rimasto scioccato dalla “mancanza di modestia giovanile” dell’autore, giudicando assurdo il libro e di conseguenza l’uomo.

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L’accusa a Freud

L’amicizia tra Freud e Fliess si era basata, nella sua fase più intensa, a partire dal 1893, su un progetto chimerico comune: il progetto di una nuova teoria sessuale, sviluppata nei suoi significati per la biologia, la psicologia e la teoria delle nevrosi, in cui Fliess avrebbe trattato il lato organologico e Freud il lato psicologico.

Questo grandioso progetto rimase essenzialmente un sogno irrealizzabile, un comune sogno scientifico ad occhi aperti. A partire dall’estate del 1897, Freud mise in secondo piano questo sogno ad occhi aperti, a favore di un’interpretazione dei sogni che si limitava quasi esclusivamente all’ambito psicologico. Allo stesso tempo, Fliess iniziò a matematizzare la sua dottrina dei periodi, considerata inizialmente solamente da un punto di vista chimico. Basta dare un’occhiata all’opera principale di Fliess Il Corso della Vita, che (nella prima edizione del 1906) propone soprattutto calcoli senza mostrare i processi sostanziali che essi descrivono.

Dopo la pubblicazione della Interpretazione dei sogni, durante il famoso incontro sull’Achensee nell’estate del 1900, questa divergenza venne alla luce. Quando Freud parlava di un paziente che prima reagiva magnificamente alla psicoanalisi, per poi ricadere, Fliess osservò che in tali casi sia il miglioramento che il peggioramento erano il risultato di processi periodici, cioè «cioè fisiologici e quindi non dipendenti dal medico».

Freud inoltre non aveva dimenticato una frase in cui Fliess aveva respinto un’interpretazione sgradita che Freud aveva fatto: “Chi legge i pensieri di un altro legge solo i propri pensieri”. “Ma tu vuoi ignorare il valore delle mie scoperte!” », aveva replicato l’altro.

La rottura con Fliess fu spiegata da Freud “dalla differenza di metodi: psicologico per l’uno, organico per l’altro” (Andréas-Salomé, 1965). Tutto sommato, le fonti testimoniano che, ai margini dell’Achensee, i due uomini riconobbero l’impossibilità del loro sogno di cooperazione. Si trovarono di fronte al fatto a lungo negato che non stavano lavorando allo stesso problema da due prospettive, ma che le idee scientifiche dell’uno non significavano assolutamente nulla per l’altro. La loro amicizia fu infranta da questa delusione narcisistica .

Dal 1901-1902 al 1904, l’amicizia tra Freud e Fliess era certamente già finita, ma in un modo che non escludeva la possibilità di incontrarsi in un contesto familiare o professionale. Nel mese di maggio 1903, si incontrarono in occasione di un funerale, nel mese di aprile 1904, Freud chiese al suo vecchio amico di sostenere un progetto (non realizzato) per una rassegna dei suoi allievi.  Quando Fliess lo attaccò nel luglio dello stesso anno a proposito di Weininger (non ancora Swoboda), fu come un fulmine a ciel sereno per Freud.

Una lezione divulgativa su Freud e il suo libro "Totem e Tabù"

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La paranoia di Fliess

Quello che Freud ricavò dalla rottura con Fliess è la sua teoria della paranoia. Per Freud il comportamento del suo ex amico era paranoico e lo spiegava con un uso patologico delle tendenze omosessuali, che poi riprese nel caso Schreber.

Conosciamo la diagnosi di paranoia che Freud fece al suo ex amico attraverso affermazioni inedite che si trovano per lo più nelle lettere  (Vedi Freud e Jung, Freud e Abraham, ecc.

La diagnosi di paranoia di Freud presuppone che l’attacco del suo ex amico fosse diretto solo apparentemente contro Weininger e Swoboda, ma fondamentalmente contro di lui. Nella prima pubblicazione di Fliess, “Per la mia stessa causa”, si può leggere (1906)  del resto che Weininger e Swoboda avevano “presumibilmente scoperto e pubblicato anche ciascuno per sé” le sue due idee principali sulla periodicità e la bisessualità, specificando però che:

<<I due autori erano strettamente legati e avevano accesso alla stessa unica fonte: il professor Sigmund Freud a Vienna. Con Freud ho avuto un rapporto di amicizia per anni. Gli ho confidato senza riserve tutte le mie idee e intuizioni scientifiche. Egli stesso ha ammesso, quando lo incalzavo con domande, che le mie idee erano effettivamente giunte a Weininger e a Swoboda attraverso di lui. Solo, è vero, molto tempo dopo la pubblicazione dei loro libri>>.

I libri dei due giovani filosofi viennesi provocarono in Fliess una reazione così furiosa che lo portò a scatenare letteralmente una campagna di stampa contro di loro e non ebbe paura, per suffragare la sua affermazione, di commettere un affronto pubblicando lettere private di Freud. Nella sua azione, come nella cecità aggressiva che caratterizza molti particolari della sua argomentazione, riapparivano ancora una volta la forza e l’originalità del suo antico amore per l’amico e la delusione provata.

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Il giudizio dei posteri

Nell’estate del 1906, quando Fliess pubblicò ancora una volta con alcuni passaggi aggiuntivi le lettere stampate da Pfennig che Freud gli aveva indirizzato, Swoboda e Freud si chiesero che opinione avrebbero avuto su di loro i posteri.  Swoboda era molto preoccupato per se stesso. Freud, invece, riteneva che, per quanto lo riguardava, “non c’era nient’altro che la solita pudenda umana”. “Non credo che per le sue indiscrezioni [di Fliess] il mio carattere perderà molto agli occhi dei posteri, se fossero interessati a noi, al massimo è il suo che ci perderà” .

Qui Freud si sbagliava. Nella recente letteratura biografica, i posteri lo hanno trattato molto più severamente di Fliess. Finora nessuno ha messo in evidenza le reali debolezze delle accuse contro Swoboda, Weininger e il loro presunto mentore o la durezza egocentrica e la cecità dell’attacco di Fliess. Invece, sentiamo più e più volte che la vicenda mostra che Freud non riuscì mai a decidersi a “fare onore dove l’onore era richiesto” (Sulloway, 1979).

L’enorme paradosso è che proprio queste annotazioni non sono da attribuire ai suoi biografi, che hanno compiuto un formidabile lavoro interpretativo, ma provengono da un’ammissione autocritica di Freud. Si tratta di un evento del 1900 sulle rive dell’Achensee.

Durante quest’ultimo incontro tra i due uomini, Freud aveva presentato l’idea di bisessualità come un’idea tutta sua, senza ricordare di averla sentita per la prima volta, tre anni prima, dalla bocca di Fliess. Dopo che il fatto era stato portato alla sua attenzione, aveva guardato indietro a se stesso ed era arrivato a riconoscere la verità fin troppo umana: aveva cercato di “rubare” la sua scoperta all’amico. Pubblicò la sua scoperta, come sappiamo, nella Psicopatologia della vita quotidiana, presentandola come un esempio dell’atto mancato (1901). Da allora, assicurò Freud, Fliess fu per lui “l’autore dell’idea di bisessualità”.

L’atto mancato di allora non ebbe però alcun effetto sulla lite per plagio del 1906 né sui preliminari del 1900-1904, se non nella forma di una duratura cattiva coscienza che fu usata da Fliess per presentare la persona del suo vecchio amico in una luce alquanto dubbia, che i posteri, a differenza di quanto si attendeva lo psicoanalista viennese, non hanno dimenticato.

Dr. Giuliana Proietti

Intervento del 14-09-2024 su Sessualità e Terza Età
Dr. Giuliana Proietti

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Fonte principale:
https://www.cairn.info/revue-essaim-2003-1-page-295.htm

Giuliana Proietti
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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa
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La Dottoressa Giuliana Proietti, Psicoterapeuta Sessuologa di Ancona, ha una vasta esperienza pluriennale nel trattamento di singoli e coppie. Lavora prevalentemente online.
In presenza riceve a Ancona Fabriano Civitanova Marche e Terni.

  • Delegata del Centro Italiano di Sessuologia per la Regione Umbria
  • Membro del Comitato Scientifico della Federazione Italiana di Sessuologia.

Oltre al lavoro clinico, ha dedicato la sua carriera professionale alla divulgazione del sapere psicologico e sessuologico nei diversi siti che cura online, nei libri pubblicati, e nelle iniziative pubbliche che organizza e a cui partecipa.

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  • 23 Set 2021
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